Primo. Quello che è accaduto ieri a Roma è quanto meno sconcertante. Riprendo da L’Unità:
“Doveva essere un’assemblea pubblica, il ritrovo di bibliotecari, scrittori, attori, artisti e lavoratori della conoscenza per denunciare la situazione in cui si trova il sistema bibliotecario nazionale («Ecco perché ci “riprendiamo” la Biblioteca Nazionale») ma qualcosa è andato storto. Il permesso di usare gli spazi della Biblioteca Nazionale di Roma, dapprima concesso, è stato ritirato e gli animatori del movimento Tq (intellettuali trenta-quarantenni), gli occupanti del teatro Valle di Roma, i lavoratori della conoscenza e quelli della stessa biblioteca si sono ritrovati i cancelli sbarrati. Biblioteca off-limits, ingresso presidiato da un cordone di forze dell’ordine e da quattro camionette della polizia. Motivazione ufficiale: i tornelli si erano rotti.
Nessuno ci ha creduto e sono iniziate le proteste. Un gruppo di ragazzi, vedendosi più volte negata la possibilità di entrare, ha deciso di occupare la strada, bloccando il traffico. La polizia è intervenuta e ci sono stati alcuni momenti di tensione.
Alla fine, gli organizzatori hanno deciso di tenere l’assemblea davanti ai cancelli chiusi della Biblioteca, sotto gli occhi degli agenti. Molti gli scrittori e gli intellettuali presenti: da Marino Sinibaldi (direttore di Radio Tre Rai) agli scrittori Nicola Lagioia, Francesco Piccolo, Flavio Soriga, Elena Stancanelli. In molti hanno denunciato un’azione ritenuta esagerata. «Volevamo solo denunciare lo stato di abbandono in cui versa la cultura oggi in Italia, con un centro come la Biblioteca Nazionale che ne è un po’ l’embema», ha detto Christian Raimo, scrittore e animatore della protesta. «I fondi di cui dispone sono infinitesimali rispetto a quelli di altre grandi biblioteche europee, la sua chiusura estiva non ha pari a livello internazionale, così come gli orari quotidiani ridotti», ha proseguito.
Gli organizzatori, adesso, promettono di ritornare alla Biblioteca Nazionale, giurano di voler andare avanti con la protesta, una protesta pacifica, in «nome di un diritto al sapere – come ha ironizzato un utente della stessa biblioteca uscendo dai cancelli sbarrati – che non può essere negato perché un tornello non funziona».”
Secondo. Quello che scrive Wu Ming 2 sul Libretto Rosa di Finzioni e sulla Repubblica dei lettori è esattamente il punto debole (e rischioso) dell’esaltazione acritica del lettore medesimo.
Allucinante. Dovevo essere lì ieri, ma ho passato il pomeriggio alle poste. La prossima volta cancello tutto e vado. Per dire, io mi sono laureato il 20 luglio scorso e nel corso dell’estate ho lavorato a un progetto di ricerca da presentare in queste settimane ai concorsi per i dottorati. Inutile dire che metà del tempo che avevo a disposizione è stato reso inservibile dalla chiusura totale di tutte le biblioteche d’Italia. Per studiare facciamo la spola tra quattro o cinque biblioteche, spesso chiedendo i libri un giorno e consultandoli il successivo. L’iperstore sotto casa mia è aperto fino alle 22, la Nazionale chiude alle 19 e accetta richieste di consultazione solo fino all’ora di pranzo. Il fondo Falqui chiude alle 13.00. Alla Monteverdi della Sapienza (dove c’è un patrimonio di periodici praticamente unico) sottraggono borsisti e collaboratori. Molti dei miei colleghi più grandi risolvono spendendo buona parte di quello che faticosamente e fortunosamente guadagnano nell’acquisto di libri, ché se vuoi concludere qualcosa devi averli a casa. Tra l’altro molte nostre università salirebbero vertiginosamente nel ranking internazionale (ottenendo più fondi, più risorse, più prestigio) se le biblioteche interne rimanessero aperte il sabato e la domenica, che poi sono i giorni più proficui per lo studio. Altrove in Europa le biblioteche, aperte sette giorni a settimana, chiudono solo dalle 5 alle 7 di mattina per riordino e pulizie. Lì, quando si lavora duro o si hanno scadenze imminenti, ci si ritrova tra i fumi dei bar che aprono presto a discutere delle proprie ricerche.
Il commento precedente racconta una situazione che è sotto gli occhi di tutti tranne di chi ci governa, evidentemente. Posso solo dire che ci sono isole se non felici che però si sforzano, in una situazione al limite dell’insostenibile, di dare segnali diversi. La biblioteca (universitaria) di cui sono responsabile ha chiuso solo le due settimane a cavallo di ferragosto, in cui l’intero nostro Ateneo era chiuso. Il personale diminuisce di anno in anno, e purtuttavia siamo tenuti a rendere gli stessi servizi. I soldi dimunuiscono, e vengono tagliate le risorse: si comprano sempre meno libri, riviste, e-books, etc. Per il servizio al pubblico sempre più spesso siamo costretti ad usare gli studenti borsisti, e non perchè si sottovaluta questa importantissima funzione: ma perchè, altrimenti, il resto del lavoro chi lo fa? perchè ce n’è, e tanto, di lavoro da fare. Da anni mi sento decantare, anche dai nostri stessi docenti, le biblioteche estere: ma, almeno fino a qualche anno era così, vogliamo andare a vedere che finanziamenti ricevono – e quanti ne riceviamo noi? vogliamo vedere quanto personale hanno, e quanto ne abbiamo noi? Vogliamo mettere i 2 milioni di euro di dotazione annua della Nazionale di Firenze contro i 254 della Nazionale francese – tanto per fare un esempio? leggete qui: http://www.aib.it/aib/boll/2010/1001119.htm
Per tenere aperte le biblioteche ci vuole il personale. Perchè le biblioteche svolgano la loro funzione ci vuole di nuovo il personale, e le risorse economiche. Poi, certo, ci vuole competenza, efficienza, organizzazione – anche progettualità e …idee, visione. Ecco. Ma senza alcun tipo di risorsa, con la sola buona volontà, non si va da nessuna parte. E stiamo parlando di persone, la maggior parte laureate e molto preparate, che hanno uno stipendio di 1200 euro, bloccato da tempo, e ancora almeno per tutto il prossimo anno. C’è indubbiamente chi sta peggio – ma in certi casi davvero non si riesce a fare più di quello che si fa.
In effetti molte biblioteche universitarie fanno l’impossibile con il poco che hanno a disposizione. [Assumere neolaureati disoccupati no???]
La questione interessante nel dialogo a distanza tra Wuming2 e finzioni sta nella giusta idea di base che il lettore è stato troppo sottovalutato da una certa letteratura alta e dunque ha pieno potere di rivendicare diritti, ma allo stesso tempo il semplice fatto di essere stato per troppo tempo l’ultima ruota del carro non lo autorizza a ergersi a correttore delle corruttele al netto di competenze specifiche.
Quando è nato il movimento TQ, ho pensato: il banco di prova sarà il giorno in cui faranno un reading non in una sala, ma davanti a un ingresso o un cancello, bloccandolo con le loro letture, a dispetto della presenza delle forze dell’ordine.
Bene: l’occasione è arrivata, e gli amici e colleghi che erano lì hanno dimostrato di essere all’altezza del pericolo che incombe sulla cultura – e non solo quella. Rispetto alle pratiche (ad es. Teatro Valle occupato) messe in atto, le diversità e i dissensi teorici passano in secondo piano. Anzi: sono un elemento di ricchezza, se con scopi e mezzi diversi convergono verso lo stesso obiettivo. Che mille fiori sboccino, insomma.
Per la cronaca: in questo preciso momento, a Bologna studenti universitari e indignati rischiano le manganellate per aver cercato di mettere in discussione la sacralità degli spazi bancari, proprio come ieri con gli spazi bibliotecari hanno fatto gli scrittori a Roma.
Qui il video-commento di Nicola Lagioia sull’assemblea pubblica di scrittori-lettori ieri a Roma.
Quattro camionette della polizia schierate in atteggiamento antisommossa contro Una questione privata di Beppe Fenoglio.
A mia memoria – e non sono giovanissima – la biblioteca nazionale di Roma è sempre stata un incubo. Ti arrivano anche le richieste delle negative con su scritto “il libro se n’è andato”. Se la conosci la eviti – a meno di non poterne proprio fare a meno. E questo non è dovuto solo alla scandalosa mancanza di fondi ma anche a chi la dirige e ci lavora. Altre biblioteche – pur nelle ristrettezze – riescono a fornire un servizio decente agli utenti e non ci si trova mai incastrati in situazioni kafkiane per cui se chiedi un libro, non puoi avere un giornale o una rivista. Detto questo, l’iniziativa è pregevole e disdicevoli le reazioni. Ma forse bisognerebbe iniziare a chiedere, oltre al denaro, personale formato e competente, persone che alla reception non si passano lo smalto alle unghie o nelle sale fanno capannello per discutere di calcio invece di stare dietro agli utenti.
Le biblioteche NON possono assumere! Nei posti pubblici si entra per concorso, i concorsi non sono gestiti da noi (amministrazioni centrali, comuni etc.) e credo sia di dominio pubblico che sono e sono stati bloccati per anni. I tagli riguardano anche noi, e si ripercuotono, alla fine, ovviamente sui servizi.
E’ vero, purtroppo, che c’è personale non formato e demotivato (sempre meno, però): ma la formazione è un altro buco nero: i bibliotecari non esistono, le bilbioteche sono sempre e da sempre l’ultima questione ad essere considerata in qualsiasi piano di sviluppo o finanziamento (questo è un retaggio storico pesante, ma pesa altrettanto la cultura come disvalore nell’Italia odierna), la formazione non fa eccezione. Fin quando ho potuto, io l’ho fatta con la dotazione del funzionamento, ma ora la legge ce lo vieta: per un perverso meccanismo, non è possibile destinare fondi a questo capitolo. Brutte storie, come quella della normativa sulla tracciabilità: a quanto pare in Italia c’è chi può pagare in nero 5 o 6000 euro, e chi, come noi, da quest’anno non ha nemmeno più la cosiddetta “piccola cassa”, e anche per comprare tre matite deve affrontare lunghe procedure burocratiche.
“5 o 6000 euro in nero” intendevo scrivere – scusate, è scappato
Perdona, non ho dubbi che il personale sia stato assunto con un concorso. Ma poi? Perché la Caetani – di sicuro ha gli stessi problemi di soldi – è un luogo piacevole e il personale è gentile e, invece, quando esci dalla nazionale vorresti solo un’onda liberista che mandasse tutti a casa? E di quest’ultimo pensiero ti vergogni: non ti appartiene. Non è che esiste una quota parte di dirigenti più che disposta a tollerare la non efficienza del personale? Ribadisco: esiste un enorme problema di finanziamento delle biblioteche accanto a un enorme problema di una parte del personale che ha deciso di lavorare male.
Lo so, in molti, troppi luoghi è ancora così. E’ un grosso problema, non diverso da quello che si può riscontrare in altre pubbliche amministrazioni (personalmente ho molti problemi ogni volta che vado in posta, ad esempio). Ma non mi voglio sottrarre: dico solo che il personale lo devi formare – perchè la formazione è la più potente leva motivazionale insieme ovviamente agli incentivi economici. A chi è entrato anni fa, e magari viene spostato a fare qualcosa che non era previsto e per cui non è preparato, soprattutto se è il servizio al pubblico, cosa importantissima, glielo devi insegnare che l’utente è centrale, è lo scopo del nostro lavoro. Ma se invece usi le persone come pedine, le sposti a tappare i buchi senza preoccuparti di spiegare, insegnare, formare – se non prende piede in questo paese l’idea che pubblico significa di tutti, non: di nessuno, non si andrà mai avanti. Poi c’è il problema dei dirigenti, sacrosanto. E’ lì che si dovrebbe affondare le mani, in chi effettivamente ha la responsabilità. Vanno pretesi gli obiettivi, e va verificato il lavoro svolto. Questo non viene quasi mai fatto: ma anche perchè da tempo si sa che se non ci sono gli strumenti (le risorse economiche per pagare la formazione, la tecnologia, etc.) si può fare ben poco. Ci vuole comunque una consapevolezza anche a livello personale, sono d’accordo con te: ma non tutti sono in grado di acquisirla da soli, senza stimoli. Come per ogni cosa, in Italia: questo non è solo un problema nostro. Ma, credimi, a me che ci sto dentro piange il cuore dover parlare così. E mi sforzo costantemente di realizzare ben altro: vorrei che il pubblico funzionasse, e ci metto il mio piccolo contributo – e credimi, non siamo pochi/poche che lo facciamo.
…ma non esiste anche un percorso di laurea in archivistica ora? che fine fanno i laureati in questa disciplina?
precari al call center, immagino…
Roberta, scusami se il tono è parso un attacco personale. Senza gli appassionati come te, saremmo sicuramente messi molto peggio. Non ho mai lavorato in biblioteca ma sono un’utente coatta (per piacere e per lavoro) e le differenze si notano. Sono sicura che la responsabilità principale sia dei dirigenti e della mancanza di soldi per la formazione e altro ma non è possibile pensare che si debba formare il personale – vincitore di un concorso – alla buona educazione. Comunque approfitto delle tue competenze per un paio di domande: perché in alcune biblioteche (tutte statali) puoi avere in lettura la rivista, il quotidiano e il libro e in altre se stai consultando l’uno non puoi avere l’altro? Organizzazione interna? Come è possibile che il prestito interbibliotecario internazionale in alcune biblioteche sia efficiente (in due settimane hai il testo) e in altre si passino mesi, a parità di libro richiesto?
E’ proprio impossibile, magari ritardando l’apertura della mattina, ottenere un paio di volte alla settimana una chiusura serale intorno alle 22?
@ roberta, barbara
Il punto è che lo scopo della manifestazione di ieri era prorpio quello di fare della biblioteca una sede pubblica in cui discutere di quello che dite voi, in forma assembleare. L’enormità di quello che è successo è proprio questo: non era un assalto a un negozio o a un bancomat, era il desiderio di parlare in biblioteca dei problemi, della gestione, degli scopi di una biblioteca. Come se ci mandassero a dire: discutetene pure nei blog, ma guai ad uscire dal monitor!
Di archivistica abbiamo parlato proprio due giorni fa a Fahrenheit: gli archivi italiani sono a rischio chiusura proprio per mancanza di personale. Oltre che di fondi: l’archivio centrale di Firenze ha in cassa…39 euro.
Non so se sia la sede più opportuna, ma rispondo volentieri. Non l’ho preso come un attacco personale, sono abituata a sentire ben altro, in primis dai *miei* ministri 🙁
L’organizzazione è governata da regolamenti (nelle biblioteche più aperte da una Carta dei servizi). I servizi (il prestito, la consultazione, la fornitura di documenti e il prestito interbibliotecario) sono condizionati dal personale a disposizione, dalla loro competenza (che a sua volta molto dipende anche dalla formazione) e dai fondi.
Non so perchè non sia permesso avere in lettura più documenti, a volte ci sono motivazioni di tipo organizzativo, hai provato a chiederlo? è vero però, ritorniamo al punto dolente, che non sempre c’è consapevolezza che dovtremmo fare di tutto per facilitare la vita all’utente, non per complicargliela.
Sul prestito interbibliotecario e fornitura copie: per il prestito, il problema è che il libro viaggia fisicamente, quindi devi considerare il tempo necessario, tanto più se viene dall’estero (e, a quanto ne so, ci mette il tempo più lungo dallo sdoganamento in poi…); il fatto che in differenti biblioteche il tempo di consegna sia diverso può dipendere anche da quale biblioteca si sceglie come destinataria della richiesta; per le copie, ormai la consegna in gran parte avviene in formato elettronico, quindi è molto più veloce. Ti posso dire che se il servizio funziona bene ed è molto utilizzato, può essere che ci siano molte richieste, e che quindi ci metti tempo a esaurirle: questo ad es. succede a noi, con una persona ogni giorno che vi si dedica (tempo medio di consegna 3 giorni).
L’ultima tua domanda… è un argomento complicato e delicato. Ritardare l’apertura la mattina non è in genere consigliabile. Per un orario lungo, devi avere personale che turna: i turni non sono possibili ovunque. Perchè? perchè 1) devi avere il personale sufficiente 2) il lavoro su turni deve essere riconosciuto e pagato: lavorare dalle 19 alle 22 non è come lavorare dalle 9 alle 12, penso che converrai. E non ci sono i soldi… Le biblioteche che riecono ad avere orari allungati solitamente lo fanno ricorrendo ad appalti esterni, le famose cooperative ( che costano di meno, appunto: e qui si apre un altro mondo…) – e comunque spesso senza servizi, solo come sale letture.
La verità, la vera verità, è quella che sta anche alla base della manifestazione di cui si parla nel post: la cultura in Italia non è un valore, non importa se non a noi quattro gatti. Quindi non viene coltivata e incentivata. Ti parlavo prima del retaggio storico delle bilbioteche: in Italia fino a 30 anni fa si concepivano le biblioteche come esclusivamente di conservazione – a differenza del mondo anglosassone, dove è nato il concetto di public library. Ma sono già stata troppo lunga, scusate…
Ringrazio Roberta per le risposte. Su un unico punto non concordiamo: lavorare dalle 9 alle 12 o dalle 19 alle 22 (non oltre. Non erano orari messi a caso) è, in mia modesta opinione, la stessa cosa.
per le cene relative alle pubbliche relazioni e le parate militari comunque i fondi si trovano sempre.Deve esserci un trucco
http://shughart.free.fr/Music/Portishead%20-%20GloryBox.mp3
Anche se cambiando scala e livello della discussione, vorrei gettare un semino di positività dalla biblioteca comunale della cittadina in cui ci siamo da poco trasferiti (in Veneto). Il Comune ci ha mandato una lettera per invitarci a portare il nostro bambino di un anno in biblioteca, dove gli avrebbero regalato un libro: una specie di benvenuto, nell’ambito di un progetto che coinvolge bambini e lettura (Nati per Leggere). Negli stessi giorni c’era anche il Biblioday, cioè la biblioteca aperta la domenica offriva attività per bambini più grandi. Mi ha quasi commosso questo pur piccolo investimento sui lettori del futuro.