La vostra eccetera è una delle poche persone al mondo capace di prendersi l’influenza con questo clima. Tant’è. Ho appena dovuto annullare un piccolo tour pugliese per il libro e spero di poter essere sabato alla serata finale del Premio Città di Bari.
Il post di oggi è, comunque, una mail che ho ricevuto nei giorni scorsi. Me l’ha inviata Stefania Di Mella e, con il suo permesso, la condivido volentieri con voi. State bene, voi che potete.
Cara Loredana,
ha presente Arisa? Ho appena avuto la sfortuna di imbattermi nel suo secondo singolo, quello che fa seguito al tormentone Sincerità. Si intitola Io sono ed è una specie di dichiarazione di intenti di una giovane donna tradizionalista, che riscopre gli antichi e sacrosanti valori della famiglia, della casa, dell’amore. Da un punto di vista, però, della ragazza di oggi, che “si sbatte” giorno dopo giorno, è piena di amici, continua a sperare nonostante faccia parte di una generazione per cui forse la pensione non arriverà mai. Ecco, le consiglio davvero di ascoltarla, se non l’ha già fatto: il testo è un concentrato di riflessioni conservatrici in un linguaggio giovanilistico ( Io sono una donna che crede all’amore che vuole il suo uomo soltanto per sè voglio essere mamma perchè la mia mamma è la cosa più bella che c’è mi piace il natale, domenica al mare, poi alzarsi da tavola verso le tre perchè la famiglia a me mi meraviglia, mi piglia, vorrei farne una da me), arrivando a toccare vette inesplorate di esaltazioni della vita piccolo-borghese (E quindi amici non si può mollare, io continuerò a sognare una casa che che abbia un balconcino con le piante e un angolo cottura bello grande.) Intendiamoci: sogni legittimi, ma come possono ispirare strofe di canzoni? Diventare motivo di identificazione, di autorappresentazione?
Naturalmente a condire il tutto c’è un’interpretazione leggera, sdrammatizzante, che non sai mai se ci fa o ci è (domanda che ad Arisa viene posta continuamente, come lei stessa ama sottolineare). Ora il punto è: sono solo canzonette? Io temo di no. Vedo con molta preoccupazione l’affermarsi di un modello alternativo al “velinismo” che però si colloca a mio parere sullo stesso asse valoriale. Arisa è bruttina, d’accordo, e ha un look apparentemente originale, poco conforme. Per contro, però, canta la semplicità, la vita di poche pretese (E quando si organizza la serata tra un bicchiere e una risata fatta in compagnia mi rendo conto che mi serve poco, che tutta questa vita è un grande gioco), il sogno della donna media (ebbene sì, anche nel 2009). Non ci sta forse dicendo, allineandosi totalmente al modello socioeconomico dominante nel nostro paese e ai messaggi – espliciti e no – che arrivano da una buona fetta dell’opinione pubblica, che forse, alla fin fine, è meglio accontentarsi, fare le brave, non cercare a tutti i costi di affermarci nel lavoro, con le nostre lauree che tanto non portano a niente, e mirare invece a un bell’angolo cottura e a un balconcino rigoglioso? Forse il fatto che non la vediamo in désabillé dovrebbe tenerci tranquille? Come pure il suo ottimismo incontrastato, le sue conclusioni sempre e comunque positive? Francamente temo la forza subdola e strisciante di messaggi e simboli simili, la presa che possono avere (e che, chiaramente, i produttori di Arisa hanno individuato con precisione chirugica) su tante, troppe ragazze che nel ritorno alla vita delle loro mamme hanno già ripreso a individuare una scappatoia esistenziale importante, in un momento in cui le strade alternative sembrano troppo impervie e poco popolari. E che se proprio belle non sono, se non possono aspirare a una vita di serie A, possono sempre rifarsi con Arisa: ex estetista, un italiano stentato, che fa tanto poco snob, misteriosa e intrigante sulle prime e sulla base del suo look, ma poi, quando la senti parlare, vicina e inoffensiva come un personaggio del grande fratello.
Cara Zaube, ma cos’è una canzonetta in cospetto del nostro inarrestabile premier!? Ma avete sentito com’ha trattato la Marcegaglia! “Velina…elegante…vaporosa… pareva che volasse..” Insomma, sì, quella sarà anche la presidente degli industriali… ma PRIMA DI TUTTO è una donna! E anche gnocca! Ecco il “sottile” messaggio…e son convinto che queste cazzate offensive gli vengono da sè, è convinto davvero di fare opera gradita e galante…o forse LO SA d’essere sprezzante e lo fa apposta o se ne frega? Mah. Meno male quella s’è giustamente incazzata…anche troppo poco, per me.
Ma chi ce l’ha mandato? Cosa dobbiamo scontare? D’esse stati comunisti? Va bene, abbiamo peccato, perdono, ma ora basta!
http://diewerkstatt.blogspot.com/2009/05/arisa.html
Concordo in pieno con Stefania di Mella.
In merito alla canzone di arisa ho scritto qualcosina sul rinunciare alla responsabilità pubblica per rintanarsi nella vita privata.
ciao
ti
…comunque, a titolo informativo, la canzone di Arisa è qui:
http://www.youtube.com/watch?v=QrfcKwqBCAE
Pe riprendere quello che diceva Valeria a proposito di mitopoiesi e di futuro e di Officina Italia, ecco l’audio del mio intervento:
TUTTI I FUTURI SCONFITTI ESISTONO ACCANTO A NOI (mp3, 15 minuti e 46 secondi)
Intervento a Officina Italia, Milano, 21 maggio 2009, incontro “Prigionieri del presente”. The Gernsback Continuum, racconto di William Gibson. I fantasmi semiotici del futuro che abbiamo perso. Un pomeriggio a Marsiglia, vociare di bambini, Le Corbusier.
P.S. Il titolo che gli ho dato nel nostro podcast è:
Tutti i futuri sconfitti esistono accanto a noi.
Giuro che a Marsiglia non avevamo fumato niente di pesante (e neppure bevuto, WM1 è astemio!).
😉
(bellissimo intervento, peccato non esserci stato)
certo,certo Biondillo,non avevate assunto niente,a parte quei galloni di chablis.Wm1,la prossima volta accertati che ci siano interlocutori in grado di affrontare argomenti sperimentali diversamente i fuochi si spengono e le membrana degli oggetti di discussione resta vergine
Eh, Diamonds, gli interlocutori non dipendevano da me 🙁
Piuttosto che “mediare al ribasso”, ripiegarmi in cerca un – impossibile – massimo comun divisore tra me, Belpoliti e Berardinelli, ho deciso di lanciarmi verso un possibile minimo comune multiplo di tutti i presenti in sala.
errata corrige: in cerca di un – impossibie – massimo comun divisore
il coraggio intellettuale dei tuoi dardi è uno dei punti di forza che ti appartengono,insieme alla capacità di secernere rielaborazioni alte e smantellare miti(purtroppo non posso dire altrettanto di tutti gli animatori culturali in circolazione)
p.s. la serata è stata comunque interessante.Il romanzo di La gioia sarà una bomba
Salve,
prima di tutto vorrei esprimere la mia ammirazione per il libro “Ancora dalla parte delle bambine” che sto leggendo.
Premetto che ho la stessa età di Arisa, sono timida forse come lei, le sue canzoni mi fanno schifo e so che in questo blog si cerca di discutere sui modelli negativi per l’emancipazione femminile.
Però mi sembra un po’ eccessivo questo attacco su una canzone, probabilmente esprime un suo stato d’animo in un certo momento, ma questo non significa che lei sia una casalinga per vocazione!
Anche perché come avrebbe fatto a salire sul palco di San Remo con la sua timidezza se avesse ispirazioni da casalinga? e vincerlo? Non mi torna no no, il modello di donna che dite esprima questa canzone non avrebbe neanche provato ad andare a San Remo!
Ammiro Arisa che c’è riuscita, ha realizzato un suo sogno davanti ad un numerosissimo pubblico nonostante la sua timidezza, questa cosa mi incoraggia un po’, viviamo in una società in cui i timidi vengono schiacciati dagli esuberanti, ma lei ce l’ha fatta!
Credo che Emily abbia colto un aspetto di cui, mi sembra, non si sia discusso: il modello di cui parla Arisa non coincide con quello che lei mette in pratica. Da una parte, la moglie/madre casalinga (o giù di lì), dall’altra la cantante. Quest’ultimo “mestiere” richiede ore di allenamento vocale, e non solo, infatti è necessario rispettare anche una certa alimetazione e un certo tipo di ambiente. Per non parlare dei concerti, delle ore trascorse nelle sale prove, ecc. Non mi sembra che una moglie/madre, come descritta nella canzone, abbia la possibilità di stare ore e ore fuori casa (anche più di ventiquattro).
A me sembra chiaro, il messaggio, alla luce di questa contraddizione.
Le soldatesse israeliane si divertono un Mondo a farne di tutti i colori ai Palestinesi di sesso maschile!
E state dalla parte delle bambine?!
Siete d’accordo che, per le bravate, le soldatesse israeliane siano addirittura decorate coi galloni!?
Siamo messi male!