Adam Broomberg è un artista e un fotografo che a lungo, nei suoi lavori, si è occupato di guerra. Ieri, sui suoi canali social, ha detto la sua sul servizio di Annie Leibowitz per Vogue, e scrive fra l’altro: “In qualche modo, penso che queste immagini confermino il nostro bisogno di una visione binaria del mondo, i buoni e i cattivi, e di un modello obsoleto di eroi maschi con le loro donne che li supportano. Nel frattempo i giovani senza volto e per ora senza nome muoiono quotidianamente. Non fraintendetemi: non sto in alcun modo sostenendo Putin ma questa sessione fotografica alimenta tutte le idee patriarcali, eteronormative, tossiche che rendono la guerra inevitabile”.
Si può essere d’accordo o meno con Broomberg, certamente. Non è sufficiente avere una lunga storia di competenze sul punto, certamente di nuovo. Ma quel che sta avvenendo, su questa come su altre vicende, è che è diventato quasi impossibile dirlo.
Tutto questo è veleno. Lasciamo aperta la possibilità di discutere seriamente (serenamente è un po’ dura) su questo e altri punti, senza che scatti la trappola dell’appartenenza.
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