SIR GAWAIN, ISHIGURO E, ANCORA, KEN LOACH

Sir Gawain era il più giovane cavaliere di Artù. Forse per questo accettò la sfida del Cavaliere verde: infliggergli un colpo con la sua ascia, a condizione di ricevere lo stesso colpo dopo un anno e un giorno. Sir Gawain, che decapitò il Cavaliere, venne salvato dalla nobiltà dell’avversario: salva la testa, ma non la vergogna per essersi dimostrato non un guerriero, ma un uomo. Sir Gawain è l’uomo della quest, la cerca, perché il suo viaggio lo porta all’appuntamento fatale con il Cavaliere, e durante il viaggio deve superare le dovute prove. Sir Gawain incontra la Dea Bianca, dirà Robert Graves: Morgan le Fay, che nel poemetto viene chiamata Morgan the Goddess (la Dea, appunto). Gawain non è un eroe canonico, dirà Wu Ming 4 nel suo saggio, ma è l’eroe imperfetto. E’ già un uomo, appunto, e un uomo che deve la salvezza a una donna. All’inizio non gli piacerà. Ma capirà presto che la cintura verde che lo ha salvato e mutato è da quel momento il suo simbolo:
Così quando l’orgoglio mi pungerà
per prodezza nell’armi,
umilierà il mio cuore guardare
questo laccio d’amore.
Come scrive Wu Ming 4 ne L’eroe imperfetto:
“La cintura della Dea diventa un anti-talismano, in grado di bilanciare gli eccessi dell’eroe. Attraverso la sfida lanciata all’orgoglio virile, la Dea ha somministrato al campione, e alla Tavola Rotonda tutta, una dura lezione di umiltà, che Galvano dimostra di avere appreso. Questo è detto chiaramente nelle ultime battute tra i due cavalieri. Prima di andarsene Galvano chiede al Cavaliere Verde di rivelargli il suo nome e l’uomo afferma di chiamarsi Bertilak de Hautdesert, e di essere al servizio della fata Morgana, sorellastra di Artù, che vive nel suo castello:
Morgana la dea [Morgne þe goddes]
dunque è il suo nome.
Nessuno ha tanto orgoglio
che ella non possa umiliare.
Lei m’inviò in questa guisa
alla vostra nobile sala,
a provare l’orgoglio, se era vero quel che si dice
della gran rinomanza della Tavola Rotonda.
(2452-2459)
Nonostante sia stato ingannato e messo in ridicolo, nonostante si senta ferito nell’amor proprio e portatore di una macchia indelebile, non ci sono dubbi che Galvano ha superato la prova, ha avuto successo. Per questo può tornare alla corte di Artù ed essere accolto con tutti gli onori. Il suo racconto e la confessione della propria mancanza, suscitano in Artù una risata liberatoria. Da quel momento, per disposizione del re, tutti i cavalieri della Tavola Rotonda porteranno a tracolla un drappo verde, in onore di Galvano.
La trasformazione della cintura in blasone contiene un messaggio a chiave profondo, che Galvano ha inciso nella carne. Quel nastro ostentato è un memento della fallibilità dell’eroe.
“Quella macchia […] rimane, sul piano individuale, il segno dell’umanità, dell’umana fragilità del cavaliere” (P. Boitani, op. cit.)
La pretesa di corrispondere integralmente all’ideale eroico-cavalleresco, la pretesa alla perfezione, stimola l’orgoglio, l’ofermod che può portare alla rovina, come accadde ad Aiace.
Questa consapevolezza, raggiunta attraverso la ridicolizzazione e l’umiliazione messa in atto dalla Dea, è il premio che Galvano riporta dalla sua avventura e che espone con coraggio accanto al pentangolo cristiano”.
Sir Gawain non è solo protagonista di un gran bel film che potete guardare in streaming in questi giorni, ma appare ne “Il gigante sepolto”di Kazuo Ishiguro. Non appare casualmente. Né è casuale che i veri protagonisti della cerca siano due anziani sposi, Axl e Beatrice. La cerca, in questo caso, riguarda non una promessa da onorare, ma una perdita cui porre rimedio: la memoria collettiva e il ricordo personale, e salvando il secondo si recupererà la prima, non senza dolore, perché ricordare significa, spesso, soffrire.
Ora, per riconnettermi un’ultima volta a quanto scritto ieri sulla vicenda Ken Loach, che non è un episodio da poco conto visto che non solo ha raggiunto decine di migliaia di persone su Facebook, ma è arrivata anche su alcuni siti d’informazione che l’hanno rilanciata come se fosse appena accaduta e non relativa a nove anni fa: quando si insiste su questi argomenti, quando si dice che la collocazione temporale è importante, e che non si può fingere che sia la stessa cosa il passato di nove anni fa e l’oggi solo perché “il contenuto è valido”,  si dice questo. La memoria collettiva è quella che ci tiene vivi, che fa di noi una comunità. Se scompigliamo le stringhe temporali per nostro orgoglio personale, per non ammettere l’errore e per sottovalutazione, commettiamo un grave errore. E forse  capire che l’orgoglio può portare alla rovina, come Sir Gawain, sarebbe una buona cosa. Non avverrà, ma almeno si prova a ripeterlo, a costo di passare per maestrina.

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