54 IN GRAN BRETAGNA

Due pagine del Times sui Wu Ming, in occasione dell’uscita di 54. E grazie a Wu Ming 1, ecco la traduzione.

LA BANDA DEI CINQUE

Nel profondo dei colli sopra Bologna, una misteriosa band di scrittori ha messo a punto un “plot” davvero malvagio per rovesciare il mondo delle celebrità

di James Eve

 

Se uno credesse a tutto quello che si è scritto sul gruppo di romanzieri italiani noti come Wu Ming, penserebbe a rivoluzionari coi denti sporchi di sangue. Con il loro precedente pseudonimo – quello dell’ex-calciatore del Watford e del Milan Luther Blissett – hanno pubblicato “Q”, vasta e sanguinosa spy story ambientata durante le guerre di religione nell’Europa del XVI° secolo. E’ diventato un best-seller in tutto il Continente. Certo, l’interesse non era solo per il successo del libro, ma anche per le attività non-letterarie del gruppo, tra cui, secondo alcuni reportages mozzafiato, il dirottamento di un autobus notturno a Roma.

Il mistero che circonda il gruppo s’infittisce con il loro rifiuto di farsi fotografare. “Caro James, non possiamo fare un’intervista con un fotografo che ci ronza intorno”, dice in un’e-mail Roberto Bui, altrimenti noto come Wu Ming 1. “Niente fotografi, niente facce, ecco le nostre condizioni”. La sua promessa di portarmi “in un posto sui colli” dopo la nostra chiacchierata suona vagamente minacciosa. Mi chiedo se non stiano pensando di rapire un giornalista.

Viene fuori che non c’è da preoccuparsi. L’unico legame tra i dirottatori romani e questo collettivo di scrittori con base a Bologna è la scelta dello pseudonimo. Non sanno spiegare l’origine dell’uso di “Luther Blissett”, spiegano che era un nome usato da molti artisti e hackers a metà anni Novanta, soprattutto per spacciare notizie false ai media. Inoltre, il loro coinvolgimento col personaggio Blissett è ormai storia. I quattri membri originari – Bui, Giovanni Cattabriga, Luca Di Meo e Federico Guglielmi – se lo sono lasciati alle spalle a fine 1999. Da allora, hanno aggiunto un quinto membro, Riccardo Pedrini, e assunto il nome di Wu Ming (“Anonimi” in mandarino).

Si presentano solo due membri del gruppo, Bui e Guglielmi. Siamo qui per parlare del loro ultimo romanzo, “54”, uscito in Italia nel 2002 e appena tradotto in inglese. Come “Q”, è un’epopea di ampio respiro, anche se l’ambientazione è moderna. Fatta eccezione per un breve prologo, si svolge tutto nel 1954.

La trama è una formidabile impresa d’immaginazione, si muove senza sosta tra Bologna, Napoli, la California, Mosca, Dubrovnik e Marsiglia. Un filone segue un giovane italiano in cerca del proprio padre, ex-partigiano che diserta l’esercito di Mussolini per combattere coi comunisti e scompare in Jugoslavia. Un secondo filone segue un mafioso napoletano che progetta di sottrarre i proventi di un traffico di droga. Ma la storia più audace è quella che immagina Cary Grant a Palm Springs, stanco del cinema e pronto a ritirarsi, ma convinto a partire in missione segreta alla volta della Jugoslavia, per parlare col maresciallo Tito di un film sulla sua vita, con lo scopo di lusingarlo e allontanarlo ancor più dall’Unione Sovietica.

Grant non è il solo personaggio storico ad apparire nel libro. David Niven, Alfred Hitchcock, Grace Kelly, Tito e il capo del KGB, il generale Serov, fanno tutti dei cameo. Ogni tanto, titoli di giornali ci offrono istantanee del mondo di quell’anno: la sconfitta dei francesi a Dien Bien Phu, gli ultimi spasmi del maccartismo e tintinnio di sciabole in Sudamerica, dove gli USA cercano di proteggere i loro interessi economici. Infine, disordini civili a Trieste, ancora occupata dagli Alleati a nove anni dalla fine della guerra.

A tenere insieme tutto c’è un costoso televisore americano, rubato da una base militare nei pressi di Napoli, che passa da un ricettatore all’altro, a tratti si fa narratore e si lamenta di quei barbari di italiani, privi di rispetto per una simile meraviglia tecnologica.

La visione panoramica del nuovo libro (e del suo predecessore), secondo Bui, riflette il modo in cui è stato scritto: col lavoro di cinque cervelli. Dice Guglielmi: “Questo tipo di letteratura di ampio respiro, con molti personaggi e spostamenti intorno al mondo, non è granché individualistica. Ha una dimensione corale.”

Aggiunge Bui: “Un romanzo corale non può essere letteratura intimistica, a sfondo familiare. Quello è un altro genere, che ha i suoi estimatori, ma noi non siamo tra questi. Preferiamo mostrare tutta la complessità della vita, tutte le sue possibilità, tutti i suoi personaggi. Siamo massimalisti, non minimalisti.”

Ci sono già stati esempi di collaborazione letteraria. Qualche anno fa un gruppo di scrittori irlandesi, tra cui Roddy Doyle e Colm Toibin, scrisse “Finbar’s Hotel”, romanzo formato da sette storie vagamente collegate tra loro. I capitoli non erano firmati. Il romanzo “54”, però, è collaborativo in un’accezione più radicale. “Da un punto di vista pratico, non è tanto diverso dal normale processo di scrittura e revisione, solo che qui le due cose avvengono simultaneamente”, dice Guglielmi. “Per quel che riguarda la trama, ogni persona ha un compito: tutti scriviamo un capitolo o una scena, poi mostriamo il testo agli altri, che intervengono, propongono e fanno modifiche etc. Alla fine, abbiamo un libro scritto da tutti quanti, già rivisto, pulito. Ciascuno di noi è scrittore ed editor, è come se le due professioni si fondessero.”

Gli scrittori si riuniscono ogni tre giorni per controllare che cinque stili diversi non lacerino il tessuto del libro. Il procedimento può essere lento. “Ci occorrono anni per scrivere un romanzo”, dice Bui. “Tre anni per scrivere Q, due e mezzo per 54”. E’ un metodo che lascia molto spazio alle “differenze artistiche”.

Per Bui, è presto detto cosa renda attraente la scrittura collettiva: “Ci divertiamo. Siamo una band, non di musicisti, ma di cantastorie”. Bui vede la scrittura collettiva nel contesto di un’antica tradizione di racconto orale. Tradizione che sopravvive in progetti su larga scala, come le sceneggiature di Hollywood, ma rara tra i romanzieri. “Lo scrittore è un cantastorie, come i menestrelli del medioevo, come i bardi nella cultura celtica – un personaggio che racconta storie ed è in contatto col popolo. Non vive in una torre d’avorio, isolato, non ha sentimenti più elevati, quella roba è parte del mito romantico dell’autore.”

E il loro rifiuto di farsi fotografare? Non dev’essere semplice, per un gruppo di scrittori il cui romanzo d’esordio ha venduto un quarto di milione di copie in giro per il mondo. Il punto non è l’anonimato, spiega Bui. Dopotutto, i loro nomi sono sul sito di Wu Ming. E’ invece un modo di contestare la nostra epoca, ossessionata dalla celebrità. “Non ci interessa il meccanismo dello scrittore come star, come celebrità. Non ci facciamo fotografare perché riteniamo le nostre opere più importanti delle nostre facce.”

Alcuni membri di Wu Ming avevano poco più di vent’anni quando iniziarono a scrivere “Q”. Il nuovo romanzo è un’opera più riuscita. In “Q”, spesso i personaggi sembravano schiacciati dai grandi eventi storici che li circondavano. Lo scenario di “54” non è meno ambizioso, ma c’è una piacevole levità del tocco. Il ritratto di un Cary Grant stanco del mondo, che tratta con impazienza il flaccido sosia mandato dal MI6 a impersonarlo mentre è in missione in Yugoslavia, e poi dilaniato dal senso di colpa durante la visita alla madre malata a Bristol, è pienamente convincente.

Il libro è anche pieno di allusioni e strizzate d’occhio, uno humour che in “Q” mancava. Il televisore americano si fregia del nome di “McGuffin Electric Deluxe”. “McGuffin” è il nomignolo che Hitchcock dava a un espediente di trama atto a produrre suspense. “Ho letto un libro ridicolo e disgustoso, scritto da un certo Fleming”, dice Grant al suo amico David Niven, prima di riassumere la trama di “Casino Royale”. “Ecco un libro da cui non trarranno mai un film!”, scherza Niven. Il quale, tredici anni dopo, interpreterà Bond in “Casino Royale”.

Chiedo loro se non temono di fare errori quando usano personaggi realmente esistiti, e se non si sentono mai limitati dal ricorso a fatti veri. “No, non credo”, risponde Bui. “Devi infilarti nelle fessure della storia. Ad esempio, non sappiamo bene cosa fece Cary Grant nel 1954 durante il suo ritiro dal cinema. Sappiamo solo che andò in vacanza a Hong Kong, ma per il resto fece una vita molto riservata. Quel che abbiamo fatto è stato riempire lo spazio vuoto.”

Quelle fessure si sono dimostrate territorio fertile. Anche se i suoi membri portano ancora le loro maschere, Wu Ming non è più un nessuno.

 

54 di Wu Ming è edito da William Heinemann, £16.99.

 

[Seguiva un estratto dal romanzo, una grossa porzione del cap. 3 prima parte (le riflessioni di McGuffin prima di essere rubato)]

 

31 pensieri su “54 IN GRAN BRETAGNA

  1. Complimenti alla Musa. Non dev’essere stato facile, per lei, ISPIRARE un intero collettivo sulla base degli stimoli ricevuti dai suoi componenti tra 0 e 3 anni:-/

  2. Quando moriranno gli attuali componenti di Wu Ming cosa succederà? Verranno rimpiazzati? E così per sempre? Wu Ming non diventerà mai un autore classico perché sarà sempre attuale.

  3. io, fossi uno degli attuali componenti del collettivo, mi farei una ricca grattata di palle con la mano sinistra tirando via un pelo, farei tre passi indietro sputando per terra tre volte e facendo le corna, sempre con la mano sinistra gridando tiè tiè tiè.

  4. un famoso esempio di mcguffin hitchcockiano:
    un casatiello preparato da una massaia dei quartieri spagnoli per essere consumato a pasquetta, sulla spiaggia di scalea viene sottratto da un industriale bresciano. nascosto nella ventiquattrore il casatiello viaggia tra milano e kiev, dove l’industriale ha un meeting d’affari. durante il ritorno, all’aereoporto di sofia, l’industriale viene aggredito nella toilette da due killer che gli fregano il casatiello per conto della mafia russa che ne vuole scoprire la ricetta per insegnarla alle ragazze ucraine che introduce in italia clandestinamente. gli italiani, ammaliati dalle “polacche” che sanno fare il casatiello abbandonano le famiglie, sono svogliati nel lavoro e causano una recessione mai vista nel belpaese.

  5. Se permetti, Riccardo, mi tocco le palle.
    Dopodiché, ti dirò che è questione parecchio oziosa. Quando morirai tu, che farà la tua famiglia? Ti rimpiazzerà?
    Al pari di tutti quanti, ci penseremo quando verrà il tempo. Wu Ming non è come il Luther Blissett Project (che, tra l’altro, qualcuno si affannava a dare per finito già a metà del ’95! :-)).
    Wu Ming non ha date di scadenza, andiamo avanti finché ci pare, alla facciaccia di chi ci vuole male, o addirittura ci vuole morti 🙂
    Si parva licet (e anche se non licet), Harrison e Lennon sono morti, e i Beatles sono un autore classico.
    Dixit il grande Tommaso Didimo: “E’ difficile per noi immaginare che Omero somigliasse più ai Beatles che a Leopardi in gobba e basette, ma se ci liberiamo di questa falsa concezione…”
    …capiamo molte più cose.
    Ragazzi, rinfoderiamo le sciabole. 54 verrà capito più in Inghilterra che in Italia. Embeh? E’ forse la prima volta che succede, a un autore italiano? Non direi. E’ accaduto svariate volte, e tutte le volte è servito a valorizzare *tutta* la scena nazionale.
    Se si crea curiosità per quel che scriviamo qui, se gli autori italiani, nelle interviste e nei colloqui con gli editori, nominano altri autori italiani che meritano (noi lo facciamo sistematicamente), si crea un circolo virtuoso, cresciamo tutti quanti.
    Se invece, quando uno viene capito all’estero, qui in Italia gli si mugugna alle spalle, non si arriva da nessuna parte.

  6. William Campbell, secondo alcuni.
    Infatti nell’intervista al Times avevamo parlato di quella leggenda urbana, con riferimento all’operazione Bondurant nel nostro romanzo, ma il giornalista non poteva infilare nell’articolo tutto quello di cui si è parlato.
    Il libro più bello e documentato sulla “Paul Is Dead Hoax” si chiama *Turn Me On, Dead Man*, lo consiglio vivamente, è un’inchiesta a ritroso per scoprire chi fu il primo a mettere in giro quella voce assurda, e come e perché la mania di trovare “indizi” nelle copertine dei dischi beatlesiani prese piede in America. L’autore, Andru J. Reeve, di intervista in intervista arriva a trovare il Primo Disseminatore, l’Ur-pettegolo.
    Sul serio, vale la pena. Qualche editore italiano dovrebbe comprare i diritti e tradurlo.
    http://www.amazon.com/exec/obidos/tg/detail/-/1418482943/qid=1116157340/sr=8-6/ref=sr_8_xs_ap_i2_xgl14/102-0754061-0755355?v=glance&s=books&n=507846

  7. anche paul mccartney è morto, rimpiazzato da un tale Billy Shepherd o Billy Shears o Faul… “he blew his mind out in a car”… magari si può fare lo stesso…;)

  8. quasi quasi me lo traduco e lo propongo direttamente a un editore, a volte è la via più breve. però, se mi riesce, ti chiedo una prefazione.

  9. Hai voglia, lipperini!! Preso atto dell’accerchiamento che i Wuming subiscono nel suo blog, si rende necessaria la liberazione del malcapitato ostaggio!!Bisogna liberarlo pompandolo!!
    però…quello wuminghiano non è artigianato, è scrittura “industriale”.sta rinascendo invece la potenza e tanti iniziano a tremare e a tramare pure…ihihihihihihih

  10. Hai voglia, lipperini!! Preso atto dell’accerchiamento che i Wuming subiscono nel suo blog, si rende necessaria la liberazione del malcapitato ostaggio!!Bisogna liberarlo pompandolo!!
    però…quello wuminghiano non è artigianato, è scrittura “industriale”.sta rinascendo invece la potenza e tanti iniziano a tremare e a tramare pure…ihihihihihihih

  11. Siate seri. Il tempo non può invidiare, ha solo le antenne.
    Quando un paese è al collasso, quando un paese è tabula rasa e disperazione, rinasce l’artigianato, la potenza, non la scrittura “industriale” che rimesta sempre la stessa acqua e in più è necrofila e necrofaga.

  12. Siate seri. Il tempo non può invidiare, ha solo le antenne.
    Quando un paese è al collasso, quando un paese è tabula rasa e disperazione, rinasce l’artigianato, la potenza, non la scrittura “industriale” che rimesta sempre la stessa acqua e in più è necrofila e necrofaga.

  13. scusate, una cosa che non c’entra, però c’entra -visto l’impegno dei wu ming nei confronti di una “cultura libera da interessi economici e di parte”. e questo mio intervento questo aspetto del loro lavoro vorrebbe sottolineare.
    oggi sul corriere della sera c’è un articolo in cui lo scrittore franco cordelli a proposito del festival delle letterature di roma, gestita da anni con soldi pubblici, accusa Borgna in questo modo ” chi stabilisce l’eccellenza (la popolarità, n.d.a) in una manifestazione gestita con pubblico denaro?”
    l’articolo è divertente, perchè per buna parte l’autore – secondo me uno dei migliori della sua generazione, e anche dei più rappresentativi, parla così, ” Tra i letterati c’è una specie di convenzione o uno stile, che non prevede l’indignazione. Cioè non prevede che l’indignazione sia resa manifesta. al telefono o in casa si può dire tutto di tutti, ma in pubblico parlare è proibito o scostumato.
    (…) con anni di anticipo sarebbe possibile prevedere chi sarà invitato a fare che – penso, per essere espliciti,
    anche alla gestione della Casa delle Letterature (a Roma, tutti zitti, quindi, n.d.a)
    credo dipenda (dal fatto…) che gli altri dicano, come in effetti dicono, che chi parla lo a per ragioni personali, per invidia, perchè è stato escluso da qualcosa, perchè hanno più successo. (…)
    ma l’effetto del timore, a cosa porta se non all’abbattimento della critica, e in specie della critica sociale?”
    l’articolo è lungo, ma l’ho riprodotto su ilpostodeilibri.it, 31, che ritarda a uscire (a parte le mie lentezze) perchè voglio aspettare che wuming1 mi rimandi un’intervista (su, cosa vuol dire la bellezza, e cosa l’etica, nella scritture, se Dostoeskij avesse talento anche perchè epilettico o no, che consigli darebbe a un/a giovane che volesse intraprendere il suo stresso lavoro…) allora, appena ce l’ho pronto, questo numero succulento (recensione a Lagioia, e anche a Rose Macaulay, una inglese delle solite de ilposto) ve lo giro 🙂 e ve lo dico
    🙂

  14. Scrittura industriale? Vorrebbe dire che, in un paese ormai quasi privo d’industria competitiva, i WM sono tra i pochi a tenere alta la bandiera del “Made in Italy”. E vi pare poco?
    Ah, no: dimenticavo Angelini. Pure lui ce lo invidiano tutti, dall’Alaska alla Tasmania.

  15. @ è tempo, sai com’è io mi accontento di poco.
    🙂 in una città in cui si consuma – a volte, non sempre, c’è anche del buono – il “peggio”, da tutti i punti di vista, chiunque sia ad alzare un dito per dire, “scusate, c’è di peggio?”, per me è degno di attenzione.
    ma forse sbaglio. io vado, poi se sbaglio, dico, “Ho sbagliato”, boh.

  16. be, no, io un po’ ho capito, se sbaglio è tempo mi corregga: lui dice, “siamo ai minimi termini. o si è vitali e puliti, o chi se ne frega!”, giusto, è tempo? io un po’ sono d’accordo. ma la “vitalità e la pulizia, la serietà, la competenza anche tenica” un po’ la devi intrevedere, così, come propensione, se no si fa in fretta a pensare male di tutti, no, ‘è tempo’?

  17. Il tempo pensa a tutti, a ciascuno darà la sua parte, bella o brutta che sia. Su questo credo siamo d’accordo.
    Certo, la serietà non posso intravederla. Non vedo proprio necessità e utilità dell’immaginario che simili operazioni vogliono far passare.
    Non credo ad una asserzione del genere:”Lo scrittore è un cantastorie, come i menestrelli del medioevo, come i bardi nella cultura celtica – un personaggio che racconta storie ed è in contatto col popolo. / Non vive in una torre d’avorio, isolato, non ha sentimenti più elevati, quella roba è parte del mito romantico dell’autore.”
    La trovo arrogante, stupida e catalogante.Di breve respiro.
    La grande scrittura sta in mezzo, nella barra che ho messo nella citazione surriportata. E’ l’una e l’altra cosa insieme.
    Non nei flussi comunicativi ma nella fluidificazione di quelle due parti, nella zona in cui si perde la dualità che il Bui ingenuamente, modaiolamente, capralmente richiama a sprone battuto, sta ogni grande forma di espressione artistica, o di espressione e stop, per farla breve.

  18. Il tempo pensa a tutti, a ciascuno darà la sua parte, bella o brutta che sia. Su questo credo siamo d’accordo.
    Certo, la serietà non posso intravederla. Non vedo proprio necessità e utilità dell’immaginario che simili operazioni vogliono far passare.
    Non credo ad una asserzione del genere:”Lo scrittore è un cantastorie, come i menestrelli del medioevo, come i bardi nella cultura celtica – un personaggio che racconta storie ed è in contatto col popolo. / Non vive in una torre d’avorio, isolato, non ha sentimenti più elevati, quella roba è parte del mito romantico dell’autore.”
    La trovo arrogante, stupida e catalogante.Di breve respiro.
    La grande scrittura sta in mezzo, nella barra che ho messo nella citazione surriportata. E’ l’una e l’altra cosa insieme.
    Non nei flussi comunicativi ma nella fluidificazione di quelle due parti, nella zona in cui si perde la dualità che il Bui ingenuamente, modaiolamente, capralmente richiama a sprone battuto, sta ogni grande forma di espressione artistica, o di espressione e stop, per farla breve.

  19. giusto per curiosità:
    come si fa a capire che un paese è al collasso? che è tabula rasa? che è disperazione?
    cos’è la letteratura industriale? l’artigianato? e soprattutto, la potenza?
    così, giusto per fare conversazione.

  20. e no, eh? è tempo, ti ho dato tempo, ma sulla “fluidificazione” me ne scappo pure io. 🙂 scusa. vado di corsa.

  21. no, non siamo affatto daccordo su questa idea metafisica di tempo.
    per me il tempo non pensa, non distribuisce doni come babbo natale. io non credo più a babbo natale, non credo a un dio buono che perdona, nè a un dio cattivo che punisce.
    in più non credo a “operazioni” finalizzate a “far passare” un certo immaginario.
    non credo all’idea romantica/autoritaria dell’autore.
    infine, non credo nell’uso di toni aspri, “ingenuamente, modaiolamente, capralmente”, in un confronto che sarebbe di gran lunga più interessante se non si trasformasse in uno scontro.
    p.s. non credo nella parola “surriportata”.

  22. Se è davvero il tempo a decidere, allora gli si deleghi in toto il giudizio, senza perdere tempo a rosicare e denigrare hic et nunc.
    Se il vero scrittore è quello che sta nella torre d’avorio, bene, che ci rimanga, senza invadere gli spazi dove noi mortali ci confrontiamo.
    Tanto sarà il tempo a incidere il suo nome nella toponomastica e nelle lapidi:
    “Qvi visse l’avgvsto prosator xxxx xxxxxx, il qvale, di fronte a vna mvraglia d’ingrato scherno, tra qveste pareti creò l’arte che imperitvra…” etc. etc.
    Nel frattempo, noi mortali abbiamo bisogno di raccontare, ascoltare e ri-raccontare storie, abbiamo bisogno di storie come l’acqua che compone il 90% dei nostri corpi, storie che ci animino in quanto singoli e in quanto comunità, che ci diano il contesto del vivere tra noi.
    Abbiamo bisogno di poemi epici come di racconti brevi, di frammenti come di narrazioni alluvionali.
    Abbiamo bisogno di artigiani, persone che segano e inchiodano e incollano e piallano e verniciano e lucidano il legno per farne manico di vanga per farne cassapanca in cui stivare le storie più preziose, per farne manico di vanga e scavare la terra in cerca di storie, per fare travi di storie che sorreggano e impalchino il mondo.
    Questa è la mia umile idea.
    Respiro, respiro…Digrignando i denti s’infiammano le gengive e il respiro si fa pesante (nel senso di alitosi). Lo sento attraverso miglia e miglia di doppini e fibre ottiche.
    Calma, tranquillità e facondia. Ogni percorso è legittimo purché non si cerchi di imporlo agli altri. Calatemi dall’alto la vostra somma idea dell’Arte e io vi calerò sul cranio il manico di vanga dei surriportati artigiani 🙂

  23. Posto, sono un po’ in ritardo con le risposte, perché non rispondo solo io, stiamo tenendo la linea di rispondere collettivamente a tutte le interviste, quindi sono in attesa che tutti gli altri mi mandino i loro input con proposte di montaggio (ne ho già tre su cinque compresa la mia), io poi metto insieme e ti invio tutto. Stanotte, credo.

  24. scusate, io non sono tanto grande, e neppure molto alta ^_____-, e qui mi ha mandato la mia amica mimma, ma voi parlate di libri che non conosco e se li conosco non mi sono piaciuti per nulla. io leggo almeno cinque romanzi al mese, quando la scuola mi lascia tempo, e seguo i consigli delle amiche o mi faccio le mie idee, peròòòòòòò

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