SUI DOVERI GRADEVOLI E SUI SOGNI

Non so esattamente perché, ma da quando è iniziata la fase due dormo peggio, mi risveglio molte volte durante la notte, resto a guardare il soffitto senza riuscire a soffermarmi su un pensiero preciso. Non sarebbe esatto dire che mi preoccupo del presente e del futuro: certamente mi preoccupo, ma di giorno, possibilmente davanti a un quaderno o un’agendina aperta sul calendario, guardando i tratti di penna già fatti sugli impegni pregressi e che non ci sono e che non ci saranno, non come immaginavo almeno. Di giorno, provo a concentrarmi su quel che devo fare. Mi isolo mentalmente, oltre che fisicamente. Registro, neanche con troppo stupore, i vecchi e nuovi odiatori che rialzano la capoccetta, mi chiedo per un istante perché e che vogliono e passo oltre.
Le veglie notturne seguono percorsi sinuosi. Sono come Il sogno di August Strindberg, uno dei testi che ho amato di più nella mia giovinezza. Chi crederebbe alla figlia di un dio che scende fra gli uomini? Molti, o forse pochi (è pur sempre una figlia e non un figlio). Chi crederebbe ai suoi incontri e amori e alla sua difficoltà di respirare la polvere del mondo e al suo dolore per la mancanza di bellezza, perché bisogna pur scegliere tra un fiore e il latte per il bambino? La poesia è sognare da svegli, si diranno la Figlia di Indra e il poeta, in uno dei dialoghi visionari di Strindberg.
Forse è questo quel che sta avvenendo ora, nelle notti mie e non solo mie: non so se sia poesia, anzi non lo è, ma è un sogno da svegli. Durante il giorno, analizziamo, osserviamo, cerchiamo di capire. Nelle notti, vaghiamo per sentieri non conosciuti. Forse, persino, è un bene.
Ps. So che è uno strano post. Ma sono tempi strani. E c’è un altro passo del Sogno che colpisce. Questo:
Non esistono doveri gradevoli?
Diventano gradevoli quando sono compiuti…
Quando non esistono più… Il dovere è, quindi, tutto ciò che è spiacevole. Cosa è piacevole, allora?
Ciò che è piacevole è peccato.
(Dialogo tra la Figlia di Indra e l’Avvocato)

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