Preparatevi, perchè in questo breve post andrò a ingrossare la schiera di chi è molto preoccupato per il nuovo governo. Liberi di dirmi “ma stavamo peggio prima”, di accusarmi di mugugno e disfattismo, e anche di populismo, se piace, ma prima leggete.
Dunque, quel che si sa è che la riforma del lavoro cui il premier Monti ha fatto cenno nel discorso di ieri, si basa sulla proposta di Pietro Ichino. Flex security. La stessa proposta che lo scorso 12 novembre, sul Riformista, un dalemiano più dalemiano di D’Alema come Matteo Orfini aveva bollato così:
“… per quanto riguarda la proposta di riforma del mercato del lavoro proposta da Pietro Ichino, non è certo quella la soluzione. La proposta di Ichino sarebbe un atto di violenza contro il welfare. Nominare Ichino ministro sarebbe, per il Pd, una vera e propria provocazione che avrebbe un solo, unico, fine: far saltare il governo Monti. Le posizioni di Ichino sono largamente minoritarie nel Pd. Il governo Monti deve avere il profilo di personalità autorevoli e di garanzia, non certo di pasdaran”.
Cosa prevede la riforma del lavoro delineata da Ichino? Due tipi di contratto, detto in sintesi: i vecchi restano tutelati dall’articolo 18, i nuovi assunti no. Se volete, c’è il podcast dell’intervista di ieri a Fahrenheit.
qui
Qual è il personale timore? Che invece di riconoscere come tutela e diritto quanto sancito negli anni Settanta (che a parere di autorevolissimi giuristi – Stefano Rodotà, per dire – vengono ritenuti il decennio in cui la Costituzione trova la massima attuazione) si intenda sbarazzarsene come di un ingombro. Lo affermò, in un celebre intervento, Giulio Tremonti. Ma anche nel libro di Ichino si trova la stessa affermazione a proposito dell’eredità sessantottina.
Non sono un’economista, certo. Dunque mi permetterete di esemplificare visivamente la sensazione che ricevo in questi giorni da letture, visioni, ascolti. Non il “try and go” di cui parla Ichino. Bensì, “eat and go”. Non sto parlando di caste voraci, ma di adesione a un modello economico che si è dimostrato fallimentare. Vogliamo chiamarlo – l’intuizione è del mio geniale consorte – modello Pac-Man?
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Ps. Ammetto lo sconforto anche per la lettura dell’articolo odierno di Natalia Aspesi. A proposito di quanto detto nel post di ieri. Copio e incollo l’articolo medesimo.
“Non ragazze ma signore. In età non da show girl ma adatta alle competenze di ministro. Tailleur un po´ squadrati possibilmente con pantaloni comodi. Bei tacchi solidi e non a spillo. Pure nonne, e alle spalle decenni di studio, lavoro, impegno, carriera, successo professionale. A parte guidare tre ministeri essenziali, dovranno con la loro presenza e il loro lavoro rassicurare le altre donne, ormai prostrate dall´idea che se sei femmina la vita finisce a trent´anni, che studiare non serve, che se hai una figlia carina devi consigliarle la professione di escort, che se non passi dalla tivù non sei nessuno, che solo il chirurgo plastico ti rende uguale a tutte e quindi appetibile, che fare il ministro dipende dalle belle gambe, dal letto di qualche potente, da una cascata di capelli rossi o dalla capacità vanesia di rimbeccare con sarcasmo nei talkshow anche mitissimi interlocutori. Forse dovrà passare un po´ di tempo prima che ci si abitui a queste signore normalissime e potenti, sconosciute e autorevoli, e che magari, come ministri tecnici della crisi ci faranno soffrire, forse sorridendo e forse no. Però: il nuovo ministro dell´Interno, signora Anna Maria Cancellieri potrebbe essere più severa, se non altro per la lunga carriera prefettizia, del suo predecessore Maroni, che pure, nell´affanno generale dei tempi bui, pareva tra i suoi colleghi il più volonteroso; il nuovo ministro della Giustizia, signora Paola Severino, prende solo adesso il posto che le era stato offerto quando Alfano fu promosso segretario del Pdl, poi occupato da Nitto Palma come un´ombra, di cui infatti è impossibile ricordare la faccia; il nuovo ministro del Lavoro, politiche sociali e pari opportunità, la signora Elsa Fornero, sostituisce da sola due ministri, uno fin troppo bello e giovane, Mara Carfagna, l´altro forse fin troppo malinconico e pio, Sacconi; anche se pure nel nuovo governo da questo lato non si scherza. Tutte e tre le signore sono ultrasessantenni, essendo comunque l´età media dei componenti di questo governo 63 anni, dieci in più del precedente E comunque signore di aspetto giovanile pur senza civetterie, inutili nel loro mestiere, che sollievo! Più vicine come aspetto, abbigliamento, sorriso, determinazione e autorità, ad Angela Merkel piuttosto che alla più scomposta e apparentemente neghittosa Brambilla, passata sui banchi di governo vistosamente ma anche inutilmente.
Ci si stava abituando, purtroppo, tra le tante malinconie o rabbie vissute negli anni passati e si spera irripetibili, che governare per una donna voleva dire esibirsi in televisione, spalancare gli occhioni sul nulla della propria insipienza e spesso arroganza, e soprattutto ubbidire al capo, in eterna adorazione e in quella totale sudditanza che viene considerata ovvia virtù femminile. D´altra parte solo la benevolenza del capo, nata dal disprezzo per le donne, le aveva fatte assurgere alle poltrone di governo dal nulla, seguito da un corso accelerato di politica della durata di tre giorni. Venivano premiate soprattutto perché carine e si sa che l´ex premier tali vuole le donne, anche fuori dal boudoir.
Del resto, le signore e signorine ministro non si potevano definire più incompetenti della maggior parte dei maschi, oltretutto quasi sempre bruttissimi, scivolati sulle loro poltrone per meriti modesti e talvolta inconfessabili. Non si riesce a immaginare che le nuove tre ministre di massima autorità, non sappiano se necessario tenere testa al presidente del Consiglio Monti, non tanto disubbidendo quanto convincendolo delle loro ragioni. Certo sarà un duro esercizio per noi, ridotti anche senza volerlo ad audience, rinunciare alle grazie televisive, qualsiasi castronata dicessero, delle nostre molte precedenti ministre e sottosegretarie, anche le più birichine (Meloni, ministro piccino alle Politiche giovanili), le più rovinose (Gelmini, ministro presuntuoso all´Istruzione), le più antipatiche (Bernini, ministro scocciato alle Politiche europee), le più lacrimose (Prestigiacomo ministro frustrato dell´Ambiente), le più fotogeniche (Carfagna ministro inascoltato delle Pari opportunità), le più noiose (Brambilla ministro non raffinato al Turismo), la più terrorizzante (Santanchè sottosegretario di cattivo carattere, all´Attuazione del programma).
Cosa ci ricorderemo di queste signore, viste e riviste migliaia di volte, in quella che è stata la lunga drammatica fiction di questi nostri drammatici anni? Forse i tanti servizi fotografici pubblicati da Chi, che togliendo quel decoro che se non loro, almeno la loro carica esigeva, le hanno mostrate come qualsiasi divetta, avvinte nell´ombra della notte a fidanzanti o sconosciuti, oppure intente a qualsiasi cosa (cucina, abito da sposa, gioco con cani, battesimi, accanto alla zia suora, alla partita) purché non fosse la loro carica. Quando il settimanale mondadoriano avrà finito la serie di servizi sulle nuove ministre donne, riprese, loro consentendo, in quanto amorevoli nonnine (oppure intente a picchiare selvaggiamente i nipotini, se al tuttora padrone facesse piacere per suo cattivo umore, renderle odiose alle lettrici di cuore tenero), di chi mai, in politica, potrà parlare? Forse delle ministre giubilate ma sempre vigili e pronte, mentre si fidanzano, si sposano, fanno figli, preparano la tavola di Natale, fanno regali agli orfanelli afgani.”
Giusto per amor di precisione, l’argomento per cui la precarietà sarebbe necessaria per aumentare l’occupazione è stato già smontato nel 2007 da Brancaccio: http://www.vivicentro.org/archivio/il-prof-invoca-i-dati-bene-eccoli-vt3842.html
@Alessandro Ansuini
Per quel che vale io sono completamente d’accordo con lei. Ha ragione anche sul ghigno, che c’è. Il punto è che preferisco sembrare cinico che tonto. È vano dire che a me piace il bridge se quel che ci è dato di giocare è il poker. Se ci è permesso cambiare gioco lo faccio, altrimenti è bene imparare al meglio le sue regole se non vogliamo perdere.
La mia critica è alla Sinistra e ai sindacati, ma anche agli intellettuali, che non hanno saputo che ripetere come un mantra la centralità dei diritti e sono invecchiati con loro. Hanno abdicato ad assumersi la responsabilità di elaborare nuovi modi di garantire quei diritti mentre il mondo attorno cambiava. Tra chi si diceva comunista qualcuno ha avuto paura di avere torto e si è spretato, qualcun’altro ha continuato a leggere materialismo ed empiriocriticismo, ritenendo che bastasse quello per la propria purezza. Gli altri sono finiti ai margini. Per non dire di tutti coloro che si sono illusi che lo strumento democratico potesse emancipare le loro istanze in modo pacifico e non violento, in totale amnesia della Storia.
Che le devo dire? Che è questa la fine che si paga quando l’intelligenza rifiuta di elaborare e proporre cose sensate e si limita pià o meno nostalgicamente a gridare la sua indignazione?
Non si vincono le guerre da assediati.
“I lavoratori americani non avevano i soldi per pagare i mutui…”
Paolo, suvvia, non fantastichiamo.
Non si è deteriorata la condizione dei mutuatari, si sono piuttosto abbassati gli standard dell’ accesso ai mutui (finché la bolla nell’ edilizia…). Dentro tutti, morti di fame compresi. Operazione consapevole (e oltretutto caldeggiata dalla politica).
Per farsene un’ idea si cominci leggendo le mail scambiate tra dirigenti del ministero e dirigenti di Fannie mae.
Per tornare al punto. La cultura di un paese purtroppo conta; ovvero, il problema non è tanto se schierarsi con Ichino (Pietro). Il punto deprimente è piuttosto che viviamo in un paese dove Ichino gira con la scorta. E all’ estero, purtroppo, lo sanno:
Un abbassamento (caldeggiato dalla politica) degli standard di accesso ai mutui, ha concesso Gli standard per accordare mutui si erano semplicemente abbassati, leggiti solo le mail tra i dirigenti di fannie mac per avere un’ idea. I prenditori
Bronco, hai ragione solo perchè ho condensato due passaggi. Esplicito: prima è stato compresso il potere d’acquisto dei lavoratori americani (desindacalizzazione, delocalizzazione, contratti a-la-Marchionne…), poi per sostenere i consumi s’è fatta la politica del mutuo facile.
Il concetto è abbastanza elementare: puoi parlare di export leading quanto vuoi, ma se i lavoratori del tuo paese non hanno reddito per sostenere la tua produzione prima o poi ti avviti nella recessione, sia che tu riesca a campare con una belle epoque finanziaria di 30 anni come gli Stati Uniti sia che i tuoi trucchetti durino poco più d’un decennio come la Grecia.
Grazie della risposta. Nelle ultime due righe mi pare di intuire il suo sentimento riguardo alla cosa. Sono convinto anche io che non si possano cambiare le cose, purtroppo, cercando di rivendicare diritti educatamente. Non dico che sia necessaria la violenza, ma sarebbe necessario sapere esattamente cosa si vuole, utopistico o meno, e perseguirlo con ogni mezzo. Sta fresca la gazzella a convincere il leone che potrebbero vivere tutti serenamente nella savana.