Come cominciare novembre con felicità, commozione e riconoscenza: leggendo i due splendidi articoli apparsi questa mattina su La Repubblica e La Stampa. Ovvero, la bellissima recensione di Concita De Gregorio e la duplice intervista (e non solo) a Elena Gianini Belotti e alla vostra eccetera firmata da Giovanna Zucconi. Per ora, grazie, grazie, grazie.
Aggiornamento: e se volete discutere del libro, questo è il post giusto. Siate i benvenuti.
Secondo aggiornamento: l’articolo di Giovanna Zucconi è qui.
Ulteriore aggiornamento: la recensione di Concita De Gregorio, a seguire:
Loredana Lipperini ha ragione. Si è messo in moto un meccanismo contagioso, un´epidemia che rischia di infettarci senza che ce ne accorgiamo, forse ci siamo ammalate già. Per cominciare a scrivere di lei, del suo prezioso libro, per esempio, siamo qui da ore a cancellare e riprovare, cerchiamo una seduzione iniziale che invogli a leggere le prossime righe, una sorta di giustificazione, un trucco: no, non abbiate paura, non si parla di femminismo né solo di donne, per carità, restate pure non girate pagina vedrete che vi faremo anche divertire, ci sono le Winx, c´è Maria De Filippi, Britney Spears, ci sono i segreti del sesso orale, restate.
«Parlare – ancora! – di subordinazione femminile sembra un lamento fuori del tempo, il ritorno a vecchie e non guarite ossessioni. Qualcosa di patetico, di disturbante, di pietosamente passato di moda». Ecco, sì. Bisogna scusarsene un po´, dissimulare: il “clima esterno” è questo, si sente e si sa. Quanto ce n´è bisogno, invece. Quanto è importante questo libro, per tutti: uomini e donne, certo. Con che sollievo, con che stordimento felice si emerge da questa valanga precisissima e varia di informazioni, dati, analogie, assonanze, corti circuiti fra noto e remoto, rivelazioni intuizioni e ricordi. Era tutto lì, bastava metterlo in fila: riordinarlo, rilegarlo come i compiti che le brave bambine, sì, proprio loro, sanno fare a scuola.
Ancora dalla parte delle bambine (Feltrinelli, pagg. 288, euro 16), così s´intitola proprio come fosse il seguito di quel lavoro fondamentale di Elena Gianini Belotti (sono passati trent´anni) e difatti lo è. E´ la prosecuzione ideale di un´indagine a lungo interrotta: Gianini Belotti firma qui una prefazione severa e appassionata, un vero «passaggio di testimone», come scrive. Seguono quasi trecento pagine su che cosa sia stata negli ultimi decenni l´educazione sentimentale (non solo, certo) di fanciulle e fanciulli. Come sia potuto succedere che «le ragazze che volevano diventare presidenti degli Stati Uniti abbiano partorito figlie che sognano di sculettare seminude al fianco di un rapper».
Ecco, appunto, come è successo? Possibile che si assista all´improvviso – quasi fossero fuochi che si accendono a caso, in ordine sparso e senza una miccia – alle ondate di allarme per la pedofilia e il bullismo nelle scuole, l´ossessione per l´estetica, le aspirazioni da velina da ballerina di lap dance, le gang di ragazze cattive, i maschi prima violenti poi bamboccioni, l´anoressia che uccide, la violenza sessuale sempre più precoce e videofilmata, l´impennata di omicidi, «le donne ammazzate dagli uomini sono più di cento ogni anno. Per non parlare degli stupri quotidiani – scrive Gianini Belotti – un massacro che continua nell´indifferenza generale: se accadesse il contrario, se cento uomini venissero uccisi ogni anno dalle donne ci sarebbero furibonde interrogazioni parlamentari e misure di sicurezza eccezionali compreso il coprifuoco».
Non è un caso, no. Tutto si tiene in questo racconto che comincia là dove c´erano ragazze che volevano diventare presidenti e finisce qui dove le bambine mettono a sei anni il lucidalabbra per essere «perfette per lui». E´ una storia sola, rileggerla adesso è come mettere gli occhiali e scoprire di aver vissuto semiciechi.
Il ritorno al passato è cominciato negli anni Novanta ed è accaduto poco a poco, sembrava una scemenza al principio, l´abbiamo sottovalutata. Poi abbiamo giocato a fare gli intellettuali che scherzavano col trash, infine siamo arrivati qui che è troppo tardi, adesso. Re-genderization. Ritorno ai generi. «Nella produzione e diffusione di giocattoli, di programmi televisivi, di libri film e cartoni». Un ritorno alla cultura della differenza e della subordinazione femminile che è passata omeopaticamente dai prodotti per l´infanzia, quelli a partire dai quali si forma la cultura popolare. Non è stata la tecnologia, dice Lipperini: è un´illusione pensare che la colpa sia dei mezzi, della televisione e di internet, della pubblicità.
La pubblicità, come Anna Maria Testa spiega nel libro molto bene, segue di un passo la realtà non la anticipa mai: studia i gusti e li asseconda, deve vendere e per vendere deve andare sul sicuro, non rischia. La televisione (dall´avvento della televisione commerciale, dal suo dominio incontrastato capace di rendere uguale a sé la tv pubblica) è ugualmente un mezzo che adatta il prodotto alla domande dell´utenza: cosa piace? diamo quello. Dunque non ha imposto un modello, lo ha assecondato e radicato. Sul Web si è diffuso, scomposto e ricomposto, frammentato: c´era però, c´era già prima. Dunque chi ha decretato quindici anni fa il ritorno ai generi? Chi ha deciso che i film di Walt Disney fino a quel momento solo «per bambini» diventassero per maschi o per femmine, che nascessero le riviste dedicate a Minnie, che le più grandi case editrici varassero letteratura per ragazze, poi adolescenti sempre più precoci, infine per bambine.
Dalla carta, dice Lipperini: la prima ondata è venuta dalla carta. Il viaggio a ritroso è lungo e appassionante, convincente. Si incontrano dapprincipio giovani donne (quelle che volevano fare le ricercatrici biomolecolari e le astronaute? forse, sì anche quelle) che alla prima gravidanza si imbattono nella grande madre Prenatal, un´Ikea della maternità che insegna anche a cullare il bambino con la musica giusta. Si passa per le scuole dove le madri si coalizzano contro le insegnanti che puniscono troppo severamente i loro figli. Si sfogliano giornaletti dove sono assegnate a maschi e femmine, dandole per scontate, aspettative sogni e destini diversi: per le femmine la bellezza, per i maschi l´avventura. Si arriva ai Gormiti e alle Bratz. Per i maschi mostri superpotenti, per le femmine bambole con superlabbra al silicone. I manga. I siti Ana dove le ragazze anoressiche cercano «la perfezione»: entrare nella taglia 0-6 anni. Poi l´adolescenza precoce, la biancheria intima per bambine, la linea di reggiseni che regala il libro di Martina Stella su come fare lo streap tease per lui e stirargli una camicia.
Sara Tommasi, velina laureata alla Bocconi, fa marketing col suo corpo e posa per il calendario d´obbligo. «Mia madre dice che gli sembra che mi sia solo fatta togliere le mutande da tutta Italia ma non è così». La madre, appunto. Cosa sia successo nell´arco di vent´anni, dalle madri alle figlie, questo è il racconto. Si capisce benissimo come sia accaduto. Si intuisce persino, ripensando gli anni Novanta, perché. La competizione, probabilmente. La paura del confronto e dell´incontro. Sembrava di essere così vicini al traguardo e invece ecco: dalla parte delle bambine, da capo.
Ciao Loredana.
Ho appena iniziato a leggere il tuo libro su consiglio della mia prof d’Italiano. Ho 18 anni, studio lingue in un liceo nella periferia di Roma. Appena ho aperto il tuo libro e ho iniziato a leggere quelle parole ho sentito il bisogno di scriverti, perché vi ho letto il mio passato e il mio futuro.
Sai, ho sempre creduto di essere un’aliena in questa società, dove mi sento male vedendo come vengono educati i bambini di oggi. Come vengono indotti a seguire certi modelli di comportamento, assecondandoli.
Io non ci sto.
Io ero una di quelle bambine, anzi, di quelle preadolescenti che ha voluto mostrare il suo corpo senza nemmeno sapere quello che faceva. Ho subito uno stupro a dodici anni, per questo. Penso che sia stata la cosa più significativa della mia vita.
Dopo uno strupro le cose le vedi in maniera diversa.
A prescindere da tutto, vedi le cose dalla parte della ‘vittima’, e ti rendi conto che non è vero che sei povera e indifesa, come dicono i tg e i giornali.
Hai l’arma dell’esperienza più brutta del mondo che ti insegna e ti fa capire che la società così com’è non va.
Perché è un brutto circolo vizioso, questa società che condanna lo stupro, ma mostra con morbosa costanza donne nude e mezze nude. Anzi, è morbosa questa società che vuole mostrare tutto per forza.
Sono così felice di essere donna.
Nonostante sia difficile, sono orgogliosa di esserlo.
Purtroppo mi devo arrendere all’evidenza che (vivendo solo con mia madre) non mi aspetta un futuro da brillante avvocatessa, nonostante sia convinta di avere le capacità per intraprendere qualsiasi carriera.
Mio padre infatti ha abbandonato anche me oltre che a mia madre, una volta che lei lo ha lasciato, e per questo io non potrò fare la mantenuta a vita.
Però, qualsiasi cosa farò nella mia vita, non dimenticherò mai chi sono, e quello che mi è successo.
Con affetto,
Serena.
Serena. Grazie. Non riesco a dire altro.
Mi aggiungo anch’io ai commenti e ai complimenti, per quel che puo’ valere la mia singola misera opinione. E’ bello leggere in un libro cosi’ tanti concetti su cui si e’ assolutamente d’accordo, e che non e’ facile ritrovare sui media.
In particolare mi hanno colpito:
– la ri-genderizzazione. Ho una figlia di diciannove anni e ho assistito con angoscia e incredulita’ all’andazzo che proponeva modelli non solo sempre piu’ differenziati per sesso, ma anche con ammiccamenti e sessualizzazione sempre piu’ precoce. I risultati si vedono, purtroppo. Posso affermare, per quel che ho intorno, che dai nati nell”89-90 in poi c’e’ stato un notevole salto in peggio, nell’in-voluzione fortemente voluta dal sistema.
– lo smascheramento dell’ipocrisia. Non ne posso piu’ di moige, sociologi e tuttologi d’accatto tv, che sentenziano puntando il dito su internet, videogiochi, cartoni e film, quando la diseducazione piu’ grossolana e’ in programmi solo apparentemente frivoli e innocui, in realta’ pericolosissimi, che i bambini non dovrebbero guardare e che guardano.
– l’attenzione e la competenza per la cosiddetta sottocultura, particolarmente stimabili da parte di una persona che, come te (spero vada bene il tu, sono in internet dal ’94 e si e’ sempre usato cosi’ 🙂 ) ha evidenti meriti e frequentazioni della cultura alta. E’ da tempo che vado dicendo, sui blog e nei forum che frequento, che la cultura tradizionale e ingessata dovrebbe allearsi con la cultura dei generi (rock, fs, fantasy, fumetti ecc.) che ha una sua importanza e dignita’ ed e’ un humus fertile, specie nel magma di oggi. Allearsi contro il vuoto spinto dell’ignoranza che ci viene quotidianamente propinata. E invece no, e’ ancor pieno di personaggi sussiegosi che non sanno capire e operano distinguo ormai anacronistici, che dividono ancora piu’ in recintini striminziti i baluardi contro il Nulla.
Da appassionata di generi, da una vita, da scrittrice di fs e fantasy lo so bene e mi confronto ogni giorno con queste cose. Per quel che posso, cerco anche di scriverne.
– le speranze, i nuovi modelli ancora in embrione. I tentativi da parte delle femmine di ritagliarsi spazi e idee nuove, pur all’interno di questi nuovi recinti in cui sono costrette. Se il vecchio femminismo non va piu’, inutile andare lancia i resta contro i carri armati. Meglio aggirare l’ostacolo.
Il tuo libro e’ una ventata di aria fresca. Spero tanto che mia figlia lo legga, anche se (nota dolente) non legge mai.
Ma almeno ho cercato di insegnarle a non arrendersi, a non dare alcun concetto per scontato e soprattutto a non dare mai via la sua dignita’, per niente e per nessuno.
Un saluto con tanta stima
Milena
Loredana (oddio, dare del tu a una persona che non conosco!),
il tuo libro è un amarissimo spettacolo!
Ce ne vorrebbero altri mille. Al mese!
La fretta, in questo momento, mi impedisce di scrivere altro, a presto!
Sto rileggendo il libro in questi giorni. La cosa che mi chiedo sempre di più è se non sia un po’ pericoloso rimediare alla drammaticità delle situazioni da lei descritte su media e società riguardo al ritorno della subalternità femminile, con un appiattimento e una scomparsa totale della differenza dei generi. E’ davvero una soluzione al problema rimuovere una diversità per lo meno biologica tra maschi e femmine? Ha davvero senso passare dal neo maschilismo troglodita e fascista a una società di uguali senza distinzioni, in cui probabilmente non avrebbero ragion d’essere nemmeno le diverse tendenze sessuali? Non rischierebbe questo atteggiamento di trasformarsi in un muro contro muro che finirebbe solo per inasprire la virulenza dell'”altra parte”? Inoltre, a me, onestamente, fanno un po’ paura le utopie che parlano di indifferenzazione delle persone. Poi, non so, probabilmente ho frainteso io.
Vorreri inoltre parlarle, senza annoiarla, di quello che è capitato a me. Vivo in una famiglia in cui mio padre è generalmente poco presente fin da quando ero piccolo, e mia madre si è ritrovata quasi sempre sola a gestire sia le faccende domestiche che la crescita mia e di mia sorella. Ora, nel tempo ho imparato a partecipare ai “lavori domestici”, ad aiutare mia madre e mia sorella in tutto spartendo equamente i compiti (ma anche non equamente, adesso le spiego perché). Non mi sono mai fatto dire che io dovevo aiutare perché non è giusto che gli uomini stiano in poltrona e le donne in cucina, mia madre se è per questo nemmeno me l’ha mai chiesto direttamente di aiutarla. Ho solo imparato che se voglio bene a delle persone cerco di non far mai mancare loro la mia presenza e il mio aiuto, in nulla. E siccome non ho mai subito acrimoniosi discorsi post-femministi sulla divisione dei compiti e sulla parità dei ruoli (non perché io sia contro questi valori, ma semplicemente perché li vedo come naturali), non me ne può fregare di meno se ci rimetto o no in tale divisione. So solo che voglio bene e che sono ricambiato, e che se così è, la fatica per me non esiste. E in questo non mi sento di certo né di rinunciare alla mia virilità, né di percepire una donna come… una donna, e non come un semplice “individuo”.
Cioè, finita l’agiografia di San Daxman Martire, e forse proponendo un’altra utopia velleitaria, non basterebbe imparare tutti quanti a capire che noi, uomini e donne, abbiamo un bisogno irrinunciabile gli uni degli altri? Che il segreto non è soltanto mettere per iscritto un trattato di non belligeranza in cui porre sul tavolo le condizioni di pace, ma semplicemente imparare a rispettarci e, parolone, amarci davvero? Non voglio sembrare melenso o retorico, e so benissimo che al resto della società e al potere pluto-geronto-fallocratico televisivo non glie ne po’ fregà de meno de ste cose, e che verso di loro serve in effetti il pugno duro. Però non ci si può nemmeno trasformare nell’estremo uguale e contrario. Almeno IMHO.
P.S.: nel capitolo finale non ho davvero capito l’apologia degli yaoi, che altro non sono che la versione “for women only” delle fantasie lesbo tanto care all’immaginario neo maschilista. In tutti e due c’è sia l’ammirazione della bellezza dei corpi, sia il mancato legame con la rappresentazione dell’omosessualità (le donne che “si toccano”, nell’erotismo neo maschilista, non sono davvero lesbiche).
Segnalo la puntata di ieri della trasmissione di Corrado Augias:ospite L. Gruber. Si parla (dopo un incipit di pochi minuti dedicato ad altro:un commento su alcune dichiarazioni fatte dall’ex presidente Bush) di stereotipi di genere e nuovamente delle desolanti cifre statistiche relative a certe situazioni al femminile. Sottotitolo della puntata:*Le donne rimangono nel nostro Paese la maggiore risorsa non sfruttata*.
La trovate qui, è un intervento breve:
http://www.rai.tv/mpplaymedia/0,,RaiTre-Lestorie%5E17%5E157435,00.html
Carissimi tutti,
avrei da scrivere a mia volta un libro su quanto mi appassiona l’ingiustissima discriminazione di genere ma ve lo risparmierò. Vi segnalo invece che essa strisciante si insinua anche nella scienza o presunta tale: come in un articolo pubblicato su Internazionale del 5 dicembre (“Il potere delle lacrime”), rispetto al quale ho pure spedito un commento alla succitata rivista, in cui il giornalista suppone che sia la prolattina la causa per cui le donne piangono così tanto di più rispetto agli uomini e non un (triste) fatto culturale, a causa del quale maschi e femmine vengono spesso educati diversamente.
Ma è solo uno dei tanti.
Vigilate gente!
Cara Loredana
ho proposto la lettura del tuo testo alle mie allieve e ai miei allievi a scuola (liceo pedagogico a Milano). Piace sia alle une che agli altri. Vi ci ritrovano il loro vissuto con linguaggi ed un ritmo argomentativo che a è a loro vicino.
Come avevo supposto è anche un buon strumento di lavoro.
saluti Francesca
Loredana la volevo ringraziare!Domani mattina sosterrò un’esame universitario (teorie e modelli eucativi delle differenze di genere) argomentando in suo libro e quello di Gianini Belotti, penso sia un modo di sudiare utile poichè tratto argomenti attuali e d’interesse, intelligenti. Sento di non sprecare del tempo e di non averlo fatto leggendo questi libri cosi appassionanti e di denuncia di un percorso sociale terribile, spero che grazie a lei molte persone aprano gli occhi e che si incominci a muoversi davvero contro questo dilagare di re-genderization che obbliga alla divisione dei sessi e sottomissione di quello femminile.vorrei poter avere dei figli liberi di crescere a loro piacimento e senza la paura che la loro personalità originale venga sottomessa dai modelli quotodianamente proposti (il tempo dovrebbe bastare per un lieve cambiamento visto che ho solo 20 anni!!)
grazie ancora per averci dato un libro saggio e estremamente utile.
Martine
Cara Loredana,
volevo segnalare a te e a tutte le lettrici del tuo blog il “buongiorno” di Massimo Gramellini di oggi:
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/hrubrica.asp?ID_blog=41
L’episodio mi ha gelato, anche perché sono freschissima di lettura di “Dalla parte delle bambine” (che, nonostante le citazioni contenute nel tuo libro, non immaginavo potesse essere così terribilmente contemporaneo).
Anna
cara Loredana, vorrei ringraziarti sentitamente per il tuo libro che è stato fondamentale per sviluppare la mia tesi di laurea in scienze della comunicazione dal titolo “condizionamenti sociali e costruzione dell’identità di genere”.
devo dirti che è stata dura far accettare l’argomento della mia tesi alla professoressa che mi ha seguito, tanto che durante la seduta ha cercato di mettermi in difficoltà dcendo che “queste cose” ormai non esistono più. per fortuna ho saputo tenerle testa facendole capire che è proprio per gente com lei che “queste cose” esistono ancora. ho rischiato,ma alla fine il 110 che meritavo l’ho ottenuto ugualmente!
grazie per avermi aperto ancora la mente così com seppe fare Elena Gianini Belotti.
un abbraccio.
Pamela. Bari.
Buona sera a tutti, anche a lei Loredana.
Mi chiamo Maddalena, ho 29 anni e già la conoscevo grazie ad un suo lavoro sul Don giovanni che ho utilizzato per la mia tesi di laurea…ho scovato per caso il suo libro in biblioteca lo scorso sabato…ho riconosciuto il suo cognome, ho letto di che si trattava e mi sono detta “perchè no?” e sono molto contenta dia verlo fatto.
Leggo ed associo i dati istat a ciò che conosco, a volti di donne a me vicini, osservo le ragazze della generazione successiva alla mia e le giovani donne della mia età…noto le bambine, sempre più dive, sempre più perfette…Accendo la tv e mi accorgo che in mezzo a strass, minigonne e spazzatura varia c’è anche quello di cui la gente sui treni discuterà il mattino successivo di “quella al gf che si è fatta operare e adesso ha la sesta di seno”…poi penso alle donne come mia madre, quelle delle generazioni precedenti, le compagne discrete e silenziose di uomini che le hanno lasciate sempre lì tra un piatto di spaghetti e pannolini convincendole che stavano costruendo costruendo qlcs di meraviglioso: una famiglia. Mi accorgo di tutto questo, una volta ancora e mi rattristo, penso alla protagonista de “la metà di niente” e mi chiedo a qnt toccherà restare come lei…con in mano un pugno di sabbia. Mi chiedo qnd le donne, la maggior parte di loro almeno, smetterà di considerarsi il prolungamento della vita di un uomo, ma un inidivuo. Grazie Loredana.
Buona serata
Tratto da due pubblicità ascoltate questa mattina alla radio:
“Niente è più sexy dell’intelligenza”
“Com’è oggi la donna ideale?
Cucina come una mamma. Scherza come un amico. Cammina come una modella e non ha mai mal di testa”
Il libro è un ottimo strumento di lavoro e di lettura della vita quotidiana. Un grazie sincero, Paola
Beh che dire il libro l’ho comprato ieri e me lo sto divorando, con questo voglio dire quanto mi ha preso. Ho dato un esame all’Università dove tra i testi c’era “Dalla parte delle bambine”, cercando sulla rete qualche informazione, mi sono imbattuta in questo libro “ANCORA DALLA PARTE DELLE BAMBINE” ed è nata la curiosità nel confrontare ieri e oggi.cosa è cambiato?! Che tristezza fa vedere quello che si pensa e si vede con i nostri occhi scritto nero su bianco (e in grassetto), che senso di inadeguatezza fa chiedersi cosa posso fare io, da singolo per cambiare tutto questo? Ho 21 anni, e studio scienze dell’infanzia, come posso un domani in un Asilo Nido, educare i bambini affinchè non crescano con questi stereotipi?!Come posso agire e sradicare questi luoghi comuni? Ringrazio anticipatamente chi vorrà rispondermi!
Quando un articolo di giornale o un programma (come quelli monitorati da il corpo delle donne) usa come paravento il ponziopilatismo, cosa si può fare?
Cosa rispondere a frasi del tipo “era ironia”, “era tanto per dissacrare”, “ma non volevamo offendere”, “il mondo va così..”?
Avete consigli da darmi?
E’ giusto autocensurasi, autoregolamentarsi, o la libertà di pensiero/scrittura è al di sopra di tutto?
Only diamonds last forever.
Surely not the patience of Dama Lipper.
(mo’ non si capisce che c’entrano le mie parole in Inglese: erano solo la risposta ad uno spam allucinante…)
Strega a parte, segnalo questa bella pagina di Tiziano Scarpa su Stabat Mater (ambientato all’Ospedale della Pietà di Venezia nel XVIII secolo):
“Gli uomini organizzano cerimonie, si ammantano di paramenti luccicanti, fanno tintinnare metalli preziosi, incastonano la gloria delle parole in frasi dolcemente ritmate, riempiono l’aria di fumo profumato e di musica, hanno bisogno di mettere tutto quanto all’esterno, devono buttare fuori, sempre fuori di loro tutto quello che sentono dentro.
A noi ragazze non è permesso esprimere ciò che pullula nel nostro animo. Eppure anche noi siamo intrise di suoni. La Madre di Dio sente che cosa accade dentro di noi. Non ha bisogno che le suoniamo la nostra musica.
Oggi non penso più così, oggi penso che sto soltanto assecondando la legge dell’Ospitale. Il mondo ci vuole silenziose. E se noi pensiamo che la musica risuona comunque dentro il nostro animo, e la consideriamo più vera di quella che si ascolta con le orecchie, nell’aria, all’esterno dei corpi, allora non facciamo che obbedire a chi ci vuole zittire.
Perché non esistono musiciste? Perché le donne non compongono musica? Perché si accontentano di lasciarla risuonare dentro il loro animo, a tormentarle, a corrodere i loro pensieri? Perché non se ne liberano buttandola fuori? Che cosa succederebbe, se il mondo venisse invaso dai suoni che accadono dentro l’animo delle done?”
Ciao Loredana, ho avviato un club su facebook che si rifa al tuo libro e alla tua campagna di sensibilizzazione: ancora dalla parte della bambine. Non possiamo restare indifferenti verso il dilagare di una anticultura. Ognugno di noi deve contribuire 🙂
Ho letto entrambe le edizioni e, come padre di una bimba di 3 anni, sono rimasto annichilito per qualche tempo. Poi soltanto un po’ confuso. Poi ho letto ‘Il paradosso dei sessi’ di Susan Pinker, che consiglio a tutti quelli che vogliono approfondire. Ognuno valuterà e distillerà la propria opinione, in base alle letture e all’esperienza.
Rileggendo “ancora dalla parte delle bambine” mi stavo interrogando sulle figure femminili nei film, telefilm e cartoni. A me piace molto Dark Angel e la protagonista…ma sto interrogandomi su quanto c’è di stereotipo maschilista-mascherato in lei. Mi piacerebbe approfondire, se è possibile.
Max, la protagonista, è indipendente, non si fa pagare il conto dagli uomini, lavora per mantenersi, picchia duro, va in moto…Domanda: il fatto che sia geneticamente “migliorata” vale come i poteri magici delle streghe? In altre parole, anche lei usa i suoi poteri innati e non il cervello?
Il fatto che si prodighi per il prossimo anche a scapito di se stessa, la fa somigliare alla crocerossina degli stereotipi, oppure è solo tanto buona?
Sono davvero interessata alla sua opinione. Grazie
Ho cominciato a leggere il libro e sono rimasta molto coinvolta. Pensavo che un certo problema di mancanza di “assertività” e di “decisione” che affligge molto donne compresa me e diverse mie amichefosse più un fatto individuale, legato sì all’ambiente e all’educazione, ma non così spiegabile in termini di genere. Non avevo mai riflettutto sul fatto che ci “tirano su” così. Continuo la lettura, ma intanto grazie Loredana.
ciao, scusami ti do del tu, è perchè sto leggendo il tuo libro e mi piace tanto come scrivi che mi sembra di conoscerti di persona…. intendo dire, oltre all’interesse per l’argomento, talmente vorace che non riesco a smettere neanche al lavoro, in ufficio, e faccio come a scuola, col libro di fisica sul banco e un romanzo sotto! complimenti davvero e grazie, ne avevamo bisogno. Io sono una delle trentenni che hanno letto “Dalla parte delle bambine” che qualche amica aveva regalato alla loro madre (il libro chissà dov’è finito, ma la dedica ce l’ho ancora in mente “perchè la tua bambina possa crescere libera”, e magari un pochino si è avverata) e che da tempo avvertivano malessere e disagio soprattutto di fronte a tanta tv…. senza riuscire a focalizzare i problemi e finendo per non guardarla più del tutto, come dice ad esempio lorella zanardo nel suo blog… il tuo libro è uno strumento prezioso, proprio come il suo documentario, per tornare a vederla con altri occhi. Oltre che per replicare a chi s’indigna del presunto “silenzio delle donne”… ancora grazie del tuo lavoro e un abbraccio. Silvia
Cara Loredana,
sono entrata in libreria cercando genericamente qualcosa sulla maternità e l’educazione dei figli, e mi sono ritrovata tra le mani “Dalla parte delle bambine” di Elena Gianini Belotti.
L’ho letto tutto d’un fiato pensando che di passi avanti per fortuna se sono fatti in 30 anni.. Se già io e le mie amiche, nate negli anni ’70, abbiamo potuto imparare ad andare in bicicletta, arrampicarci sugli alberi e pattinare.
Eppure sentivo che qualcosa non quadrava… Ma com’è che poi i dirigenti sono tutti uomini? Com’è che le mie figlie di 3 e 5 anni piangono per poter andare a scuola con la gonna e il lucidalabbra? Dov’è il trucco? Dov’è la trappola?
Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a capire il presente.
E una ricerca in internet mi ha portato a te.
Ho ordinato il tuo libro e credendo di scoprire come salvare le mie figlie dal maschilismo, ho scoperto quanto io stessa ne fossi invischiata fino al midollo.
E così oggi sono qui soprattutto per ringraziarti.
Perché mi hai messo davanti senza mezze misure quella che sono: Una di quelle prime della classe, laureata in poco tempo e con il massimo dei voti, che ha fatto il progetto erasmus e viaggiato per mezza europa, piena di ideali e di progetti grandiosi.
Ora ho 35 anni, un impiego part-time, una casetta in campagna e il terzo figlio in arrivo. Felice della mia vita perfetta da mulino bianco.
Finché non mi hai costretto a chiedermi: ma dove sono finite tutte le mie ambizioni?? Sono davvero sicura di aver scelto la vita che faccio, o semplicemente, ad un certo punto, mi sono pacatamente adeguata a ciò che ci si aspettava da me (donna)?
Il colpo è stato duro, ma ha portato i suoi frutti..
Come prima cosa sono andata a chiedere un aumento, stufa di collaborare alla pari con il mio collega diplomato (maschio) che ha in busta paga due livelli in più. Ovviamente non me lo hanno dato, ma io ho ritrovato me stessa, ed è solo l’inizio!
E poi mi hai insegnato a leggere i simboli, in maniera così chiara che ancora mi chiedo come sia potuta essere stata tanto ceca finora!
Ho cominciato a passare il tuo libro in giro e parlarne, con mio marito, i parenti, le amiche..
Ce la faremo a cambiare le cose … e a cambiare noi?
Ho appena finito di leggere il tuo libro. Sono mamma di una bimba di 4 anni al secondo anno della materna …. concordo pienamente con la tua analisi circa l’immagine porno che viene veicolata dai media e della differenze di genere sempre piu’ spiccate.
Ma la domanda alla quale non ho trovato risposta nel tuo libro e’ che fare allora?
Per me il passaggio dal nido (comunale) alla materna (comunale) e’ stato shockante: al nido femmine a maschi (cosi si auto-definiscono) giocavano con gli stessi giochi e l’attrezzo piu ambito era il passeggino mentre alla materna (anche eterogena, ovvero classi miste con eta 3-6 anni) mia figlia di racconta di giochi separati , di colori da maschio (marrone blue nero) di colori da femmina. Ed io non so come e se arginare la cosa. Lo scorso anno ho resistito , anzi in realta’ non avevo proprio capito, le ho comprato la tuta di color rosso e le scarpe da ginnastiche non rosa … poi alla fine mi sono dovuta arrendere visto che nella classe la distinzione di genere era ben radicata e mia figlia finiva per essere l’unica femmina piccola a cui mancavano tutti i gadgets rosa del caso. Quindi prima della lettura del tuo libro mi dicevo che probabilmente assistevo ad un passaggio evolutivo, la coscienza delle differenza tra i sessi mentre sino a meta dello scorso anno scolastico C. mi chiedeva quando le sarebbe nato il pisellino quest’anno le e’ nata un’attrazione enorme per le gonne ed i vestitini da … principessa che va al ballo. Pensa sono anche andata alla ricerca di trucchi per bambine per assecondare questa tendenza.
Anche se mi sono sempre rifiutata di farle vedere e comprare i prodotti tipo Winx-Bratz e simili violenti e svestiti, la televisione e’ spenta e vado avanti a dvd. Ma con i dubbi che mi attanagliavano se non stessi di fatto facendo diventare mia figlia diversa, alla fine ho deciso di comprarle delle Barbie perche’ non sopportavo che mia figlia non ne avesse ed il resto delle bambine della classe e anche al parco si.
Insomma mi ero in parte arresa ma ora dopo la lettura del tuo libro ho capito che bisogna invece controbbattere.
Oggi mi dice giochiamo al dottore? Le rispondo giochiamo alla dottoressa, visto che la tua pediatra e appunto femmina. Lei ha ribadito no giochiamo al dottore. Ieri giocavamo con l’autobus dei littlepeople e aveva messo a guidare un omino, naturalmente un maschio, io ci allora messo una femmina e lei si e’ messa a ridere e ha sottolineato il fatto come se avessi appunto sbagliato ed io li ha ribadire che anche le donne guidano gli autobus.
Ma mi chiedo allora. E a scuola? Quanto le maestre lasciano correre e quanto invece andrebbe corretto?
Penso che prestero ‘ il tuo libro alle maestre e magari gli chiedero’ in prestito , se lo hanno, dalla parte delle bambine che ammetto di non aver letto.
E comunque pur riuscendo ad evitare a livello familiare cio’ che la moda prescrive come si fa ad evitare che le nostre bambine si trasformino nel Mark di About a boy di Nick Hornby? Ricordi la madre? Molto , troppo alternativa ed il figlio mobbizzato e bullizzato?
Care Roberta e Emanuela. Anzitutto, grazie di cuore a voi: non so come altro dirlo, perchè le vostre parole sono la ricompensa più bella per chi scrive.
In secondo luogo: il che fare… parlare. Diffondere. Evitare che i discorsi vengano riassorbiti e resi inutili da altri. Questa è l’unica strada. Un abbraccio a voi.
Rilancio: tutta la mia gratitudine a Loredana per avermi fatto molto pensare (e soffrire). Ma Susan Pinker, nel suo ‘paradosso dei sessi’, propone una interessante analisi. Loredana, che ne pensi?
Cara Loredana,
ho letto il tuo libro l’anno scorso, non appena è uscito. Poi da allora ho sempre seguito il tuo blog. Mi piace molto il tuo modo di scrivere e mi trovo d’accordo quasi sempre con i tuoi ragionamenti. Non ho mai lasciato un commento, ma oggi ho deciso di farlo. E’ da più di un anno che ho letto Ancora dalla parte delle bambine, e inesorabilmente torna nei miei pensieri: sei riuscita a concretizzare una realtà, a spiegare con parole e dati un qualcosa che riuscivo solo ad intuire. Dire che il tuo libro mi ha aperto gli occhi è poco: ora analizzo quello che mi circonda con più critica. Lascio questo commento per ringraziarti, dunque, ma anche per farti una domanda. Nel mio piccolo, come posso far capire a chi mi circonda che è giusto ragionare pensando alle persone, e non a donne vs uomini? Vedo troppo spesso persone che si dicono per la parità, ma poi nei fatti si contraddicono: donne che non vogliono sovvertire l’ordine casalingo, per esempio, o uomini che trattano con sufficienza le loro compagne. Che ne pensi? Che si può fare?
Buongiorno Loredana,
Ho letto il Suo libro, l’ho anche vissuto, nel limite delle esperienze che posso aver accumulato alla mia età, 26.
Le scrivo perchè ho una domanda – che vedo ricorrente – : Lei non ci ha dato alcuna soluzione, o perlomeno io non riesco a trovare nessun dogma, dictat, come fare dedicato alle donne di oggi. Eppure Lei lo ha trovato bene il nocciolo della questione, lo ha lasciato trapelare in più punti l’eco dell’urlo disperato di molte madri/donne/lavoratrici -> persone… Credo che per convincerLe tutte non si possa parlare loro genericamente di buon senso e di ‘cercate di sfruttare il vostro spirito critico’: è una cosa bellissima, tento di usarla ogni giorno, ma non è possibile andarla a spiegare così a tutte queste donne diverse per cultura, storia, istruzione, … è quasi troppo filosofica e sono sicura che la società (femminile, ma non solo!) contemporanea non riesca a comprendere. Come si fa a spiegare il femminismo quando la parola stessa non la si può più usare, è diventata come il comunismo per qualcuno…
Su questo blog leggo persone entusiaste del messaggio del libro, la cosa mi colma di gioia perché vedo che altri sono colpiti dalla portata della riflessione. Ma poi cambio pagina e mi affaccio sul mondo esterno e la desolazione mi assale: voglio parlarne e non sono capace, incontro donne e amiche e colleghe prese a fare altro cui l’argomento semplicemente non interessa. E ho paura, ho paura che come tante idee brillanti e rivoluzionarie anche questa finisca per rimanere relegata nei nuovi salotti intellettuali e non si sparga fra la comune gente che compera i lucidalabbra glitterati.
Perdoni il pessimismo del mio post e sono sicura che Lei capisca il mio senso di frustrazione.
Complimenti e grazie.
Buongiorno Loredana,
recentemente un’amica mi ha regalato il suo libro. L’ho letteralmente divorato. Io ho un figlio di tre anni ed una figlia di cinque mesi e sto facendo di tutto per crescerli come “persone” e non solo come “maschio” e “femmina”. Certo nella realtà che ci circonda non è facile…
Il suo libro mi ha aiutata a fare chiarezza nelle idee un po’ confuse che già avevo.
Io ho quarant’anni, ero una bambina negli anni settanta e sono d’accordo con lei sul fatto che, mentre all’epoca non c’erano tutte queste suddivisioni di genere (nei giochi, nei gusti ecc.), adesso si sta tornando al passato.
La ringrazio per aver descritto una realtà che avevo già in qualche modo intuito, ma che lei ha espresso e spiegato con grandissima chiarezza. Un gran bel libro, lo regalerò a qualche amica.
Luciana
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Sto leggendo in questi giorni il tuo libro, consigliatomi da una mia carissima amica incinta proprio di una bambina.
Tutto quello che finora ho letto lo trovo vero. Di una verità raggelante. Ciò che mi ha colpita di più è il fatto che fino ad ora (ho quasi 30 anni) mi sono sempre sentita fuori posto, proprio a causa di tutti questi condizionamenti che evidentemente in qualche modo sentivo.
A volte, mi capita di sentirmi in colpa perché invece di spendere soldi in vestiti femminili, preferisco “sprecarli” acquistando libri.
Mi capita di sentirmi inadeguata perché “beh, però, ormai hai 30 anni, sei una donna fatta…quando pensi di iniziare a vestirti come una femmina?” (da leggere usare tacchi alti e smettere di girare in jeans).
Mi capita di sentirmi in colpa, perché a quasi 30 anni non ho nessuna smania di diventare madre e confesso, ebbene sì!, che rabbrividisco quando vedo una donna che allatta suo figlio sulle panchine di un parco o seduta in un centro commerciale.
A volte, penso che se non voglio diventare madre è perché sono un’immatura; perchè non voglio crescere. Ma è davvero così? Non sarà invece che vivo una vita che mi piace così com’è? E perché dovrei sentirmi in colpa se diventare madre non rientra nelle mie aspirazioni?
Da piccola volevo giocare con le Barbie come tutte le altre bambine. Ringrazio mia madre, col senno di poi, per non avermene mai regalate. Ricordo anche che un anno chiesi molto insistentemente che per Natale mi venisse regalata una bambola (bionda, occhioni azzurri e vestita di rosa) che poteva essere programmata per “comportarsi” come una neonata di sei mesi, una bambina di un anno e poi di due anni. Alla fine i miei me la regalarono. Ci ho giocato 2 giorni e poi l’ho abbandonata gettando via le pile. Non soppportavo di sentirla piangere perché voleva/doveva essere accudita. Lì ho capito (e avevo solo 10 anni) che non avevo nessuno intenzione di sprecare il mio tempo in quel modo.
L’anno dopo, i miei mi regalarono una macchina da scrivere. Piccolina, per bambini. Il regalo più bello che mi sia mai stato fatto. Passavo giornate intere a scrivere, a inventare storie in cui non erano le ragazze ad aspettare di essere salvate dal Filippo di turno. Ma erano proprio le ragazze, le “principesse” che si mettevano a cavallo e andavano alla scoperta del mondo. A volte flirtavano con il Filippo della situazione. A volte lo sposavano e avevano anche figli. Ma non ho mai chiuso una delle mie storie con la frase “e vissero sempre felici e contenti”. Chiudevo le mie storie con la protagonista che preparava il cavallo per partire di nuovo…
Mi sono anche sentita rimproverare di avere avuto troppi uomini. Devo dire la verità , di questo non mi sono mai pentita e a chi mi ha rivolto questo commento (sia donne che uomini) ho risposto che come decido di vivere la mia vita sessuale è cosa che interessa solo ed esclusivamente me.
Ora convivo. Ho una relazione stabile. Convivere per me ha significato “sposarmi”, perchè è una scelta che ho preso molto sul serio e amo molto il mio compagno. Eppure, qualche notte la passo in bianco chiedendomi se davvero è tutto qui. Qualche notte la passo in bianco, perché penso a tutte le vite che potrei ancora vivere se non fossi ancorata qui.
Leggere il tuo libro mi ha resa più consapevole. Perciò ti ringrazio. Spero solo che questa consapevolezza non resti fine a sé stessa. Vorrei trovare la forza di vedere con chiarezza dentro di me cosa voglio per me come persona, senza tutti i condizionamenti che bene o male gravano su noi donne (sposarsi, avere dei figli, essere inquadrate nel sistema società, essere sempre desiderabili e attraenti, essere le femmine che tutti si aspettano che noi siamo.) Forse le tue riflessioni mi saranno utili per riflettere su di me.
In ogni caso, un gran bel libro! Di quelli che ti lasciano un segno dentro.
Grazie!
Alessia.
il commento di Alessia è molto bello.
Buongiorno Loredana,
il suo libro mi ha aiutata a fare chiarezza su cose che ho sempre avvertito dentro di me, ma a cui non sapevo dare un nome preciso perchè mi sono sempre sentita dire che sono “esagerata”. punto. questo termine mi ha spesso tolto la possibilità di confronto su argomenti che mi stanno a cuore.
mi dispiace moltissimo per la nostra italia in questo momento; mi sento davvero delusa.tra un paio i settimane mi trasferirò definitivamente in Olanda per una serie di opportunità di vita che mi si sono prospettate, ma un po’ mi dispaice non aver potuto fare niente per la mia italietta malata.
in futuro, chissà.
grazie a lei, di tutto.
Sara, una giovane donna senza scollatura.
“Sara, una giovane donna senza scollatura.”
ok, ma anche se tu avessi una scollatura non ci sarebbe niente di male e saresti comunque rispettabile.
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