2. WILMA

Il secondo intervento sul femminicidio è di Valeria Viganò. Si chiama Wilma.
Ormai la cosa in Italia è così: la frustrazione, il fallimento, la rabbia, l’incapacità, la debolezza, la mancanza di responsabilità, la violenza, il dominio, la delusione, l’egocentrismo, la gelosia, la povertà d’animo. Non metto nell’elenco la disperazione e il dolore perché sono sentimenti troppo alti per quei vili che sterminano moglie e figli e poi, se va bene, si uccidono. Mariti, amanti, fidanzati, compagni, ex tutti sul vascello alla deriva, sbatacchiato dalle onde della dignità, dell’autonomia, della parità femminile. Loro uccidono una donna ogni due giorni, le massacrano con pistole, coltelli, botte, martelli. Sono costretta agli elenchi dalla diffusione dell’atrocità. Wilma dammi la clava che ti spezzo il collo, a te e ai figli che hai partorito. Ti perforo il cuore che non batte più per me, distruggo il sogno infranto. Dammi la clava e ammazzo anche i tuoi figli, che non sono più nostri. Dammi la clava perché ho perso le parole per strada, e se non ci riesco a guardarti negli occhi, te lo meriti Wilma, tu che sei capace di stare da sola e io no, che ami i figli oltre te stessa e io no, che ami la vita interamente, nel bene e nel male, ma io no. Tu sei più brava, più profonda, prendi la nostra macchina dalle ruote di pietra e te ne vai. Wilma tu non dipendi più da me e io che faccio? Cosa mi resta se non spaccarti le costole, le gambe, la testa in due? Wilma tu non puoi lasciarmi, non puoi ribellarti. Una volta, bei tempi, tu facevi quello che ti dicevo, non c’erano discussioni, tu obbedivi. E se ti volevo, ti prendevo. Wilmaaaaaaaa dammiiiiiiiii la clavaaaaa, sono mesi che ci penso, ma adesso basta. Adesso voglio il tuo terrore, le tue lacrime colpevoli, le tue scuse in ginocchio, le tue suppliche. Questa è la mia apoteosi, Wilma, capisci? Decido io della tua vita e della mia. Tu che non hai taciuto, acconsentito, chinato il capo, perché l’hai fatto amore mio?

3 pensieri su “2. WILMA

  1. Un modo molto più eloquente, vorrei dire elegante, di raccontare l’età della piatra in cui viviamo che io ho chiamato giungla. E’ il bisogno di amore, il movente. Un’amore generoso di cui soltanto la donna è capace, che l’uomo pretende perchè sa che, se vogliamo, ne siamo capaci. Lui no. Lui raggiunge l'”apoteosi” quando possiede, proprio come descrive Wilma. Noi quando amiamo, nemmeno quando ci amano, se ci pensiemo bene, noi tocchiamo il massimo della nostra femminile umanità quando amiamo.
    In questo siamo superiori, e qui mi preparo a controcommenti al fulmicotone, ma va bè, questo blog mi piace troppo per non scriverci come la penso.
    Vado oltre. Molte situazioni di coppia richiedono da noi donne questo amore superiore, generoso. Dovremmo trasformare lo stato di sudditanza in uno stato di “amore migliore”, tanti dosi giornaliere di antidoto alla violenza. Perchè sono convinta che nessun uomo nasce cattivo, lo diventa quando si sente ingiustamente poco amato (dal suo punto di vista, s’intende). La violenza nasce sempre da un desiderio di vendetta per qualcosa (giusta o sbagliata che sia) e allora se non siamo per la “repressione” dobbiamo votarci ad un amore migliore, superiore a quello che ci danno loro.

  2. @Giorgia concordo con te sul tentativo di votarci ad un amore migliore, ma credo che per raggiungerlo non si possa partire da “noi donne in questo siamo superiori”.
    So quali tipo di sensazione ti porta a scrivere questo, ne comprendo il sostrato di emozioni, paure e speranze, ma non lo condivido.
    Credo che questo tipo di atteggiamento faccia nascere i commenti come quello che luigi ha lasciato al post di ieri. E’ come chiudere una porta in faccia al dialogo.
    E’ anche vero del resto chi si dispone ad aprire un dialogo (come ad esempio luigi dice di voler fare) dovrebbe farlo con lo spirito di chi è disposto anche ad ammettere di sbagliare, sebbene in modo inconsapevole per carità, non come se si trovasse di fronte alla Corte marziale ma semplicemente come un’occasione di crescita e maggiore coscienza.

  3. A me viene da pensare che la violenza contro la propria donna, più che verso le donne in generale, sia la strada più semplice. Più facile. Fare violenza contro una persona più debole nasce come istinto piuttosto spontaneo in molti di noi.
    Certo molti di noi lo strozzano sul nascere. Ma non tutti. Quante volte il partner diventa simulacro dei fallimenti delle frustrazioni dell’insoddisfazione personale?
    Vorrei sapere, giusto per farmi un’idea, cosa implichiamo dicendo “era tanto un bravo ragazzo, nessuno si aspettava che l’avrebbe presa a pugnalate”. Davvero era un bravo ragazzo?
    Oppure collezionava tante piccole violenze contro la partner, senza riuscire a giudicarle tali?
    L’omicidio viene alla ribalta perché è eclatante e socialmente condannabile. Eppure ci sono molti altri delitti, più sottili, che feriscono la dignità di una persona senza che la società li indaghi o semplicemente li osservi. E forse è da lì che bisognerebbe cominciare.

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