STORIA DI (UN'ALTRA) VALENTINA

Un’altra storia sulla contraccezione di emergenza. Sulla quale, vi annuncio, si sta cercando di organizzare un incontro entro febbraio. Vi darò notizie.

Quando ho avuto bisogno della pillola del giorno dopo per la prima volta avevo 21 anni e mi trovavo nella città “rossa” per eccellenza, quella che ha fatto della gestione laica e all’avanguardia dei beni pubblici il suo punto d’orgoglio. Era la seconda notte che passavo con lui, un ragazzo che conoscevo appena. Tempo dopo, quand’è diventato un caro amico, mi sono trovata a immaginare come sarebbe stato avere un bambino o una bambina con lui. Non immaginavo una vita in più, ma semplicemente cercavo di figurarmi il mix dei nostri geni, e mi chiedevo se avrebbe avuto i miei capelli, il mio naso e la sua altezza o i suoi magnifici occhi. Suppongo sia questa la differenza tra volere un figlio – volere una vita in più nella tua – e immaginarne la possibilità.

Insomma, quella mattina mi serviva la pillola del giorno dopo. Io e lui, che all’epoca era per me praticamente uno sconosciuto, andammo di corsa all’ospedale. Lì ci dirottarono al consultorio, inspiegabilmente, ma noi ce ne andammo gambe in spalla senza fare altre domande. Raggiungemmo il consultorio e spiegammo la situazione alle addette alla reception, poi ci mettemmo in attesa del nostro turno. Dopo un po’, per fortuna, lui se ne andò. La sala era piena di donne incinte o in compagnia di figli piccoli, e aspettare con quello sconosciuto al fianco mi rendeva ancora più nervosa. Ci vollero un paio d’ore prima che mi chiamassero.

Spiegai alla ginecologa che avevo già preso la pillola anticoncezionale in passato, e che avevo anche subito un piccolo intervento, quindi ero certa di non avere problemi cardiocircolatori che potessero rendere pericoloso l’uso della pillola del giorno dopo. Le dissi anche che era la prima volta che mi capitava una cosa del genere, ed ero un po’ preoccupata.

Mi chiese che cos’era successo. L’inutilità di quella domanda – non è abbastanza chiaro cos’è successo? – e il suo palese intento accusatorio mi fecero subito sentire in forte disagio. Ho avuto bisogno altre volte della pillola del giorno dopo, e tutti i medici con cui ho avuto a che fare mi hanno chiesto cos’era successo. Anche medici di base, che non potevano avere alcun interesse, diciamo, professionale.

La dottoressa poi mi fece stendere sul lettino e mi visitò. Constatò che da quello che vedeva potevo proprio trovarmi nel periodo fertile. Anche qui, quale altra utilità poteva avere quella visita, se non quella di farmi paura e di mettermi ancora più a disagio? Farsi visitare la vagina in quelle circostanze, è ovvio, non è proprio come farsi controllare le tonsille.

Mi trattenne ancora per spiegarmi l’utilità di assumere un farmaco anticoncezionale (ma ti ho già detto che ne ho presi in passato!) e alla fine della ramanzina, che mi fece sentire una ragazzina incosciente, potei finalmente andarmene. Uscii dal consultorio arrabbiata e frastornata, e certa di non volerci più mettere piede.

Invece, purtroppo, m’è capitato di tornarci, per lo stesso problema (non riesco a prendere la pillola anticoncezionale per più di qualche mese, mi fa stare malissimo). Da allora però ho imparato, e ogni volta che ho dovuto chiedere la pillola del giorno dopo ho sempre indossato la mia corazza più robusta. Mi sono mostrata torva, determinata, sbrigativa, scortese. Quando m’è servito, ha funzionato, ma ovviamente non è bastato a togliermi di dosso la rabbia per essere stata di fatto giudicata e punita in un luogo che invece esiste appositamente per applicare leggi che sanciscono il diritto a non avere figli, e a non essere giudicate per questo. In parole povere, ad essere rispettate nelle proprie scelte, senza essere continuamente messe nella posizione di creature solo parzialmente capaci di intendere e di volere secondo giustizia. Persone non pienamente consapevoli, che vanno bacchettate ogni tanto perché rimangano nel recinto di ciò che è lecito.

Mi rendo conto che la mia esperienza (per mia grandissima fortuna) è robetta in confronto a chi si è trovata ad affrontare un aborto con l’aria che tira negli ospedali, ma te l’ho raccontata lo stesso perché mi sembra sia l’esempio di una normalità che, pur senza raggiungere le vette di sadismo che altre hanno descritto, è terribilmente discriminatoria e umiliante, e per questo intollerabile.

106 pensieri su “STORIA DI (UN'ALTRA) VALENTINA

  1. @ DOn Cave
    WeeWe è in grado di rispondere da solo, ma io leggo il suo blog con frequenza e posso dire che il suo atteggiamento non è mai “se credi nella medicina olistica sei un coglione”,
    quanto piuttosto “se sei un medico o presunto tale che propaganda la medicina olistica sei un malfattore”.
    Quello che io ho recepito leggendo il suo blog è stato più che altro il desiderio di informare. Forse con tono a volte paternalistico, ma sempre partendo dall’idea che di solito le persone non hanno completamente i mezzi per discernere tra cosa è efficace o statisticamente efficace, e cosa no.
    Anche il paziente che pretende che la pillola del giorno dopo (o qualsiasi altro farmaco) gli venga prescritto senza alcuna anamnesi, senza alcuna visita, e che si ritiene già “sufficientemente informato” (rispetto a aprametri del tutto personali) dimostra arroganza incredibile.
    La sparata sulle 10.000 donne di Weewe è molto arrogante, concordo. Ma anche l’atteggiamento di chi disquisisce su cosa dovrebbe fare un medico e cosa no, se la visita sia veramente necessaria (“non è gradita in certe circostanze…” e allora? se serve serve!!), la definisce uno “schifoso ricatto” (ma non passa nemmeno per la testa che possa servire? e mi pare che wee we abbia presentato almeno dei casi in cui essa servisse! e cosa ci guadagnerebbe il medico da questo ricatto?) è arrogante.

  2. @ Barbara
    Mi sembrerebbe molto strano che fosse possibile denunciare un medico perché si rifiuta di prescriverti un intervento o un farmaco che lui ritiene dannoso per la tua salute, se fosse stabilito questo principio non sarebbe possibile mettere freno alle ossessioni personali dei pazienti – ti immagini quanti Michael Jackson ci sarebbero in circolazione.
    .
    Le differenze riguardo modalità della visita, anamnesi ecc. io le ascriverei piuttosto a una diversa percezione del rischio da parte del medico; non è un caso che Wewee riporti ben due casi di donne che hanno richiesto la contraccezione d’emergenza e poi sono risultate incinte, questo sicuramente ti mette sulla difensiva rispetto a non fare la visita ginecologica.
    Ci sono ginecologi che acconsentono a espletare tagli cesarei su richiesta materna senza ragioni cliniche, altri che si rifiutano proprio adducendo la maggiore pericolosità dell’intervento chirurgico (di mezzo c’è probabilmente anche la maggiore o minore sicurezza nel seguire un parto vaginale, ma andrei OT).

  3. Ora che mi è sbollita l’incazzatura, cerco di riprendere il discorso, anche se questo thread ormai è un po’ vecchiotto.
    Io capisco benissimo i medici che sentono di doversi tutelare di fronte a una donna sconosciuta che chiede la pillola del giorno dopo (ma dovrebbe essere così per qualunque farmaco.La pillola del giorno dopo però fa particolarmente paura, chissà perché). Infatti io toglierei proprio la prescrizione. Perché da medico o si sottopone la paziente a una serie di esami che richiedono troppo tempo, nel pubblico sono impossibili e inoltre possono creare un disagio che va rispettato (tipo eco transvaginale come diceva WeWee, che se un medico me la proponesse in quelle circostanze a meno di morte certa scapperei a gambe levate), oppure le si da la pillola magari maledicendola perché c’è la remota possiblità che ci metta nei casini. Quindi, niente prescrizione. Una va dal farmacista, quello le chiede “Sa signora che questo farmaco ha tot effetti collaterali?”. Sì, no. Finita lì.

  4. Letto e considerato vorrei dare un contributo sulla base dell’esperienza pluridecennale in un consultorio per adolescenti.
    Quello che mi sembra emergere dai tanti e diversi interventi, sia in negativo che in positivo, è l’importanza del rapporto medico-paziente in qualsiasi intervento clinico.
    Perché sia efficace è fondamentale che si crei un “luogo” di comunicazione, dal quale siano assenti giudizi, pre-giudizi, atteggiamenti paternalistico-onnipotenti o rigidamente prescrittivi.
    Ovvio che la responsabilità più grande nel riuscire a creare questo canale comunicativo sta al medico, proprio per la sua posizione up rispetto al paziente. (su cosa si basi la disparità tra le due figure e se sia o meno legittima, porterebbe un vertiginoso aumento delle righe, nonché il rischio di un off topic)
    Se si riesce a tener presente questo, specie quando al di là della scrivania c’è una paziente molto giovane, il resto viene da sé.
    Le domande, molte legittime, alcune indispensabili, il mettere a disposizione informazioni, sicuramente utili anche per i più aggiornati, diventano solo momenti di quel rapporto medico-paziente che è uno dei più importanti strumenti terapeutici che abbiamo a disposizione.
    Dopo il lusso di questa premessa, alcune precisazioni:
    un’anamnesi è prassi prima di una prescrizione, benché la pillola del giorno dopo oggi in commercio sia un farmaco tra quelli con minori controindicazioni importanti.
    La visita ginecologica è assolutamente discrezionale, di certo non indispensabile per la sicurezza del paziente. Direi anzi che spesso fa parte della medicina cosiddetta “difensiva”, che mira più alla sicurezza del medico che dei suoi assistiti.
    L’accertamento di una eventuale gravidanza in corso impossibile da attuare di routine. Al di là dell’allungarsi dei tempi di somministrazione, sia test di laboratorio che ecografie consentono di diagnosticare soltanto gravidanze in corso da qualche settimana, lasciando una finestra silente per quelle instauratesi da minor tempo.
    Il counseling rispetto alla contraccezione da attuare dopo l’emergenza va rinviato ad un successivo incontro, scelto dalla paziente nel momento in cui sarà disponibile a pianificare consapevolmente la sicurezza contraccettiva della propria vita sessuale.
    Per concludere questo intervento vorrei solo aggiungere che l’esperienza mi ha condotto ad una conclusione, preziosa sopra le altre: se chi indossa un camice bianco sa ascoltare, nel senso più completo e complesso del termine, chi ha davanti, intanto impara molte cose e poi riduce drasticamente le possibilità di sbagliare.

  5. Io vivo a Berlino, ho avuto bisogno della pillola del giorno dopo l’estate scorsa: si rompe il preservativo alle 20:00. Corriamo, letteralmente, in ospedale (distante 10 minuti di corsa) dove allo sportello una infermiera sorridente mi dice che no, non può mandarmi in ginecologia perchè è giovedì, e “la contraccezione d’emergenza viene somministrata solo nel finesettimana o durante i giorni festivi quando cioè i ginecologi non lavorano. Vai in studio dalla ginecologa domattina e fattela dare da lei”. Io sono a Berlino da qualche mese, non ho una ginecologa, vado dal medico del mio ragazzo, che tra l’altro sta sotto casa. Li mi dice “no, non posso dartela perchè prima bisogna accertare che tu non sia già incinta per un rapporto precedente altrimenti è aborto. Dorei farti il test ma non ce l’ho in studio attualmente. E (terza scusa, la migliore e più avvilente se l’è tenuta per ultima) ne ho prescritte un paio questa settimana ma ho fatto una cosa irregolare. Ti mando da una mi acollge aginecologa”. La ginecologa senza domande mi scrive la ricetta e mi saluta. La farmacista mi porge la scatola e sbraita davanti a tutti “Guarda che devi prenderla il prima possibile!”. Non fossi stata snervata dalle ultime ore le avrei sbraitato a mia volta “Certo! Ha un bicchiere d’acqua?”. Insomma, anche in Germania, senza avere il Vaticano in casa, devi fare la cosa “”””sbagliata”””” al momento “giusto”.

  6. Ahah geniale, siccome ne ha già prescritte un paio questa settimana ha già fatto il suo dovere nei confronti delle donne, evidentemente viste come un magma unico di sconsideratezza e fertilità immeritata. Un genio.

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