UOMINI CHE

Adriano Sofri su Repubblica di oggi.
Chi tenga il conto degli uomini che ammazzano le donne annovererà l’uxoricidio di Novi (Modena) in questa categoria, alla data del 3 ottobre.
Alla data del 4, appena un giorno dopo e a qualche chilometro da lì, nel Piacentino, un uomo ha ridotto in fin di vita la sua convivente, trafiggendole la schiena con un forcone. Per questa voce, “Uomini che uccidono le donne”, i dettagli sono secondari. A Novi l’uomo, 53 anni, che ha ucciso a colpi di mattone la moglie, Begm Shaneez, 46 anni, era, come lei, pachistano, e pachistano il figlio maschio, 19, che ha ridotto in coma a sprangate sua sorella, Nosheed, 20 anni. A Castelsangiovanni, sono italiani, piacentini ambedue, lui 60 anni, e lei 41. Sarà diverso il registro di chi invece tenga nota dei pachistani che ammazzano le donne o, rispettivamente, dei musulmani che ammazzano le donne. Gli uni avranno annotato in particolare l’assassinio di Hina, 20 anni, sgozzata nel 2006 dal padre a Sarezzo, Brescia, gli altri quello di Sanaa, 18 anni, sgozzata nel 2009 dal padre fin quasi a decapitarla, a Pordenone.
Sono i casi più famosi in elenchi fitti. Ogni volta si ripeterà doverosamente che le generalizzazioni sono arbitrarie e disastrose. “I musulmani ammazzano le donne”, o “i pachistani ammazzano le donne” – o, del resto, “i cristiani ammazzano le donne”. Tuttavia, senza una misura convenzionale di generalizzazione, non sapremmo né ragionare né comunicare. Così, quando diciamo che “gli uomini ammazzano le donne”, sappiamo naturalmente che non tutti gli uomini ammazzano le donne, ma intendiamo che parecchi uomini, e senz’altro troppi, ammazzano donne. In Italia, per esempio, l’anno scorso sono state assassinate (almeno, i dati non sono completi) 119 donne, 147 nel 2008, 181 nel 2006, più di 600 tra il 2006 e oggi. Se dicessimo che “le donne uccidono gli uomini” la generalizzazione sarebbe molto più infondata, dal momento che le donne che uccidono uomini sono una minima percentuale degli omicidi fra persone di sesso differente.
Quella arbitraria dichiarazione – gli uomini uccidono le donne – allude anche, per eccesso, a un’altra verità: che gli uomini, anche quelli che si astengono con orrore dall’ammazzare e violentare e picchiare donne, se non sono ipocriti con se stessi e sono disposti a frugare nella propria formazione, sentono di avere a che fare con l’impulso che spinge i loro simili a quell’orrore. Se ne tengono a distanza dandogli nomi di sicurezza come “raptus” e follie. Sono tentato di dire che gli assassinii di donne stanno al maschilismo come gli attentati contro gli ebrei stanno all’antisemitismo. Il succo della “Sonata a Kreutzer” è questo: che, secondo Tolstoj, chiunque può ammazzare la propria moglie. Lui non lo fece, però lo scrisse. Le uccisioni di donne, anche quando sono privati, anche quando sono l’opera di uomini miti – “tranquilli”, diranno i vicini – e da un assassinio solo, sono efferati. A Novi di Modena, una ferocia infame si è compiuta così: due uomini, un padre e un figlio, si sono accaniti su due donne, moglie e sorella, ripetendo e però rovesciando il modo dell’agguato a Hina. Lì, la violenza del padre e dei suoi parenti maschi complici si era procurata poi il consenso, chissà quanto forzato e rassegnato, della madre di Hina. Qui, la madre di Nosheed ha dato la vita per proteggerla. Ha fatto bene il ministro Carfagna a parlare di “deliri patriarcali”. Fanno bene quelli che ricordano che il delitto d’onore è uscito dal nostro codice nel 1981 appena ieri (e dalle nostre teste, chissà) e che appunto gli uomini ammazzano le donne, e di preferenza le “loro” donne – mogli, fidanzate, amanti, come nella singolare espressione che estende la proprietà – “la mia donna” – oltre la data di scadenza – “la mia ex-donna”. “Uccide la sua ex-fidanzata”.
(Ahimé, anche il comandamento, “la donna d’altri”). E se no le prostitute, che non sono di nessuno, dunque di tutti, dunque “mie”. Quanto al modo in cui il cristianesimo ha innovato nella condizione della donna (e dei bambini, soprattutto introducendo una tenerezza e più tardi un amore cavalleresco) e insieme ha accolto e perpetuato una soggezione patriarcale, e non di rado una veemente misoginia, è un fatto che oggi è più difficile adattare una cultura cristiana alla brutalità contro le donne. La quale troppo spesso si compie, ma contro la sua ispirazione. Ne abbiamo appena riparlato a proposito della più tradizionale delle pratiche contro le donne: le mutilazioni genitali – o d’altra parte dell’abbigliamento teso a occultare la vista della donna (che sia vista,e che veda, anche). Per questi usi il relativismo per conto terzi richiama la complicità di nonne e madri infibulate e autrici a loro volta dell’infibulazione delle loro bambine, come se ne risultasse una loro responsabilità libera, e non la più trista prova del dominio patriarcale. Cui meravigliosamente si ribellano tante donne (le bambine, si erano sempre ribellate, e tenute ferme a forza come in una tortura), com’è successo l’altro ieri nel giardino mattatoio di Novi. Queste pratiche, tradizionali e patriarcali, e sconfessate (non sempre, del resto) dalle autorità di tutte le religioni, sono state però incorporate e fissate, e a volte inasprite, in molti paesi dalla tradizione islamica. Lo conferma proprio l’argomento invocato per smentirlo: cioè che costumi e prescrizioni misogine non appartengano al Corano, ma risalgano a prima dell’Islam. Esso è diventato il pretesto per una «riconquista» delle donne alla modernità: nella «rivoluzione» khomeinista che ha ricondotto in cattività le donne iraniane, o in quella taliban che la sta perseguendo. Ho letto la sterminata trilogia di Stieg Larsson diffidando, e ricredendomi. A cominciare dal titolo, “Uomini che odiano le donne”, dunque le uccidono. A stare alle motivazioni che un gran numero di loro fornisce a se stesso e al pubblico, si potrebbe dire anche “Uomini che amano le donne”, dunque le uccidono. (I francesi, campioni di eufemismo, hanno tradotto: “Uomini che non amano le donne”!). Larsson è stato un campione dell’impegno contro il razzismo e il fascismo nella sua Svezia.I suoi romanzi hanno finito per offrire la miglior chiave di interpretazione del recente voto svedese, segnato dal successo del partito xenofobo e nazisteggiante.
Se la libertà è misurata prima di tutto dalla libertà delle donne – la Scandinavia ne fu un esempio precoce e proverbiale, fino allo scherzo – l’immigrazione che trascina con sé il peso di una tradizione patriarcale e sperimenta nella nuova condizione lo scontro fra i suoi maschi e le sue donne, eccita lo spettro dell’aggressione e della rivalsa sulle donne libere. Due modi distanti e perfino opposti di “odiare le donne” rischiano di congiurare contro la loro libertà – e incolumità. La nuova demografia di Malmoe coincide strettamente con la sua nuova mappa elettorale. L’alternativa starebbe, all’opposto, nella congiura di donne libere e donne immigrate, cui leggi, istituzioni e forza pubblica dovrebbero mettersi al servizio.
Pochi giorni fa, il 23 settembre, a Scandolara (Cremona) una donna indiana di 25 anni, Rupika, si è cosparsa di benzinaa casa suae siè data fuoco ed è morta. Aveva perso il lavoro, in un ristorante, e aveva paura, scaduto il permesso di soggiorno, di essere rimpatriata. Ho letto che in India l’aspettava un matrimonio combinato. Chissà. Non si può far a meno di pensare a una ragazza che si è data fuoco qui, dove si sentiva libera, per non tornare nel proprio paese, dove una solenne tradizione vuole bruciare vive le vedove sul rogo dei mariti morti.

30 pensieri su “UOMINI CHE

  1. “gli uomini, anche quelli che si astengono con orrore dall’ammazzare e violentare e picchiare donne, se non sono ipocriti con se stessi e sono disposti a frugare nella propria formazione, sentono di avere a che fare con l’impulso che spinge i loro simili a quell’orrore”
    Semplicemente delirante.
    Del resto, al delirio il nostro ci ha abituati fin dagli anni Settanta quando, in preda all’identico paradigma manicheo, incitava ad altre violenze.
    E noi, sciagurati diciottenni, si applaudiva.
    Il manicheismo è la malattia infantile dello spirito.
    Purtroppo c’è chi non guarisce mai.

  2. Si anche io Valter ho un potente moto di stizza quando si idenitifica maschilista con maschile. Pare che tutti gli uomini da qualche parte ci hanno la valvola dello stupro possibile o dello scannio incipiente. E’ un modo di ragionare qualunquista e secondo me piuttosto deleterio.
    Però va riconosciuto che è solo una parte dell’articolo, che comunque ha il merito di mettere in rilievo il fenomeno e parlare nella sua trasversalità. Lo fa un uomo e lo apprezzo anche per questo (voglio dire come scelta da parte della testata).

  3. Purtroppo Zaub non è solo qualunquismo.
    Nel modello di pensiero che viene usato e ribadito (ci sono solo fascisti e antifascisti, donne libere e donne schiave) riconosco tristemente la struttura irrealistica e perdente di cui certa sinistra noin si è mai liberata.
    Il tempo non vi entra (basterebbe riconoscere che asservimento ed emancipazione sono solo i prodromi di una comunità integrata) e quindi non se ne esce mai, è una diatriba senza futuro.

  4. Il problema è la cultura patriarcale e “del dominio” che è più forte in certe zone del mondo che in altre ma c’è ovunque, questa cultura che le tre religioni monoteiste non hanno inventato, ma legittimato e perpetuato.

  5. E la deregulation della figa nel circo mediatico e negli scambi commerciali?
    Attribuiamo al patriarcato anche quella, come la segregazione e i matrimoni combinati?
    Ma non vi accorgete di quando un apparato categoriale semplicistico non funziona (in realtà non ha mai funzionato)?

  6. miscelati alla tradizione,soprattutto religiosa,si perpetuano gli orrori.Per questo,pensando che in altre circostanze il burqa o le lapidazioni sarebbero stati il corrispondente dei costumi tipici di un luogo,diffido con adeguato discernimento di tutto ciò che le pro loco o le parrocchie spacciano.A partire dal folklore più innocuo.Come Kubrik e Ferreri avevano compreso abbiamo un fottuto bisogno di voltare pagina prima che non ci sia una concreta alternativa al ritorno nelle caverne in attesa consapevole di un diluvio salvifico

  7. Nè la deregulation della figa nè il suo totale occultamento sono un modello di emancipazione, per quanto mi riguarda.
    Certo se mi puntassero una pistola alla tempia e mi obbligassero a scegliere bè direi meglio la deregulation della figa perchè se ti ribelli ad essa non corri il rischio di essere cacciata da casa dai tuoi genitori o uccisa.
    Non mi pare una differenza da poco.

  8. Binaghi,
    mi potresti spiegare, per cortesia, la terza via tra l’essere fascisti o anti-fascisti?
    Ok le invettive contro il manicheismo, va benissimo, però poi su alcune cose delle spiegazioni bisogna darle. E soprattutto, delle posizioni bisogna prenderle.
    Dei casi in cui tertium non datur esistono.
    Altrimenti da amanti della complessità si transita direttamente nel campo dei paraculi.
    L.

  9. @Luca
    Nel ’73 o giù di lì Pasolini scriveva (a quelli che ci davano con “Ancora e sempre resistenza” come formula magica e compattatoria):
    “Fascista è la società dei consumi”.
    Paraculo anche lui?
    O magari aveva capito che non basta prendere le distanze dalla visione catto-fascista del potere per scongiurare il medesimo?
    Quelli che introdotti pillola divorzio e aborto e sdoganato il sesso dalla procreazione si aspettavano le magnifiche sorti e progressive della dignità personale, e invece si sono beccati l’universo di babbalei e mignottone del “Drive in” d’epoca craxiana e i bei siparietti del berlusconismo, e sono caduti dal pero, come vogliamo chiamarli, vittime della Storia o della propria incapacità d’interpretarla?
    Antifascismo a me non basta, non mi bastava già trent’anni fa, figuriamoci adesso. Nell’antifascismo si può nascondere l’autentica ricerca della promozione umana, ma anche semplicemente l’aggiornamento del potere, che non ha più bisogno della repressione sessuale ma può trarre maggiore giovamento dall’addestramento tecnologico al piacere, dalla trasformazione della vita in spettacolo, da un mondo senza più pareti dove non c’è più segregazione ma nemmeno intimità, o meglio dove anche l’intimità è vendibile, per dire.
    Siamo ancora a Pasolini, dunque?
    Chi non impara niente dalla storia è condannato alla ripetizione.

  10. Così a me va più che bene.
    Credo sia giusto spiegare. Che l’antifascismo non bastasse già trent’anni fa sono perfettamente d’accordo.
    L.

  11. Mi lascia assolutamente freddo l’articolo di Sofri, non c’è segno di passione, lo sdegno sembra programmato, c’è aria di righe commissionate. Su società patriarcale e odio per le donne ne avete parlato molto questa estate, il femminicidio su cui Barbara Spinelli ha detto già cose definitive ed esaurienti. Più di uomini che odiano le donne, il Nostro cita Stieg Larsson più per sottolineare che il multiculturalismo è un’esperienza caduta e impossibile da realizzarsi seriamente se anche in Svezia soffia il vento della xenofobia. L’alternativa starebbe nel: ” nella congiura di donne libere e donne immigrate, cui leggi, istituzioni e forza pubblica dovrebbero mettersi al servizio”. Sofri dimentica che il welfare sta morendo, non c’è aiuto e gli uomini più delle donne bypassano questo orrore (sostantivo che al nostro piace molto e chissà perché?) con una corrusca regressione emotiva.

  12. Il rischio di generalizzare, quando si parla di questa roba, è davvero forte. Dovremmo prima di tutto sottolineare, che vista la complessità sociale nella quale siamo immersi, i numeri italiani dicono che la situazione è sotto controllo, anche se nelle nostre anime abbiamo il diritto di soffrire per un solo caso di omicidio o suicidio commesso, di solito indotto da terribili usanze. Quello che invece è sbagliato è cercare di orientare geograficamente o etnicamente la parte ignobile del nostro essere umani: se non sopravvengono regole repressive a impedirci comportamenti arretrati fino al tribale, o avanzati fino al tribale di ritorno, come esseri umani facciamo abbastanza schifo ovunque. Di più: ingigantire singoli episodi di violenza, rischia di far parte di quel processo di IMPAURISMO che è diventato una vera arma in mano alla destra di governo. A meno che non si tratti di fare gli strilloni per i giornali che ci pagano e che devono esaurire la tiratura…

  13. mah, ho la medesima impressione di vincent…
    mi sembra un articolo ‘macedonia’, forse vincolato al numero di battute, forse “a richiesta”, forse poco ragionato (scadenza di consegna troppo ravvicinata?). Non si può saltare dagli omicidi all’interno di una famiglia pachistana a Stieg Larsson, alle statistiche, al ruolo del cristianesimo, a Sonata a Kreutzer, alle prostitute (l’elenco è incompleto) senza alcuna connessione logica, se non quella della punteggiatura.
    Se fosse il tema di uno studente, sarebbe da dirgli di ripensarlo, di centrare l’argomento, di riorganizzare il discorso…

  14. Intanto i catto-fascisti ci stanno ancora, pochi, ma io non li sottovaluterei.
    Il problema è che ottenuti pillola (a cui Pasolini era d’accordo anche per sfidare la morale clericale) divorzio, aborto si sono illusi e illuse di aver vinto e che tutto il resto (la giustizia sociale) sarebbe venuto da sè e hanno smesso di lottare. Interrompere la lotta, quello è stato l’errore.
    La sfida è quella di sempre: tenere insieme diritti civili e libertà sessuale con la giustizia sociale.
    Ciò che scrive Binaghi mi ricorda il giornalista e bloggher del Fatto Riccardo Chiaberge quando scrive che “la sinistra dei diritti” avrebbe aperto la strada alla “destra delle libertà” intendendo con essa il liberismo economico. Non credo che ciò corrisponda totalmente alla verità: è vero che i radicali italiani e i libertarian statunitensi sono liberisti in ogni campo, ma io penso che si possa essere liberali e “laicisti£ sui temi etici e socialisti in economia, non vedo contraddizioni anzi la sfida come ho detto è tenere insieme libertà e giustizia sociale.

  15. @danae: appunto articolo macedonia che porta poi alla sinistra dei diritti e la destra della libertà, di cui Paolo scrive.
    Sofri non può partire da un avvenimento cruento in provincia di Modena (uno donna morta e una figlia presa a sprangate da padre e fratello) e arrivare alla destra fascista e xenofoba in Svezia. Ma magari è più compiuto ed esaustivo di quanto io comprenda. Ho un un terribile limite: non leggo i suoi scritti senza preconcetti. Cioè non dimentico la firma: Adriano Sofri.

  16. Credo veramente che Sofri dovrebbe chiarire la frase sull’impulso che spingerebbe gli uomini contro le donne. Una verità tutta sua, e di chi si astiene con orrore dal compiere lo stesso orrore.
    Insomma, in una tragedia così grande, presentare come verità nascosta un odio “impulsivo” dell’uomo contro la donna, mi sembra errato e dannoso.

  17. In realtà, Sofri dovrebbe spiegare ogni sua singola frase.
    Dico Sofri non con limiti e preconcetti come vincent, ma per dire: l’autore di questo articolo deve spiegare e motivare meglio il contenuto del suo pensiero, e articolare meglio il procedere del suo ragionamento. Poi, potremo commentarlo…

  18. in effetti la storia dell’impulso degli uomini contro le donne è una cavolata se Sofri intendeva un impulso “naturale”.
    Noi siamo animali sociali e “culturali” quindi i nostri impulsi non sono solo puramente istintivi ma modellati e influenzati da cultura e società.
    E le culture e le società possono (e devono) modificarsi, come modificarle sta a noi deciderlo.

  19. Poi io devo dire che tutto ‘sto supermarket della figa (riprendendo Binaghi) nella mia vita quotidiana non lo vedo…lo so che è sbagliato giudicare la realtà basandosi unicamente su esperienze personali, ma non facciamo l’errore di credere che quella mediatico-berlusconiana sia l’unica realtà.

  20. condivido i commenti di binaghi e zauberei, e in praticolare la sintesi di Lucio, sul fatto che l’impulso a uccidere la donna sia “una verità tutta sua”. Mi ha laciato molto perplessa anche l’analogia antisemitismo/maschilismo e atti terroristici/omicidi di donne. Davvero una logica contorta e confusa, come molti hanno già fatto notare.
    .
    segnalo poi che – come fece notare Alessandra Kustermann (direttrice di un centro antiviolenza a Milano) in una puntata di Ottoemezzo sulla violenza contro le donne – questi uomini che uccidono le donne sono anche figli di donne. Vengono fuori da quel “mondo femminile” di cui parla Veronesi nel suo libro: il mondo dell’infanzia. Ecco dove il manichesismo non ci aiuta più a capire.

  21. “e invece si sono beccati l’universo di babbalei e mignottone del “Drive in” d’epoca craxiana” valter binaghi
    Non per difendere Drive In, ma io le repliche di quei babbalei e mignottone le guardavo sempre da piccolo e mi divertivano e guardavo pure Striscia la notizia (ovviamente non guardavo solo quello e leggevo anche dei libri), sono figlio di quegli anni come il mio anno di nascita rivela, ma non sono un puttaniere e non ho mai votato Berlusconi.
    Ci tenevo a chiarirlo.

  22. è rilevante la presa di distanza, in generale, dall’articolo e dall’autore.
    Ci si allontana da ciò che si sente vicino.

  23. si può non condividere il ragionamento di Sofri, né la sua controversa figura, ma se questo articolo ha fatto parlare (finalmente !) anche tanti uomini sul tema della violenza contro le donne: beh , un obiettivo l’ha centrato. Io vivo in terra leghista, ed è quanto mai necessario riportare il fenomeno alla realtà dei fatti e cioè che non sono solo i musulmani o gli extracomunitari ad uccidere le “loro” donne, ma sono nella stragrande maggioranza gli uomini ad uccidere le donne.questo significa che c’è un enorme lavoro culturale da fare e che non dobbiamo pensare di farlo solo nei confronti degli immigrati : anche, ma non solo.

  24. “Ci si allontana da ciò che si sente vicino” mi sembra una bella frase ad effetto e a conforto della “verità di Sofri” circa l’impulso omicida dell’uomo nei confronti della donna.
    Più che distanza dall’articolo e dall’autore, alcuni di noi hanno cercato di segnalare l’esistenza di uomini che NON “si astengono con orrore dall’ammazzare e violentare e picchiare donne” per il semplice motivo che NON “sentono di avere a che fare con l’impulso che spinge i loro simili a quell’orrore”.
    Il messaggio dell’uomo/bestiaferoce è sufficientemente sbagliato e terrorista da trasformare un intervento pure attento e pronto su questa tragedia quotidiana, in uno scivoloso capolino nell’inconscio.

  25. insomma Lucio non se ne esce. Si riconduce alla “malattia” alla demenza il solo chiedersi se è nella formazione maschile che si annida la violenza sulle donne. cosa vogliamo fare? stabiliamo che è un problema di polizia e studiamo i migliori deterrenti? facciamo una petizione a favore della castrazione chimica o meccanica? o cominciamo a farci carico di una tragedia che volenti o nolenti è causata dal nostro genere? io non ho verità in tasca sono solo disponibile a mettermi in discussione, senza preclusioni

  26. Aiiento claudio a imputare le tragedie di questo tipo ad un genere sessuale perchè qualcuno (magari uno di questi anti-femministi incazzosi di cui il web è ahimè pieno) ti potrebbe ribattere che in base a tale logica la tragedia delle “madri infanticide” è imputabile all’intero genere femminile o alla sua “formazione” e non credo che le cose stiano così.
    Che poi nei delitti come quelli di questa famiglia, le cause siano da cercarsi anche in una determinata formazione culturale di stampo patriarcale è indubbio.

  27. Claudio, il mio è un invito a tener conto dell’esistenza di uomini che non “sentono di avere a che fare con l’impulso che spinge i loro simili a quell’orrore”.
    Disponibile a metterti in discussione senza preclusioni come puoi precludere l’esistenza di queste persone?
    Abbiamo appena saputo cosa ha fatto il nostro simile Michele Misseri alla nipote Sarah Scazzi; sei convinto che tutti gli uomini “sentono di avere a che fare con l’impulso che spinge i loro simili a quell’orrore” ?
    Io, e tanti altri no. Tutto qui, ma non è poco.
    Rimane l’ammirazione per tutti coloro che s’impegnano su questo problema, e l’apprezzamento per tutte le analisi e gli studi sulla tragedia della violenza contro le donne, per i lavori di Loredana, Giovanna Cosenza, Lorella Zanardo e altre/i fino a questo pezzo di Sofri.
    Ero intervenuto solamente per segnalare quella che mi sembra una generalizzazione molto superficiale e quanto meno fuorviante.
    Va meglio così?

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