Ovviamente, il giorno dopo ci si strappa i capelli, dopo aver letto i dati AIE (peraltro noti a chi è del settore già da un po’, immagino) secondo i quali “Nei primi tre mesi dell’anno l’editoria italiana di varia adulti e ragazzi nei canali trade, ovvero romanzi e saggi venduti nelle librerie fisiche e online e nella grande distribuzione, flette rispetto ai primi tre mesi del 2024 del 3,4%, sia a copie che a valore, con una perdita di quasi un milione di copie acquistate (810mila) pari a una minor spesa dei consumatori di 11,9 milioni di euro”.
Se qualcuno è interessato, rimando all’articolo che ho scritto a febbraio per Lucy sulla cultura
Non è per ribadire “l’avevo detto”, è solo per sottolineare che l’abbiamo detto in tanti, in mesi e anni, e che, insomma, prima o poi bisogna fare i conti con un meccanismo che non può funzionare così, perché, come scriveva una brava editrice come Daniela Di Sora di Voland, con 90.000 novità l’anno “nessun mercato può reggere”.
Però ho ricevuto una nuova mail da Otello Baseggio, ex mitologico direttore di libreria Feltrinelli, che ha letto la lettera di Quin sui fumetti che ho ospitato qui qualche tempo fa e ha parecchio da dire in proposito. E’ lungo ma merita. Perchè chiarisce parecchie cose.
A proposito della tecnica dei 5 sorrisi
Ho letto rapidamente e poi riletto con un po’ di concentrazione la lettera di Quin, fumettaro (denominazione professionale) e ho trovato spunti molto interessanti
–centralizzazione: di fatto è un processo, che si innesca come sequenza di passaggi fatti con metodo a fine decisionale; le decisioni strategiche attengono alle responsabilità di dare la direzione assunte in primis dai Ceo o Ad, fate voi, oltre che dal Consiglio di amministrazione, che li indirizza: ovvio, gli operatori di territorio non hanno responsabilità in proposito né, in genere, competenze, per farla breve
Altra cosa sono le decisioni tattiche: condizionate dai vincoli di strategia, vengono prese tramite processi decisionali, i quali attengono al management intermedio e territoriale; devo rammentare che un qualsiasi processo operativo, anche tattico, consiste in una serie di attività tra loro coerentemente concatenate al fine di creare valore, ad esempio per un input x si vorrà ottenere un output y > x
Per estrema semplicità si può prendere una decisione tattica, ad esempio una decisione di acquisto e resa di libri, a partire dall’assunzione di informazioni e conoscenze degli operatori territoriali, compierne un’analisi di competenza, pianificare un ordine, trattarne le condizioni economiche, emettere l’ordine; in questo caso il processo parte dal territorio per arrivare al vertice della struttura, la quale centralizza parte dell’analisi e condizioni di fornitura e restituisce al territorio il miglior risultato che ritiene possibile; in questo caso si dà un processo di centralizzazione e al contempo di verticalizzazione che comporta la piena integrazione di informazioni e conoscenze orizzontali con livelli superiori di analisi a stadi intermedi e di vertice finale; un processo di questo tipo implica una forte vicinanza del vertice alla piattaforma operativa, perciò la centralizzazione verticalizza e veicola pensiero e visione pervasivi
Naturalmente si può anche prendere una decisione tattica, rimaniamo sulla fornitura di prodotto da commercializzare, in ragione di analisi dei soli livelli intermedi e superiori, ad esempio in considerazione di consistenza del monte merci, condizioni di fornitura, redditività di spazi venduti e non e altro ancora, a prescindere quindi da informazioni e conoscenze del territorio, elementi costitutivi dell’ascolto dei clienti e dei trend desunti dagli operatori territoriali; in questo secondo caso la centralizzazione consiste in una pura decisione del vertice con un processo simultaneo di verticalizzazione per faglie, si dà quindi una centralizzazione verticistica non integrante e non integrata
Dalla lettera di Qin par di capire che ci troviamo nel caso due, dove centralizzazione e verticalizzazione portano al verticismo
Abbiamo introdotto un elemento nuovo: il vertice; già, se adottiamo la ragione geometrica il centro è il punto di intersezione a 90° o a diagonali tra due rette, a preferenza un quadrato o un rettangolo; possiamo anche aggiungere ad esempio un triangolo equilatero il cui vertice si trovi sulla bisettrice che parte dal vertice e interseca il piano orizzontale a 90° esattamente al centro del piano stesso
Ora, su quel piano orizzontale comunque definito da un perimetro che potremmo chiamare genericamente mercato proprio, la piattaforma operativa in sostanza, ci si possono mettere nobili, plebei, ruffiani, scansafatiche e santi, tutti coordinati da direttori e dirigenti intelligentemente emotivi nonché emotivamente intelligenti: come si fa in questo bailamme a centralizzare volendo fare una sintesi che coniughi decisioni sensate? Serve coordinamento gestionale ad ogni livello.
Nei primissimi anni 2000 allo scopo la dirigenza di Librerie Feltrinelli introdusse il modello di Intelligenza emotiva di Goleman tramite una società di formazione delle risorse umane, che forse si chiamava Cave, ma dopo tanti anni potrei ricordare male; i direttori in particolare, ma anche i dirigenti storici non avevano una formazione specifica per la gestione delle risorse umane, perciò Feltrinelli l’introdusse prima con una società il cui nome ho dimenticato, poi con CFMT, infine con l’ultima citata
Alla formazione CFMT andarono, a Treviso, due direttori, quello di Padova e quello della maggiore libreria di Roma, l’insegnante era un ex professore di filosofia al liceo, il quale ci insegnò un nuovo stile di management, propedeutico direi al più sistematico modello di Goleman, che parecchio mise in difficoltà i due direttori; verso fine giornata il direttore di Roma si avvicinò aggrottato a quello di Padova e gli pose con tono angosciato la domanda: ma allora non possiamo più fare i “cazziatoni” ?
Erano entrambi noti i due per quello stile ampiamente praticato, negli anni ‘80 e ‘90 e dopo anni di carriera costellata di “cazziatoni” si ritrovavano a dover fare una specie di inversione a U; circa un anno dopo finirono nelle grinfie di abili psicologi, che del modello di Goleman avevano fatto il loro mood; così l’intelligenza emotiva modificò, non corresse del tutto, lo stile di direzione loro e di tutti gli altri, direttori e dirigenti: riguardavano loro infatti stile e modalità di coordinamento delle risorse umane, sulle quali perciò non si depositava intelligenza emotiva, ma con le quali cambiavano modalità di relazione e stile manageriale per cui le risorse umane diventavano obiettivo di formazione e crescita, non già di soggetti da far diventare intelligentemente emotivi oltre che emotivamente intelligenti per deposito di intelligenza altrui: sarebbe servito un appropriato trasmettitore cerebrale allora non disponibile, ma neanche oggidì credo
La valutazione della centralizzazione non può essere assoluta quindi, dipende piuttosto dal processo che la realizza e perciò dal tipo di verticalizzazione scelta, integrante o a faglie, secondo le strategie scelte appunto dal vertice; nel secondo caso si arriva facilmente al verticismo, dove il suffisso ismo indica un preciso comportamento per cui la centralizzazione viene sistematicamente realizzata con l’interruzione o l’ignoranza del flusso informativo e di conoscenza empirica proveniente dalla piattaforma
-il nostro “fumettaro” Quin tocca anche il tema dell’assortimento: fumetti & affini potremmo dire con Totò o con le vecchie insegne delle mesticherie e negozi di ferramenta: come espandere l’offerta, come catturare più clienti, come forzare le vendite con merci dozzinali che in fretta finiranno nei cassonetti della spazzatura, come realizzare in sostanza considerevoli utili con fumetti & affini
Torniamo allora all’argomento centralizzazione con i suoi processi e strumenti
Esempi di strumenti pratici di centralizzazione: algoritmo di riordino, algoritmo di resa novità (argomento spinoso e interessantissimo), algoritmo di resa catalogo, tra esuberi da ordini e obsolescenza fisiologica, criteri di trade off ordinari e straordinari: hanno esiti diversi nella determinazione e nella centralizzazione del profilo di offerta a secondo del tipo di processo di verticalizzazione delle decisioni, integrata o per faglie; ecco, il nodo, come in tutte le aziende, sta proprio nella natura del processo che trasforma il prodotto grezzo in prodotto da proporre e vendere e nell’assunzione delle competenze ai diversi livelli di informazioni, analisi e conoscenze
– L’algoritmo: demone che incombe o angelo salvatore?
Se incombe va a finire che qualcuno soccombe, o forse no, se lo sa prendere per le corna, se invece è un angelo salvatore, da cosa ci salva?
L’uso nella libreria dove ero capitato in cerca di lavoro agli albori degli anni settanta era di scrivere su un librone, in genere una vecchia agenda, autore, titolo, editore, dell’ultima copia venduta per giacenza = zero; il direttore verso sera prendeva il librone e compilava degli ordini, detti buoni, in genere secondo sue valutazioni e tirava una riga verticale centrale via via che proseguiva
Nel microcosmo di quella libreria, universitaria umanistica con qualche buon libro di varia (stupefacenti le edizioni de Il Saggiatore di allora) l’ordine veniva simultaneamente centralizzato e verticalizzato secondo le valutazioni del responsabile, e più esperto, il quale comunque chiedeva informazioni ai commessi su quante copie ne avesse quel giorno la libreria e su quando all’incirca la quantità fosse arrivata, poi la decisione finale era sua; quella sequenza, breve e semplice, costituiva esattamente l’algoritmo di riordino tradotto su un rettangolino di carta di riciclo picchiata dai martelli della macchina scrivere, che tramite un nastro inchiostrato la annerivano di caratteri leggibili
Facile quindi nel microcosmo tradizionale, non troppo difficile nel microcosmo, non tradizionale , delle Feltrinelli di allora: quelle librerie disponevano di uno strumento innovativo, la scheda del titolo inserita in una copia: riportava le informazioni che il libraio tradizionale chiedeva a memoria ai suoi commessi, le informazioni trascritte nella scheda erano certe perché memoria scritta; nel microcosmo feltrinelliano si “passavano” quindi le schede per verificare le giacenze, calcolare a mente la velocità di vendita e quindi decidere; la decisione di ordine veniva presa dal direttore, il quale aveva facoltà di delegare ai suoi librai la verifica delle giacenze e proporre gli ordini per poi rivederli e correggerli oppure poteva accentrare tutto su di sé ; anche nel caso delle librerie Feltrinelli anni ‘70 e ‘80 riscontriamo quindi modalità di decisioni centralizzate e verticalizzate in capo al direttore, ma con un notevole coinvolgimento dei suoi librai e una base informativa sicura, pertanto la centralizzazione si realizzava in un processo di verticalizzazione integrata, l’algoritmo era perciò espressione delle valutazioni di aiuti e direttore secondo una irripetibile combinazione di raziocinio e ubbie del giorno
Sul finire degli anni ‘90 già diverse librerie “indipendenti” si erano attrezzate con un sistema gestionale informatizzato dei titoli, non avevano quindi bisogno della scheda titolo perché le informazioni erano rese dal sistema, mancavano le valutazioni, a carico di gestore e aiuti, e le decisioni, di pertinenza del gestore e, in caso di delega, dei librai e libraie specialisti/e: cambiava il mezzo, le informazioni erano sicure, non mancavano mai come invece capitava con le schede che potevano andare perse o finire nelle case di clienti e anche di ladri di libri
Le Feltrinelli avviarono un processo simile agli inizi del primo lustro del nuovo secolo: estrazione del report di sistema del venduto giorno precedente, analisi fatta da direttore e librai, proposta indicata dai librai, revisione rapida del direttore, inserimento in proposta d’ordine, approvazione, fatto l’ordine; anche in questo caso cambiava il mezzo, mentre il processo d’ordine manteneva le caratteristiche precedenti
Un anno o due dopo avviene il salto di specie:
-in ragione del profilo assortimentale vengono definiti i titoli da “tenere”, a questi il sistema attribuisce una scorta minima sulla base di un algoritmo molto basico mutuato da azienda di home entertainment acquisita e redatto dai suoi specialisti alle vendite; nelle librerie i librai specialisti di area o reparto esaminano a cadenza mensile le scorte minime proposte, possono proporre
modifiche, il direttore rivede il tutto, inserisce, approva, l’assetto assortimentale periodico mensile viene così definito, di conseguenza il sistema elabora una proposta di ordini di acquisto: le entrate per ripristino e adeguamento saranno perciò funzione dell’assortimento deciso
– se ne deduce che e =∫ (ag), dove ag si definisce come assortimento fisico in giacenza positiva, uguale a zero zero o anche negativa in caso di errori di carico inferiore al reale; in virtù di questa funzione, con la quale interagiscono le rese (non mi dilungo sulle tecniche interattive) vengono prodotti gli ordini di rifornimento del catalogo; ahinoi, nonostante questa evidenza, non si sradica la creduloneria che le entrate siano funzione delle vendite: non è cosa da poco perché si evidenzia in questo caso l’esclusione del profilo assortimentale di caratterizzazione della propria offerta in linea con il meccanicismo e al determinismo tanto di moda nei secoli precedenti, subalterno quindi a quanto decidono gli editori, dei quali le librerie tendono a divenire edicole: scegliamo quelli che ci fanno meglio, esponiamo in modo massivo, colpiamo i clienti con una proposta editoriale forte, saranno portati a comprare quei prodotti; tutto bene, ma dove sono il tempo, i vincoli di bilancio, di spazio, di capacità di lettura e di saturazione del bacino di interesse? Non c’è problema: basta cambiare gli stock, che tuttavia non si equivalgono, conseguentemente non si equivalgono le decisioni di acquisto dei clienti, decisioni di cui le vendite saranno un mero report
Cito l’esempio che conosco: nelle librerie Feltrinelli si passò rapidamente dall’ordine su scheda di cartoncino all’analisi giornaliera del venduto (da sistema informatico) del giorno precedente e susseguente proposta d’ordine nel sistema ( non cambiava la logica cambiava solo il tipo di supporto cartaceo) per poi arrivare alle scorte minime proposte dall’algoritmo, la loro modifica e l’approvazione giornaliera fino, in pochissimi casi, alla produzione automatica degli ordini; a causa dei timori e tremori sul sistema delle scorte minime un po’ per volta le librerie tornarono all’analisi giornaliera e all’ordine fatto a mano; naturalmente questo processo impegnava più tempo e alla fine si rivelò non più sostenibile; recentemente quindi è stato deciso di affidare il processo a buyer seduti in periferia ma riferenti a struttura centrale e ai quali vengono affidati gli ordini di un gruppetto di librerie per ciascuno; tali buyer innescano un processo identico al precedente, ma dovendo riferire a struttura diversa dalle librerie vengono coinvolti in un processo di centralizzazione che si realizza con verticalizzazione per faglia; poiché non sono tuttologi, neanche i librai lo sono, se vogliono fare bene devono rivolgersi a librai specialisti e in diversi casi il processo raddoppia; facilmente può arrivare, per qualche settore, al gioco dell’oca : look back with joy se riprendi ad assortire ed esporre per bandiere editoriali
Per le novità è diverso, non hanno storia, possono quindi avere un algoritmo che, per il riordino, si basa una valutazione probabilistica in ragione della velocità di vendita nei casi di novità grandi e medie, scenario opposto per le piccole, le quali si trovano sistematicamente sul limite della curva di massima espansione, parte di loro acquisiscono il diritto di riordino perché hanno qualche cliente in più rispetto a quelle che vendono una sola copia, puntualmente sostituite da consimili; ma come si fa a decidere?
Ci sono tre possibilità: la palla di Mago Merlino, un algoritmo probabilistico che, in base alla teoria dei grandi numeri, consideri che al limite della curva gli errori dell’algoritmo e gli errori dei librai si equivalgano, o la valutazione analitica del venduto da parte dei librai specialisti se, fatto qualche test, si verifica una diminuzione di errori rispetto al caso precedente: G.B. Pergolesi, nel suo magnifico Stabat Mater, al nono track (un duetto tra soprano e contralto) indica: “al tempo giusto” e con ciò si affida alla competenza del Maestro di musica e canto: fai tu, mi fido, hai competenza e capacità; un’assunzione di rischio quindi nei confronti degli operatori di piattaforma (non tuttologi e nemmeno infallibili), assimilabile al rischio degli errori della teoria dei grandi numeri in caso di algoritmo probabilistico, non alla palla di Mago Merlino, che ancora risulta irreperibile
Torniamo ai sistemi di offerta: da dove si comincia? Riprenderemo più avanti