Seconda puntata. Dall’incontro di marzo (Se non ora quando, Lorella Zanardo), altri due interventi sulla violenza.
Rita Cavallari
Nel 2010 abbiamo avuto in Italia 127 “femminicidi”. Nel 2006 erano stati 112 (prendo il dato da “Amorosi assassini”, 2008 Laterza). C’è stato un incremento, ma soprattutto un desiderio di non chiudere gli occhi di fronte a questo fatto. C’è una diversa attenzione, si percepisce in modo diverso la violenza nei confronti delle donne. Questo soprattutto da parte delle donne stesse. In Spagna la legge contro le violenze di genere risale al 2005, quando si erano verificate, in un anno, 70 uccisioni di donne. La legge spagnola prevede tribunali di genere e procuratori specializzati nella materia. Facendo il rapporto tra popolazione e uccisioni di donne l’incidenza dei femminicidi in Italia, nel 2006, era superiore al dato spagnolo, ma da noi l’attenzione alle violenze di genere nasce ora. Perché ora è il momento in cui le donne, con la loro forza, vogliono cambiare il paese. Nel 2011, col 13 febbraio, le donne hanno chiesto la responsabilità di governare il paese. Femminicidio e allontanamento delle donne dalla scena politica sono due aspetti della violenza maschile. L’eliminazione fisica è l’annullamento della persona, lo stupro è volontà di sopraffazione di un genere sull’altro, il monopolio maschile dei luoghi del potere è la cancellazione delle donne dalla scena pubblica.
Dobbiamo rompere il velo della rimozione.
Simonetta Robiony
Non allargherei, io, troppo la nostra manifestazione sulla violenza perché il tema stesso ha mille implicazioni: basta legarle tutte, accennando a rappresentanza, rappresentazione ma soprattutto cultura che a me pare centrale. All’università, cento anni fa per me, ho fatto alcuni esami di antropologia culturale, mi colpì molto una riflessione sul linguaggio non verbale: veniva spiegato che nei paesi arabi una donna, anche se di potere, non veniva mai lasciata da sola in una stanza con uno o più uomini perché questo avrebbe significato che era disponibile a rapporti sessuali. il fraintendimento culturale mi pare alla base della attuale violenza dei maschi. Noi ci mettiamo la minigonna perché davanti allo specchio ci piacciamo: abbiamo belle gambe, ne siamo fiere, le mostriamo. Loro pensano che lo facciamo per offrirci e per provocarli. Quando diciamo no, loro lo vivono come una rivolta, una offesa, noi come una libera scelta che andrebbe rispettata. Lo sperimentiamo tutti i giorni. Io sono sposata da più di 40 anni, mio marito è un uomo gentile poco incline ad atti violenti, ma pratica nei miei confronti una violenza più sottile: non mi vede per quel che sono, mi sminuisce, mi chiama con nomignoli affettuosi che mi rappresentano come una sciocchina, distratta ma buona, cosa sbagliatissima perchè io posso essere stupida ma non sciocchina, generosa ma non buona. La cosa curiosa è che non me ne importa molto. non mi sento sminuita da questo atteggiamento. Mi sono chiesta perchè. La mia risposta è che dai miei genitori ho avuto un forte rafforzamento del mio io profondo, credo di sapere quel che valgo e quel che non valgo, mi curo poco del giudizio altrui. Non so se sia un bene o un male ma è così. Sono sicura di me. vorrei solo essere o meglio esser stata bellissima ma questo e’ un altro discorso. Credo che sia a ragione di questa mia sicurezza interiore che le molestie, chiamiamole così, ricevute dagli uomini nel corso della mia vita, non mi hanno mai turbato. Anzi ho sempre visto questi maschi come ridicoli, pietosi, fragili e me ne sono sempre difesa con una risata e parole gentili ma ferme. Voglio dire: non ne ho avuto paura. A me pare che le donne debbano imparare a non avere paura smontando quando è possibile ogni equivoco e se no rivolgendosi alla legge, negandosi, rifiutando ogni scusa. In un paio di casi ho dovuto anche dare qualche schiaffo. E’ servito. Ha fatto effetto. Oggi che ho più di 60 anni ovviamente non mi accade più di farmi fraintendere con il mio atteggiamento sorridente e partecipativo: oggi che sono vecchia sono invisibile. Ma resta il mio pensiero: noi donne siamo forti. Facciamolo vedere.
Scusate, un paio di interrogativi.
I) Rita Cavallari ha detto:”[…]Facendo il rapporto tra popolazione e uccisioni di donne l’incidenza dei femminicidi in Italia, nel 2006, era superiore al dato spagnolo, ma da noi l’attenzione alle violenze di genere nasce ora. Perché ora è il momento in cui le donne, con la loro forza, vogliono cambiare il paese. Nel 2011, col 13 febbraio, le donne hanno chiesto la responsabilità di governare il paese. Femminicidio e allontanamento delle donne dalla scena politica sono due aspetti della violenza maschile”
Questo è un classico caso di non sequitur che però getta un’ombra sinistra sull’ intenzione retorica del discorso: strumentalizzare la patosensibilità generale verso la violenza di genere per capitalizzarne la rendita di potere che ne può derivare.
Vorrei tanto essere persuaso del contrario ma è il testo è molto esplicito a riguardo.
II) Simonetta Robioni ha detto:”[…] Loro pensano che lo facciamo per offrirci e per provocarli. Quando diciamo no, loro lo vivono come una rivolta, una offesa, noi come una libera scelta che andrebbe rispettata. Lo sperimentiamo tutti i giorni. Io sono sposata da più di 40 anni, mio marito è un uomo gentile poco incline ad atti violenti, ma pratica nei miei confronti una violenza più sottile: non mi vede per quel che sono, mi sminuisce, mi chiama con nomignoli affettuosi che mi rappresentano come una sciocchina, distratta ma buona, cosa sbagliatissima perchè io posso essere stupida ma non sciocchina, generosa ma non buona. La cosa curiosa è che non me ne importa molto. non mi sento sminuita da questo atteggiamento”.
Delle due l’una: o non gliene importa molto e non si sente sminuita, ma allora perché parlare di un marito attuale che le “pratica una violenza più sottile” quando è chiaro a chiunque non sia abbagliato da un’ideologia dai tratti religiosi che quelli del coniuge sono frasari di pura affettuosità, di flatus vocis relazionale, di pattern o frames innocui che mimano, e così facendo smontano, gerarchie e semiotiche? Delle due l’altra: oppure la Robiony continua invece a sentirsi umiliata da questi atteggiamenti, ma allora lo dica e non se la racconti con la scusa (ma altri direbbero una razionalizzazione, e i peggiori parlerebbero di scotomizzazione) di un’emancipazione individuale e biografica.
“il monopolio maschile dei luoghi del potere è la cancellazione delle donne dalla scena pubblica.”
Fornero, Marcegaglia, Camusso sono bene o male le persone più potenti in Italia in questo momento. Fantasmi?
Ma soprattutto, qualcuno si è accorto della differenza in meglio rispetto ai precedenti leader maschili?
Perché dovremmo mettere una donna a capo di x azienda, x paese, x istituzione, se quelle che ci sono non sono meglio degli uomini?
Vediamo come suona:
– Perché dovremmo mettere a capo di x cosa un uomo dato che ci sono un sacco di uomini che fanno cose sbagliate?
– Eh ma ci sono anche quelli che fanno le cose giuste.
– E le donne no?
– No, le donne fanno solo cose sbagliate, meglio eliminarle in partenza.
Questo posto è mio e ti faccio entrare solo se mi piaci. Magari noi si entra anche se non piaciamo, poi si discute sul cosa non piace, perchè il posto non appartiene solo a un genere.
Dice Simonetta:
“Noi ci mettiamo la minigonna perché davanti allo specchio ci piacciamo: abbiamo belle gambe, ne siamo fiere, le mostriamo”.
Questo atteggiamento tecnicamente si chiama “esibizionismo”, ed è una componente fondamentale dell’animo umano quando non deborda verso manifestazioni patologiche (ciò succede quasi esclusivamente nei maschi, diventando tutt’altra cosa come noto).
Vorrei solo far notare che questa confessione di esibizionismo smentisce completamente la prima proposizione “perchè ci piacciamo”.
Sarebbe stato corretto dire “perchè abbiamo voglia di piacere”, con il che ammettiamo che si tratta comunque di un’azione rivolta ad altri, che coinvolge altri (anche le donne, a volte penso che le donne piacciano alle altre donne più o almeno altrettanto che agli uomini).
C’è una componente di richiamo sessuale in questa esibizione, perchè negarlo, e gli uomini, più sprovveduti io direi, non sono in grado di decriptarlo, si sentono sempre come destinatari di tali messaggi. Non resta che educarli e disciplinarli, come succede per quasi tutti i nostri istinti e come richiesto dalla stessa scelta di costituire comunità civili.
Trovo errato, ma soprattutto frutto di un’incomprensione grave il volere ignorare da parte di alcune donne l’inevitabilità del conflitto che va spostato da un ambito interpersonale all’interno stesso del maschio, ma che comunque rimane, non è eliminabile con un colpo di bacchetta magica.
Dalla risposta di Francesco F. al post “c’est moi qui l’ai tuée”
“Il maschio è programmato biologicamente per copulare. Non sa nulla di cosa succederà dopo la copula. […]
Per far sì che la femmina aumenti la sopravvivenza della prole, la pressione selettiva ha favorito la trasmissione genetica dei DNA femminili che per mutazione casuale tendevano a preoccuparsi dei figli.
Invece per l’uomo si può solo parlare di un istinto alla copula che, dovendo combattere con rivali, ha finito per selezionare gli individui più aggressivi. In definitvia l’uomo ha un’aggressività aspecifica maggiore delle donne.”
Sinceramente mi chiedo come sia possibile dare una qualsiasi posizione di responsabilità a chi è votato alla copula, quindi completamente sottomesso ai suoi istinti e manipolabile.
Se le cose biologicamente stanno veramente così, mi pare EVIDENTE che solo le donne – che hanno interesse nella cura della prole e quindi del membro della comunità – possano avere posizioni di potere e responsabilità…gli uomini meglio tenerli sottomessi e dare loro del sesso per tenerli buoni.
P.S.; ovviamente non credo nulla di tutto questo. Ma ecco, chi di biologia ferisce….
@Herato
…di biologia perisce. Concordo con quanto scritto da Francesco F.
Il suo errore, caro Herato, consiste nel credere che il virgolettato implichi una cesura netta tra biologia e cultura. Dire che la biologia articola probabilsticamente degli istinti non vuol dire che la cultura non abbia un ruolo. Tutt’altro. Purtroppo statisticamente la distribuzione degli istinti fa sì che ci siano soggetti tarati, impermeabili alla cultura. Il violentatore che apre l’impermeabile alle sconosciute, prendendo ad esempio un caso limite, non è il prodotto di una cultura e non sarà con la cultura che potrà essere curato. È una genetica e un quadro ormonale che vincono su qualsiasi valutazione culturale. Fortunatamente tali individui sono pochi, così come in senso assoluto lo sono i femminicidi. Non vorrei ri-scatenare flame quindi aggiungo che ogni assassinio è grave di per sé ma che per assurgere a problema d’ordine politico deve avere un’incidenza che superi una soglia di minaccia per la comunità.
Ma rispondo anche a Serbilla che assieme a lei compie un altro errore: credere che il potere sia un processo che deriva dalla delega e rappresenti un diritto decidibile dall’esterno. No. Il potere è una lotta e chi lo prende lo ottiene con la forza, anche qualora fosse la forza educata e azzimata di un processo che appare meritocratico. Ottenere il potere è sempre il massimo della meritocrazia, perché solo gli ingenui sono persuasi che la meritocrazia riguardi la materia e non il modo. Il fatto di essere al potere è prova del nove che si è avuto il merito (ovvero la forza) di ottenerlo. È orrendo ma è così. Il che spiega la domanda (retorica) di Binaghi: un sistema di potere basato sulla forza non può che vedere vincenti soggetti forti che ne replicano e ne rinforzano il meccanismo di presa di possesso. Per questo i tre nomi al potere da lui citati non sono donne, e non sono uomini: sono ruoli.
@Serbilla
Come al solito, quello che scrivo lo leggi a modo tuo.
Intendevo semplicemente dire che
1) Non è vero che le donne sono escluse dalle posizioni di potere
2) Non è vero che esercitano il potere meglio degli uomini, cioè portando nel potere qualche tipo di superiore sapienza
3) Vorrei essere libero di mandare a fare in culo un ministro criminale, anche se porta la gonnella, senza essere accusato di sessismo.
Il resto son tutti fantasmi tuoi.
Per la verità io sono d’accordo con tutti i punti. Il mio commento è stato suscitato dalla frase in se: “Ma soprattutto, qualcuno si è accorto della differenza in meglio rispetto ai precedenti leader maschili?”.
Cioè, mi spiego, non è un’accusa di sessismo a lei, ma a questa frase, che non è insolita tra i sessisti.
Meglio che ci diuamo del tu.
A furia di bisticciare vedrai che diventiamo amici.
🙂
🙂 occhei
Grazie Serbilla, è quello che cerco sempre di spiegare anch’io: voglio poter scegliere tra le donne quelle che mi piacciono e contrastare quelle che non mi piacciono, nella stessa misura in cui attualmente posso farlo solo tra gli uomini che si candidano a qualcosa o che agiscono pubblicamente alcunché.
Prima stabiliamo la parità di genere ai nastri di partenza, poi discutiamo nel merito.
aggiungo che è per questo che ho firmato la http://www.petizionionline.it/petizione/lettera-aperta-ai-partiti-il-voto-delle-donne/6493
La GENETICA.
Torno al commentarium, e dopo la regina BIOLOGIA arriva pure la GENETICA.
Vabbè va.
Scusatemi per la frammentazione dei commenti: grazie Simonetta Robiony, il fraintendimento culturale, cioè la persistenza, nella mentalità e nella percezione di tanti uomini, della stessa cultura che tu ricordi per i paesi islamici e che Carlo Levi rilevava nella Lucania di “Cristo si è fermato ad Eboli”.
Per Cucinotta Vincenzo: perché esibizionismo? semmai narcisismo (mettersi davanti allo specchi e contemplarsi). Faccio un esempio: non mi sono mai interessata agli uomini, eppure, quando potevo permettermelo (dieci o quindici anni di meno e altrettanti chili di meno) indossavo spessissimo le minigonne, quale sarà stato dunque il mio obiettivo inconscio? Certo non attirare l’interesse delle donne, che non hanno bisogno delle minigonne per interessarsi ad una loro simile. Passo e chiudo.
@Paola M
Beh, però così tu aggiri la questione che ponevo, e lo fai a partire dall’ignorare l’esatto modo in cui Simonetta si esprime. Ella dice esplicitamente che ha qualcosa di bello da mostrare, e quindi l’esibizione c’è. Io vado oltre, ritrovo il giudizio dello stesso soggetto su di sè come il frutto di un input dall’esterno. Insomma,non è che siccome mi piaccio, mi mostro, ma al contrario siccome ho potuto sperimentare che se mostro suscito interesse ed emozioni in altri, allora finisco io stessa per piacermi.
Questo piccolo passaggio è per me fondamentale, proprio perchè sono convinto che l’elemento di socialità nell’uomo sia preponderante, e ritrovo proprio qui la radice dei danni provocati dal liberalismo, che parte dall’individuo come se preesistesse alla società, mentre è l’esatto contrario, è la società che preesiste al singolo individuo. Credo che questi pregiudizi liberali inquinino anche il femminismo, e per questo ci tengo tanto a rimarcare questo aspetto che ad altri può apparire un dettaglio privo di importanza.