1. MARGARITA CHE AVREBBE QUARANT'ANNI

Alle 11 Carmela Petrucci verrà sepolta. Nelle cronache, è già quasi dimenticata, o lo sarà in una manciata di ore. Noi antidemocratici, che abbiamo la pretesa di chiedere interventi a quel che resta del ministero delle Pari Opportunità, ricorderemo. Intanto, comincio a pubblicare gli interventi che stanno arrivando (la mail è sempre quella: loredana.lipperini@gmail.com) sul femminicidio. Anche di chi, come Hottanta, non ama il termine. Ecco quel che mi ha scritto.
Non amo la parola femminicidio, la trovo discriminante proprio perchè include in sè la parola femmina, parola gravida come le femmine devono esserlo. Perché allora non decliniamo omicidio in donnicidio? Oggi riflettevo su questo ennesimo delitto, che mi ha colpita ancor di più perché compiuto nella mia città di origine e anche perché l’assassino è un giovane, faccia pulita, ma evidentemente nella sua cultura è incistato il “sei mia per sempre”. Questo fa paura, non si tratta di un cinquantenne, di qualcuno di cultura diversa dalla nostra, no, è un giovane di buona famiglia (così pare), ma evidentemente ciò che permea i nostri ragazzi è atavico, e non lo abbiamo ancora capito. L’assassinio di Carmela ha fatto rivenire a galla nella mia memoria un episodio analogo e terribile, che evidentemente avevo voluto rimuovere. Ora, qui, la voglio ricordare: Margarita. Anche lei uccisa a coltellate da un Pedro ingelosito, nella cucina della sua casa inglese. Margarita era una conoscente di una mia cara amica spagnola. Eravamo insieme all’università in Gran Bretagna. Margarita era lì per un semestre, ma Pedro ha deciso per lei. Lui credo che sia ancora in carcere, lei non ha avuto scelta. Margarita, Carmela. Margarita oggi avrebbe quarantanni. Ricordo il suo sorriso, quasi con la vergogna di chi è sopravvissuto.

12 pensieri su “1. MARGARITA CHE AVREBBE QUARANT'ANNI

  1. Hottanta è una cara blogamica e la ringrazio per questo post.
    E’ la legge del più forte, semplicemente sono passati millenni di finto “sviluppo culturale” e siamo rimasti alla legge della giungla. Il più forte vince, il più potente possiede l’altro, non serviva nemmeno l’invenzione dell’alfabeto per regolare quella legge.
    Guardiamoci in faccia, uomini e donne e diciamocelo chiaro: noi compiamo il male che possiamo. Quello che le convenzioni, le educazioni, le leggi ci consentono di fare. Però appena il cervello perde di vista queste “convenzioni” facciamo ogni forma di male qualora la forza ce lo consenta. Insomma, siamo generazione di Caino.
    E dunque l’unica risposta è la repressione, possibilmente violenta e senza perdono, di ogni sgarro alla legge, perchè solo con la paura del fuoco si tengono ferme le tigri.
    Forse ho esagerato, sorry, è che questa vicenda di Carmela mi ha fatto proprio incazzare (sorry, again)

  2. Basterebbe poco per cominciare un serio lavoro sulla mentalità maschiile che si crede Dio, quando incontra una donna. Basterebbe che si cominciasse a dire che chi uccide una donna è un assassino e lo dovrebbero dire le istituzioni, i giornali, gli uomini giusti, gli scrittori, i giornalisti. E dovrebbe dirlo la chiesa che invece tace quasi per silenzioso assenso.
    Quando viene uccisa una donna, le donne ne parlano in silenzio, quasi a non dovessero destare il bruto che hanno a fianco… cercando, come rassicurazione, una colpa dell’uccisa, per dire che sì, in fondo qualche giustificazione l’assassino l’ha. Povere donne, uccise, stuprate, picchiate, violentate e incolpate persino dal loro stesso specchio.
    M’ha delusa anche Zanchini che, nella puntata su questo triste argomento, ha lasciato l’ultima voce a dire che sono le donne che crescono quei maschi assassini, assolvendo (inconsciamente?) ancora una volta il gesto terribile. Certo, le donne debbono prestare attenzione a come crescono i figli maschi ma l’esempio del padre è determinante, la società è maschilista, la parità un’utopia… come non tenere conto di tutto questo?
    Saluti riconoscenti per questo argomento che tieni desto.
    Sari

  3. @
    Giorgia P ha detto”dunque l’unica risposta è la repressione, possibilmente violenta e senza perdono, di ogni sgarro alla legge, perchè solo con la paura del fuoco si tengono ferme le tigri.
    Forse ho esagerato, sorry, è che questa vicenda di Carmela mi ha fatto proprio incazzare (sorry, again)”
    Sari ha detto: “Basterebbe che si cominciasse a dire che chi uccide una donna è un assassino e lo dovrebbero dire le istituzioni, i giornali, gli uomini giusti, gli scrittori, i giornalisti. E dovrebbe dirlo la chiesa che invece tace quasi per silenzioso assenso.”
    Ragazze, riprendetevi, state perdendo la testa e ingrassando la pancia.
    A Giorgia dico che ha appena scoperto l’acqua calda. Comprendo che le posizione femministe ci abbiano “educato” a pensare che tutto è cultura e la natura non esista. Così quello che abbiamo fatto uscire dalla porta rientra dalla finestra e quando come infanti scopriamo l’istinto innato della violenza finiamo per essere tentate da soluzioni un po’ troppo semplicistiche. Magari proponiamo la pena di morte, tanto per vincere l’incapacità di elaborare un metodo per diminuire il numero di 67 donne uccise nel 2012 a causa del femminicidio. Fermarsi e riflettere, per favore. Un metodo, non una serie di candidi desiderata che non servono a niente se non a sentirsi buoni e puri, o a farsi mettere il proprio libro in vetrina paretale alla Feltrinelli.
    Inoltre ricordo a chi sia stato scongelato oggi da un’ibernazione che si suppone remota, che chi uccide una donna è universalmente considerato un assassino. Va in galera, e nessuno può negare che la sensibilità di tutti è per le vittime non certo per i malati da mancato autocontrollo. Siamo nel 2012, non nel medioevo delle proprie letture. C’è un mondo là fuori che andrebbe capito, non ideologizzato con gli occhiali marca patriarcato. Sveglia

  4. si puo’ negare che la sensibilita’ di tutti e tutte sia verso le vittime. eccome. perche’ se cio’ fosse, da mo’ che la politica si sarebbe occupata di promuovere leggi – non necessariamente repressive, gia’ l’omicidio e’ condannato appunto – che favoriscano la cultura dell’uguaglianza, rimuovendo cosi’ il piu’ possibile il sostrato in cui atteggiamenti di violenza di genere meno terribili dell’omicidio stracampano. e per essere piu’ concreti, e forse ripetitivi su questa pagina, la Spagna ha parecchio da insegnarci, in questo senso.
    le ragazze sono ben piu’ sveglie di quel che si pensa, anche perche’ devono guardarsi continuamente le spalle. e se si dissente su una proposta, si potrebbe farlo senza denigrare il proponente come giovane, inesperto e naif. ma poiche’ il mondo andrebbe capito, attendiamo illuminazioni su quello che non si e’ capaci di capire ed analizzare e proporre. magari che includano analisi e proposte, piu’ che paternalistici rimbrotti.

  5. Luis, Carmela è stata assassinata. Ma la variante di genere è rilevante. Non è stata uccisa perché donna, e nessuno di noi può sapere cosa abbia agito nella mente del suo carnefice. E’ indubbio però che la questione di genere in questo caso sia legittimamente sollevata. Qui ci interroghiamo, cerchiamo di capire e sopratutto di cercare come evitare queste violenze. Ci sono delle valenze prettamente culturali che qui tu vuoi negare con accuse generiche di “femminismo”. Forse c’è molto più medioevo là fuori di quanto tu non voglia vedere. Io non sono psicologa, né esperta, non ho gli strumenti culturali e scientifici che molti commentatori e la stessa proprietaria di questo blog posseggono. Ragiono con la mia testa e con il mio cuore. E questi mi dicono che qui c’entra la questione di genere. E non ho una risposta, mi sento francamente impotente.

  6. @Luis, non credi piacerebbe anche a me se fossimo usciti dalla giungla, se potessimo contare su comportamenti civili e rispettosi senza dover ricorrrere alla “repressione”. Tutto il “fermarsi a riflettere” di cui parli cosa ha portato? Però ci vuole ottimismo anche quando attorno è buio e la gente come te reagisce in modo ostile ad un commento deciso ma per niente offensivo come il mio.
    E’ vero che siamo generazione di Caino, ma poi è venuto Gesù a liberarci dall’impronta omicida, Lui ci ha preso per mano per tirarci fuori dalla giungla… è che ogni tanto ce lo dimentichiamo, io per prima. Buona giornata a tutti.

  7. Io sono d’accordo con Luis. Che ha comunque posto problemi reali, pur in maniera “energica” e forse provocatoria, ma in un dibattito ci sta, un dibattito deve scuotere, non adulare.
    Cosa vuol dire “Basterebbe che si cominciasse a dire che chi uccide una donna è un assassino e lo dovrebbero dire le istituzioni, i giornali, gli uomini giusti, gli scrittori, i giornalisti. E dovrebbe dirlo la chiesa che invece tace quasi per silenzioso assenso.”?
    Cioè, qua si esagera davvero: chi uccide una donna è già un assassino, e viene perseguito a norma di legge: nessuno si sogna di dire il contrario. E cosa vuol dire tirare la chiesa in ballo? Ok il discorso sul fare qualcosa dal punto di vista culturale, ma dal punto di vista legislativo esistono già le pene per gli omicidi: giuste o sbagliate che siano, leggere o meno che siano è un discorso sulla legge che richiederebbe competenze tecniche. Vogliamo tornare alla pena di morte? L’omicidio in se, purtroppo, spesso è l’azione del più forte (fisicamente e psicologicamente) sul più debole, e purtroppo infatti le vittime sono bambini, donne, anziani, ma anche altri uomini.
    Io sono il primo a dire che chi si macchia di omicidio debba sottostare a pena severa e non, come in Italia, leggera e attenuata: ma in ogni caso, ossia che venga ucciso un bambino, purtroppo, o un altro uomo o una donna.
    Non capisco come non vi rendiate conto che si sta costruendo, pur con buone intenzioni (ma le strade lastricate di buone intenzioni sono spesso deleterie), uno scontro frontale e culturale di genere che invece che migliorare le cose non farà altro che radicalizzarle e peggiorarle. Vedo un’aggressività, pur data da coinvolgimenti emotivi (ma l’emotività non è l’ideale, quando si parla di questioni delicate), verso il mondo esterno, verso TUTTA la società, verso tutti i maschi, in cui paradossalmente succede quello che “voi” aborrite: la de-responsabilizzazione individuale dell’individuo singolo che compie l’omicidio, che va considerato come un essere umano che delinque, non come il maschio. In cui si perde di vista la figura del singolo per dare addosso a tutta la società, nella convinzione che la società sia una cosa matematica in cui basta mettere a posto qualche puzzle culturale fuori posto per far sì che queste cose non succedano più. Ma non è così che funziona, nella maggior parte dei casi la colpa è sempre dell’INDIVIDUO (che va buttato certo in carcere) prima che della società.
    Il problema è che c’è, in questo dibattito, un’eccessiva carica di ideologia che spinge allo scontro proprio tra generi, tra “donne” e “resto del mondo”, che invece andrebbe evitato. Spinge alla divisione, non all’unione di interessi. E che secondo me non aiuta certo a affrontare criticamente il problema. Quando parlo da uomo, e sono un uomo molto pacato e tranquillo, sento subito, in questi discorsi con una donna, di essere “giudicato” in quanto maschio, non in quanto essere umano. Sento un’aggressività (verbale) latente pronta a rivolgersi contro di me se appena dico qualcosa che vuole tentare di essere (positivamente) critico: solo perché non sono donna e non posso capire (così mi è stato anche detto). Ma sono un essere umano, e io ragiono per esseri umani, non per uomini o donne o vecchi o bambini o categorie.
    E’ un dibattito in cui secondo me “voi” state facendovi prendere troppo dall’emotività: è dura mantenere un altro approccio, visto che si parla di persone che muoiono, ma è necessario per far sì che sia un dibattito costruttivo e porti vantaggi culturali di scambio con altre persone (anche uomini). La percezione che si ha è quella dell’arroccamento in un fortino.
    La mia vuole essere solo una visione critica, che vi assicuro è condivisa da tantissime persone, e che spero possa essere utile.

  8. Caro Luigi, mi piacerebbe che, se si escludono un paio di commenti, lei elencasse il dove, il come, il quando. In questo blog si è alimentata la divisione femmine contro maschi? Dove, come, quando? In questo blog si è chiesta una misura legislativa restrittiva? Dove, come, quando?
    Quanto ai termini usati da Luis: esiste una via mediana fra insulto e adulazione, con un’infinita gamma di possibilità. L’insulto non è tollerato. L’adulazione, forse con sua sorpresa, non è gradita. Saluti.

  9. Alle tue domande non ci sarà risposta, mi sembra di aver già visto questo andazzo, si parlava di rappresentazione delle donne nei media, e quando non hanno più potuto negare sono passati al contrattacco con le accuse infondate di moralismo. Non da oggi, anzi, mi sembra che tutto inizi dall’ assassinio di una ragazza catanese e femminista, dopo di lei qualcosa nella comunicazione è cambiato, quando si è diffuso il neologismo di femminicidio in parallelo è partito il contrattacco. Sono 2 giorni che studio aperto parla solo di donne uccise o scomparse, un insalatona mista che mette insieme Carmela e Iara, la donna scomparsa e qualla forse solo scappata, l’uxoricida assolta per legittima difesa e lo zio mostro ed il tutto prende il sapore amaro del gossip

  10. Cara Loredana,
    la sua risposta è proprio quella che temevo, cioè trasuda ostilità.
    Non mi riferivo solo al blog, ma chiaramente (visto che ho anche fatto l’esempio personale di quando mi venne detto “che non posso capire”) anche alla vita “reale”, ad altri blog, articoli di giornale, eccetera. E se non sono stato chiaro, me ne scuso e lo chiarifico ora.
    Non è solo il discorso sul fatto che “se si escludono un paio di commenti”, come lei dice: io ho commentato una frase di una lettrice perché è comunque rappresentativa di una percentuale di donne che la pensano così, e con le quali penso ci sia bisogno di confronto (sempre he sia voluto, il confronto: in caso contrario, starò zitto) in ogni caso, senza liquidare con “se si escludono un paio di commenti”.
    L’approccio di cui parlavo è presente anche nella sua risposta, che ha un che di sarcastico (la frase “forse con sua sorpresa”) nei confronti di un intervento, il mio, che penso sia stato pacato e discorsivo, e motivato, e che ha come unica colpa quella di esporre un pundo di vista “diverso”. Io l’ho percepita come aggressiva, ed è per questo e in questo senso che dico che viene alimentata una divisione, invece di un dialogo. Per dividere non è necessario dire esplicitamente “dividiamoci e andiamo contro”, perché non succede mai e non funziona così: per dividere basta anche un atteggiamento di sprezzo nei confronti di opinioni diverse, e così è successo.
    Nel post di Luis, comunque, io non vedo insulti, ma solo polemica: e la polemica non è negativa a priori, anzi.
    Io c’ho provato, e mi spiace aver suscitato questa reazione. Ma non si preoccupi che non ci proverò più, e terrò per me i miei pensieri: forse così il dibattito andrà come preferisce.
    Un cordiale saluto
    @claudio: è partito il contrattacco di cosa? siamo in guerra? poi non mi si venga a dire che non si ha un approccio di scontro e divisione.

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