TUTTO RESTA DA DIRE

Cosa dici, quando la storia è sempre la stessa, come commenti, come intervieni, quali parole speri di trovare? C’è una coppia e poi non c’è più, e c’è la parte maschile di quella coppia che non si rassegna, che implora e poi minaccia, che segue la ex compagna come un’ombra, e la picchia quando può, e promette morte,  infine quella morte arriva, perché i tempi delle denunce son quelli che sono.
Cosa dici? Le parole che vengono ripetute da anni? La scuola e l’educazione all’affettività, al genere e, sì, all’abbandono, e poi le storie che sono attorno a te da quando sei una bambina o un bambino, e l’incapacità di accettare le sconfitte, piccole e grandi, e i centri che sono pochi, per lei e per lui, e i percorsi burocratici delle denunce per violenza e minacce che andrebbero sveltiti, e la solita, solita, solita storia che puoi ripetere, ma certo, ma rimbalza contro pareti di gomma, e anzi adesso è persino utile per tuffarcisi dentro e finire, vedi mai, su Giallo, o sull’Huffington Post se ti va bene, o vendere una mutanda in più.
Cosa dici? Cosa diciamo, quando tutto è stato detto? “Niente è più triste che vedere la storia ripetersi, anche quando si tratta della storia di una distruzione”, scriveva Todorov ne La conquista dell’America. Bisogna continuare a parlare, certo, e certamente non è così vero che tutto sia stato detto. Eppure ci sono momenti di sconforto, come questo, quando pensi che le parole non bastino, non più. Nulla è sicuro, ma scrivi. Sì, certo.
Ma ho bisogno di azioni.

13 pensieri su “TUTTO RESTA DA DIRE

  1. Sarà veramente detto tutto quando tutto sarà fatto affinché non accada, mai più. Quando una società è giusta e forte e le donne hanno le stesse opportunità di lavoro e felicità e saranno loro stesse parte attiva e consapevole della felicità e delle possibilità di tutti, allora le parole saranno finite. Ora tocca moltiplicare gli sforzi, le proposte, la corretta informazione, creare uno spessore forte di cultura e di intelligenza che sia protezione e nutrimento. La società futura non avrà parole, ma ora tutto è ancora in cammino….

  2. Si,c’è ancora molto da dire, ma il timore è per il non detto e per la paura di dire. C’è chi vuole ascoltare? Temo molto l’abitudine al silenzio dinanzi ai soprusi di ogni genere… Questi silenzio cova sotto le sue ceneri e genera violenze sempre maggiori, eppure, a volte, ci si può davvero sentire senza parole, neanche quelle scritte, e vorresti stringenti a quelli che possono capire e condividere dolori che hai conosciuto da vicino, da troppo vicino per restare indifferente… Ti guardi attorno e vedi il silenzio… Non sono solo le vittime a dover lo fare, ma tutti, donne e uomini di qualsiasi cultura, fede, identità, età per squassare questo vuoto e riempire il disagio e la solitudine. Avrei molto da dire, ma non ora… Non posso.

  3. Segnalo quello che dice in proposito Alessandra Kustermann, fondatrice del pronto soccorso per la violenza sessuale e domestica della Mangiagalli di Milano, perché mi sembra un atteggiamento molto concreto e al tempo stesso di ampio respiro. Si va dal corso per gli agenti delle volanti di Milaano (i primi add arrivare se c’è una chiamata per percosse ecc.) per sensibilizzarli e istruirli, in modo che sappiano identificare e gestire la violenza domestica; al ribadire la necessità che sia il picchiatore e non la vittima a venire allontanata da casa, e reso incapace di nuocere. E, molto importante, viene ribadito che la repressione da sola non risolve il problema, ed è necessario affiancare alla detenzione “un trattamento che tenda a modificare il loro punto di vista, che insegni loro l’empatia, la tolleranza per la frustrazione, la capacità di tenere sotto controllo l’ira”.
    http://www.repubblica.it/cronaca/2013/07/28/news/corsi_per_agenti_casi_maltrattamenti-63893535/?ref=HRER1-1

  4. Nel Regno Unito fanno corsi anche ai fabbri e ai tassisti, Patricia Scotland, che in qualità di Guardasigilli i femminicidi e la violenza domestica è riuscita a ridurli e affrontarli, ha detto che senza questo tipo di formazione non si può più prendere una licenza. Anche queste figure, spesso, sono le prime persone a incontrare una vittima di violenza che scappa, o che si difende cambiando la serratura. La chiave di volta non è la repressione, soprattutto non da sola. L’approccio che ha funzionato è un approccio olistico, e non solo: è un approccio molto pragmatico e ben organizzato. Chi riconosce una violenza sa come comprenderne la gravità e sa soprattutto quale rete attivare immediatamente. Ci sono figure, gli independent domestic violence advisors, formate appositamente, figure che coordinano tutte le altre necessarie per estirpare la violenza di genere. Le ricette che funzionano esistono e sono state presentate anche qui da noi. Ora dobbiamo esigere che la volontà di applicarle non venga ostacolata da chi invece dovrebbe favorirne in ogni modo l’applicazione, la classe politica che dovrebbe semplicemente fare bene il proprio lavoro, svolgere il proprio servizio, perchè la politica è servizio.
    Quanto alla pubblicità della Yamamay, ho pensato proprio le cose scritte da Annamaria Testa ieri, vedendo il paginone su Repubblica. Non farà gli stessi danni di una testata ignobile come Giallo, ma credo che entrambe rappresentino l’aspetto culturale che deve cambiare, e in fretta, come parte di un progetto vasto ed efficace. Se dicessi che sono ottimista, però, purtroppo, mentirei. Diciamo che sono testarda e non mi arrendo.

  5. Cara Loredana,
    Scusa se la prendo lontana.
    Il tuo è il “destino” di chi si trova a combattere contro nemici più potenti di lui. Non esiste qualcuno, né in solitario né in gruppo, che possa partire dall’inizio e giungere sino alla fine.
    L’unica gara possibile è la staffetta. Una gara terribile perché se – nella migliore delle ipotesi – conosci la strada da cui vieni, nulla sai di quella che attende te e gli altri tedofori. Il che apporta ulteriore frustrazione. Il traguardo sembra un miraggio, e costantemente ci alita sul collo la sensazione che tutto possa franare da un momento all’altro e farci ripiombare indietro.
    Ma devi essere orgogliosa di quanto hai compiuto. Anche se siamo ben lungi dalla meta. Questo blog e le persone che ci orbitano hanno spostato la fiaccola di molto e continuano a farlo. Non è sufficiente? Forse, anzi senz’altro. Ma le tue parole sono state illuminanti per molti, un punto costante di riferimento. E le parole, come ben sai, possono avere una forza inimmaginabile. “Possiamo solo scegliere cosa fare col tempo che ci viene concesso”, diceva Gandalf. E tu, dal mio modesto punto di vista, hai fatto e continui a realizzare moltissimo.
    *
    Siamo in un paese dove lo sconforto si è miscelato con l’ossigeno che respiriamo. Questo è fuor di dubbio.
    Però vorrei che la gratitudine di quanti ti seguono e la loro stima possano ogni tanto accompagnarti, come la risata di un fortunadrago.
    *
    E anche queste son soltanto parole, e pure io mi chiedo cosa stia facendo di concreto per aiutare questa staffetta. Al momento, comunque, mi conforta sapere che almeno mi stia ponendo la questione.

  6. Ekerot, grazie. L’idea della staffetta è bellissima, e spero che vada avanti. Al momento, credo di essere piuttosto scoraggiata, o semplicemente incerta e timorosa nel vedere che quelle che si delineano sono divisioni interne radicali, che ti chiedono di stare da una parte o dall’altra, senza sconti, mentre l’unica cosa che vorrei non è schierarmi di qua o di là, ma guardare avanti. Forse è tempo che il testimone venga raccolto, dal punto di vista dell’attivismo. Magari, come fece Gandalf, è tempo di salire sulle navi, sapendo che il lavoro continua 🙂

  7. Vedi che sei persona saggia e paziente!
    Io quando qualcuno mi dice “O sei con me o sei contro di me” sento pressoché sempre il necessario bisogno di mandare a Mordor l’interlocutore…

  8. Perché tu sai dove si trova Mordor. Io non ne sono più sicura 🙂 Comunque. A fine settembre uscirà ancora un mio saggio. Non sui femminismi, stavolta, ma sui marchi, la rete, gli ego. Sarà l’ultimo per un bel po’. La nave attende 🙂

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