ALLEANZE

Adriano Sofri su Repubblica, oggi.
Sciocchezze, direte, ne diciamo tutti. Perché non dovrebbe dirne un ministro dell´istruzione, dell´università e della ricerca? Infatti: ma quando l´ho sentita dichiarare a un boschetto di microfoni che “vedere gli studenti e i giovani manifestare insieme ai pensionati mi fa uno strano effetto”, non credevo ai miei orecchi. Un paradosso, secondo la signora Gelmini: un´assurdità. (Veniva in mente – vergogna: ormai ci vengono subito in mente queste malignità da Mrs.Dibble – un uomo ben oltre l´età delle pensioni e una ragazza minorenne, e un intero governo che trovava la cosa naturalissima). Quale esasperazione può spingere un ministro, sia pure dell´istruzione eccetera, a scivolare dall´accusa spericolata agli studenti di fare comunella coi baroni a quella di sfilare al fianco dei pensionati?
Cento anni fa la città di Oslo, che allora si chiamava Christiania, indisse un concorso di pittura per le vaste pareti dell´aula magna della sua università. Fra i progetti presentati, prevalse, dopo una serie di selezioni, quello del trentenne Edvard Munch, che ci lavorò per sette anni. Il quadro più grande – un olio su tela di 4,5 metri per quasi 12 – raffigura la Storia. C´è una platea di mare e roccia e una quercia secolare, e in quel “paesaggio remoto impregnato del senso della storia siede un vecchio, uno che ha lottato e si è battuto per aprirsi la strada nella vita. Ora riposa con la sua scia di ricordi e racconta storie a un bambino che ascolta incantato” (sono le parole di Munch). Un´università è il luogo per eccellenza della trasmissione del sapere tra le generazioni. Nel dipinto colui che racconta è un vecchio, quello che ascolta un bambino – un nonno e un nipote, piuttosto che un padre e un figlio. (Sulla parete di fronte, intitolata “Alma mater”, una madre allatta il suo piccolo, mentre altri bambini giocano). Il vecchio con la lunga barba bianca la casacca le scarpe grosse e i calzoni rattoppati occupa l´aula magna ma non è un barone, è un pescatore, un uomo dei fiordi a riposo.
Le turbolenze della nostra demografia hanno messo in disordine la nostra immaginazione civile. Hanno distorto vanitosamente la parola “giovane”, facendole designare un´età indefinibile (tutte le età, nella nostra longevità, vogliono diventare indefinibili) fra i 45 e i sessant´anni, e non hanno trovato parole nuove per l´età in cui si immagina di nuovo il mondo, i giovani di 16 anni o di ventidue, e dunque li hanno semplicemente messi da parte. Salvo sfotterli, per invidia, i bamboccioni. E i baroni accademici, qualunque età anagrafica abbiano, sono di mezza età per definizione, come si è mezzo di tutto, mezzo vivi e mezzo morti. Studiosi che si sono impegnati a disegnare un cambiamento nella distribuzione della povertà in favore dei giovani, hanno auspicato che questo cambiamento avvenisse grazie a un lungimirante riformismo di gente adulta. Preferirei puntare su un´alleanza di vecchi e giovani, quelli che pensano al futuro. E forse sono ottimista, ma il “movimento” è il luogo in cui più seriamente si superano le divisioni fra i “figli di qualcuno” e i “figli di nessuno”. Provvisoriamente, certo, perché domani i figli di notai ridiventeranno notai: ma intanto…
C´è una buona base materiale: il risparmio a carico dei più anziani per il prolungamento dell´età lavorativa non è andato ai più giovani ma ai più furbi. La gerontocrazia c´è, ma riguarda una minoranza di ruoli e di vecchi, mentre la gran parte dei loro coetanei è fuori gioco quanto i ragazzi. Si riconosce il ruolo delle famiglie nella resistenza alla crisi, ma una parte essenziale la giocano i nonni, ed è con la loro pensione che si pagano motorini e telefonini e carriere scolastiche e attese senza speranza. Sempre meno, certo, perché si assottigliano i ranghi dei pensionati e il potere d´acquisto delle loro pensioni, e si impiccioliscono le famiglie. Ma di fronte a una perdita di un milione di posti di lavoro in due anni e a una riduzione del 9 per cento del reddito pro capite dei lavoratori dipendenti, i nonni sono ancora gli unici ammortizzatori sociali certi, benché la pressione fiscale abbia ridotto anche il valore reale delle pensioni.
Ai sindacati, e soprattutto, guardacaso, alla Cgil, si è rinfacciato di essere organizzazioni residuali e di privilegiati, “garantiti”, gli operai della grande industria e i pensionati, e intanto gli operai sono ributtati indietro fino agli inizi del movimento dei lavoratori e i pensionati, soprattutto le donne, fino a vergognarsi della propria povertà. E´ sembrato che si dovesse scegliere fra vecchi e giovani: ed è vero che, a lasciare che le cose vadano giù per la china, ai giovani di oggi spetta un debito ereditario e un futuro senza pensioni. C´è da meravigliarsi se ai ragazzi che si rimettono in strada assieme venga voglia di affiancarsi ai vecchi “che hanno lottato e si sono aperti una strada nella vita”, e se a quei vecchi si apra il cuore? I giovani che si sono messi in moto – lo fanno ogni anno, e ogni anno sembra che sia la volta buona, ma prima o poi lo sarà davvero – non sono soprattutto in pensiero per la loro dubbia pensione, e nemmeno soltanto per il merito della cosiddetta riforma Gelmini: hanno altre ragioni, all´ingrosso e al dettaglio. Ma è vero che i giovani (quelli che hanno davvero 17 anni o 25, e vogliono esistere, non solamente come chi non è più qualcosa e non è ancora qualcos´altro) sono oggi, per così dire, sindacalizzabili in quanto tali. Si è giovani oggi non solo per una passeggera condizione anagrafica: per una condizione sociale. E il paradosso supposto di cui si è abusato per sfottere il sindacato – ridotto a “tesserare i pensionati”, cioè dei supposti non – lavoratori – cambia faccia, quando accosta chi non è più lavoratore perché è vecchio a chi non lo sarà più perché è giovane; se non nei mille casi derisori in cui si declina la precarietà.
Morale: è bellissimo che gli studenti siano entrati nel corteo coi pensionati, e che questo sia avvenuto in una piazza in cui nessuno ha contato quanti erano, perché erano tanti, e che a salutarli dal palco ci fosse una signora cui piace che il mondo sia più femminile, più misto, e meno stirato dalla perenne mezza età uguale per tutti.

15 pensieri su “ALLEANZE

  1. l’articolo mi piace moltissimo tutto. Ho delle resistenze sul sindacato perchè mi ha molto deluso e perchè ha lasciato alla deriva i dipendenti della società dove lavoro e perchè tutti i miei amici – per esempio in Rai – mi raccontano di esserseli trovati contro che pro. La sensazione diffusa di un sindacato che gioca le sue carte alleandosi con il padronato è insomma triste e capillare. Ma questo vuol dire solo che deve essere riformulato in qualche modo, non eliminato: perchè la sua assenza si sta palesando con comportamenti che in Italia non si vedevano più (scene tipo: da domani tu non lavori più! a cui ho recentemente assistito).
    Ma questa è solo una parte di un articolo che parla di altre cose e sulle quali sono completamente d’accordo. Spero solo che il movimento regga, che l’alleanza regga, che produca un lessico che resiste: e questo non lo so.

  2. Una mia amica docente universitaria sostiene che la Gelmini è stata l’unica a osare proporre il SORTEGGIO nella composizione delle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari, così smantellando una delle chiaie di volta del baronaggio universitario.
    Ho risposto che, in compenso, ha fatto il possibile per affossare la scuola pubblica e favorire quella privata… Vorrei che qualche altro docente universitario mi spiegasse bene…

  3. la mescolanza di generi cui si riferisce nel post è sanamente eversiva,quasi quanto lo fu a suo tempo la comnistione fra operai e studenti di lotta continua.Sperando che stavolta le infiltrazioni non rovinino la causa e il tutto non finisca nel solito girotondo di nomi che dimenticandosi dei motivi di base che li hanno spinti a fare il diavolo a quattro si convertano in politici professionisti impreparati,ambigui operatori dell’informazione qualificati o insinceri consulenti del governo.
    http://www.youtube.com/watch?v=S7gzonR-6nY

  4. Quello che scrive Sofri è profondamente giusto. Per riprendere Girolamo e i WM, semmai accadono troppo poco questi incontri, manca una narrazione comune delle lotte. Che la Gelmini non capisca, come dire, non mi stupisce. Sui sindacati quoto zauberei, e spero che il cambiamento sia già in moto. La produzione di un lessico è un impegno che ci riguarda tutti.
    @lucio: siamo forse OT, comunque ti rispondo riportando le parole di un (ex) docente universitario, da una discussione del forum di spinoza:
    “Fino al ’98 i concorsi erano nazionali e con commissioni votate e sorteggiate. Per questo, solo in caso di congiunzioni astrali di frequenza millenaria poteva vincere un docente proveniente da un piccolo ateneo. Senza che questo fosse necessariamente dovuto a inciuci. Semplicemente, dalle votazioni, anche coi sorteggi successivi, uscivano commissioni costituite perlopiù da docenti provenienti dai grandi atenei. In concorsi numerosi, 150 concorrenti per 10/15 posti, la commissione di 9 commissari poteva mettersi d’accordo su un gruppo di idonei, diciamo di 30. Poi, l’unico modo per proseguire era votare. E ovviamente i docenti dei grandi atenei erano in maggioranza. […]
    Comunque, per ovviare a questo inconveniente, vennero proposti concorsi di sede, con commissioni votate e non sorteggiate (ma se il sorteggio è meglio dei docenti italiani, perchè non sorteggiare direttamente i vincitori? si risparmierebbe tempo e denaro…)
    in questi concorsi veniva proposta, per un periodo determinato, la terna dei vincitori.
    Era un tentativo di rimediare alla frequenza dei concorsi fra l’80 e il 2000, del tutto fuori dalle disposizioni di legge (3/4 concorsi invece di 10).
    Berlinguer prevedeva che i ternati non potessero essere chiamati dalla loro facoltà. I sindacati, facendo il loro mestiere e con buoni motivi, ottennero che potessero essere chiamati anche dal loro ateneo. Il che ha portato a una crescita del numero dei cattedratici tale da rendere ridicolo il chiamarli baroni…quando i generali sono più dei sergenti, se li chiami generali li sfotti 😀
    In ogni caso, sentir criticare ora i concorsi di sede, dopo che si era verificata la cattiva capacità di selezione del concorso nazionale, è imbarazzante.
    La logica della nostra successione di riforme, una per ministro almeno dal nuovo millennio, ha come riferimento logico in natura i movimenti della mosca intrappolata sotto il bicchiere.”

  5. gianni te propongo na sintensi mia:
    1. prima ce stavano i concorsi a chiamata nazionale – che erano la grande garanzia del super baronato nazionale. (Baroni – bene ricordarlo non sono tutti gli ordinari, baroni sono solo quegli ordinari che vogliono e sono in grado di potere usare concorsi e soldi stanziati dal ministero per promuovere le proprie attività i propri vassalli e il proprio potere. Non tutti si comportano così – ma alcuni sono certamente decisivi).
    2. Poi si passò alle chiamate locali che favorivano baronati in altro modo e su grandezze territoriali.
    3. Gelmini ritorna a delle chiamate nazionali che però sono solo nominali: ossia la commissione elargisce anche con più disinvoltura e frequenza delle idoneità – poi saranno le chiamate locali a renderle effettive. Di fatto la piaga del baronato, non è minimamente intaccata. In compenso sono bloccate assunzioni e scatti di carriera. Dal che si evince che invece, l’amore per il baronato è molto più della Gelmini che dei protestanti. Ma se sapeva eh.

  6. Quando è stato stipulato il patto fondativo del Pdl, è stato previsto che ogni capolista regionale sarebbe stato sorteggiato tra un ex AN e un ex Forza Italia, per evitare giochi di correnti. Combinazione, 21 volte su 21 (comprese le provv. autonome di Trento e Bolzano) è uscito un ex FI. Il baronaggio universitario può stare tranquillo.

  7. “Giovani per condizione sociale”. Mi ha colpito molto questa affermazione. La giovinezza è diventata l’età della precarietà, che purtroppo non è sinonimo di grandi speranze. Un quarantenne precario è giovane, volente o nolente. Gli danno tutti del “tu” per riflesso condizionato.
    I giovani che manifestano vogliono recuperare la parola “speranza”.
    I giovani che manifestano con gli anziani vogliono recuperare la parola “memoria”

  8. Tutte le spiegazioni fornite sulla riforma dei concorsi introdotta dalla gelmini sono sbagliate.
    La riforma prevedere una idoneita’ nazionale. E successivamen concorsi locali per gli idonei.
    I commissari per l’idoneita’ nazionale saranno nominati sulla base di criteri scientifici e meta’ dei commissari dovranno essere stranieri.
    I commissari dei concorsi locali saranno estratti a sorte e non potranno appartenere all’ateneo che bandisce.
    E’ un sistema che e’ certamente migliore di quelli passati.
    Io sono un universitario. Garantisco che l’ultima tornata concorsuale svolta con le nuove regole e’ stata la piu’ meritocratica degli ultimi 20 anni. Certo non perfetta; ma nettamente piu’ corretta che in passato.
    Coloro I quali protestano in larga parte neanche conoscono il testo della riforma.
    I tagli e gli accorpamenti sono SACROSANTI. Non avete idea di quanti corsi di laurea ci sono con 20 iscritti….o meno.

  9. Aggiungo, la stabilizzazione per I ricercatori che tanto viene chiesta in questi giorni consisterebbe nell’elevare a professore associato 9mila ricercato (con contratto a tempo indeterminato). Tale promozione spetterebbe loro in forza della loro anzianita’.
    Badate bene, tutti I ricercatori che stanno sui tetti sono tutti con contratto a tempo indeterminato e stipendio netto tra i 1300 e 1900 in base all’anzianita’.

  10. at a me pare che fai delle generalizzazioni indebite, e dici cose poco condivisibili. A parte che la situazione varia da ateneo ad ateneo, e soprattutto varia molto da dipartimento a dipartimento.
    Alcune note:
    – se il concorso è locale dopo l’idoneità nazionale – chi mi protegge dal baronato locale?
    – se le assunzioni sono bloccate che ce fo con l’idoneità?
    – per quale motivo se uno dei problemi – concordo sulla diagnosi – sono gli atenei fatiscenti con corsi con pochissimi iscritti devono patire tagli anche quelli con moltissimi iscritti?
    – Come la produci un’eccellenza che rimanga in Italia con queste politiche? E ti rendi conti dei criteri intellettuali che sono adottati? La scala di valori che c’è dietro?
    – quali sarebbero questi ricercatori che chiedono di passare per anzianità? Quanti? ndo? E sei sicuro che la protesta venga solo dai ricercatori? Sai quanti consigli di facoltà hanno appoggiato questa protesta?
    La mia seconda ex facoltà – psicolgia – ora tornerà ad essere una costola della medicina. Non erano mica due iscritti – non è una disciplina poco richiesta – è anzi sfruttata. Non ci si rende conto della concretezza del danno di questo esempio. Di cosa implica per la ricerca scientifica – e per la sua traduzione nel contesto operativo pubblico e nel dibattito pubblico.

  11. Caro Adriano,
    dopo tanti anni posso finalmente darti un caro saluto. Riabbracciarti dentro di me. Ti ho odiato quando gridavi – sì, tanti gridavamo alle nuvole – ma anche con gli stracci dei nostri genitori sconfitti, muti. Ti ho odiato anche da vittima consapevole, autopunitiva … sotto i colpi di Carogne che ti hanno usato come Freaks di una generazione da espurgare. Il mondo dopo di noi non è stato un ragionevole racconciamento dei frantumi dopo la guerra …
    (Il tuo silenzio, la tua mitezza – mansuetudine? – ci ha ferito più degli insulti
    delle tricoteuses di giornali e regime). Il mondo dopo di noi è un branco di resuscitati mezzo-morali, mezzo-liberali, mezzo-devoti, ottimisti tetri, meschini giocolieri, ecc.
    Noi non abbiamo fatto una guerra … Immagina 1oo sciagurati con la pistola! … ma l’abbiamo subita una guerra… Noi abbiamo vinto una rivoluzione che – malgrado la nostra cecità mentale – circola sempre nei corpi, nell’anima, negli sguardi di uomini e donne oggi.
    Sono stato vari anni nell’università. Nulla mi sembra più stupido di una Riforma globale per motivi di governance e risparmio.
    Una riforma funzionale – a parità di investimenti – e già questo è una stronzaggine, perchè le risorse produttive in glob-science tendono in modo esponenziale ad una crescita dell’investimento – attiene (scusate,
    riguarda) ai parametri di gestionalità e destinazione delle direttrici di conoscenza. Queste si chiamano ristrutturazioni del managering, a costo zero nella prima fase. Tanto per chiuderla qui.
    Una Riforma Globale dell’Università nasce – ultroneamente, direbbe qualche antenato – dalla rinnovazione delle Scienze, dalla estroversione
    tecnologica, inedite applicazioni e didattiche, che richiedono facoltà, epistemoogie e etiche mutate. Di che cazzo parla questo ceto politico
    nesci di scienza?
    Grazie Adriano,
    ho ritrovato un amico vero.

  12. Gelmini o Berlinguer e tutti gli altri,da quanto mi ricordo io l’Università più che luogo del sapere,in generale assomigliava ad un covo di trafficanti dediti da anni a ben altro (sempre con le dovute eccezioni),e la situazione a cui siam giunti lo conferma.
    Certo Adriano ricorderà i famosi esami di gruppo,il sei politico e quant’altro di comico succedeva negli atenei e circa i notai,ben ricorderà anche la frase di Ionesco “Diventeranno tutti notai”,riferita a diversi suoi amici,cosa puntualmente avvenuta con le dovute varianti professionali.
    Mi fa piacere che Adriano si ricordi di vecchi e pensionati e della Cgil,certo che in altri tempi non eran proprio i suoi favoriti….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto