Dunque, ogni tanto ci si interroga anche sui libri in
quanto eventuali perturbatori di minorenni.
Per bizzarro che possa sembrare, la cosa risulta
consolante per chi, come la vostra eccetera, si è costretta ieri alla visione
integrale del Tg1 delle 20 dopo aver appreso, nel sommario, che il delitto
di Napoli (un adolescente uccide un coetaneo) era stato titolato “Figli dei
videogiochi?”.
Ovviamente i medesimi non avevano nulla a che vedere con
quanto era avvenuto, e da quanto è dato capire nemmeno con i protagonisti della
vicenda: però l’occasione era troppo ghiotta per chi ha ritenuto di appiccicare
alla cronaca dei fatti un bel collage che metteva insieme le immagini di Rule
of Rose e quelle di Franco Frattini il quale, – sostenuto dai
colleghi europei, pare – ha nuovamente invocato non solo la segnalazione, ma il
divieto di concepire e commercializzare videogiochi violenti. Insomma, la
messa al bando, per accertato "collegamento
tra la violenza nelle nuove generazioni e la diffusione di videogiochi violenti". Alè. (Per la cronaca: qui trovate la notizia commentata – pacatamente
-da alcuni gamers. Qui, anche se li avevo già postati, argomentazioni e dati
seri sui videogiochi: hai visto mai, passasse Frattini da queste parti).
Torniamo a noi. Massimiliano Di Giorgio è un giornalista,
uno scrittore, un blogger e ha letto Bungee Jumping, romanzo
fuggevolmente segnalato anche qui. Qualche giorno fa, su Novamag (ma la
recensione era apparsa anche su Reuters), ne parlava in questi termini:
Se oltre ai film, ai videogiochi e alla sigarette si
vietassero agli adolescenti anche alcuni libri, probabilmente a Bungee Jumping, un romanzo che racconta la
storia d’amore di due post-bambini torturati – letteralmente – dalla vita e
dalle rispettive famiglie, servirebbe un visto-censura molto più che ad Apocalypto, nonostante le polemiche che
hanno accompagnato l’uscita del film di Mel Gibson in Italia.
Perchè il secondo romanzo del regista teatrale e
sceneggiatore Gero Giglio, edito da Marsilio nella sua collana "X", è un libro che
mette a disagio, nonostante il suo afflato giovanilistico annunciato fin dal
titolo: quella sorta di sport che si pratica lanciandosi dall’alto di un ponte,
o di una gru, con la caviglia fissata a una corsa elastica. Una caduta libera,
insomma, che però produce solo una fortissima scarica di adrenalina, e non la
morte. A meno che la corda non sia troppo lunga.
E’ una storia infarcita di mode trendy, in fondo, quella di Sole e
Tommy, che soffrono, si piacciono e poi lottano insieme per la vita su uno
sfondo di hip hop – con tanto di liriche rap originali che constellano il libro
– droghe, tatuaggi e Parkour,
curiosa disciplina estrema che prevede il superamento di tutti gli ostacoli che
si incontrano, ponti e palazzi compresi, lungo un percorso urbano. Se volete un
esempio, prendete uno degli ultimi video di Madonna, Jump: quello lì è il Parkour.
Ma il nocciolo duro di "Bungee Jumping", quel
che appunto provoca disagio, è un horror metropolitano, una storia di abusi,
sessuali e non, come quelli che la cronaca propone piuttosto spesso. Tommy
vittima insieme alla sorellina della depravazione dei due genitori, del padre
che vende i loro corpi ad altri adulti. Sole, allontanata dal padre, orfana
della madre, preda di una nonna psicopatica.
Quasi nulla è lasciato all’intuizione del lettore, tutto è
offerto in modo gratuito – con accenti a tratti "gore" – in certi
istanti compiaciuto. Qui sta forse il limite del romanzo. Perché non occorre
una grande immaginazione per scoprire un mondo, quello degli abusi familiari,
che ci piomba in casa via tv prima col tg, poi con l’approfondimento serale con
tanto di carrellata di esperti e
testimoni.
E la Trasgressione, in
questo caso, è un espediente, perché in fondo il libro sembra un esercizio di
moralismo, mimetizzato tra l’esibizione delle mode adolescenziali.
L’autore, Gero Giglio, ha risposto qui, con
controreplica di Di Giorgio). Querelle certo non nuova, quella, nei fatti, sulla realtà e
la sua narrazione, ma da seguire. In questi tempi che sembrano diventare, di
giorno in giorno, più oscuri.
Ciao Loredana,
dal momento che fai parte della giuria che ha decretato la vittoria del mio Personaggi Precari al concorso ‘scrittomisto’, ti chiedo un commento in privato sul mio lavoro. Ho bisogno di consigli come d’acqua. Non ho trovato la tua mail in giro per la rete quindi ti scrivo qui.
La mia la trovi su questo post.
grazie e buon lavoro,
Vanni Sarmigezetusa Santoni
Ah, sei tu quello che ha affossato dozzine di concorrenti (pericolosi come me) sparando raffiche di 1 a tutto spiano:- )
P.S. Loredana, la tua mitezza ha una sola spiegazione: da piccina giocavi con le bambole di pezza:- )
Mite io, Lucio? Ma tu scherzi!
Vanni, la mia mail è loredana.lipperini@gmail.com,
ma sii molto paziente. In questi mesi sono, come si suol dire, “militarizzata”
🙂
Non saranno oscuri, ma foschi sì. Non so se l’adolescente accoltellatore è figlio dei videogames.Certi mi hanno impressionato le pagine in cui Saviano in Gomorra racconta dell’influenza del modello “Scarface” sui ragazzini napoletani.Non saranno figli di “Scarface” ma fratelli immaginari? I contenuti immaginari incidono sulla coscienza.Bisogna vedere in quale contesto e in quale coscienza vanno a capitare.
Siamo immersi in un “contesto” violento e aggressivo, di cui i videogames sono figli, effetti, non cause. Però bisogna prenderli e dosarli con le molle.
Di tutti i genitori e insegnanti che conosco mi sbalordisce la loro ansia per i bambini in età da PS2. Sono i genitori i primi a lamentarsi dei ragazzini con comportamenti aggressivi. MA l’aggressività è dappertutto. LA competitività.Battere l’altro. Essere reattivi, efficenti. Non saranno i videogames all’origine. Io però Doom non lo considero innocuo.Non perchè armi i ragazzi. Uno su un milione si, ma tutti gli altri nella vita quotidiana? non saranno più irritabili? più aggressivi verso i loro compagni? Il gioco specie se sparato a volumi altissimi, specie se giocato per ore, consiziona e intorrpidisce la reattività sentimentale (chiamiamola così) a vantaggio di una reattività puramente performativa. Poi ci saranno quelli educativi, quelli stimolanti.Esattamente come i libri.
Però un libro per quanto brutto o violento – come l’Iliade -si assorbe percettivamente in modo diverso. I decibel e gli impulsi ottici sono impulsi negativi e stimola comportamenti aggressivi. Anche questo lo dicono i seri studi.
Io credo che la letteratura ci abbia insegnato a non temere i contenuti. Ma non ci ha insegnato a disinnescare gli effetti di contenuto che inducono sul cervello gli strumenti di quella era della tecnica e del totalitarismo consumista che da Heidegger al collettivo Tiqqun stiamo ancora imparando a capire
PS a proposito del collettivo Tiqqun a me convincono i loro argomenti che vedono nel modello della Jeune Fille pompato dalle riviste femminili la metafora del nuovo soggetto assoggettato alla società del consumo e dello spettacolo. Non è che poi uno chiede la soppressione di MarieClaire o o di “D di Repubblica”, ma impara a detestarle con consapevolezza. Idem con i videogames.
Ogni volta che si discute di questo tema, consiglio la lettura di questo documento, in cui Henry Jenkins individua e isola otto false premesse su cui si basa il discorso pubblico sui videogame, e ne mostra l’inconsistenza, al contempo fornendo informazioni cruciali. Altri testi, anche più approfonditi, si trovano sul blog di Jenkins, ci si arriva dal link nella colonnina di destra.
Io aggiungo un dato che pochi conoscono: i giochi spara-spara rappresentano poco più del 10% del mercato.
Aggiungo anche un dato di esperienza personale: mio cognato, che ha 10 anni (lo so, siamo una famiglia un po’ strana) , gioca con l’ultima versione di Sim City. Non abbatte alieni cattivi a colpi di bazooka: preferisce costruire e amministrare città, tenendo conto di un’impressionante quantità di variabili urbanistiche, socio-economiche e ambientali.
Certo, quando si stanca provoca un tornado e fa morire tutti quanti. Ma almeno non si sporca le mani di persona, fa fare il lavoro sporco all’effetto-serra.
per quanto riguarda il dibattito sui videogiochi, vi consiglio di andare tutti su http://www.molleindustria.it e invece di flesciarvi sui giochini leggervi gli articoli sulla destra (specie i primi 4-5 pubblicati)
Wu Ming1, sequestra immediatamente quell’orribile gioco a tuo cognato. Solletica subliminalmente istinti hitleriani:- /
La stampa italiana ha un grossissimo problema con i videogame, ne scrive, gli critica, monta casi inesistenti senza averci mai giocato.
Non è un atteggiamento serio, non avviene né con il cinema, né con la letteratura.
Il videogame, oltre a essere la solita perdita di tempo, è considerato il calderone dove bolle la zuppa di ogni perversione, il capro espiatorio che va a braccetto con Marilyn Manson .
Inutile intervenire in queste stupide polemiche almeno fino a quando non ci sarà la cultura sufficiente da comprendere che Shadow of the Colossus non è uguale a l’ultimo Splinter Cell.
Vorrei trovare almeno un giornalista, e un parlamentare, che abbiano finito Rule of Rose, che non è un capolavoro di perversione. Per dirla tutta non è un capolavoro, è un gioco che rientra nel filone dei survival horror d’ispirazione lovecraftchiano, genere molto coro ai Giapponesi.
Per il resto, è stato sviluppato con una tecnica vecchia, ma la storia ha punti notevoli e le presunte, perverse, scene d’amore saffico sono da educande se paragonate a quelle di Dead or Alive Xtreme 2, videogioco di pallavolo con un ideale femminile assi distorto.
Trattare un tema senza conoscerlo è sempre pericolo, pesare di poter esprimere opinioni, o montare casi, tanto sono solo giochini è stupido e assolutamente non professionale.
Personalmente sono stanca di vivere in un ambiente cultura schizofrenico, dove si pubblicano libri stupendi come “Gamescenes. Art in the Age of videogames” che devono convivere con interrogazioni parlamentari, ignare che esiste una normativa di nome PEGI.