SOMETIMES THEY COME BACK

Mi hanno chiesto un articolo sulle Winx, che è uscito ieri, sul Domenicale di Repubblica. Spunto, la partnership fra la Rainbow di Iginio Straffi e la Paramount, nonché l’apertura di un parco a tema, Rainbow Magicland, che si estenderà su una superficie di quasi seicentomila metri quadri a Valmontone, a pochi chilometri da Roma. Ecco il mio intervento.
Le Winx non sono personaggi di una fiaba: sono un prodotto. Vivono, è vero, nei cartoni animati, su un sito (dove dispensano consigli su come si usa la cipria e si stende il fondotinta), su una rivista, al cinema e a teatro: ma la loro forza è altrove. Ovvero, nelle confezioni degli happy meals e degli ovetti di cioccolato da cui spuntano, le lunghe gambe al vento, in forma di action figures. E poi nei videogame, nelle scarpe, felpe, zaini, tostapane, sveglie, asciugacapelli. Persino – come si conviene alle celebrities – sui calendari.
Le Winx sono una parola, e la parola è fashion. Non si chiama forse Fashion Book uno degli innumerevoli libri che insegnano alle piccole donne dai cinque ai dodici anni l´ecologia, l´inglese e il segreto per essere sempre alla moda? Non vengono definiti fashion i siti e i concorsi che si riferiscono alle fatine e gli articoli che si associano al marchio, inclusa la borsa rosa per il bowling che la bambina accorta deve chiedere a Babbo Natale?
Dunque, se ogni eroina raccoglie lo spirito del tempo (e contribuisce a rafforzarlo), le Winx hanno svolto il proprio ruolo con energia maggiore delle compite e solidali sorelle March di Piccole donne, della candida Heidi di Johanna Spyri e persino della sventatissima Barbie che andava a tutte le feste, conosceva almeno dieci modi per annodare un foulard e gestiva meravigliosamente la propria casa. Alle Winx una casa non serve: basta il look. Perché lo straordinario successo di Bloom, Flora, Stella, Aisha, Tecna e Musa si deve, a dispetto di ogni dichiarazione, al loro aspetto.
Quella che le sei creature magiche esportano, infatti, è una certa idea del femminile seduttivo e modaiolo che si assocerebbe all´Italia, terra di donne belle e sorridenti. Italian style con un vago accenno al Giappone, questa la formula: valida per il look, appunto, ma non per la scelta indiscriminata del pubblico, perché i target di manga e anime sono rigidamente differenziati. I bambini giapponesi intorno ai cinque anni guardano Hamtaro (incluso l´episodio dove si raccontava l´omosessualità fra criceti che in Italia è stato censurato) mentre le eroine maggiorate sono riservate ai fratelli e sorelle maggiori.
Le Winx sono invece icone dell´iperfemminilità venerate da bambine dell´asilo che ne ammirano i capelli fluenti, le bocche carnose, la vita strettissima e i fianchi ampi da giovani dee della fecondità. Su tutto, il soffio dello Zeitgeist: autoreggenti, french manicure, cellulare rosa, tutto quello che le rende amate per come sono, non per cosa fanno. Anche perché le loro avventure si limitano a rimescolare elementi preesistenti: la scuola di magia viene da Harry Potter, la sorellanza munita di superpoteri da Sailor Moon (e corre quanto meno parallela a quella delle disneyane Witch). Non è per raccontare una storia che le fatine sono state create, modellandole sulle dive del momento (Britney Spears, Cameron Diaz, Jennifer Lopez, Beyoncé, Pink). È per conquistare l´appetibilissimo mercato delle bambine, fornendo loro la stessa immagine del femminile della televisione adulta.
C´è una frase che riassume bene la filosofia delle sexy-fatine. La pronuncia Stella nel film Il segreto del regno perduto: il credo di Spider-Man, «a un grande potere corrisponde una grande responsabilità», viene ribaltato sostituendo «responsabilità» con «popolarità». Il motto di Pippi Calzelunghe, per intenderci, era: «Chi è forte deve essere buono».

65 pensieri su “SOMETIMES THEY COME BACK

  1. Una domanda, non retorica. Ti hanno chiesto un articolo sulle Winx. Chi ha letto il tuo libro ‘Ancora dalla parte delle bambine’ conosce la tua posizione sull’argomento (posizione che tra l’altro condivido parola per parola). Con che spirito dunque ti hanno chiesto di scrivere questo articolo e perché proprio adesso?

  2. forse mi è venuto in mente un applicazione di quello che,a mio avviso provocatoriamente,si ritrovano spesso a ripeterere i radical chic e i dirigenti classici del pd:la crisi è un’opportunità,o qualcosa del genere.Tenendo conto che gli ultimi quattrini disponibili per le spese voluttuarie sono stati rastrellati dalla tecnologia e i risparmi sono stati fatalmente intaccati per soddisfare bisogni primari non restano risorse in surplus per sentirsi obbligati a seguire la corrente pure quando,in condizioni di scarso carattere,ci si sente trascinati dalle invocazioni di figli che non hanno ancora maturato la coscienza che l’individualità è ricchezza.Le circostanze ci hanno messo in condizioni di non nuocere,con l’eccezione di coloro che hanno ancora in tasca abbastanza soldi da poter usare per compensare carenze affettive,lacune pedagogiche o tempo e testa da dedicare alla nostra progenie.In un’espressione,corriamo il bel rischio di mettere su spessore
    http://uffle.com/mp3/R.E.M_/Greatest%20Hits%20(Disc%203)/01%20What's%20the%20Frequency%20Kenneth_.mp3

  3. Renata, forse proprio per questo mi è stato chiesto. Il perché adesso è spiegato nell’introduzione: perché l’articolo affianca un’intervista sullo “sbarco” delle Winx in America.

  4. Non è affatto più facile essere madre di maschi. Sarebbe interessante anche un’indagine sul machismo strisciante dei giochetti per maschi, soprattutto quello per psp, per capire da dove derivi l’incremento di quell’atteggiamento protosciovinista a che a scuola si definisce con l’orrendo e incomprensibile termine bullismo, traduzione appiattente di “to bully” che significa prevaricare. Anche le parole in questo tipo di indagine hanno il loro peso. Infatti, se si parlasse apertamente di prevaricazione e maltrattamenti verbali (quando non peggio) fra bambini di 8-12 anni, le mamme di maschi il problema forse inziarebbero a porselo, come se lo pongono quando si fa notare loro che le loro bambine a scuola subiscono in silenzio questi atteggiamenti da parte maschile come se facesse parte di un gioco di società a cui in qualche modo è stato suggerito loro di prestarsi, in nome di una certa femminilità. Io se fossi madre di maschio qualche pensiero a questa faccenda lo dedicherei.

  5. @Claudia b.
    Sono madre di un maschio di due anni e mezzo. Forse per questo sento meno il problema. Eppure sono molto attenta alle questioni di genere.
    Quello che intendevo dire è che ALMENO non devo o dovrò preoccuparmi di winx e di giornaletti per bambine di 8 anni con in allegato il rossetto o i consigli sul trucco…

  6. @ claudia b
    Sempre della personalissima serie: “i miei filosofi preferiti hanno meno di dieci anni”… L’altro giorno, mentre accompagnavo il pargolo (anni 5) al corso di judo, mi ha chiesto quale attività praticasse un suo amichetto. Quando gli ho detto che era iscritto a un corso di danza, lui si è messo a ridere. Gli ho chiesto cosa ci fosse da ridere. Risposta: “E’ una cosa da femmine”. Visto che è un po’ prestino per fargli vedere “Billy Eliot”, gli ho detto che non era vero e che esistono fenomenali ballerini maschi. Lui allora ci ha pensato su, poi mi ha detto: “Babbo, non sono io che voglio ridere, è il mio cervello che mi dice di farlo”.
    Evidentemente non ci vuole una laurea in sociologia per cogliere la potenza di un condizionamento sovrastrutturale. E nemmeno la licenza elementare. Ma guai a dirlo… si potrebbe essere scambiati per pericolosi moralisti che vogliono limitare la libertà altrui di condizionarci per venderci le loro merci! Mica vorremo limitare il libero mercato, eh? 🙂

  7. @) Wu Ming 4, è vero anche al contrario, quando lasciai danza per Kung-fu i miei genitori si domandarono se poteva essere una cosa normale. In un gruppo di 10 ragazzini circa io ero l’unica femmina. Dopo continue prese in giro e atteggiamenti da camerata decisi di abbandonare il corso. Il maestro mi abbinava sempre ad un ragazzino cicciottello e un pò meno “macho” degli altri. Non riuscivamo a fare passi avanti. Ricordo questa cosa oggi con tenerezza ma allora per me fu davvero una grande delusione. Anche ammettere davanti ai miei genitori di essermi in qualche modo “sbagliata”.
    Considera che son passati 20 anni e che era un paese alle porte di Roma, magari da qualche altra parte non sarebbe andata così!

  8. Mi stanno bene le Winx e simili, ma era proprio necessario devastare un’altra fetta del nostro territorio, per far divertire qualche bimbetta?

  9. @ dousaurea
    Certo che è vero anche il contrario. Per consolarti rispetto alla tua esperienza posso dire che al suddetto corso di judo ci sono un paio di bambine molto brave ed è tenuto da una maestra (per altro campionessa nazionale) con un aiutante maschio.

  10. Anche io ho un’esperienza simile a quella di Domusorea, perché da bambina giocavo a calcio con la squadra maschile, visto che non ce n’era una femminile: ovvero partecipavo agli allenamenti, ma ovviamente non potevano tesserarmi. Mi sembrava un’ingiustizia incredibile!!!
    Però giocavo anche con le barbie…
    Forse è anche per questo che a mio figlio propongo sempre tutti i tipi di giochi possibili: indistintamente maschili e femminili.

  11. Insisto, insisto, insisto.
    Bambini che in casa non vedono televisione se non gestita accuratamente da genitori che usano il discernimento NON abboccano all’amo di Winx e altro. La televisione è una fogna a cielo aperto. Io di figli ne ho due, maschio e femmina, e gli stereotipi che incontravano puntualmente all’asilo e a scuola, rimasti senza conferma a casa e sostituiti da buoni e film e buoni libri non hanno lasciato traccia. Stessa conferma nelle tipologie di adolescenti incontrati come insegnante: quando conosci i genitori capisci (quasi) tutto.
    Certo, se siamo ancora al “vietato vietare”…

  12. @ valter binaghi
    Temo tu la faccia un po’ troppo semplice. Da un lato ipotizzo che quando erano piccoli i tuoi figli la tv non era pervasiva ai livelli di oggi e quindi le difese un po’ più facili da erigere. Dall’altro credo che i messaggi non passino soltanto attraverso la tv. La cosa ad esempio che trovo interessante nella riflessione di Loredana Lipperini è che le Winx non servono in realtà per giocare. Sono manichini in miniatura, nonché volani per vendere gadget di ogni tipo: ma non giochi, come era per la Barbie, bensì oggetti di uso estetico-cosmetico quotidiano pensati per le bambine. L’elemento creativo del gioco – usare i personaggi per inventare storie – passa quindi in secondo piano rispetto all’emulazione estetica del modello. Invece di svilupare la capacità narrativa e creativa della bimba, si fa leva sulla necessità di conformarsi a un modello. Non già “fare” come le Winx (che in effetti non fanno niente di avvincente), ma “essere/apparire” come le Winx: non giocare l’avventura, ma guardarsi allo specchio. Il punto quindi, mi permetto di dire da genitore alle prime armi che fa sbagli uno dietro l’altro, non è tanto vietare, quanto invogliare i bimbi a pretendere narrazioni avvincenti.

  13. Io sono abbastanza d’accordo con valter binaghi e vado oltre: ma possibile che avere la Tv sia considerato normale e decidere di non averla un’astrusità molto radical-chic?

  14. A questo punto pensando all’immane casino dinnanzi a cui si trova un genitore progressista – posto in scacco tra desiderio di dare alle proprie figlie una chance culturale che esuli dalla mignotta, e la pressione della figlia – più che legittima – di non essere una disadattata, il ruolo dei genitori è di permettere – con parsimonia – l’ingresso delle suddette winx dentro casa e trovare il modo di incoraggiare un gioco che inquini il messaggio originario (zoccola ergo sum) con dimensioni narrative, con alchimie con altri giochi allargando la possibilità di lettura che quell’innegabilmente magnifico oggetto-se culturale non sembrava poter produrre. I bambini flirtano con il mondo ma anche con i nostri pensieri. Da adolescenti magari sputeranno qualcosa(spesso è auspicabile persino) però poi la sintesi torna. Per esempio alla fine il figlio maschio di Wm4 fa uno sport molto consono con il genere – sta a babbo Wmingo (più che mai visto che è il suo genitore pari sesso) dilatare la prospettiva della ovvietà di genere.
    Un saluto a tutti che era un po’ che latitavo.

  15. Mi trovo in una specie di via di mezzo tra Valter Binaghi e WuMing4 – ma vorrei dire prima di tutto che essere madre di un maschio non è affatto più semplice. Esserlo di un maschio e di una femmina è “difficile” al quadrato, anche perchè il sessimo nei giochi “da maschi” è straripante. Quello che dice Binaghi mi trova consenziente: il problema non è vietare la tv, ma fare il genitore e saper dosare la quantità e la qualità. Solo in questo modo hai una possibilità di lasciare ai bambini lo spazio per conoscere delle storie, farle proprie, e sue quelle inventare giochi e narrazioni: per esperienza so che anche le serie tv più pervasive, se proposte con una certa cautela, diventano un veicolo di grandi invenzioni autonome. Anche le Winx: qui c’è stato un momento – durato assai poco – di infatuazione per le fanciulle in questione, abbiamo guardato insieme cartoni e giornaletti, acquistato Flora o un’altra di loro, e abbastanza velocemente il tutto è stato archiviato e definito in fondo poco interessante. Quello che abbiamo fatto in casa è stato di affiancare ai modelli proposti dall’esterno – e con i quali i bambini devono necessariamente confrontarsi perchè la loro vita sociale è fatta di quei modelli, non possono ignorarli – altri film, altri libri, altre storie, altri disegni. Quello che oggi mi trovo ad affrontare, appunto come madre di maschio e femmina, passata la fase della prima infanzia e alle prese con l’adolescenza incombente, è la “quantità” di diversità che i miei figli sono in grado di affrontare: senza cellulare, senza PS, senza facebook, senza strass e trucchi… la mediazione continua tra i modelli che proponi come famiglia – o gruppo sociale – e la pervasività di quelli esterni deve riuscire a non farne degli esclusi o degli infelici.

  16. @ zauberei
    Lo so, lo so, non me ne parlare… :-/ Nella fase della genderizzazione che sta inevitabilmente attraversando il pargolo in questione è dura, come ricorda giustamente paola signorino.

  17. @Valter binaghi Aggiungerei che il potere del genitore è limitato. Le Winx sono arrivate anche qui in Svezia ed io mi ero proposto di non farle vedere ad Eleonora. Fatto è che le sue amichette dell’asilo le guardano e che poi all’asilo giocano alle Winx Club perciò impedirle di vederle vorrebbe dire farla escludere. Io ho scelto la via di limitarne la visione a qualche episodio al mese, guardarle con lei e poi di discutere i contenuti. Fortuna poi vuole che fra Pippi e le Winx Eleonora preferisca ancora Pippi.

  18. La televisione è il male, i fumetti per bambini e fra poco torneremo a dire che le fotografie rubano l’anima. Ai miei tempi si diceva che Goldrake faceva diventare violenti, e io sto attento pure a non schiacciare le formiche. Le bambine che vedono le Winx non diventeranno dei futuri casi Ruby (posso certificarlo con le mie esperienze per fortuna).
    E’ intrattenimento, giocare ad essere adolescenti (per preadolescenti chiaro) che non risparmia neanche certi libri per l’infanzia (che in alcuni casi non sono tanto diversi). Sta ai genitori, agli educatori fargli capire che per essere belle non è necessario avere il vitino stretto e i capelli biondi e offrire modelli alternativi. Poi se le Winx hanno più appeal… be’ non credo sia giusto vietare ai propri figli o nipoti di vederlo. “Perché le cose belle vanno con le cose belle”, dice Stella. Io sono d’accordo con questa frase, l’importante è che decida io cosa è bello e cosa no. Per quanto riguarda il parco per me è una martellata dove non batte il sole. Ce l’ho a pochi chilometri e già il traffico nelle mie zone è insostenibile. Per non parlare delle migliaia di posti di lavoro promesso… promesso a chi non lo so perché nonostante noi del luogo avessimo la priorità, quei posti sono dati a non so chi. E tutti quelli che conosco che hanno mandato il curriculum neanche un colloquio hanno fatto.

  19. @ lalipperini
    Scusami, davvero non avevo capito (forse avevo letto male). Mi fa piacere allora che invece di trattare l’episodio con il solito trionfalismo nostrano (“il prodotto italiano sbarca in America!”), si sia scelto di ospitare anche un’analisi critica come la tua.
    Buon segno. 🙂

  20. Nella mia casa dalla tv sempre spenta le Winx sono entrate lo stesso. Arrivate dall’asilo, come regalini di feste di compleanno, robe così. Snobbate da me, ignorate dal padre dei figli, ormai ci stanno abbandonando senza lasciare troppi ricordi. Intanto affrontiamo l’invasione gormitica e ben10ica (ché anche i maschi devono sopportare le loro belle pressioni). Ma sono le madri e i padri che insistono, lasciatemelo dire. Ai bambini basta proporre qualcosa di più divertente (e non è difficile) e non avranno dubbi.

  21. una considerazione.Mi chiedo sempre perché si prende tremendamente sul serio un certo Pasolini,fantasmagorico regista e poeta sopravvalutato(a mio avviso),e si dimenticano i suoi spietati lucidissimi j’accuse sulla televisione.Oppure li si ascoltano con la stessa fede spiritata con cui nel “fuori orario” di ieri i compagni ascoltavano Erice Deleuze ribaltandoli nella pratica quotidiana(per esempio non negando un apparecchio al plasma da portare in cameretta al compimento dei sesto anno di età)
    http://soundsuck.com/songs/Head%20Over%20Heels.mp3

  22. Non so, a volte mi pare di spiegarmi bene poi rileggo i commenti che mi fanno e penso che no.
    Se c’è uno che sa che non basta vietare, cioè togliere qualcosa, sono proprio io. Lo stesso è pensare che uno è libero quando non è vincolaro a nulla: in quel caso, sarebbe libero solo per il nulla. Ho sempre considerato (da filosofo) il concetto di libertà negativa di Kant come l’origine del disastro etico contemporaneo.
    E’ evidente che non si tratta di piazzare il bambino davanti al televisore e poi spegnerlo sul più bello, ma di non piazzarlo proprio. E questo si può fare solo se, come scriveva qualcuno più sopra, si ha qualcosa di più divertente da fare con lui. A casa mia leggere storie ai bambini è stato a volte faticoso ma appagante, così come scegliere accuratamente film e cartoni da fargli vedere col videoregistratore, proprio per non farne dei disadattati.
    Perchè c’è una cosa da chiarire: disadattato è uno che non sa usare un media quando tutti lo usano, non uno che lo usa con contenuti diversi. Nel primo caso crei un handicap, nel secondo dai un’opportunità creativa che è rinforzata da discorsi comportamenti e valori familiari quindi ha maggiori possibilità di essere compresa e radicarsi psicologicamente piuttosto che infilarsi subdolamente sottopelle. E poi il gusto si educa, vivaddio. I cartoni idioti c’erano anche all’inizio degli anni Novanta, ma i miei due pargoli li snobbavano perchè l’alternativa non era il video spento ma i cartoni Disney o Guerre Stellari, La storia infinita, Labirynth, e diverse altre cose che chiedevano di rivedere in continuazione, e Salgari e Tolkien che babbo e mamma gli avevano letto di sera e loro continuavano da soli.
    Siamo alieni?

  23. @Elenaelle, da quello che vedo a scuola e in famiglia il marketing è massiccio sia per le femmine che per maschi; ci si chiede fra colleghi, in quale misura il netto peggioramento nel rendimento scolastico, nell’attenzione e nell’interazione fra coetanei e con gli adulti sia dovuto al sovraccarico e alle caratteristiche intrinseche dei giochi con cui si formano i bambini oggi.
    @Wu Ming 4: otto anni è l’età giusta per inziare a introdurre il concetto di neuroni specchio 🙂

  24. @ Walter
    A naso, una bambina che ignora le Winx finisce per sentirsi una disadattata. Quindi penso che almeno una dose omeopatica vada concessa.

  25. questa e’ in assoluto la notizia peggiore che abbia ricevuto oggi…. un parco a tema winx…. spero solo che non giunga alle orecchie della 6enne mia convivente……
    scherzi a parte…. io da mamma cerco di dare un colpo al cerchio e uno alla botte…. le winx mi stanno sullo stomaco ma piu’ di loro trovo insopportabile tutto il merchandising che le circonda….. non mi stupirei di vedere uno scopino per il bagno tutto rosa e con il logo winx….. ma qualcosa di questa paccottiglia e’ stata comunque acquistata… perche’? perche’ e’ in qualche misura ingiusto renderla una paria nei confronti delle sue compagne…. perche’ quando si incontrano, dopo il facoltativo ciao, si dicono “guarda cosa ho” e comincia l’esposizione dei possedimenti….. e ho scoperto che a 6 anni i bimbi ambosessi sono molto crudeli….. d’altro canto le winx non le guarda mai da sola ma sempre con i commenti di mamma nello sfondo e altrettanto per pippi calzelunghe, che comunque apprezza….. cerco di farle vedere la vita per quanto variegata possa essere, in tutte le sfumature, cercando di aiutarla a sviluppare un senso critico in tutto cio’ che vede e sente…..

  26. Concordo sulla dose omeopatica 🙂
    Per sviluppare un senso critico è utile conoscere un po’ tutta l’offerta, a mio parere.
    Poi ovvio che sta a mamme e papà (ma non solo) incoraggiare quel senso critico in una direzione piuttosto che in un’altra, offrendo soprattutto valide alternative. Poi i bimbi sapranno trarre bene le loro conclusioni, relegando le Winx a qualche visione sporadica e alla copertina del quaderno o poco più.

  27. Vi ricordo che non si fanno guerre senza spargimenti di sangue.
    E che dietro il timore di creare “disadattati” a volte c’è un po’ di pigrizia pedagogica. Accettare ciò che è già d’uso comune è notevolmente più facile che persuadere all’alternativa.

  28. Io parlo da educatrice, che di bambini ne vede veramente tanti: la differenza purtroppo si vede, qualche mamma sopra ricordava i vari Ben10, Gormiti per i maschietti, una bella invasione di gadjet è vero, ma che non vanno ad intaccare il “corpo” del bambino, al massimo ci limitiamo alla classica t-shirt con i vari personaggi. Solo a Carnevale si vedono bambini mascherati da Gormiti, mentre tutti i giorni ho a che fare con Winx in miniatura a volte anche un pò inquietanti. Non è solo una questione di vestiti, sono le movenze, gli atteggiamenti che queste bambine assumono a farle sembrare stonate. Diventa difficile per un genitore come per un educatore lavorare sugli stereotipi, smontarli uno ad uno, bisognerebbe formarsi anche sotto questo aspetto, ascoltare cosa hanno da dire gli altri. Da questo punto di vista io non finirò mai di ringraziare Loredana per il lavoro che ha fatto in Ancora dalla parte delle bambine e la Belotti perchè oggi è fondamentale una presa di coscienza davanti a queste problematiche. I bambini non vanno lasciati soli, mai, neanche davanti ad una cosa che riteniamo superflua. Mi fanno tenerezza queste bambine di oggi già alle elementari piene di dubbi e di insicurezze. Mi fanno tenerezza soprattutto le figlie di queste donne migranti che si trovano a doversi confrontare con modelli troppo distanti dalla loro cultura ma che per forza devono acquisire. Le valide alternative di cui tanto parlate nelle scuole rimangono fuori. Fra i banchi e i corridoi le voci si uniscono, gli angoli si smussano, il messaggio promozionale purtroppo mette tutti d’accordo!

  29. A supporto. Cito dal sito di FilmTV, a commento di “American Dreamz”
    “La comunicazione, specie quella televisiva di massa, fenomeno ormai globale, ha trasformato il sogno di poter diventare qualcuno diverso da quel che si è nella maggior fonte di infelicità collettiva”
    E’ da questo che vanno difesi i bambini.
    Non solo dalle winx.
    E, ribadisco, si chiama guerra.

  30. Disadattati o meno non sono gli oggetti il demonio è la miopia. Questo naturalmente Loredana lo sa – e io trovo il suo articolo molto bello e utile – non avrebbe potuto scriverlo se avesse chiuso in un cassetto il mondo bruttone. Credo che cercare di privare i figli della relazione del mercato provochi due effetti collaterali – il primo è nel far ritenere il mercato qualcosa di massimamente desiderabile con tutte le sue minchiate e una adesione acritica ai modelli che propone – perchè diventa il mezzo dello smarcarsi dalla cultura genitoriale vista come unilaterale. Il secondo è che se non lavori sugli occhi ma su gli oggetti, in sostanza lavori da cretino. A voja a Proust. A quel punto Proust è solo spocchia, erano meglio le Winx.

  31. Io non mi sono confrontata con le Winx, ma il panorama al tempo delle Barbie era altrettanto desolante. L’unica cura è stata vedere la tv insieme e commentare, criticare, non lasciare mai che l’unica voce fosse quella dell’apparecchio. Adesso dopo trenta secondi di visione mollano, la trovano insopportabile, si fanno il palinsesto da soli sul pc o stanno fuori casa con gli amici. Missione compiuta.

  32. Un grande pezzo, brava.
    le mie bimbe sono passate anch’esse nel tritatutto winx. Regalarono loro pure due enormi cuscini rosa con le fatine campeggianti e ammiccanti. Poi i telefilm di Pippi Calzelunghe le ha stracciate, KO tecnico. Ora schifiltano le winx (11 e 6 anni).
    I due cuscini li usiamo io e mia moglie, a letto, per leggere. Sono comodi.

  33. @Zauberei
    “chiudere in un cassetto il mondo bruttone e privare i figli della relazione del mercato”
    Detto così sembra il gulag.
    Avanti con la tolleranza paracula e il sinistrese sculettante,
    dosi omeopatiche di questo e quello,
    la bottega non chiude mai ma la teoria non fa una grinza
    al puttanaio liberaldemocratico
    (nel senso che con questa teoria dagli anni Ottanta in poi siam finiti qui).

  34. Alcune cose che sono state dette non mi tornano affatto: soprattutto l’idea della dose omeopatica. E soprattutto applicata alla televisione, ma non solo. La paura di fare dei nostri figli dei disadattati secondo me la dice lunga sul nostro timore di essere noi stessi dei diversi.
    Le maestre dell’asilo nido di mio figlio mi hanno fatto gli stessi ragionamenti che state conducendo voi nel commentarium: “Signora dovrà comprare la TV perché altrimenti suo figlio si sentirà diverso dagli altri bambini e ne soffrirà”.
    Questo ragionamento proprio non mi convince…

  35. @ ElenaElle & Valter Binaghi
    Scusate, non voglio mica fare il pedagogista de noantri, ché mi farei ridere da solo, però credo che la questione “dose omeopatica” non c’entri nemmeno da lontano con l’integrazione dei pargoli tra i coetanei tv-muniti. Il punto non è che si sentano esclusi o diversi. La TV esiste ed è un pezzo importante dell’immaginario contemporaneo. Siete sicuri che trasformarla in un tabù invedibile sia alla lunga più efficace che sviluppare una visione critica e dosata? [Ve lo ricordate il personaggio intepretato da Renato Carpentieri in “Caro Diario” di Moretti, che scopriva la tv in età adulta, senza avere sviluppato alcun anticorpo, e diventava immediatamente tossico di soap opera?]
    Valter, per quanto ti sforzi di fare l’antipatico, credo tu sappia benissimo che ci sono più cose tra il “gulag” e la “tolleranza paracula”, come le chiami, di quante sei disposto a vederne. Ribadisco, per esempio, che secondo me è importante lavorare sulla qualità e la tipologia delle storie narrate, lavorare cioè all’innalzamento delle aspettative dei bambini in questo senso. Una volta che le Winx diventano noiose, non c’è alcun bisogno di “scomunicarle”, trasformandole allora forse sì, in oggetto proibito da concupire. Si può vivere e crescere bene con o senza TV, mezzo di comunicazione autoritario e obsoleto, ma tenendo conto che c’è sempre Internet, l’home video, etc., e che insomma il mondo non può essere tagliato fuori.

  36. Io la “dose omeopatica” l’ho provata, ma non per non far essere le mie figlie delle disadattate, semplicemente perché stando con le altre, ricevendo regali di compleanno, inevitabilmente le Winx entravano.
    Leggendo WuMing 4 pensavo di scrivere qualcosa di molto vicino a quel che poi zaub ha scritto. A conferma dell’analisi di Loredana – anche se non ce n’è bisogno – devo dire che ciò che ha “smontato” le Winx è stato proprio usarne una come un giocattolo: la piccola le ha tagliato i capelli, e poi, visto che era una bambola molto grande, le abbiamo messo un vestito molto semplice di mia figlia. Adesso è lì, in un angolo, un gioco tra gli altri, le richieste di qualunque gadget Winx riguardano al massimo le sorprese negli ovetti, per emulazione delle amiche. Basta comprarne uno ogni tanto e spariscono in cinque minuti.
    Io sarei di tendenza decisamente intransigente, so di essere quella che qualcuno chiamerebbe un po’ moralista, col primo figlio sono stata più attenta (ma è anche vero che lui ha passato i primi 5 anni della sua vita a New York, i regali di compleanno venivano quasi tutti dal Bank Street Bookstore e in tv guardava Arthur e Sesame Street), ora con le altre due figlie mancano tempo ed energie per controllare tutto, anche perché la piccola impara dagli altri – fratello e sorella, e amici/amiche. Il mio personale equilibrismo è fatto da tanto dialogo, attenzione ai loro dubbi, alle loro domande, il far circolare tanto pensiero. E chiaramente qualche volta anche interventi correttivi, come: ragazzi, con questo spettacolo avrei qualche problema, parliamo, e cambiamo canale, o spegniamo.
    Confermo che non è semplice né con maschi né con femmine. Un figlio mezzo anglosassone in Italia è visto e si vede come diverso, ma è una delle cose più belle sentire i suoi discorsi mentre cresce, il rispetto per tutte le diversità, la (relativa) libertà dalle mode e dal mercato. O sentire dalla figlia di undici anni che durante il corso di educazione all’affettività ha spiegato a un’amica che non è vietato essere bisessuali, e nemmeno provare amore tra due uomini o due donne.

  37. Il contesto in cui le winx vengono piantate ha più peso del messaggio che portano. Con mamme leopardate manicuratissime che portano in SUV bianco bimbe permanentate all’asilo, le winx e le bimbe winx sono solo estensioni e conseguenze di un orrore che senza le winx non cambierebbe molto.
    E certo, una bimba nonwinx sarebe una disadattata in quel contesto. Sia che assorba le winx, sia che le rifiuti, sia che le siano ‘negate’. Ma per la salute di tutte quelle povere bimbe (comprese le permanentate) va sabotato tutto il contesto, non solo le winx!
    E la creazione di un immaginario forte e la proposta di comportamenti sani da parte dei genitori ed educatori sono i primi anticorpi. Ciò detto: comunque onore al merito all’articolo di Loredana!

  38. La mai cuginetta (10 anni) ha passato il suo momento winx come tutte. I genitori non le hanno mai proibite (la bimba ottiene in genere tutto quello che vuole), ma le hanno offerto talmente tanti stimoli diversi, che le winx sono diventate soltanto un gioco come gli altri. Per esempio, capita che se ne vada in giro con i pantaloncini rosa con sopra Flora e compagnia, ma altrettanto facilmente detti pantaloni finiscono per subire sudate, partite a pallone con i compagni, rotolamenti vari nell’erba… Non sente l’esigenza di essere lei stessa una winx, di fare la bambolina con i capelli acconciati e le unghie dipinte. Corre, ride, si spettina e finisce tutta sudata. Ed e’ un piacere vederla!
    Questo non per contraddire l’articolo di Loredana, che anzi condivido in pieno. Solo per esprimere il mio sollievo, da donna che nel prossimo futuro vorrebbe avere figli, nel vedere che alla fine un modo si puo’ trovare.

  39. @Wu Ming4
    Mi sono divertito un sacco (e rimpiango quei tempi) a lavorare coi cuccioli di casa sulla qualità e la tipologia delle storie narrate, anche attraverso lo strumento televisivo. Il che però presuppone il coraggio e la forza di escludere e selezionare, oltre che di includere e rielaborare. Quel che trovo fastidioso è il politicamente corretto del “ma anche” a tutti i costi. L’omeopatia delle sottoculture (che nessuno ammetterebbe nel caso di radiazioni atomiche, ma in queste cose, chissà perchè, siamo sempre propensi a minimizzare). La difficoltà e a volte il rifiuto nell’ultima sinistra a contenere e censurare, indice di scarso coraggio intellettuale. Fino a vent’anni fa, la differenza tra destra e sinistra la vedevi nei comportamenti, negli spettacoli frequentati, nei consumi persino. Oggi sembra irreperibile, al di là di dichiarazioni sempre più circostanziate e fumose, dove capita di sentire attaccare il berlusconismo in politica e poi magari condividerne le offerte sul versante intrattenimento.
    Bene così?

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