STORIA DI MONICA

Per rispondere qui a tutte le persone che mi hanno scritto, in pubblico e in privato,  dando la loro disponibilità per future iniziative: anzitutto grazie.  Poi, una conferma: credo che serviranno tutte le competenze, legali, psicologiche, di idee. Per ora, posso solo anticipare che stiamo provando a organizzare un incontro a Roma per le prime settimane di febbraio dove cercare di fare il punto.
Poi, la storia di Monica.

Era il 1992 e avevo 21 anni. Posso dire ero giovane? A che età si finisce di esserlo per giustificare un aborto agli occhi di questa società? Avevo una relazione stabile con un ragazzo più grande di me di 7 anni, un bravo ragazzo emigrato dalla Calabria, fino a Milano, con cui stavo insieme già da 3 anni, che aveva un lavoro stabile all’interno della Guardia di Finanza. Usavamo gli anticoncezionali, sempre. Pillola prima, preservativo poi. Tranne quell’unica volta. Quando si dice sfiga.. capodanno, casa di un’amica comune, veglione, rumori, alcool, ubriachi entrambi. Ricordo poco, successe in un attimo, al piano di sopra mentre tutti ballavano al piano di sotto. Una cosa svelta, inutile per entrambi. E rimasi incinta. Mi crollò il mondo addosso. Andai dal medico di famiglia e commisi il primo errore: apparteneva a Comunione e Liberazione e cominciò subito a dire che essere incinta era una cosa bellissima, un dono del signore. Gli dissi che vivevo ancora a casa dei miei genitori, che non avevo un lavoro, che studiavo ancora all’università, lui rispose da copione “questo bambino non ha colpa, non buttarlo via, dio vede e provvede, stai tranquilla”. Uscì da lì ancora più confusa e disperata. Ne parlai con il fidanzato che rimase più agghiacciato di me, si disse pronto a prendersi “le sue responsabilità” ma che lasciava a me la scelta. Una mossa furba che soltanto anni dopo riuscì a comprendere: si scaricava la coscienza, gettando sulle mie spalle, ed unicamente sulle mie, il peso di una scelta difficile. Non partecipò mai a tale scelta. Non proferì mai una sola parola, io parlavo, mi sfogavo, urlavo tutte le mie ansie e lui ascoltava, in silenzio, in religioso silenzio.

Ho netti ricordi di quei silenzi pesantissimi, in cui l’unica voce che udivo era la mia. Una sola volta, la prima, mi disse che nel caso avessi scelto di tenere il bambino mi avrebbe sposata. Questa cosa, ovvero l’ipotesi di un matrimonio, mi faceva paura quasi come l’essere incinta.

Mi sentivo sola. Così presi il coraggio a piene mani e misi in pratica i dettami educativi che mi erano stati impartiti dalla mia famiglia: quando ti serve aiuto, chiedi prima ai familiari più stretti. Andai una notte piangente nel letto di mamma e papà che si svegliarono di soprassalto. Non la feci lunga, dissi solo “sono incinta”. Mia madre mi abbracciò. Negli occhi di entrambi lessi la sofferenza ma vidi anche una profonda comprensione. Cominciarono a dirmi subito ciò che volevo sentirmi dire: che non ero in condizioni di avere un figlio, che non ero in grado di mantenerlo e che mi sarei rovinata la vita. Mia madre mi disse che un figlio deve essere una scelta consapevole e non un incidente. Bevevo le loro parole come un nettare salvavita, mi dissetavo con le loro argomentazioni. Accompagnata da mia madre andai al consultorio dove una gentilissima ginecologa mi visitò, confermò lo stato di gravidanza alla 6 settimana e senza nessun discorso, nessuna parola mi scrisse il foglio per un IVG, l’interruzione volontaria di gravidanza. Mi presentai in ospedale, ma la lista d’attesa era lunga e dovetti aspettare fino alla 12esima. Furono settimane infernali. L’unico prezzo in famiglia che dovetti pagare è rispettare il divieto assoluto di raccontarlo a mio fratello che aveva all’epoca 17 anni, con la scusa che era ancora troppo ragazzino per comprendere situazioni come questa. Una bugia per nascondere un’altra bugia.

Dell’intervento, effettuato in un ospedale pubblico e in anestesia generale, ricordo pochissimo. Ricordo il risveglio nel reparto maternità, ricordo una frase canticchiata detta da un infermiere “abortin, abortin, dove lo metto il filettin” e poi “questo mezzo chilo di filetti li porto io giù?” Credo si riferisse ai grumi umani raschiati dai nostri uteri che dovevano essere portati in qualche posto per lo smaltimento.. ero sveglia da poco quando udì chiaramente tutto questo e vomitai subito. Qualcuno mi disse che era l’effetto dell’anestesia. Certo. Tornai a casa in serata e stetti malissimo fisicamente e psicologicamente. Ci misi molto a rimettermi. Ma mi sentivo anche libera, scampata ad un pericolo, non più in trappola. E’ aspro, lo so, ammettere queste sensazioni, ma era così. E cominciai ad odiare il fidanzato. Fu una lunga storia travagliata che si concluse nel 1999 in un tira e molla infinito. Non parlammo mai più dell’aborto. O meglio io cercai più volte di tirar fuori nuovamente l’argomento, ma lui reagiva sempre nello stesso modo: silenzio assordante. Potevo insultarlo, umiliarlo, ferirlo ma lui non reagiva mai. Stava in silenzio. Finché io, sfinita, ero costretta a cambiare argomentazioni.

A volte negli anni è capitato di pensare al figlio non avuto. Chissà perché l’ho sempre immaginato maschio. Fisicamente non l’ho mai immaginato. A volte superati i 30 anni e incontrando vecchie amiche o compagne di classe con carrozzine e passeggini mi è capitato di immaginare come sarebbe stato, quanti anni avrebbe avuto..

Di quest’aborto ho parlato solo a mio marito, l’uomo che ho conosciuto dopo aver lasciato il ragazzo di prima, quello troppo zitto. E al figlio non avuto ho smesso di pensarci quando a 36 anni ho partorito la mia unica figlia. Una femmina., si. Se tornassi indietro? Ripeterei l’aborto.. anzi no. Farei di meglio: non mi ubriacherei quel capodanno di secoli fa. In ogni modo, quel figlio non nato, rimarrebbe senza nascere. Questa consapevolezza lucida e concreta non mi toglie un peso dalla coscienza. Ma mi fa stare meno peggio di quello che sarei stata se me ne fossi pentita.

96 pensieri su “STORIA DI MONICA

  1. Ah, eccco Binaghi, questo volevo:che mostrasse di che pasta realmente è fatto. La pasta di chi, quando è colto in fallo e non sa come difendersi,invece di chiedere scusa e correggersi, passa all’attacco personale, abbozzando un maldestro e mal riuscito tentativo di offesa. Del resto, con me ci ha già provato una volta dandomi dell’autistica e dimostrando così disprezzo non solo per me, ma anche per l’autismo in sé, utilizzato come sinonimo di insulto. Questi sarebbero i difensori della vita a oltranza. Di nuovo complimenti.
    Fino ad ora, nei miei pochi interventi, ho preferito non prestare il fianco alle provocazioni e lasciar correre la serie di castronerie, orrori ed errori che sono usciti da certe tastiere. Ma evidentemente non a tutt* è chiaro chi abbiamo dall’altra parte del monitor e se davvero valga la pena concedere spazio a chi cerca di nascondere con giri di parole errate e contorte una misoginia insopportabile che viene a sfogare in questa sede.

  2. Sto intervenendo poco nelle discussioni perché ritengo giusto che sia il commentarium a dire la propria. Intervengo ora per confermare che la mia intenzione non era certo ospitare una discussione “pro life”, bensì per testimoniare qual è, attualmente, la condizione di molte donne che hanno deciso, secondo la propria coscienza, di interrompere la gravidanza.
    Mi auguro che chi viene qui per fare lezioni metta una mano sulla propria, di coscienza. Prima, dopo, durante, non importa.
    Grazie.
    Ps. E, per cortesia, non si vada poi a sostenere in giro che io “zittisco” le persone che non sono d’accordo con me, come sta avvenendo. Mi sembra che lo spazio che i virtuosissimi “pro life” si stanno prendendo in questi giorni sia gigantesco. Almeno, si abbia il pudore di non dire che io tarpo loro le ali.

  3. Quando leggo di simili storie mi viene un’angoscia da urlare. Perchè questo descritto è un caso di irresponsabilità multipla. Irresponsabile la ragazza che afferma di essere solo una studentessa, di avere solo 21 anni, di non avere un lavoro, manco stesse in Burkina Faso, divorata dalla mosche, invece che a Milano. Irresponsabile il ragazzo che accetta il figlio solo se benedetto dal sacramento, diversamente decidesse lei (no, dico, quello è tuo figlio, mica un regalo della lista di nozze). Ma irresponsabili alla quinta potenza i genitori, che non muovono un’unghia per cercare non dico di convincerla a tenersi il bambino, ma almeno a prospettarle un’ipotesi, un percorso, che so, magari da compiere insieme. Macchè, daglie con la scelta che deve essere responsabile e col figlio indesiderato che ti rovina una vita. La vita, la vita loro.

  4. Lipperini, garantire l’accesso delle donne alla 194 è cosa che qui nessuno ha messo in dubbio, mi pare. Quindi niente sovrapposizioni tra gli interventi miei o di altri e i crociati che inalberano foto di feti davanti agli ospedali, dei quali sul mio blog ho scritto: “Il carattere ostentato e inutilmente provocatorio di certe manifestazioni del Movimento per la Vita, denota prevaricazione politica e fragilità spirituale.”. Il punto è che molte delle testimonianze che proponi ma soprattutto molti dei commenti evidenziano la fragilità e l’ambiguità della narrazione sull’aborto e la gravidanza, che resta ferma alla rivendicazione di un diritto d’interruzione ma non aiuta a fare dell’aborto un’eccezione piuttosto che una regola. Si accusa di disprezzo delle donne chi si limita a far osservare come il monopolio della questione femminile da parte di una componente femminista fortemente ideologizzata non giovi alla questione stessa, visto che in quarant’anni non è riuscita a elaborare una narrazione persuasiva per la società civile.
    Ci si metta bene in testa che uno può commentare o astenersi dal farlo in un blog, ma la biopolitica non è questione di donne, bensì dell’intera comunità umana. Qui non è la libertà delle donne che è messa in questione ma il diritto esclusivo di alcune donne di parlare a nome di tutte le donne con un linguaggio risultato ampiamente perdente. Che questo vada a intaccare rendite di posizione culturali o certezze psicologiche, capisco che risulti sgradevole, ma secondo me (e secondo molte donne, anche, lo sapete, ed è questo che vi rode) è necessario.

  5. Sono dell’idea che sia molto utile conoscere l’idea di società che portano avanti questi soggetti prolife.
    In essa, infatti, è contenuta quella che hanno delle donne, ridotte a funzione diversamente articolata ma con un centro ben preciso che emerge soltanto quando la sola ipotesi di una nostra maggiore libertà li vede scattare in difesa del loro dominio sulla natura.
    Le donne per loro sono natura e quindi soggette a tutte le variabili della sottomissione. Non a caso qualche tempo fa un tizio parlò di togliere i libri alle donne per risolvere il (loro) problema della denatalità.
    Farei invece la proposta di mettere a topic il commento di Gino dove spiega, seppure con linguaggio disarticolato ma sufficiente a capire cosa vogliono questi da noi. Perché questo è il cuore del problema, Loredana e il tuo pregiatissimo lavoro di questo periodo ha dato un frutto inestimabile: la messa a fuoco di ciò che in ogni modo si pone contro la nostra autodeterminazione.
    Ci può essere molta politica nella narrazione e mi dispiace per Binaghi che la vorrebbe usare secondo i suoi dettami allo scopo di rafforzare una cultura culla dei delitti che quotidianamente certi uomini commettono contro le donne. Vergogna Binaghi! E vergogna uomini che volete mantenere sottomesse alla vostra volontà tutte le donne. Ma noi abbiamo capito e con questa chiave ci spieghiamo una società che non offre la possibilità di emanciparci da voi quanto vorremmo e quanto sarebbe necessario per un mondo in cui tutti gli esseri viventi possano ricevere e dare rispetto.
    Voi, invece, siete arrivati a manipolare la stessa idea di Vivente attribuendo in modo vergognosamente volontaristico quello statuto a ciò che non lo è, al fine di salvaguardare quanto potrebbe sfuggire al vostro crudele disegno. Siete arrivati persino a colpevolizzare in modo sconfinato l’Altra da voi che si sottrae al vostro volere: allo stesso modo colpevolizzate sia le donne che praticano aborto e contraccezione, sia coloro che non desiderano commerciare la vita come voi fate. Si salvano le suore perché secondo voi diversamente sottomesse, ma sappiate che anche loro si sono sottratte a voi sottomettendosi invece a Dio, il quale Dio non sempre è quello che voi vi siete inventati per esaltarvi. Amen Binaghi, amen a te e per quelli come te.

  6. “Binaghi che la vorrebbe usare secondo i suoi dettami allo scopo di rafforzare una cultura culla dei delitti che quotidianamente certi uomini commettono contro le donne. Vergogna Binaghi! E vergogna uomini che volete mantenere sottomesse alla vostra volontà tutte le donne.”
    @Maddalena
    E’ evidente a chi abbia letto il thread che lei straparla.
    @Lipperini
    Questa è la chiarezza di pensiero e l’onestà di intenti che ti piace per caratterizzare i tuoi thread? Tieniti care queste voci e buon pro (ma non credo) ti faccia.

  7. “Il punto è che molte delle testimonianze che proponi ma soprattutto molti dei commenti evidenziano la fragilità e l’ambiguità della narrazione sull’aborto e la gravidanza, che resta ferma alla rivendicazione di un diritto d’interruzione ma non aiuta a fare dell’aborto un’eccezione piuttosto che una regola”
    Valter, io davvero non capisco perchè ti ostini a venire qua e, in ogni commento, fare il riassuntino dei commenti precedenti strumentalizzando le parole di altre persone facendone un sunto riletto da te, ovvero non corrispondente a quello che è stato detto.
    ribadiamo per l’ennesima volta ripercorrendo il dibattito a ritroso
    loredana inizia a postare testimonianze eterogenee di persone di età diversa inerenti a situazioni tutte diverse fra loro ma aventi in comune il fatto che le protagoniste, laiche o non laiche, afflitte o non afflitte dal senso di colpa, etc etc, lamentavano con molta discrezione e molto pudore un sentimento di disagio che era stato fatto loro vivere, un sentimento di disagio ulteriore che si sommava al disagio personale di ciò che stavano facendo CAUSATO ED INDOTTO dall’esterno.
    “come il monopolio della questione femminile da parte di una componente femminista fortemente ideologizzata non giovi alla questione stessa”
    adesso mi devi spiegare chi sta facendo il gruppo compatto di femministe fortemente ideologizzate
    hai letto gli interventi? tutti? li hai letti ma li filtri con i tuoi parametri di lettura? hai letto il dibattito lo scambio di opinioni?
    tutto quello che penso in relazione a questo argomento si basa su sentimenti, sensazioni, intuizioni, non sull’ideologia. quale ideologia poi?
    dici che non è in discussione il diritto della donna ad abortire, come a dire “noi non siamo qui a pontificare nè a condannare le donne” appunto! se non è in discussione, secondo te, loredana, ha postato questi interventi per dire “maschioni, lo vedete quanto siamo forti e compatte e vi facciamo la linguaccia perchè noi abbiamo sto diritto?”
    qui il punto è un altro,
    ovvero, posto il diritto, posto che ogni donna sente la responsabiltà e il dolore e tutto il resto, la questione a livello sociale istituzionale politico viene, PURE DOVE C’è IL DIRITTO, trattata con malizia e paternalismo per cui, ok il diritto, ma il giudizio negativo e stigmatizzante resta.
    ora
    a me tutto questo discorso e le tue posizioni fanno pensare alle mamme infanticide. una donna che non viene ascoltata, della quale non vengono ascoltate le debolezze, il suo non esser riuscita ad aderire al modello bionico di mamma-mogli-amante-cuoca-ma-sexy etc. il fatto che nessuno le abbia dato i suoi tempi, il fatto che la sua ignoranza sia stata strumentalizzata e a lei ritorta contro…secondo te una cosa del genere la risolvi andando lì, con una pacca sulla spalle, dicendole ehi, guarda come è bello fare la mamma…
    lo capisci adesso il senso di questi interventi? l’aborto è come un emblema, un simbolo, del fatto che la donna, qualsiasi cosa faccia, dovrebbe sempre tener conto di uno schema, di un modello in cui è scritto come si comporta una brava donna. da qui, ok, il diritto ce l’hai, ma che femminista-stronza e cattiva se lo fai, oppure, che donna poco donna se lo fai, oppure che donna facile e leggera e superficiale se lo fai, e così via.
    ora, se tu ancora vuoi vedere l’aborto trattato qui su lipperatura come un terreno di scambio su, come ho già scritto, cosa sia o non sia l’embrione, libero.
    però smetti di scrivere frasi provocatorie quali femministe ideologizzate, oppure il fatto che la narrazione sia ambigua e fragile: come dovrebbe essere? saresti più contento, ti sembrerebbe più coerente un racconto disinvolto e compatto? tu attraverso questi racconti pensi di costruire che cosa? pensi di usarli per andare in giro a dire “vedi queste donne, abortiscono ma soffrono e raccontano la cosa in modo ambiguo…” e quindi, cioè cosa scopri? che chi abortisce si dispiace?
    tu induci davvero alla polemica valter, è così. ed è fastidioso perchè il modo paternale che tu hai non è poi così diverso dal modo respingente e disinteressato di altri uomini. il tuo è un bisogno di controllo un po’ ossessivo su un tema che non è “prerogativa delle donne” qui non si dice valter, che ne sai, stai zitto. qui si dice che le cose, in genere, non cambiano soltanto con le leggi (che pure subiscono tentativi di messa in discussione). le cose cambiano quando cambia la mentalità. un gay ha dirittto di essere gay. ma se poi ci mettiamo a dire quanto sia normale o meno, secondo te, avrebbe senso? e pure che secondo te non lo è, mettiamo che per te è un abominio l’omosessualità, secondo te è giusto che venga trattato con sufficienza, che ne so, se viene ricoverato in un ospedale? qui in estrema sostanza si parlava di discriminazione, e non di cosa è legale e cosa non lo è. e la discriminazione secondo me non è legata alla scoperta se un embrione è vita da subito, da tre giorni, da nove.
    la discriminazione si risolve quando si applica il rispetto, e non la legge. e il rispetto si applica quando si smette di ricondurre le donne entro un gruppo massificato compatto e ideologizzato, ma quando le si vede per monica, viola, valentina, vanessa, maria, giuseppa, e così via.
    concludo: dietro ogni fatto è bene che si sia una prospettiva politica, e dunque non solo agire e risolvere il problema oggi ma anche proporre un nuovo canone, diciamo così. bene, questo verrà fatto quando si smetterà di chiedere alle donne di essere necessariamente coincidenti con quello che gli uomini si aspettano e vorrebbero vedere in loro; quando gli uomini smetteranno di voler un’immagine rassicurante, senza vedere il resto, il dietro, la sofferenza, il tormento di quanto alle donne viene richiesto. quando si smetterà di pensare che se una donna dice maschilista sta dicendo devi morire e ti odio, bensì sei cieco, non vedi la realtà. quando le donne non saranno messe in condizione di odiarsi fra loro, perchè indotte ad una competizione ben peggiore di quella che muove i maschi, da sempre. e si potrebbe continuare.
    però ripeto. di quello che vuoi. ma separati tu dall’ideologia. sei tu che la usi in ogni tuo singolo intervento. la tradisci in continuazione, tanto vale che parli più chiaro. senza proiettare sugli altri la tua, di ideologia.
    perdonatemi la lunghezza davvero eccessiva e tutti gli errori e l’eccessiva sgrammaticatura.
    Laura

  8. Scusate.
    Una delle ‘alternative’ all’aborto dicono sia l’adozione.
    Vorrei solo sapere se queste persone hanno mai fatto un giro per orfanotrofi, hanno una vaga idea del processo lungo-costoso-faticoso dell’adozione, se ci hanno pensato davvero insomma. Tanti bambini nati e buttati là dentro, come fossero animali. Alcuni, fortunati, vengono si adottati, ma gli altri ? Quando inizi ad avere 15-16 anni quale coppia ti vorrebbe ?
    Non è così semplice.
    Sono convinta che prima di far nascere un bambino non desiderato una donna debba pensarci davvero bene. Esistono casi agghiaccianti di coppie che hanno ‘riportato’ indietro la bambina, casi bruttissimi in cui il genitore naturale tornava a cercare il figlio adottato.
    Non è così semplice. Anche per il bambino non desiderato, perchè prima o poi ti viene naturale domandarti perchè la tua mamma non è anche tua ‘madre’.

  9. @Laura
    Solo una cosa, poi basta.
    L’ideologia è una forma di pensiero sewmplificante ma appagante, che non è in grado di rendere conto della complessità del reale e allora taglia via quello che non può spiegare.
    La casa dell’ideologia è il linguaggio, non la testa delle persone. A meno che le persone non decidano di identificarsi interamente in una narrazione semplificata, ma continuamente minacciata dalla complessità che bussa alla porta. La reazione ideologica è il vittimismo, l’idea di essere perseguitati dal mondo intero, e la necessità di fare quadrato.
    Ma la minaccia non sono certo io: ho posizioni poco allineate, che non piacciono a voi ma neanche ai “cattolici” integralisti.
    Quindi ve ne potete anche fregare e continuare a pensare che il nemico è Ratzinger, il patriarcato, l’obiettore paraculo che pratica in clinica privata, o un altro dei vostri fantasmi preferiti.

  10. Valter, le ultime due righe sono intollerabili. E’ la semplificazione che è intollerabile. Ha ragione Laura: è come se tu leggessi i commenti sintetizzandoli mentre lo fai, per poi battere sempre sullo stesso chiodo: gruppo di femministe isteriche con vecchi spettri. E andiamo.

  11. @Silvia
    Esistono casi di persone morte per aver inghiottito un nocciolo di pesca.
    Aboliamo le perche?
    Conosco molti casi di adozione (tra gli altri ho una sorella che ha adottato un bambino ucraino che aveva cinque anni) e si tratta per lo più di persono che hanno avuto l’opportunità di una famiglia. D’altro canto ci sono molti orfani che la famiglia non l’hanno avuta ma hanno avuto una vita, con gioie e dolori, come tutti.
    Che sia meglio non vivere che vivere affrontando difficoltà mi spiace. ma è argomento risibile.

  12. Sarebbe molto interessante analizzare l’uso del linguaggio che fa Valter, perché, secondo me, mette in evidenza in modo esemplare come si comunica e crea una ideologia tramite la costruzione del discorso. I suoi interventi contengono, in realtà, la subdola intenzione di sollecitare uno scontro tra ideologie, il classico “noi vs loro” che in questo spazio di trasmissione di reali esperienze vissute da donne e di comprensivo ascolto, stonano del tutto. I suoi interventi sarebbero una goduria per chi si occupa di critical discourse analysis.

  13. Davvero per l’ultima volta. Sono tutte le tue risposte alle altre donne che agiscono sullo stesso piano. Inclusa l’ultima a Silvia. Non comprendo quali siano i tuoi problemi e cosa ti spinga a intervenire in questo modo. Non posso però che continuare a chiedere rispetto e serenità nella discussione. Anche se stai forzando il limite, e a mio parere quasi sollecitando un intervento di moderazione, questo non avverrà. Non “zittisco”, stai tranquillo. Però, sollecito per l’ennesima volta a non semplificare pro domo propria. Grazie.

  14. Tranquilla Loredana, vado a fare una passeggiata col cane.
    Poi, quando torno, vediamo se è arrivato (a) qualche esperto del “critical discourse analysis” che ha passato al setaccio tutto il thread e ci restituisce la pietra filosofale di una rivelazione cristallina.

  15. Ma non c’è bisogno di scomodare alcun esperto per decifrare i messaggi di chi interviene in una discussione per sollecitare a una “percezione diversa della realtà, che contempli un universo meno AUTISTICO” e contrabbatte a un’interlocutrice dandole della “maestrina del periodo ipotetico”.E’ da qui che emerge il disprezzo (anche per chi è autistico, tra l’altro) e non dall’espressione di una posizione pacatamente critica verso il pensiero femminista. Non cerchiamo di mescolare le carte in tavola, per favore.
    Concordo sulla necessità e sul bisogno, che sta emergendo fortemente, di capire che tipo di immaginario simbolico ci sia dietro la diversità di opinioni. E’ indubbio che le varie testimonianze hanno sollecitato questo confronto ed è per questo che ringrazio sia chi ha messo a disposizione questo spazio, sia chi a voluto condividere la sua storia. Ma tale confronto rischia di tradursi in uno scontro distruttivo se non focalizziamo bene con chi e con cosa stiamo decidendo di relazionarci e a cosa questo porti. A tal proposito, mi viene in mente il processo di sdoganamento della sottocultura fascista di cui pure si è discusso in questa sede.

  16. Esatto Valter la minaccia non sei tu, tu sei quello che viene qui a fare la vittime delle minacce!minacciato da che cosa poi, non l’ho ancora capito!
    Questo misterioso club di femministe ultra ortodosse, isteriche e visionarie esiste solo nella tua testa, nella realtà esiste tutt’altro.
    Esiste un diritto (la 194) quotidianamente non garantito.
    Esiste il disprezzo, lo scherno, la cattiveria che chi affronta un aborto è costretta a subire.
    Esiste la malafede e l’illegalità di quei farmacisti che negano la pillola del giorno dopo.
    Esiste il dolore di chi subisce tutto questo e vede distrutta la propria dignità di donna.
    Esiste l’indignazione di chi vorrebbe il rispetto che si deve ad una persona e invece viene trattato come un oggetto.
    Esiste il coraggio di chi vuole denunciare tutto ciò e adoperarsi perché non accada più.
    Cosa in te è minacciato da tutto questo per me rimane un mistero, come del resto non capisco quale crimine qui si stia commettendo per meritarsi il sarcasmo e il senso di superiorità dei tuoi commenti.
    Non sei d’accordo, pace! vai a parlarne con i movimenti per la vita e le varie associazioni esistenti. Non sei d’accordo neppure con loro? Crea un movimento nuovo tu.
    Ma per favore finiscila di nasconderti dietro a un dito e di gettare sentenze e giudizi!

  17. Maddalena, il tuo intervento doveva essere ironico? Magari era ironico, eh. Magari non lo capisco io. Lo spero. Non saprei che dire, altrimenti, a parte che dimostreresti, con parole non tue, di non capire un accidenti né di quello che scrivi né di quello che leggi.

  18. Grazie a tutte le commentatrici e le protagoniste di queste storie.
    Da diversi giorni avevo in cuore di scrivere due righe, ma sentivo troppa rabbia. Il commentarium maschile si è quasi in toto ritirato (opportunamente?) dalla discussione, tranne casi che hanno imperversato per ogni singolo post, con un’insolenza molesta e un’arroganza camuffata assolutamente insopportabili.
    Dimostrando, qualora ve ne fosse bisogno, quanto siamo ancora lontani dal migliore dei mondi possibili riguardo all’aborto.
    Sono stati davvero tanti gli stimoli ricevuti in queste letture. Che innanzitutto definirei preziose. Queste – ed altre – storie sono come il buco nel cielo di carta. La sensazione che ho ricevuto leggendo è quella di oppressione e di soffocamento. Del sistema culturale e del sistema sociale in genere.
    Un avvelenamento dell’aria che inquina anche i nostri pensieri.
    E’ una vergogna che in alcuni ospedali pubblici non venga garantita né la pillola del giorno dopo né il clima più sereno possibile per far abortire. E’ una vergogna perché a prescindere dalla fede di ciascheduno – nascondersi dietro il vaghissimo concetto di “vita” è di una supponenza rara – è stato stabilito che sia la donna a dover prendere la decisione, a scegliere. E nessuno deve potersi arrogare il diritto di criticare o mettere in dubbio tale scelta, soprattutto se funzionario pubblico.
    E’ altrettanto vergognoso, e questo purtroppo si evince anche da alcuni commenti, come di fatto consideriamo la donna l’unica a doversi sobbarcare la responsabilità della contraccezione. Ovvero una coppia fa sesso non protetto, in automatico la colpa è di lei. Se insufficiente è l’educazione sessuale delle ragazze, quella dei miei consessuali è a livelli preistorici. Tale constatazione non dovrebbe portarci a pensare che la battaglia sul fronte dei maschietti è perduta, bensì ad incrementare gli sforzi proprio in quella direzione. Cosa sanno,poi, i maschi dell’aborto? Praticamente niente. Come possiamo pretendere comprensione e atteggiamenti positivi da loro quando la situazione di partenza è così deficitaria?
    Resta, certamente, la complessissima questione dell’atto dell’aborto. Un’azione che, qualcuno tende a dimenticarlo, nel nostro paese è legale ed anche legittima. Ha delle implicazioni psicologiche, in primis sulla donna, estremamente gravose, e pertanto auspico che in un futuro non troppo remoto la donna possa decidere di abortire senza ottenere alcun minimo di frustrazione aggiuntiva da parte della società, senza che qualcuno si azzardi a volerle far pesare il senso di colpa.
    Per quanto riguarda invece il dramma interiore, che possa trovare persone care (in prima linea il compagno) in grado di stemperarlo.
    Gli obiettivi diventano quindi sostanzialmente tre: 1) evitare il più possibile il numero di gravidanze non desiderate – e ciò è molto legato all’educazione sessuale di cui sopra 2) trovare metodi contraccettivi (anche post) il meno dannosi possibile 3) illuminare questo ambiente sanitario ottuso ed ipocrita, allontanando chiunque contribuisca ad offuscarlo (ginecologia non può essere solo sinonimo di “faccio partorire la donna nel migliore dei modi”).
    Neanche sul Galactica un essere umano potrà mai azzardarsi a costringere un altro essere umano (maschio o femmina che sia) ad avere un figlio contro la propria volontà.
    *
    Grazie Loredana per questa iniziativa. Ce n’era davvero un bisogno estremo. Per le donne, ma spero con tutto il cuore anche per noi uomini.
    Mi auguro che altre decine e decine di storie possano emergere, trovare la loro via, per allargare il buco nel cielo di carta.

  19. Anch’io ti ringrazio Ekerot per il tuo intervento. Di voci come la tua io, personalmente, avverto un gran bisogno, perché tengono accesa una disponibilità al dialogo e all’ascolto con l’altro da me che altrimenti rischierebbe di spegnersi.

  20. Dice Ekerot:
    “E nessuno deve potersi arrogare il diritto di criticare o mettere in dubbio tale scelta, soprattutto se funzionario pubblico”.
    E’ qui che siamo in disaccordo.
    Infatti, poiché la decisione della donna chiama in causa la libertà e la coscienza del personale sanitario, anche il personale sanitario ha diritto a vedersi tutelata la sua libertà.
    Ecco perché non è e non sarà possibile in materia così controversa come l’IVG cancellare la possibilità di obiezione di coscienza, eccezion fatta per quanto contemplato dall’art. 9 della 194/78.

  21. La discussione si sta inalberando ed io mi permetto d’intervenire fosse solo per stemperare.
    Innanzitutto permettetemi di ringraziare questo blog per lo spazio di libera opinione e discussione , una discussione che ormai sta diventando via via più violenta e intollerante come del resto intollerante è questa società prona alle ingerenze di una gerarchia vaticana misogina e oscurantista.
    Da poco siamo usciti dal periodo natalizio, una festività di cui la chiesa approfitta per perpetrare le solite violenze ideologiche il cui precipuo obiettivo è lo stesso da secoli; la donna, il corpo della donna, la sua dignità. Cosa altro può rappresentare il presepe, il natale, se non il voler condannare la donna al ruolo tradizionale di moglie e di madre bovina ed asinella? Ma la lotta di noi radicali non si è fermata e non si ferma; da molti anni ormai, nel Silenzio Assordante degli organi di stampa proni al vaticano, organizziamo a dicembre la controfesta denominata: PresepeRvativo, un contro presepe vivente dove re magi e pastori radicali invece di adorare un bambinello, si inchinano di fronte a un profilattico illuminato. Io quest’anno, insieme al compagno Bordin cornuto , ho fatto la parte del dell’asinello ragliante, mentre i compagni radicali distribuivano ai bambini centinaia di preservativi pirotecnici .
    Il tutto nel silenzio assordante delle istituzioni evidentemente più interessate alle esternazioni del pastore tedesco.
    Aderiamo con forza a questa battaglia di lipperatura e se per carnevale qualcuno vorrà lanciare con noi le pillole del giorno dopo al posto dei coriandoli noi ci saremo.
    La battaglia non si ferma
    ( scherzo)
    ciao,k.

  22. Mai scherzo fu di gusto peggiore. Confesso che stavo per metterlo in moderazione, ma essendo un po’ stufa di coloro che per i propri comportamenti vengono moderati e poi vanno a singhiozzare, mentendo e mistificando, sul blog di Binaghi o, naturalmente, su Nazione Indiana, tralascio. Non si ripeta, grazie.

  23. Intanto, invece di cercare strategie per migliorare le condizioni delle donne che vengono umiliate negli ospedali, siamo qui a dirci “faccia di patata, faccia di zucchina”. Siamo qui a discutere di quale sia la quantità giusta di senso di colpa per fare quello che dovrebbe essere un diritto. Siamo capaci di lasciare alle discussioni private quello che è incommensurabile (i sentimenti, il maggiore o minore senso di colpa) e cerchiamo di ottenere più rispetto per le donne?

  24. Maddalena, sei tu che offendi te stessa non rendendoti conto di non capire quello che leggi e che scrivi con una presuntuosità più che ridicola. Se così non fosse, non credo che avresti scritto di ciò che non hai capito senza sapere quello che hai scritto.
    I miei simili chi sarebbero? I mucchietti di cellule ambulanti definiti esseri umani, i maschietti ignoranti o gli agenti del patriarcato?
    Ma per favore.

  25. Le donne dovrebbero rispettare innanzitutto la loro ragione. Come tentano di fare quelli che obiettano non a ad alcune di loro ma ad alcune delle cose che alcune di loro pensano o hanno detto.

  26. mi dispiace di aver offeso qualcuno. Comunque chiarisco che secondo me, chi gestisce uno spazio come questo ha tutto il diritto di rimuovere qualsivoglia commento ritenga opportuno. anche se in effetti c’è il rischio che poi qualcuno si monti la testa parecchio. spero non sarebbe il mio caso.
    comunque se non si è capito il post di “kappato” rintendeva sottolineare come potrebbe essere paradossale assimilare la ritrovata dignità della donna soltanto con lo snellimento delle pratiche abortive la capillare diffusione di anticoncezionali. in pratica con una sterilizzazione della sessualità. che invece è sempre stata l’interesse dei maschi che le sfruttano ( o delle bioteconologie)
    ciao,k.

  27. “lo snellimento delle pratiche abortive e la capillare diffusione di anticoncezionali”, con conseguente “sterilizzazione del sesso” mi pare un po’ offtopic. l’argomento di queste discussioni è come, a fronte di una legge che garantisce la contraccezione d’emergenza e l’IVG, la realtà è che lo puoi fare a patto di perdere del tempo – fatale in questi casi – alla ricerca di una struttura disponibile a farlo, e a patto di farlo con disprezzo, dolore, senso di colpa, senza rispetto. è questo di cui stiamo parlando, k.

  28. ma che bello, ci spiegano anche le battute sul presepe. per la serie, Sapevatelo! Su Rieduchescional Channel.
    Adesso mi sento davvero una donna piu’ colta
    PS Grazie Ms Lippa per aver lasciato il commento. La dice assai lunga su alcuni dei nostri interlocutori

  29. Peraltro, l’ossessione di Gino per l’opzione di portare a termine la gravidanza e lasciare il bimbo in affido è esemplificativa di come si tutelino più i diritti del nascituro che del nato. Termino la gravidanza e poi? Lascio in affidamento il bimbo dove? A chi?? Boh, Dio provvederà, io ero qui per difendere i diritti dell’embrione, una volta diventato bambino non sono io che devo occuparmene.
    Le questioni che portano una donna a interrompere la gravidanza non sono solo economiche, come cita Gino parzialmente dal racconto di Monica. Sono anche affettive, psicologiche…

  30. Cip, non puoi pretendere che si riconosca alle donne una dimensione psicologica, affettiva, ecc. sarebbe come dire che esistono, che sono umane, che sono persone, soprattutto che quello che hanno dentro non è un assoluto, “il feto prima di tutto”, ma un “relativo” in relazione con una complessità. Il punto è questo.

  31. @ zilberstein
    Ancora Monica, quella della storia. Sono ormai una matura 40enne e veder scritto da una persona sconosciuta un giudizio negativo sulla ragazza che ero (mi si accusa di irresponsabilità) mi lascia indifferente. Il giudizio invece dato ai miei genitori, tuttora viventi e tuttora molto amati mi fa leggermente incazzare, invece. Accusi anche loro di irresponsabilità.. beh.. adesso provo a dirti come stanno le cose: ho una figlia e se domani dovesse fare il mio stesso errore, spero di avere la forza, lo spirito e la prontezza che hanno avuto i miei genitori, ottimi educatori e dispensatori di amore genitoriale di cui non potrei mai fare a meno. Se al posto loro tu sacrificheresti la vita di tua figlia in nome del “progetto di vita” concepito per errore e non voluto, l’irresponsabile, ai nostri occhi, saresti tu. Come vedi, i giudizi, spessissimo dipendono dai punti di vista. Detto questo io credo che il centro focale di questo esperimento non sia entrare nel dibattito senza fine fra abortisti e antiabortisti. Io credo che sia provare quanta violenza ipocrita ci sia dietro coloro che, svuotando di fatto la legge 194, vogliono a tutti i costi imporre la propria idea e il proprio credo anche a coloro che la pensano diversamente. In nome della vita, ovviamente.

  32. Grazie Monica!!(e magari se qualcuno leggesse smetterebbe di dire che queste storie sono inventate…no comment) Il dibattito con gli antiabortisti o con gli antiabortisti con riserva ha provocato solo una marea di commenti che, a mio avviso, non testimoniano altro che il fatto che c’è un gran bisogno di discussione…Ma visto che c’è chi dice che “le donne – prima di chiedere rispetto – devono rispettare la loro intelligenza (come fanno gli obbiettori)” dobbiamo continuare a insistere e a parlare…l’ipocrisia verrà fuori.

  33. l’importante per un genitore, come è stato detto, è capire quali sono le intenzioni della figlia è accompagnarla nella sua scelta sia che decida di abortire sia che decida di tenere il bambino. Entrambe queste decisioni vanno rispettate, scusate se ripeto cose ovvie.

  34. Però non mi piace che per difendere il diritto (giusto) all’IVG si arrivi paradossalmente a colpevolizzare chi compie altre scelte anch’esse emotivamente costosissime e difficili, come tenere un figlio non voluto, oppure partorirlo e abbandonarlo, dicendo che si mette al mondo un infelice, ecc. Credo che molti figli non desiderati (parlo per esperienza 🙂 ) o abbandonati (parlo conoscendo molte famiglie con bimbi adottivi) siano comunque tutto sommato contenti di esserci. E lo dico certa che se a ventun anni per dire fosse capitato a me, di rimanere incinta ( e non mi è successo anche per buona sorte) non avrei esitato ad abortire.
    (Comunque per precisazione, i pochi neonati abbandonati alla nascita in italia, la maggiorparti nati da donne di origine straniera, vanno tutti in adozione in poche settimane (quelli sani), essendo moltissime le coppie idonee in attesa- peraltro l’adozione nazionale da noi è gratuita, ed è lunga proprio perchè ci sono pochi bambini piccoli disponibili. I minori più grandi, che faticano a essere adottati, non sono stati abbandonati alla nascita, ma in genere provengono da famiglie in situazioni di forte degrado o difficoltà con le quali si è cercato magari per anni di ricucire il rapporto ecc…)

  35. Cip, nessuna ossessione. Si vede che qui c’è un problema molto grave di comprensione. E’proprio per non offendere nessuno che non ho oltrepassato i limiti della semplicità, cadendo in qualche formula comunicativa elementare che di solito si dovrebbe adottare con persone un po’corte. Se uno capisce bene, altrimenti dica quello che gli pare.
    Poi se dimostra un’abissale ignoranza in fatto di adozioni (adottato da chi? non so, dalla lupa romana), peggio per lui.
    Pare che qui nessuno abbia degli amici che sono stati abbandonati e adottati, alla nascita o dopo. Io ne ho almeno tre. Tutti lavorano e sono persone normali. In particolare, una di loro, oggi sposata e madre di tre bambini, è una coreana, ha fatto Brera, ed è una delle persone più allegre che abbia mai conosciuto.

  36. Ma io non ho detto nulla di negativo riguardo all’opzione di portare a termine la gravidanza e lasciare il bimbo in affidamento. Infatti ho detto che a me interessano le vite dei bimbi nati!!! La differenza casomai sta nel non cercare di convincere le donne a fare una scelta piuttosto che un’altra.

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