SEGRETI, BUGIE, ANNIVERSARI

Domani scade il segreto di stato su quella che per la cronaca di questo paese è la vicenda Toni-De Palo e che per me segna la scomparsa dell’amica dell’adolescenza e prima giovinezza. Qui c’è una petizione da firmare. Qui sotto, un documento dei promotori che spiega i fatti, per quanto possano essere spiegati. Leggete, e firmate.
Il segreto di Stato è stato spesso evocato – del tutto a sproposito – per quanto riguarda le stragi che hanno insanguinato la storia dell’Italia repubblicana nel tragico quindicennio trascorso tra il 12 dicembre 1969 (strage di piazza Fontana) e il 23 dicembre 1984 (strage del rapido 904). Se ne è avuto un esempio anche di recente, il 22 aprile scorso, quando il neo presidente del Consiglio Matteo Renzi ha firmato la delibera sulla declassificazione dei documenti riguardanti proprio le stragi sopra citate. Nei mass media si sono immediatamente sprecati i titoli che evocavano appunto il “segreto di Stato”, spesso in contraddizione con quanto poi si leggeva nei testi che seguivano quegli stessi titoli. Infatti il provvedimento di Renzi avvierà il versamento all’Archivio centrale dello Stato, con dieci anni di anticipo, di documenti classificati – in precedenza non consultabili dagli studiosi e dalle persone comuni, ma non coperti da alcun segreto di Stato, non opponibile per fatti di strage e terrorismo. Carte comunque già vagliate dai magistrati e dai membri e dai consulenti delle Commissioni parlamentari che hanno indagato su quelle vicende, come la Commissione Moro (1979-1983), la Commissione stragi (1988-2001), la Commissione Mitrokhin (2002-2006).
Sono rimaste invece paradossalmente in ombra proprio quelle vicende giudiziarie nel corso delle quali il potere politico ha esercitato davvero la facoltà di opporre dei segreti di Stato.

La scadenza di un vero segreto di Stato

Il prossimo 28 agosto 2014, uno di questi veri segreti di Stato giungerà a scadenza. Si tratta della tragica vicenda riguardante la scomparsa in Libano, il 2 settembre 1980, dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo. Da quel giorno di loro non si è saputo più nulla, né i loro corpi sono mai stati ritrovati.
La Legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto) – poi modificata dalla Legge 7 agosto 2012, n. 133 (Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto) – che ha sostituito quella precedente del 1977, ha introdotto infatti un importante vincolo alla durata del segreto di Stato. Già dopo quindici anni dall’apposizione del segreto di Stato «chiunque vi abbia interesse può richiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di avere accesso alle informazioni, ai documenti, agli atti, alle attività, alle cose e ai luoghi coperti dal segreto di Stato» (art. 39, comma 7). Al presidente del Consiglio è concessa la facoltà di prorogare la durata del segreto per un massimo di altri quindici anni: «La durata complessiva del vincolo del segreto di Stato non può essere superiore a trenta anni» (art. 39, comma 8).
È proprio quanto è avvenuto nel caso in questione. Era stato il colonnello Stefano Giovannone (22 luglio 1921 – 17 luglio 1985) ad opporre il segreto di Stato nell’ambito del procedimento penale relativo alla scomparsa di Italo Toni e Graziella De Palo, «sui rapporti a suo tempo tenuti dal SISMi con l’OLP», segreto di Stato poi ratificato dal presidente del Consiglio dei ministri, Bettino Craxi, il 28 agosto 1984. Segreto di Stato prorogato poi in un primo tempo fino al 31 dicembre 2010 (Relazione annuale del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, relatore on. Massimo D’Alema, approvata nella seduta del 29 luglio 2009, §6.3, pp. 42-44) e prolungato fino al limite della massima durata di trenta anni dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con decisione presa il 27 dicembre 2010 (Relazione annuale del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, relatore on. Massimo D’Alema, approvata nella seduta del 14 luglio 2011, § 3.1.2, p. 23).
In quell’occasione non si ricordano proteste, petizioni o raccolte di firme contro questa decisione. Da ricordare che la durata del segreto di Stato decorre dal momento della ratifica del segreto (in questo caso il 28 agosto 1984), e non dalla data degli eventi all’origine del procedimento penale nel quale è apposto il segreto di Stato (in questo caso il 2 settembre 1980, data della scomparsa di Toni e De Palo). Nel marzo 2010 ai familiari dei due giornalisti scomparsi, con una procedura inusuale, una sorta di tardivo risarcimento, è stato concesso un accesso parziale, presso gli archivi dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna, l’ex Sismi), alle carte coperte dal segreto di Stato. Si tratta di 1161 documenti costellati però da frequenti omissis, inoltre altri documenti, circa ottanta, probabilmente i più significativi non sono stati consegnati.
Chi erano Italo Toni e Graziella De Palo
Italo Toni era nato a Sassoferrato (Ancona) il 31 gennaio 1930. Esperto di problemi del Medio Oriente e del nord Africa, il suo scoop più famoso sui campi di addestramento dei guerriglieri palestinesi in Giordania, era stato pubblicato sul settimanale francese Paris Match del 26 ottobre 1968 (n. 1016, «Avec les commandos qui harcèlent Israël»). Aveva scritto molti articoli per L’astrolabio, l’agenzia Notizie Radicali e per  i Diari di Venezia. Maria Grazia De Palo, meglio nota come Graziella, era nata a Roma il 17 giugno 1956. Era una giovane brillante promessa del giornalismo investigativo italiano. Dal giugno 1978 scriveva per la rivista L’astrolabio
e dal marzo 1980 collaborava con il quotidiano romano Paese Sera.

Il “lodo Moro” sullo sfondo della misteriosa scomparsa

È inevitabile porsi questa domanda: come mai, quello che sembra “solo” all’apparenza un doloroso tragico destino che ha coinvolto due giornalisti è stato avvolto e blindato da un segreto di Stato?
Molto probabilmente Italo Toni e Graziella De Palo sono stati stritolati in quel terribile groviglio politico-diplomatico che ha riguardato (e in parte riguarda ancora) i rapporti tra lo Stato italiano e le organizzazioni palestinesi (in particolare l’Olp e il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina). Sul quotidiano romano Paese Sera del 21 marzo 1980, nel secondo di una serie di cinque articoli pubblicati tra il 18 marzo e il 2 aprile 1980 riguardanti il traffico d’armi nel quale era coinvolto il nostro Paese, Graziella De Palo, sulla base di informazioni risalenti al parlamentare Falco Accame, segnalava in «Libano […] la presenza di un ex-agente del SID, che insieme ad altri agenti inviati da imprese italiane svolge un ruolo di “base” per lo smistamento delle armi […] in tutto il Medio Oriente e l’Africa», e scriveva anche che una partita d’armi «diretta alla Libia, è “misteriosamente” arrivata ai terroristi irlandesi. Ma molte di queste armi rientrano addirittura in Italia attraverso le solite società di comodo, che si servono di TIR o pescherecci, e vanno ad alimentare il terrorismo nostrano».
Italo Toni e Graziella De Palo, partiti per Damasco il 22 agosto 1980, giunti a Beirut il giorno seguente, si erano probabilmente avvicinati troppo a quell’ambito dei veri indicibili segreti della Repubblica che il defunto presidente emerito Francesco Cossiga (1928-2010) ha chiamato il “lodo Moro”, ossia gli inconfessabili accordi segreti, una sorta di «accordo di non belligeranza» tra lo Stato italiano e le organizzazioni palestinesi. Scopo del quale era preservare il territorio nazionale da attacchi terroristici, permettendo il libero transito (e il deposito) di armi ed esplosivi da parte dei palestinesi e la liberazione di questi nel caso fossero stati fermati o arrestati.
Era stato Aldo Moro, a lungo ministro degli Esteri e presidente del Consiglio nella prima metà degli anni Settanta, a tessere la sottile trama di quella “diplomazia parallela” che incarnava la “ragion di Stato” e coinvolgeva inevitabilmente gli apparati dell’intelligence, la diplomazia “ufficiale”, la magistratura.
L’«ex-agente del SID», richiamato nell’articolo di Graziella De Palo, è proprio Stefano Giovannone ufficiale dei carabinieri e colonnello dei nostri servizi segreti, dal luglio 1972 al novembre 1981 impegnato in una «lunga missione» in Medio Oriente, capocentro del Sid, e poi del Sismi, a Beirut snodo centrale nel cuore del delicatissimo scacchiere mediterraneo. Giovannone, evocato da Aldo Moro in due lettere dalla prigionia brigatista, elevò una spessa cortina fumogena intorno a coloro che cercavano di indagare sulla scomparsa dei due giornalisti. I tentativi dell’allora ambasciatore italiano a Beirut Stefano D’Andrea di contrastare Giovannone risultarono vani, tanto che l’ambasciatore fu sollevato dal suo incarico e trasferito in altra sede. Una vicenda nella quale ancora una volta la ragion di Stato, tramite la diplomazia parallela, aveva prevalso sulla diplomazia ufficiale. Così come in precedenza, per ben tre volte, era stato sollevato e ratificato un altro segreto di Stato, quello riguardante la vicenda Eni-Petronim (11 dicembre 1979, 11 febbraio 1980, 16 luglio 1982). Qui siamo nell’ambito delle forniture petrolifere al nostro Paese, un altro delicatissimo contesto, particolarmente cruciale data la forte dipendenza dell’Italia (allora, ma anche oggi) dai rifornimenti energetici provenienti dal Medio Oriente e dal nord Africa. E siamo sempre nell’ambito dei rapporti tra lo Stato italiano e l’Olp, da proteggere e blindare con le più alte coperture.
L’inchiesta sul traffico d’armi e i campi di addestramento palestinesi in Libano che Italo Toni e Graziella De Palo intendevano svolgere in quei mesi terribili del 1980 si intersecavano con drammatici eventi che si susseguivano a ritmo incalzante. Ricordiamo le uccisioni sul suolo italiano di alcuni esuli libici, avvenute con la complicità e la collaborazione degli apparti della nostra intelligence; la caduta del Dc 9 Itavia il 27 giugno con la morte degli 81 passeggeri, avvenuta probabilmente in uno scenario di guerra aerea; la strage di Bologna del 2 agosto con 85 morti e oltre 200 feriti. Strage che precede di un mese esatto la scomparsa di Toni e De Palo.
Inoltre, in quei mesi drammatici, si era andata lacerando quella trama della diplomazia parallela intessuta dal governo italiano negli anni precedenti. Assassinato Moro dalle Brigate rosse, il 9 maggio 1978, il meccanismo del cosiddetto “lodo” si era in parte inceppato. Nella notte tra il 7-8 novembre 1979 a Ortona erano stati sequestrati due missili Sam-7 Strela di fabbricazione sovietica ed erano stati arrestati tre appartenenti all’Autonomia romana. Una settimana dopo era stato arrestato anche Abu Anzeh Saleh cittadino giordano di origini palestinesi, rappresentante in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) di George Habbash e, al tempo stesso, contatto del gruppo Carlos a Bologna. Saleh agiva sotto la copertura del servizio segreto militare italiano. Il 27 ottobre 1974, proprio il colonnello Giovannone si faceva personalmente garante di Saleh con una nota controfirmata dall’allora capo del Sid, ammiraglio Mario Casardi. Saleh aveva a disposizione il numero di telefono dell’abitazione romana di Giovannone. L’Fplp rivendicò la proprietà dei due missili sequestrati e pretese dal governo italiano che fossero restituiti, proprio in ragione dei “patti segreti” instaurati negli anni precedenti. Si generò un inevitabile drammatico braccio di ferro tra le autorità italiane e gli esponenti palestinesi, acuito dalla condanna a cinque anni di carcere – avvenuta il 25 gennaio 1980 – inflitta dal Tribunale di Chieti ai tre autonomi romani e ad Abu Anzeh Saleh. Per comprendere meglio il contesto dei traffici d’armi dell’epoca è significativo richiamare quanto dichiarò Taysir Qubaa, in una intervista poco nota rilasciata al quotidiano romano Il Messaggero, pubblicata il 3 luglio 1980 (un mese prima della strage di Bologna), in occasione dell’apertura del processo di appello per i missili di Ortona. Dopo aver ribadito la richiesta della restituzione dei missili, Taysir Qubaa – responsabile delle relazioni estere e membro del vertice dell’Fplp, Saleh era stato suo autista e guardia del corpo – lanciava questo minaccioso avvertimento: «l’Italia è emporio, punto di vendita e punto di transito della maggior parte del traffico di armi che riguarda questa zona del mondo. Abbiamo le prove di molte complicità, a tutti i livelli. Se occorrerà, le tireremo fuori».
Dal novembre 2005 la Procura della Repubblica di Bologna ha aperto una nuova indagine, tuttora in corso, sulla strage alla stazione di Bologna (pur in presenza di due sentenze passate in giudicato nel 1995 e nel 2007). In questo nuovo filone di indagini – che ha visto l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, nell’estate 2011, di Thomas Kram e Christa-Margot Fröhlich, all’epoca membri del gruppo Carlos – la magistatura sta vagliando l’ipotesi che la strage di Bologna sia la ritorsione per la violazione del cosiddetto “lodo Moro” per il sequestro dei missili di Ortona e l’arresto di Saleh, garante per i palestinesi del “lodo Moro”.
Da ricordare infine che nell’agosto-settembre 1979, pochi mesi prima dell’episodio di Ortona, le Brigate rosse avevano trasportato in Italia dal Libano un ingente carico d’armi e di esplosivi (ben sei quintali). Al trasporto avevano partecipato Mario Moretti e Riccardo Dura (ucciso poi nello scontro a fuoco di via Fracchia il 28 marzo 1980) e due irregolari, lo skipper e proprietario dell’imbarcazione chiamata Papago e Sandro Galletta. Quel carico era stato nascosto nell’area del Montello (provincia di Treviso) e in Sardegna. Una parte di quelle armi, appositamente contrassegnate con una sigla, costituiva un deposito strategico dell’Olp in Italia. Anche nell’ambito delle indagini giudiziarie dell’allora giudice istruttore Carlo Mastelloni su questo traffico d’armi tra Olp e Br è stato sollevato e confermato il segreto di Stato il 25 giugno 1988, ad ennesima riprova che le relazioni tra lo Stato italiano e le organizzazioni palestinesi costituiscono il vero segreto della Repubblica.
Le dichiarazioni di Massimo D’Alema il 13 giugno 2011
In conclusione di queste riflessione è utile richiamare quanto ha affermato a Bologna, il 13 giugno 2011, Massimo D’Alema, all’epoca presidente del Copasir (il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), durante il convegno «Archivi negati, archivi “supplenti”: le fonti per la storia delle stragi e del terrorismo». Nel suo intervento, intitolato Segreto di Stato e accesso agli archivi: a quattro anni dalla riforma dei Servizi di informazione (ora raccolto in una delle Pubblicazioni degli Archivi di Stato dal titolo Archivi memoria di tutti. Le fonti per la storia delle stragi e del terrorismo, a cura di T.M. Bolis e M.L. Xerri, 2014) ha detto testualmente: «[…] la vicenda Eni-Petronim, il caso Toni-De Palo e il presunto traffico di armi tra Olp e Brigate rosse, per esempio, sono vicende sulle quali si è esercitato il segreto di Stato. Ora naturalmente questo segreto di Stato ha portato a secretare un’enorme mole di documenti, la cui de-secretazione potrebbe forse anche indirettamente aiutare ad accertare la verità in altre vicende». Le «altre vicende» alle quali si riferiva D’Alema erano alcune delle stragi che hanno funestato la storia della Repubblica, tra cui la strage alla stazione di Bologna. Per questo motivo è importante che tutti i documenti che erano stati coperti dal segreto di Stato nella vicenda della scomparsa di Italo Toni e Graziella De Palo dopo il prossimo 28 agosto vengano resi pubblici e consultabili da chiunque sia interessato al tragico destino dei due sfortunati giornalisti spariti in Libano il 2 settembre 1980. Quei documenti, che si spera restino segreti ancora solo per poche settimane, potrebbero infatti aiutare a capire meglio almeno il contesto della più grave strage dell’Italia repubblicana, quella di Bologna del 2 agosto 1980.

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