TRA DUE FUOCHI

Michele mi segnala via mail un interessante articolo del Wall Street Journal. Il titolo è Why Do We Let Them Dress Like That?
Mi scrive Michele:
“E’ interessante perchè fa capire come molti dei problemi riguardanti le ragazzine siano gli stessi anche qui. Come si capisce dal titolo, l’articolo parla dei motivi che spingono un genitore (americano) ad accettare che la propria figlia dodicenne o tredicenne si vesta come una prostituta. La teoria dell’autrice è  che la generazione odierna di mamme, fatta da donne che hanno combattutto battaglie femministe per i diritti delle donne, si sente presa tra due fuochi: da un lato la voglia di non apparire ipocrite, dall’altro l’incapacità d’insegnare alle proprie figlie il rispetto per il proprio corpo”.
Meditare.

49 pensieri su “TRA DUE FUOCHI

  1. Loredana grazie per il link e la segnalazione. L’articolo mi lascia perplessa perché mette in una relazione troppo stretta l’abito e l’esercizio della sessualità. E questa vecchia (mi perdoni?) connessione tra il rispetto di sé che svanirebbe nel “concedersi”. Una donna, una giovane donna che esercita la sua sessualità ha poco rispetto di sé? E il poco rispetto di se stessi vale solo per le donne? Siamo di nuovo al doppio standard – uomo promiscuo e donna casta fino al matrimonio? Attendosi chiarimenti -)

  2. Negli anni ottanta quando io ero adolescente mi ricordo che c’era un modo di vestire delle ragazzine (camicette, jeans, gonne con collant molto velati). In molte case per truccarti o vestirti in modo più sensuale dovevi farlo di nascosto prima dei diciott’anni. Le trenta quarantenni si vestivano e truccavano in un altro modo.
    Fermo restando che le adolescenti sessualmente attive ci sono sempre state mi sembra che le sedicenni si vestano come le quarantenni.
    Però vedo molte bimbe e pre adolescenti anche vestite da donnine in modo grottescamente allusorio alla sessualità. E anche molte cinquantenni vestite come Britney Spears che poi per leggere il programma del cinema le vedi inforcare gli occhiali da lettura.
    Stanno cambiando i codici in una direzione frammentata e anarchica per cui simboli sensuali diventano generali e innoqui? Oppure magari le mamme che hanno fino ai dodici anni il controllo dell’abbigliamento delle figlie le eroticizzano inconsapevolmente per poi trovarsi delle sedicenni vestite in modo inappropriato alla loro vera sessualità interiore?
    Mi sembra che da noi dove i dettami della moda sono più massificanti che altrove, questa cosa sia più evidente, in Francia, Germania o Scandinavia i bambini mantengono generalmente un look più sportivo-colorato che scimmiotta meno l’abbigliamento adulto.
    D

  3. @daniele “molte cinquantenni vestite come Britney Spears che poi per leggere il programma del cinema le vedi inforcare gli occhiali da lettura” – questo mi stride molto come commento, scusa

  4. POsso metterla in un altro modo? Il modo che mi prefiguro eserciterei se avessi una figlia femmina.
    I genitori di oggi hanno spesso perso un grado di sofisticazione pedagogico che prima un po’ almeno quelli svegli avevano. Riguarda quel dire “no” non perchè una cosa è sbagliata ma perchè serve ai figli a mettere i denti e dire si. Serve ai figli a strutturare l’identità psicologica e l’interpretazione di se in tutte le parti, serve a strutturare. Ora anche la comunicazione del corpo si struttura, anche l’esplorazione del sesso. Quando le adolescenti si vestono con il sedere di fuori, mettono in atto una visione del sesso che prendono dal vassoio del mercato e che risponde alla loro evoluzione mentale in quel momento (sono bimbe con le tette). La mamma che dice no – copriti, non deve necessariamente pensare che la figlia non debba comunicare sessualmente scoprirsi dire etc, ma conquistarsi quella comunicazione. Crescere con il suo tempo.
    Questo per me si traduce spesso in una figlia che che ne so… si cambia in ascensore! E sia, non muore nessuno: il problema non è il vestirsi da zoccola, il problema è far raggiungere al più presto una consapevolezza nel farlo o no, e nei significati che produce. Insomma un po’ di negoziazione non fa male a nessuno.

  5. Grazie Zauburei -) messa così è ineccepibile. Però l’articolo mi pareva andasse in altra direzione. O forse io ho mal interpretato!

  6. Sono decisamente d’accordo con zauberei.
    Molte spesso mi chiedo: “Se avrò dei figli, come riuscirò a mediare tra la voglia profonda di garantire loro la possibilità e il diritto assoluto alla costruzione di sé, nei modi che alle diverse età ritengono opportuni, e la necessità di non gettare su di loro la mia voglia – adulta! matura! maturata! – di provocare, di rompere delle barriere?” Ho un nipote di sei mesi che vive con me. Ogni giorno, guardandolo, penso: “Vedrai, le battaglie che ho dovuto fare io non dovrai farle anche tu”. Ma perchè mai?! Un conto è garantire delle libertà di vita, delle scelte, delle aperture ad una persona che si costruisce, un altro è incitare, caricare una persona che a noi si ispira, che di noi si fida, verso sfide che richiedono tempo e lavoro.
    Quindi: lasciamo anche ai bambini e agli adolescenti la libertà di scegliere, senza, però, trascurare di dimostrare loro come anche noi siamo nati da noi, dalle nostre prove, dai nostri tentativi, dai nostri traguardi conquistati. Solo così possiamo formare una coscienza, forse.

  7. La domanda dell’articolo è sui genitori, o comunque sugli adulti in generale, più che sui giovani.
    Diamo per assodato che quel look molto diffuso sia effettivamente da prostituta.
    Non si mette in discussione la l’idea che vestirsi in modo provocante, scoperto, allusivo, sessualmente aggressivo veicoli messaggi di una sessualità esplicita. Allo stesso modo è chiaro che questo abbigliamento non è adatto a adolescenti o pre adolescenti.
    Infatti come ci dice Zauberei sono in un’età in cui non ci si è ancora appropriati di una comunicazione coscientemente sensuale.
    La domanda è come mai noi adulti lo permettiamo, e contribuiamo sia economicamente che, molto spesso, moralmente?
    Io aggiungo: come mai troppo spesso come paris hilton ci si vestono anche le mamme over quaranta e ci fanno vestire direttamente loro stesse, le figlie fin da bambine?
    Io credo che nell’analfabetismo sociale e psicologico dilagante ci sia una grandissima erotizzazione in movimento nelle menti di tutti, che in modo inconsapevole viene veicolata tra adulti e giovani attraverso riti e abitudini che sembrano vuoti e superficiali ma che nascondono un forte bisogno di continua eccitazione reciproca.
    Non a caso la sessualità adolescenziale e giovanile, che c’è sempre stata, in quest’epoca sta assumendo sempre più caratteri pornografici, egoici, ovvero diventa comunicazione, esibizione e proiezione.
    D.

  8. Daniele, non so se hai letto l’articolo. La mia perplessità nasceva dal fatto che molte delle donne (genitrici) intervistate si interrogavano sul loro passato “libertino”. Ora per relazionarsi a un figlio/a, come intende Zaub – che a me profana pare sanissimo – non c’è mica bisogno di prodursi in mea culpa per essersi giaciute con il proprio partner prima del matrimonio?
    Dire di no per fargli mettere i denti – è ottimo. La tua capacità di farlo credo c’entri pochissimo col tuo numero pregresso di fidanzati.

  9. Ehm Daniele, io sto arrivà alli 40, e all’idea che secondo qualcuno superati li 40 me devo mette er cilicio mi viene un tantino angoscia.
    Ossia non universalizzerei la cosa perchè e prima non te poi vesti bona perchè sei piccola e dopo perchè nzei piccola, e a metà perchè sei ntellettuale e che palle.
    Barbara sono d’accordo – infatti la questione per me non era proprio ben posta. E comunque – mantenendo sempre un occhio all’età della ragazza di cui si parla, e alla capacità di negoziare che si ha. (Perchè pure a dire tutti no, escono pessime cose)

  10. Credo anch’io che l’articolo abbia molto a che fare con le mamme – e perchè l’esercizio della loro sessualità pre-matrimoniale è visto con qualche dubbio? evidentemente, la ‘liberazione’ sessuale non ha necessariamente regalato a tutte la stessa sensazione di libertà positiva… amen. Molto difficile non proiettare, credo, a questo proposito.
    Però anche rispetto ad altri problemi può succedere la stessa cosa: il valore del denaro, dell’educazione, dello studio, ecc., quello in cui essi, come persone, credono. E qui penso (temo) siano molti di meno i genitori che hanno dubbi su quale valore ed ‘etica’ trasmettere….Forse allora le cose andrebbero rimesse insieme…
    Quoto Zaub, e il concetto di negoziazione: un po’ di sana lotta che permette di elaborare le proibizioni, senza esagerare!

  11. Io sono molto d’accordo con zauberei, ma qui non si parla solo di genitori che non riescono a dire no alle figlie ma di genitori che implicitamente dicono al mondo “Hey guardate che fica sexy che è mia figlia”.
    Questa china mi sembra frutto di un silenzio assenso della mente e della coscienza, un seguire pulsioni e attrazioni senza porsi il problema di dove portino.
    Le ragazze i denti non se li fanno se i genitori non li hanno.
    Genitori che trattano la figlia di dodici tredici anni da pari a pari nascondono comunque un lato patologico, sia da un punto di vista educativo che di ruoli.
    Qui non stiamo parlando di sessualità reale ma di mascherate di sessualità, dove pulsioni adulte concrete che plagiano le “bambine con le tette” che non sono mai soggetto, ma oggetto delle fantasie degli adulti, dei genitori, dei media, dei produttori di trucchi e moda, eccetera…
    Per questo mi sembra fuori luogo la teoria del giornalista dell’ambivalenza delle mamme sulla propria sessualità praticata perché se questa generazione di mamme pioniere del sesso libero si fosse pentita spingerebbe le figlie alla castità e non all’esibizione.
    Tra l’altro mi sembra una cosa tutta americana e puritana legare il sesso allusivo dei vestiti (stiamo parlando di questo) con il sesso praticato degli adulti che è tutta un’altra cosa.
    Non si parla di educazione sessuale ma di erotizzazione di una generazione di ragazzine dodicenni che magari al sesso praticato davvero non ci pensa neanche lontanamente almeno fino ai 17 o 18 anni.
    Sono più d’accordo con la prima amica del giornalista che parla di un legame madre figlia (dove non si sa chi copia chi) che inizia col farsi la manicure insieme e poi continua con lo shopping e la tutina di ciniglia rosa, e il tacco, lo slip, il trucco ecccetera per finire con la totale confusione e intrigo di pulsioni ed eccitazioni varie.
    D.

  12. Certo Zaub, suonati i quaranta, cilicio, corsetto, completino grigio topo, baffi, calze cento denari, e scarpe da suora sai quelle che vendono i negozi di ortopedia? Ovviamente capelli corti con le ondine colore rosso o argento cromati come le vecchiette.
    Che credevi de fà la splendida pessempre? Ntz ntz,, niente.
    Io pure vo per i quaranta ma mica mi vesto come i quattordicenni di oggi, farei ride i polli, no?
    Uno poi si veste come crede ma a volte vedi ste signore tipo cinquantenni vestite come cheerleader, coi calzini coi pon pon rosa e ste poppone abbronzate strizzate in fuori, sembrano diciannovenni mummificate…
    D.

  13. “La teoria dell’autrice è che la generazione odierna di mamme, fatta da donne che hanno combattutto battaglie femministe per i diritti delle donne, si sente presa tra due fuochi: da un lato la voglia di non apparire ipocrite, dall’altro l’incapacità d’insegnare alle proprie figlie il rispetto per il proprio corpo”.
    Premetto che non ho letto l’articolo originale. Prendo quindi per buona la teoria riportata. E allora dico che mi pare poco. Mi pare un salvacondotto per la coscienza pulita. Tra due fuochi perché si fecero delle battaglie femministe?
    Io faccio il giornalista di cronaca nera da più di trent’anni. Alle ragazzine di 14 anni, oggi, succedono cose che sui giornali nemmeno riportiamo, in quanto le protagoiniste sono minorenni. Emergono solo quando scatta un reato e, di conseguenza, un’indagine giudiziaria. Ma c’è un sommerso impressionante che è troppo comodo attribuire solo al disagio. Sì, spesso la ragazzina che si fa dare dieci euro in cambio di una toccatina nel cesso, ha alle spalle una famiglia indigente. Ma quella che concede di più per una camicia firmata, ha genitori altoborghesi.
    Personale femminile della polizia e dei carabinieri, trascorrono le giornate con ragazzine che a mezzogiorno sono già ubriache. Che hanno pippato mezzo grammo di cocaina, che si sono strafatte di ecstasy.
    Possono solo chiamare i genitori dopo averle raccolte svenute su qualche marciapiede o dentro la latrina di una sala-giochi.
    Questa è la realtà. E di fronte a questo mi pare poco dire che la mamma è tra due fuochi perché quand’era ragazza, lei si vestiva come Joan Baez e sbraitava “io sono mia”. Qui è allarme rosso anche per chi, ai suoi tempi, si vestiva come Madre Teresa. Lo sconquasso è trasversale, bipartizan, democratico (a suo modo).
    Le caseme dei carabinieri e i commissariati di polizia sono piene di quasi-bambine talmente rintronate dall’alcol, che si sono pisciate addosso. Quelle povere su vestiti da bancarella, quelle ricche su abiti firmati.
    Non credo che un genitore possa assoversi dicendo “eh, a me piaceva Bob Dylan, quindi sono tra due fuochi”.
    Poi siamo bravi a fare i genitori con i figli degli altri. Ancor più bravi lo sono quelli che i figli non ce li hanno.
    Forse ci vorrebbe un po’ di coraggio nello smentire se stessi. “Figlia mia – si potrebbe dire per esempio – quando io dicevo che si deve fare di tutto perché la vita è mia e la libertà è il bene supremo be’, dicevo delle cazzate”.
    Prima che sia troppo tardi.

  14. Posso dire due cose un poco reazionarie?
    1 – la libertà di scegliere dei figli va data in base all’età e alla consapevolezza. Al poppante la fiorentina non gliela propongo, per estremizzare il concetto. E proprio perché, come segnala Zauberei, non potrò mai avare il contollo e mi@ figli@ può cambiarsi in ascensore che devo saper proporre un modello.
    2 – In ogni caso, oggi i genitori hanno grosse chances di perdere la battaglia contro il modello pubblicitario e televisivo prevalente. Ma pazienza, perché l’obiettivo non è come un@ si veste né tantomeno imporre dei codici di comportamento, ma accendere più neuroni possibili nelle testoline della generazione successiva.

  15. Io credo che qui più che di libertà si parla di vera e propria deriva del comportamento. Caschiamo sempre lì, ci sono disagi enormi che crescono nell’ignoranza e nell’indifferenza delle famiglie, una peste della mente che prospera indisturbata nella sporcizia quotidiana. Gli adulti riempiono i bambini della loro debolezza, confusione, distrazione, delle loro pulsioni, della loro malattia e sofferenza e li mandano in giro come bombe pronte a scoppiare appena girato l’angolo.
    D.

  16. Lo dico da maschio trentenne e senza sofisticatezze culturali. Io credo ci sia stretta connessione non tanto tra il modo di vestire e i comportamenti sessuali, quanto tra il modo di coprire il corpo e la misura in cui si vuol essere considerati oggetti del desiderio rispetto alla totalità della persona. Il vestito dice non cosa la persona fa, ma come la persona si pensa nel rapporto con l’altro. Credo quindi che il “no” perentorio della mamma o del papà non sia utile. E’ utile invece far comprendere ai figli e alle figlie in che modo un certo stile (anche vestimentario) può parlare al posto loro. Questo perché tra gli adolescenti la riconoscibilità della persona in categorie pre-determinate (che so, alternativo, fighetto, truzzo etc) è molto più immediata perché mediata dai mezzi di comunicazione. Un adolescente con quei pantaloni larghi e quella canottiera veste da rapper. Questo non significa che è un rapper, ovviamente. Ma gran parte degli atteggiamenti nei suoi confronti saranno presi, più o meno volontariamente, considerando quel dato. Non voglio generalizzare, ma in molti casi è così. Nell’adolescenza l’identità è più fluida e proprio per questo gli adolescenti tendono a fermarla, a fotografarla attraverso lo stile. Una volta capito come l’abito parla del monaco (non fa il monaco) la scelta è libera, se mettere in luce questo o quell’altro aspetto o valore della persona.

  17. Alcuni qui sembra si riferiscano di più a genitori che non si accorgono del problema, e quindi forse drammatizzano un po’ nei commenti.
    Invece le mamme dell’articolo il problema se lo pongono, ma sono pur sempre e solo vestiti: secondo me ogni generazione ha i suoi ‘rischi’, quindi non me la sento di parlarne in toni gravi. Immagino che se queste donne si sentono fra due fuochi per i vestiti delle figlie, succeda anche per altro – o no?
    Una bambina/adolescente non sa un tubo di sensualità e sessualità, ‘giocano’, non dovrebbe essere un problema dire che c’è un’altra età, se vorrà, per andare in giro così. Poi se è già in quella fase, si cambierà in ascensore. Altrimenti, credo, la proibizione sarà per lei una delle tante, e nemmeno ci farà caso. Insomma, credo ci sia un corollario intorno a questo preciso problema, che non riguarda solo l’abbigliamento.

  18. Sarò banale, ma insegnare ai propri figli che non esistono nè fighetti, nè truzzi, nè “zoccole” no? Che certo queste categorie puoi usarle per ridere, per scherzare, per fare due battute con gli amici, (se un mio amico si vestisse da rapper o da dark una battutina gliela farei) ma non prenderle sul serio…e insegnare che comunque non si etichettano, non si marchiano le persone in base a quanto del loro corpo coprono o scoprono o da come si atteggiano, anzi le persone non si marchiano proprio.
    Che poi la libertà ai figli va data in base all’età e alla consapevolezza non ci piove, è che per certi genitori i figli non saranno mai abbastanza consapevoli mentre per altri lo sono troppo presto…e quanto alla storia che i genitori starebbero perdendo la battaglia educativa contro la televisione non ci credo, e anche se fosse vero che stanno perdendo, sarebbe colpa loro che permettono alla tv di rivestire ruoli che non le competono.

  19. No Daniele, non lo permetterei. Tuttavia la figliola si potrebbe cambiare in ascensore e così si farebbe i denti, come ha scritto qualcuno. Ma non assocerei questo ai miei comportamenti affettivi/sessuali del passato – come i rapporti pre matrimoniali. Il punto poi, se mi permetti, non è che si veste da prostituta ma che non ha idea – a 13 anni – di come gestirsi. E’ una bambina con le tette. Scusate ma a me sta storia dell’abito da prostituta risulta indigesta!

  20. Sono assolutamente d’accordo che la teoria che vuole le mamme non in grado di gestire la cosa perché in colpa per la loro rinnegata dissolutezza giovanile fa un po’ acqua da tutte le parti.
    Loredana c’insegna: come si fa a stare ‘dalla parte delle bambine’, anche di quelle con ‘le tette’?
    Una dodicenne vestita sensuale, da prostituta o meno, è sensuale? E se lo vediamo da genitori perché lo permettiamo?
    Probabilmente ci sono genitori assolutamente “normali” che mandano foto come quella che ho postato in ai conoscenti come biglietto di auguri di natale…
    D.

  21. Scusate comunque io avverto un tantino di mistificazione e di falso storico – forse a partire dallo stesso articolo. Quando le donne “sbraitavano” come dice Gregori, che se non era per la conclusione aveva scritto cose molto belle, sono libera e faccio il cazzo che mi pare – NON si vestivano da zoccole, e non era un caso. Perchè sarà stato retorico sarà stato fastidioso, ma la questione era prima IO decido chi e quando scopo poi passo all’azione. Personalmente sono grata a quel momento storico perchè mi sento più fortunata di quelle venute prima che scopavano quando lo dicevano l’altri. No perchè qui a furia de Berlusca finiremo per sentire parlare bene de Maria Pia Fanfani.
    Il problema della bambina con la minigonna è in perfetta sintonia con quello che aveva sua madre quando sbraitava, hanno lo stesso problema: La minigonna sembra dimostrare che ora la figlia dovrebbe tornare a sbraitare: perchè la mette già in una posizione di oggetto sessuale quando non è ancora in grado di scegliere. Con condizioni blandamente diverse il rischio è che tra lei e la sua trisnonna non ci sia grande differenza.

  22. Qui si parla di dodicenni e tredicenni che non c’entrano con le donne di oggi e nemmeno con le donne della rivoluzione femminile, si parla di bambine con le tette che si vestono da in modo inadeguato alla loro età con la collusione degli adulti.
    D.

  23. Stavo ripensando all’articolo e la questione delle donne pentite della loro libertà sessuale, colpevolizzate dall’essere le prime della pill generation, e che tornassero indietro non farebbero sesso fino al matrimonio mi sembra frutto di una menata ebraico salottiera americana. Ci vorrebbe Woody Allen.
    Il neo conservatorismo ieratico delle madri ebree che vorrebbero tornare tradizionali dopo aver provato le gioie della tentazione…
    Bah. Se non altro con noi e col resto del mondo calza ben poco…
    L’idea che poi queste madri che pentite del loro vissuto sessuale libero e quindi tese a correggere le figlie disinibite e poi che invece si trattengono dal correggere perché le figlie potrebbero tacciarle di predicare bene dopo aver razzolato male una vita, mi sembra un po’ una cavolata.
    D.

  24. Una persona libera sessualmente non è una persona dissoluta ma una persona pienamente consapevole della propria sessualità, in grado magari anche di giocare con la propria capacità di suscitare desiderio ma in modo assolutamente conscio, pieno, maturo.
    La libertà sessuale non è sconsideratezza e non è oggettivazione sessuale. E non è nemmeno offerta inconsapevole di sè.
    La libertà sessuale può passare anche attraverso la sperimentazione adolescienziale ma, come tutti gli ambiti della vita, anche questa va guidata attraverso l’educazione al rispetto di sè e degli altri, da cui non può prescindere.
    La libertà sessuale è conoscenza profonda di sè, del proprio corpo, delle conseguenze dei nostri comportamenti prima che mero istinto sessuale. Libertà sessuale non significa tutto è permesso.
    Non vedo, quindi, perché un genitore che si considera o è stato sessualmente libero debba sentirsi in colpa se vieta a sua figlia di 12-13 anni di vestirsi da prostituta.
    Questo il mio pensiero.

  25. Daniele, ma perchè accenni proprio alle madri ebree neo conservatrici? Io ho letto l’articolo, e il post di Loredana, e i commenti, e ho preso tutto come mi è stato presentato… poi l’autrice, e ciò di cui fa parte, non c’entrano più di tanto, qui e ora.

  26. Temo che come al solito il problema del sesso o del look (vestirsi più vestirsi meno) serva a mascherare una ben più grave e ampia impreparazione della cultura “progressista”: quella ad accettare accanto all’elemento “espressivo” quello “contenutivo” come binomio indispensabile del fare cultura (e quindi anche pedagogia). E’ molto difficile per chi ha suo tempo ha confuso inibizione con castrazione, controllo con repressione brutale, censura con schiavitù ecc.
    Non sarà questa fenerazione di uomini e donne oggi sessantenni e cinquantenni a ristrutturare il linguaggio pedagogico: è troppo compromessa coi fantasmi della propria adolescenza.

  27. @ Paola di Giulio,
    dopo aver sviscerato la questione in sé, lungo tutto il post, mi sono soffermato su questo aspetto dell’articolo che parla delle madri che dopo anni di sesso libero si pentono a desidererebbero di esser state sessualmente più tradizionaliste.
    Visto il clima dell’articolo, dove, a prescindere dalle figlie vestite sexy, si parla di bar mitzvah e di sesso prematrimoniale, di ritualità varie ecc. mi è emersa agli occhi una dimensione salottiera e tesa tra modernità e giudizi comportamentali e tradizionalismi dogmatici propri di quella classe media ebrea americana di cui la giornalista e le sue conoscenze riferite nell’articolo sembrano far parte.
    Riflettevo su questo e mi sembra lontano da noi l’idea che una donna e madre di un’adolescente pensi “se tornassi indietro arriverei vergine al matrimonio perché il sesso è una cosa molto potente e nessuno ce lo aveva detto”.

  28. @Daniele Marotta
    Il tuo penultimo intervento mi ha mandato il caffè di traverso stamani, ora non vorrei rovinarmi l’aperitivo – ultima frontiera della borghesia ebraica radical chich autoctona. Entrambi i tuoi post emanano un sentore antisemita decisamente poco gradito. A me, almeno.

  29. Antichè?
    ma per favore…
    io ci andrei piano con gli anti-, non è che se uno mette la parola ‘ebreo’ in una frase diventa antisemita, con tutte le cose che ho detto sugli italiani sarei il primo anti italiano, per cui occhio ai giudizi…
    Connotare un ambiente con dei cliché sarà superficiale ma certo non-anti.
    l’articolo parla di questa “tardiva” aspirazione tradizionalista sul sesso da parte di certe madri di famiglia amiche della giornalista, tanto che la giornalista stessa ne fa la motivazione dell’ambivalenza di tali donne a non gestire l’abbilgliamento sexy delle figlie dodicenni. Giusto?
    A me questo panorama mi sembra lontano dalla nostra attitudine dominante, è la prima volta che sento parlare di donne che si pentono del sesso fatto in gioventu’ anche col marito, e che desidererebbero essere arrivate vergini al matrimonio.
    Mi segui?
    allora, visto che, nell’articolo, si rappresenta un ambiente ebraico altoborghese “scuole femmimili private” “bar mitzvah” eccetera ho pensato che questo genere di riflessioni potessero appartenere di più ad un ambiente come quello ebraico più teso del nostro tra ieraticità, severità tradizionali e contemporaneità dei costumi.
    Ok?
    Già mi sono spiegato troppo, potevi dire che secondo te avevo detto una cavolata senza dover fare riferimenti all’antisemitismo.
    Sono Basito.
    D.

  30. L’inibizione non è castrazione quando è frutto di una scelta consapevole e lo stesso vale per l’essere disinibiti/e. La consapevolezza del proprio corpo sta alla famiglia e alla scuola insegnarle e non vedo perchè un genitore femminista o con un passato (e anche un presente, magari) sessualmente disinvolto debba essere meno capace di insegnare ai figli questa consapevolezza del loro corpo e della sessualità..anzi proprio l’aver avuto certe esperienze dovrebbe avvantaggiare, no?
    Quindi mi unisco a Marotta nel considerare sta storia delle madri femministe pentite di essersi ribellate e anche divertite una solenne fesseria o per meglio dire sega mentale (non so se”ebraica” o meno)

  31. Calma e gesso. Daniele, ho tolto un tuo commento perchè mi sembrava insultante. Paolo, modera i toni. Barbara, non mi sembra che ci fossero toni antisemiti. Stereotipati e generalizzanti sì, però.

  32. Mi rimetto alla padrona di casa, ma i toni antisemiti non c’erano proprio altro che ti sembra… se no qui si scambia il giorno con la notte.
    Mi spiace ma su questo non tollero dubbi.
    Generalizzante e stereotipato era già il tono dell’articolo, a partire dall’idea di ragazzine che si vestono da prostitute e dalle mamme che si pentono del sesso. Su quella linea si sono sviluppati tutti i commenti, stereotipi e generalizzazioni.
    D.

  33. Daniele, grazie per la risposta che vedo solo ora. Non conosco la classe media ebrea americana, quindi non commento.

  34. Indubbiamente si dovrebbe sempre cercare di mantenere la giusta moderazione e io mi scuso per primo perché spesso per esprimere certe idee indefinite e per dargli forza mi muovo sul limite della provocazione e poi è facile puntare il dito se si scaldano i toni.
    Il fatto è che l’antisemitismo è qualcosa di assolutamente enorme da tirare in ballo, rimanda disprezzo, odio, e sdegno millenari perla cultura e popolo ebraico. Non c’è un antisemitismo moderato e uno grave. Richiama echi del peggiore razzismo, è un’offesa all’umanità stessa, ricorda scorci di storia vergognosa.
    Io in quell’articolo ho colto un clima tra le righe, che è un clima culturale di una fetta di società americana come emerge dall’articolo e mi è sembrato di vedere un’assonanza tra quello che di socio culturale si intravedeva dallo spaccato e certe argomentazioni dell’articolo, cercavo di capire come mai fossero così distanti da noi sulla sessualità per esempio…
    Ho solo provato a definire quel sentore.
    Probabilmente potrò aver detto una boiata colossale, non è che vado tutti i giorni a cena dalla borghesia ebraica americana, però non capisco come ma se uno dice una cagata su chiunque, dice una cagata se invece la dice sull’ebraismo, allora diventa antisemita.
    Comunque per me è morta qui e mi piacerebbe farmi offrire un aperitivo da barbara una volta. 😉
    D.

  35. Loredana non credo di avere il sangue agli occhi tuttavia l’antisemitismo è, appunto, un atteggiamento stereotipato e generalizzante -)) Daniele non so se su sei antisemita credo alla tua assoluta buona fede e ti offro volentieri un aperitivo se accetti di capire che l’antisemitismo, come il sessismo o il razzismo a volte sono inconsapevoli perché li abbiamo assorbiti dalla cultura circostante. In altri termini, non ti stavo dicendo che sei un nazista o un paranazista – agisci solo stereotipi culturali. Capita a tutti…

  36. Guarda che l’antisemitismo è una cosa ben precisa, un disprezzo e un pregiudizio concreto verso il popolo ebraico, disprezzo che agisce, tramite stereotipi come tramite leggi razziali, ma è sempre finalizzato al disprezzo e alla repulsione.
    Io non ho mai assorbito neanche una molecola di antisemitismo, né consapevolmente né inconsapevolmente. Ti ripeto che la parola è Abnorme in questa discussione. Rileggi quello che ho scritto e trovami la benché minima punta di disprezzo per il popolo ebraico. Non c’entra la buona fede è che hai proprio sbagliato termine. Punto, fine.
    D.

  37. Daniele, sorry ma l’antisemitismo è un fenomeno complesso quello che descrivi tu ne è una componente ma non lo esaurisce. Poiché me ne occupo da una ventina d’anni come storica so quel che dico. Non credo sia questa la sede adatta – decisamente siamo off topic – e mi scuso con Loredana. Non sono un distributore di patenti tuttavia, nel campo specifico, mi fido più dei miei strumenti che dei tuoi. Poi ciascuno resta della propria opinione e tante care cose.

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