SI CHIAMA SEXTING

Nel corso di quest’ultimo mese, i discorsi si sono intrecciati, com’è giusto che sia: interruzione di gravidanza, contraccezione, educazione sessuale.  Dopo il post di venerdì scorso, Maddalena Robustelli mi ha inviato un suo articolo sul sexting. Che vi propongo qui.
Uno studio recente di Save the children ha focalizzato l’attenzione sul fenomeno del sexting ( lett. “postare di sesso”), che sta coinvolgendo in Italia l’8% degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni ed  il 4% di quelli tra i 12 e i 14 anni.
A tali dati percentuali dobbiamo aggiungere ulteriormente quello ancor più allarmante del 22% dei ragazzi/e che considera il sexting un comportamento comune tra i loro coetanei. A volerlo spiegare potremmo dire che esso consiste nel diffondere tra fidanzati, amici ed altri conoscenti messaggi o fotografie a carattere chiaramente sessuale per il tramite dei telefoni cellulari. Inviare on line immagini provocanti indubbiamente può avere varie motivazioni ma limitandoci a quella più comune  chi fa sexting ritiene in tal modo di gratificare il proprio lui/lei.
Ma tali foto, seppur inviate a persona di fiducia o a cui si è legati affettivamente, una volta entrate nella rete vanno incontro a svariate conseguenze, tra le quali la più dannosa è che non possono più essere eliminate. Immaginiamo che vadano nelle mani di adulti che ne approfitterebbero, ad esempio, per adescare adolescenti, ebbene, chi potrebbe proibirglielo? Immaginiamo un ex che, volendosi vendicare del proprio partner, posta le sue foto facendole circolare per tutto il mondo. Immaginiamo una adolescente che invia un autoscatto osè ad un coetaneo per conquistarlo e che poi, a distanza di vari anni, si vede compromessa la sua vita privata e professionale perché ha postato a quindici anni una propria immagine a seno nudo.
Non c’è, però, proprio niente da immaginare alla notizia, comparsa pochi giorni fa sulla stampa nazionale, concernente un ragazzo lombardo che, addirittura, ha creato un sito internet sul quale caricava le foto delle sue compagne di scuola in pose provocanti. La polizia postale di Catania ha chiuso il sito ed ora quel quattordicenne è indagato per diffusione di materiale pedopornografico. Forse quell’adolescente non conosceva i risvolti criminosi del suo comportamento e ciò dovrebbe indurre gli adulti a spiegare ai propri figli che il sexting non è un gioco, anche se  può nascere come tale. Si  inizia con una foto scattata col cellulare nella cameretta davanti allo specchio, o nei bagni della scuola, o nel camerino di un negozio e voilà si invia on line.
I giovani sperimentano anche così la propria sessualità, passando dall’inesperienza più totale alla trasgressione vera e propria. Non sto qui a pontificare su quante responsabilità possano avere i genitori che non sono al fianco dei figli in questo particolare momento della loro vita, su come la scuola o altre agenzie educative non indirizzino più al rispetto del proprio corpo, su come gli adulti non spieghino che “sessuaggiare” sia un reato penalmente condannabile attraverso il quale si scambia pedopornografia. Poiché il prossimo 7 febbraio si celebrerà la Giornata mondiale della sicurezza in rete per i più giovani, sarebbe opportuno che quel giorno si onori incominciando a parlare del sexting nelle scuole con esperti della materia, per mettere in campo attività formative finalizzate alla prevenzione del fenomeno. Forse i nostri ragazzi, alla esplicita domanda se siano o no a conoscenza di un compagno che lo pratica, non risponderebbero all’esperto, ma comunque si inizierebbe a far acquisire agli adolescenti un po’ più di consapevolezza sulle conseguenze nel tempo  della loro bravata.
Forse, oggi, non ringrazierebbero subito per l’aiuto ricevuto, ma col passare del tempo sarebbero grati a quanti gli hanno fatto comprendere le insidie nascoste dietro quello che a loro appare un gioco da adulti, ma che in realtà è un pericoloso incidente, che, occorsogli da adolescenti, potrebbe comportare gravi conseguenze per i loro anni a venire.

23 pensieri su “SI CHIAMA SEXTING

  1. Sarò stupido io, ma credo sia assurdo che un* minore che si scatta da sol* una fotografia e la conserva o la invia al partner venga equiparato a un adulto che produce, detiene o traffica materiale pedopornografico.
    Mi sembra che nel caso del sexting si intreccino almeno tre questioni distinte:
    * il diritto di un minore a vivere il proprio corpo come ritiene;
    * il diritto a non venire perseguitati per essersi permessi di non far male a nessuno;
    * il comportamento che dovrebbero avere i non diretti interessati (eventualmente distinti fra minori e adulti) che vengano in possesso con foto di minori.
    Io sono antiproibizionista e credo nella riduzione del danno. Sono convinto che il danno principale venga dalla sessuofobia, dal divieto, dall’ignoranza, dalla criminalizzazione dei comportamenti.
    Piuttosto che tentare di convincere i ragazzi ad astenersi da comportamenti che potrebbero esporli all’altrui riprovazione e discriminazione, credo sarebbe più utile insegnare a non discriminare né colpevolizzare le scelte presenti e passate degli altri. E magari non guasterebbe anche qualche dritta sull’uso competente della tecnologia.

  2. Il problema principale è che si perde il controllo sulle immagini una volta immesse nella rete, e che possono essere usate poi chissà in che modo. E certo è che il ragazzo che ha fatto il sito con le foto delle compagne in pose provocanti ( bisognerebbe sapere cosa si intende qui per provocanti) senza chiedere il consenso alle ragazze un reato penso che lo ha fatto. Forse alcuni adolescenti non pensano che delle foto possano essere poi utilizzate da alcuni adulti per ad esempio per masturbarsi o fare altro. Qualche anno fa rimasi stupita dal racconto di un amico che mi disse che voleva mandare una foto via mail della nipotina appena nata ai suoi amici in California e loro gli specificarono di non mandare una foto dove non era vestita perché poteva creare problemi per i controlli anti-pedopornografia. Ecco, controllare sì, ma magari senza arrivare a questi livelli forse un po’ troppo ossessivi, ché non è che siamo tutti malati!

  3. Semplicemente, c’è una legge e questa legge deve essere rispettata sia dai maggiorenni sia dai minorenni. Ovvero: siccome la legge non ammette ignoranza, a scuola e a casa i ragazzi e le ragazze dovrebbero avere impartito il divieto di spedirsi immagini di nudo.
    Anche se non sono d’accordo con questa legge (vorrei che i minorenni venissero lasciati in pace dagli adulti, anche nel diritto di fare le loro stronzate giovanili), finché la legge c’è va rispettata, ma prima di tutto dai minorenni.

  4. Attenzione però a non perdere di vista il problema: quando i ragazzi minorenni vengono sfruttati per tali foto o video. Il fatto che un adulto si masturbi perché trova in rete delle foto di minorenni non dovrebbe essere considerato reato, perché qui si tratta di un reato individuato su base morale, non su base del tipo “reato contro la persona” (fattuale).
    In Giappone sono in vendita dvd con bambine e bambini (7-12 anni circa) mentre giocano, parlano, fanno il bagno in piscina in costumino. Non sono pedopornografici in alcun modo. Eppure sono venduti nel reparto XXX delle videoteche, insieme a video porno veri e propri. Questi video non vanno minimamente contro la legge eppure sono acquistati chiaramente da adulti che con essi si masturbano alla grande.
    Allora il discorso è che occorre perseguire lo sfruttamento delle immagini osé di minorenni A MONTE, non a valle (cioè il pinco pallino che le vede su internet e ci si masturba). Se la legge dev’essere morale, dev’essere morale e moralizzante a monte, ma direi, più che altro, pragmatica e disciplinante nei confronti dei ragazzini, per dare una regolamentazione su cosa si può e non può fare per dare consapevolezza sui rischi che le proprie immagini vengano usate in modo “improprio”. La questione comunque, a me pare alquanto complicata sul piano morale/”filosofico”…

  5. All’inizio del’anno scolastico nella classe di mio figlio (4 liceo) hanno tenuto un ciclo di lezioni con la partecipazione di “esperti” sull’ uso di fb. Il risultato e’ stato che pochi giorni fa hanno convocato i genitori perché sulla pagina fb della classe erano stati pubblicati turpiloqu,sfoghi personali e poco e’ mancato che ci scappasse la denuncia. Questo per sottolineare quanto sia difficile educare all’uso della rete. Qualche anno fa ho trovato un file sul pc di mio figlio, un autoscatto davanti allo specchio di una ragazzina di 15 anni, che ben conoscevo fin da bambina, mio figlio mi ha spiegato che si trattava di un gesto d’amore, di una cosa intima, e che non erano per niente cazzi miei.

  6. La testimonianza postata da claudio è la riprova di quanto sia inefficace e spesso controproducente affidare a sedicenti esperti una parte, un segmento dell’educazione dei e delle giovani, svincolandolo da un contesto relazionale e paideutico in senso lato. Come se l’uso consapevole della rete passasse attraverso nozioni di telematica e la questione si risolvesse tutta nello stare dentro le leggi. Una cosa che sinceramente non concepisco è la divisione tra direttamente e indirettamente interessati, cazzi miei e cazzi tuoi, il diritto (?) a far quello che mi/ci pare senza far male a nessuno…e se fanno male a se stessi, chissenefrega? Scusate, ma viviamo in una società o nella giungla?

  7. c’è qualcosa in questo articolo pieno di giuste e sensatissime preoccupazioni che mi lascia perplesso, quando dice: ” Immaginiamo una adolescente che invia un autoscatto osè ad un coetaneo per conquistarlo e che poi, a distanza di vari anni, si vede compromessa la sua vita privata e professionale perché ha postato a quindici anni una propria immagine a seno nudo.”..ecco, ho riletto l’articolo ma non ho trovato alcuna riflessione su quanto sia giusto che la vita privata e/o lavorativa di una adulta debba essere compromessa a causa di una cosa del genere..perchè secondo me non è giusto per niente, quindi famiglia e scuola insegnino agli adolescenti un uso responsabile della rete, informino di tutti i pericoli, educhino all’affettività, al rispetto ecc..però insegnino loro anche come affrontare eventuali giudizi negativi (e ingiusti nel caso specifico, secondo me) da parte della società sui loro comportamenti passati o presenti, e non solo a temere questi giudizi

  8. Viviamo in una società, Antonella, che non sa analizzare i problemi per come effettivamente si presentano e si comporta di conseguenza. Nell’altro post, quello relativo al video, esorti a uscire dalle generalizzazioni. Ecco, io credo che parlare in modo generico di adolescenti sia di nuovo una generalizzazione che non ci aiuta a comprendere cosa accade. Non esistono “gli adolescenti” come non esistono “le persone” per cui un approccio non sessuato ai problemi ci getta nell’impotenza più nera. So che qui non si è tutti d’accordo a pensare così, ho visto evocare il ricorso alla Persona in molte circostanze, io penso che non basti. Penso ci sia più utile interrogare le cause del costituirsi di un ordine dell’immaginario fondato su una cultura sessista e da lì derivare un armamentario di strumenti di osservazione e di possibile progettualità per rimuoverne le cause. Basta guardarsi intorno, non soltanto la tv, i mass media, il linguaggio dei politici e quello degli insegnanti per accorgersi di come l’immagine ma la sostanza dell’essere femminile sia rappresentata funzionalmente all’affermarsi del solo soggetto legittimato alla libertà, l’uomo. Basta guardare i nomi delle vie per accorgersi che quelle intestate alle donne sono pochissime. E ci chiediamo perché un ragazzo risponde fatti i cazzi tuoi al padre che lo scopre a riproporre il sessismo più nero nelle sue attività e nelle sue relazioni?

  9. “Il sessismo più nero”? Sarà stata la sua ragazzina dell’epoca che gli ha mandato un autoscatto intimo, cosa che tra fidanzati si fa e non ci vedo nulla di male. Ben diverso è postare proprie o altrui foto (soprattutto se minorenni) su internet alla mercè di tutti o darle a destra e a manca al primo ragazzo con cui ti scambi un bacio e che non conosci. Qui occorre sì aiutare il/la ragazzo/a a riflettere sulle conseguenze che può avere postare foto o testi in rete (mi riferisco anche banalmente al fatto che se tra i tuoi “amici di facebook” c’è il tuo datore di lavoro o la tua prof. di latino è meglio fare attenzione a ciò che scrivi. Intanto qui devono essere i genitori in prima linea (per es. ha fatto bene Claudio a chiedere al figlio di quella foto, molto genitori non lo avrebbero fatto; il figlio gli ha risposto “caxxi miei”, ok ci sta a quell’età; ciò non toglie che Claudio possa successivamente magari a tavola e non con tono di predica, parlare di questi argomenti ecc.), sui “corsi degli esperti” la penso come antonellaf, compresi i corsi di ed. sessuale. Cioè non basta l’esperto che ti fa la lezioncina se non si crea un rapporto educativo autentico.

  10. Come sicuramente avrai capito, Maddalena, la mia domanda era retorica. E’ ovvio che, in una società che si fonda sull’individualismo più feroce e tetro, la risposta più facile da incontrare a una richiesta di spiegazione è “fatti i cazzi tuoi”. Quello su cui si dovrebbe riflettere è che proprio l’ individualismo avvolge tutt* in un cortina di solitudine da cui ci si illude di poter uscire postando ammiccanti foto in mutande, in cui si invita non si capisce più bene chi al consumo del corpo, un consumo che spesso si fa in solitudine, davanti al monitor. E così il cerchio si chiude, non senza pesanti ricadute sull’assetto relazionale della società intera. Ora, al di là della figlia di x e dell’alunno di y, sono queste le dinamiche da monitorare e da scardinare. E, poichè sono dinamiche che attraversano la società e plasmano i rapporti sociali, a mio avviso ci riguardano tutt*, anche se non sarà proprio mia figlia quella in mutande sul web alla tenera età di 12 anni.

  11. “Sarà stata la sua ragazzina dell’epoca che gli ha mandato un autoscatto intimo, cosa che tra fidanzati si fa e non ci vedo nulla di male” ilaria
    nemmeno io ci vedo nulla di male sebbene non capisca perchè due fidanzatini quindicenni non preferiscano, avendone l’occasione, farsi una bella pomiciata, non sono mica due adulti che, presi da mille impegni, non hanno tempo di stare insieme quanto vorrebbero. Ma è solo una considerazione personale, non voglio esprimere alcun giudizio.

  12. Se non facesse troppo pensare alle foglie di fico sui monumenti, direi che la vera questione qui è quella del pudore, cioè di quella cortina di “privacy” che si stende a protezione della propria intimità corporea e relazionale.
    E’ evidente che si tratta non (come nei sempre mitici Sessanta si predicava) di ipocrisia e formalismo, ma di una naturalissima pulsione auto-protettiva. Quello che è successo negli ultimi vent’anni, con lo sviluppo delle nuove tecnologie è un vero e proprio tsunami, che trascina via con sè le difese sperimentate nei millenni ed espone a contatti e scambi di cui difficilmente un adolescente è in grado in prima istanza di misurare le conseguenze. Come genitore ed educatore direi che, se esiste ancora (e deve esistere) un divieto ai minori rispetto a spettacoli che un bambino non è in grado di metabolizzare, a maggior ragione questo dovrebbe valere in famiglia per l’accesso alla rete (14 anni, per esempio). Prima dei figli, ci sono moltissimi genitori che non hanno la minima idea di quel che può implicare l’utilizzo di un cell. di ultima generazione o l’accesso a facebook.
    Il problema qui va oltre il sexting, e andrebbe considerata in generale la pervasività dello strumento. Non è vero che le tecnologie sono neutre e basta usarle bene. Un coltello si può usare per sbucciare mele o per ferire, ma sempre lama acuminata è. A un bambino che non ha ancora un perfetto controllo dei movimenti manuali non si lascia usare.
    Perchè non dovrebbe valere per altri strumenti?

  13. Ilaria, mi risulta, posso sbagliare, che quello che viene mandato in giro siano quasi esclusivamente corpi femminili, o di bambine e bambini, come noto.

  14. Un accesso regolato e attento agli strumenti tecnologici dovrebbe essere il minimo sindacale in una famiglia, perché attraverso di essi il mondo entra dentro di noi senza filtri, e noi andiamo incontro al mondo, spesso, senza difese, soprattutto da giovanissimi.
    Benché tutto questo danneggiamento, in prospettiva futura, che deriva dall’invio ad un compagno delle proprio foto, anche quelle senza vestiti, è legato sempre e comunque ad una visione moralistica e sessuofobica dei corpi, soprattutto delle ragazze.
    Voglio dire, la mia mancanza di riflessione a quindici anni deve avere ripercussioni sulla mia vita finchè non muoio o anche dopo? Se ho quindici anni e invio una mia foto a seno scoperto al mio ragazzo e questo, dopo che ci siamo lasciati, per ripicca, la fa circolare nel web, non potrò partecipare a venti anni al concorso nella guardia di finanza o fare la ministra, nonostante un adeguato percorso di studio e di lavoro, a quaranta? Al ragazzo che ha diffuso la mia immagine, cosa accadrà, a parte la momentanea ramanzina (o eventuale multa, se esiste, non sono informata sulla legislazioen specifica)? Lui il posto in banca lo avrà? Perchè mica mette a repentaglio l’immagine di qualcuno con la propria nudità (come se la nudità fosse qualcosa di sbagliato, mi viene in mente la segretaria del pd che ha dovuto cambiare nazione perchè aveva girato un porno con una maschera sulla faccia, magari era una persona preparata, ma poichè ha fatto un porno è diventata indecorosa).
    Perchè la questione del pudore è soggettiva e spesso varia a seconda dell’età, ma ci troviamo sempre di fronte alla stessa asimmetria.
    La questione è il gesto privato che deve rimanere privato, cioè una mia foto che io ti consegno privatamente, non può finire senza il mio consenso in internet, ma nel contempo non è giusto che le mie foto, autorizzate o meno, in internet mi penalizzino.

  15. C’è foto e foto, Maddalena. Quella foto il ragazzo la teneva nel suo pc, non la postava in giro. Fa la sua bella differenza. Anche a me è capitato di scattarmi foto “discinta”, diciamo così, e darle al mio ragazzo (anche se lo vedevo tutti i giorni 😉 ), per gioco, per amore, per allegria, e stai tranquilla che né io né lui mi vedeva come un oggetto. Questo tipo di comportamenti all’interno di una coppia non hanno niente a che vedere col contenuto dell’articolo proposto da Loredana. A mio parere adotti una visione un po’ troppo ideologica, povera e schematica per approcciarti alla realtà (lo desumo dai tuoi commenti, poi magari normalmente sei più aperta, non so) e questo non aiuta ad affrontare certi argomenti, tanto più se si parla di adolescenti, a mio modesto avviso s’intende! 🙂

  16. La mancanza di riflessione a quindici anni può essere pericolosa per se stesse, non è solo questione di moralismo. Penso a quanto mi hanno raccontato le mie alunne di quattordici anni una settimana fa a proposito della festa d’istituto. Loro non andranno, perché, a quanto mi dicono, sono diventate occasione di rimorchio per trenta-quarantenni in cerca di carne fresca. E mi raccontavano anche di trenta-quarantenni che con falso account da quindicenni si iscrivono su facebook per contattarle e conoscerle. Sarò una bigottona diffidente, ma a me il quarantenne a caccia di foto di quattordicenni a seno scoperto non convince proprio per niente. Da qui, l’esortazione almeno a proteggersi.

  17. Secondo me le tre posizioni qui sopra esposte (quelle di Ilaria, Serbilla e Antonella F) non sono affatto incompatibili ma sono tre facce del problema. Se da un lato non trovo giusto che un errore commesso da una ragazzina adolescente debba inseguirla per il resto dei suoi giorni impendendole determinate scelte di carriera o di vita, dall’altro lato e’ impossibile negare che in Italia, negli anni 2010, questo accada di frequente. E se una foto “privata” scattata ad uso e consumo di un partner amoroso non credo sconvolga nessuno, dall’altro i rischi aumentano se la foto se la scatta un ragazzino o una ragazzina ed essa viene inviata ad uno semi-sconosciuto che poi potra’ usarla come arma a doppio taglio (era di qualche settimana fa notizia di un ragazzino che era stato adescato da un pedofilo mediante, credo, un finto account facebook in cui l’uomo si spacciava per una coetanea. Il pedofilo si era fatto inviare delle foto del ragazzino nudo finendo poi per ricattarlo e violentarlo).
    Io credo che la cosa ardua sia trovare un equilibrio fra il non comunicare ai ragazzi un’idea di sessualita’ come cosa “sporca” e riuscire comunque ad insegnare loro a proteggersi da un mondo in cui molti, purtroppo, vedono il sesso come un teatro di prevaricazione e sadismo. E’ un equilibrio difficile e, forse, per molti genitori, l’ellissi completa del problema e’ la strada piu’ comoda (possono sempre andare a dire in giro che loro sono all’antica e non vogliono fare il genitore/amico…). Secondo me, pero’, il problema va affrontato. E all’educazione sessuale va aggiunta una educazione sentimentale (non sono certa che per “educazione di genere” Loredana Lipperini intendesse questo, ma forse si’)

  18. Che nel sexting vi siano elementi sessisti mi pare indubbio, che si tratti del sessismo più nero mi sembra esagerato, stiamo parlando di coetanei che vivono da inesperti le prime esperienze sessuali, non di delinquenti pedofili. Non credo che il problema sia risolvibile con un predicozzo o con divieti che vengono elusi con estrema facilita’. Entrare nel privato altrui, anche se si tratta di un figlio e’ sempre un operazione delicata, ho preferito lasciar perdere nell’immediato e non affrontare il discorso in un momento che lo metteva in evidente imbarazzo. In seguito ho avuto modo di rprendere il discorso a partire da un paio di libri sugli anni 60 e 70 che lui stava leggendo e che trattavano anche di liberazione sessuale.

  19. Ecco, bell’esempio di equilibrio fra rispetto della privacy e informazione dovuta. Io non credo che avrei saputo fare di meglio, Claudio 🙂

  20. Ilaria, a mio modesto avviso, invece, il sessimo comunque si manifesti è sempre nero, solo non mi sognerei di classificare i tuoi commenti e la tua visione così come tu hai fatto con me.
    Ribadisco che non credo che mediamente si abbia per gli uomini la stessa mancanza di riguardo che si ha per il corpo delle donne. Non ce l’hanno le donne, non ce l’hanno gli uomini, salvo eccezioni. E’ importante affrontare anche questo problema con l’educazione sessuale e al rispetto reciproco ma è altrettanto importante occuparsi di cosa si permettono di fare gli adulti, i già cresciuti e spesso responsabili di questi e altri comportamenti.

  21. Veramente vogliamo separare il sexting da questioni che riguardano altri aspetti della privacy?
    Se qualcuno ti fotografa mentre fai pipi in campagna e ri sbatte in rete sei più contento?
    E vogliamo parlare di gente che filma compagni portatori di handicap, magari mentre qualcuno li schernisce e li fa incazzare scompostamente?
    Con tutto il rispetto per il corpo delle donne, bisognerà prima o poi ridefinire concetti di privacy che furono coniati quando la violazione della medesima erano legati all’intrusione fisica nell’abitazione altrui.
    Last but not least, bisognerà pure prima o poi capire se l’esibizionismo è un diritto assoluto o talvolta è un reato. Perchè è vero che ci sono immagini “rubate”, ma ce ne sono anche di vendute.

  22. Ribadisco che non vedo nulla di male in due fidanzati che si scambiano foto sexy “for their eyes only”, io non avrei alcun problema a farlo per la mia lei..ciò che continua a lasciarmi perplesso è l’asetticità, il sexting mi pare ancor più asettico del sesso telefonico dove almeno senti la sua voce..voglio dire, se sto con una ragazza voglio averla vicino, voglio “sentirla” e non masturbarmi su una foto. Mi pare un surrogato di una cosa molto più bella

  23. Penso anch’io che il concetto di privacy al quale facciamo riferimento sia insufficiente e, comunque, alterato dall’uso/abuso che ne è stato fatto a proposito delle intercettazioni o della diffusione di immagini giornalistiche sulla vita dei politici, dell’ex premier soprattutto.
    Sul concetto di privacy ci si confonde facilmente. Per esempio cosa c’entrano i “rapporti tra fidanzati” e la masturbazione con l’abuso (divulgazione) di immagini? Sono problemi diversi e nemmeno da banalizzare secondo me. Mi concentro un momento sulla funzione svolta dalle immagini in una relazione d’amore. Anche qui si tratta di modelli, nella fattispecie resi possibili o facilitati dopo la scoperta della fotografia, avvenuta a metà dell’800 e in pieno sviluppo del Romanticismo che è interessante oggi avere presente nel caso dei fidanzati che si fanno le foto ma anche che si scambiano sms o messaggi resi possibili dall’elettronica. Prima delle foto c’erano i meno maneggevoli dipinti, gli scritti, i racconti a supportare la memoria, la visione dell’altro, a renderne possibile la percezione anche in sua assenza. Ma è interessante cercare di capire il nesso tra la percezione sensibile dell’altro/a, la funzione che svolge sui i nostri sentimenti e cosa ne è di tutto questo nel momento in cui l’elettronica ne rende possibile una amplificazione non facilmente controllabile, spesso voluta, spesso no ma comunque tesa a dire che così si combatte la solitudine e l’assenza, anche momentanee.
    Naturalmente anche qui dovremmo interrogarci per analizzare i vissuti femminili e maschili e magari scoprire che, quanto a modelli d’amore, grandi sconvolgimenti da quell’800 che tendiamo a considerare passato e lontano, non ce ne sono stati, che alla donna compete di desiderare ardentemente l’uomo, magari servendosi non solo di un ricordo e una foto ma avvalendosi di un video, e che l’uomo, oltre a desiderare in modo più contenuto o più libero, può esercitare il suo disprezzo, quando c’è, per la donna o la spacconaggine da bar (come per la caccia,o la pesca, o altre attività)riservata alle sue prede, servendosi del web.

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