GOMORRA E' UN OLTRETESTO

Gemellaggio con Carmilla:
riprendo integralmente e riposto qui l’articolo di Raffaele Cantone, già
apparso su Il Mattino del 13 gennaio, dopo altri interventi su Gomorra
(prese di distanza, riferisce Carmilla, da parte di Alessandro Baricco,
Raffaele La Capria e Edoardo Sanguineti).

Raffaele Cantone è un Pm della
Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Attualmente è considerato il numero
uno nella battaglia ai clan più potenti della camorra imprenditrice. Le sue
indagini più importanti hanno permesso di scoprire gli interessi del clan dei
Casalesi in Emilia Romagna, il potere dei La Torre di Mondragone ad Aberdeen,
il tentativo dei Casalesi di riciclare capitali provenienti dall’Ungheria
attraverso il progetto di acquistare la squadra di calcio della Lazio, sino ai
rapporti tra Parmalat e Casalesi. Di recente, grazie a indiscrezioni pervenute
alla Commissione antimafia, è stato scoperto un tentativo da parte del clan
Zagaria di eliminare questo magistrato: l’esplosivo era già stato ordinato alle
n’drine calabresi, alleate organiche dei Casalesi.

 

A me Gomorra è piaciuto ma il mio non è un giudizio
estetico, né ho la pretesa di confrontarmi con autori del calibro di Raffaele
La Capria o di Alessandro Baricco nell’analisi di un testo narrativo. Non sono
un docente universitario, né ho le competenze per entrare nel campo della
critica letteraria. Mi limito però a fare considerazioni sul contenuto del
libro di Roberto Saviano, soprattutto sui significati che ha assunto via via
che è cresciuto il dibattito su Napoli e sulla sua immagine. Le mie sono
considerazioni che racchiudono l’esperienza di cittadino e magistrato che vive
quotidianamente il malessere del nostro territorio e che ha registrato – da
cittadino e magistrato – l’importanza di un libro come Gomorra. Il testo
mi è piaciuto in primo luogo perché ha reso commestibile un argomento che in
genere viene trattato solo da addetti ai lavori, o dall’opinione pubblica
quando ci sono fatti gravi, omicidi eccellenti o delitti di innocenti che
cadono nella quotidiana guerra tra bande che si consuma nel Napoletano per il
controllo del malaffare. L’approccio di Gomorra, la sua visione
d’insieme, ha invece imposto o attirato lo sguardo di una larga fetta
dell’opinione pubblica sul caso Napoli, sulle tante facce del crimine in città
e in provincia. Ora la camorra non è più solo argomento per convegni o
questione per tecnici o investigatori. Il mio giudizio va al di là della
critica, lo ripeto, e credo che al di là della legittima divergenza di opinioni
sia necessario riconoscere a Gomorra alcuni punti fermi. L’autore non
cade nell’errore di tanti scrittori di fatti di camorra: non sfocia nella
mitizzazione dei personaggi descritti, non si appassiona ai delitti che
ricostruisce o alle gesta di boss e gregari. Saviano tratta i protagonisti di Gomorra
per quello che sono, personaggi in negativo, che restano tali per tutto il
racconto. Dalla prima all’ultima pagina. So che si è discusso anche sul
rapporto tra il racconto e la realtà e sulla possibilità che non tutto ciò che
viene raccontato sia vero. Una critica poco generosa. Gomorra è fedele
ai fatti, racconta cose molto vicine alla realtà. Se ci ha messo del suo,
Saviano non lo ha fatto in modo da stravolgere o rendere iperbolico il
contenuto delle vicende narrate. Poi c’è un ultimo punto che mi lega al libro
in questione, il più incisivo: Gomorra è un metalibro, un
"oltretesto". Va al di là di quello che è per diventare ciò che ha
finito col rappresentare negli ultimi mesi. Un simbolo della lotta alla
camorra, un simbolo di ribellione ad un fatto che da troppi anni sembra
endemico nel nostro territorio, come se il crimine fosse iscritto nel nostro
patrimonio genetico. Anche se Gomorra fosse un libro brutto e inventato
– cosa non vera – sarebbe comunque un testo importante per il significato che
ha assunto, per il valore di sfida lanciata ad un potere camorristico che negli
anni si è impadronito delle nostre bellezze naturali, della nostra arte, della
nostra economia, della nostra libertà.

38 pensieri su “GOMORRA E' UN OLTRETESTO

  1. Sarebbe interessante leggerle, queste prese di distanza. Giusto per capire cosa pensano tre “mostri sacri” di questo meteorite alieno.

  2. Supppongo che per non farla sembrare una questione di concorrenza fra testate, non ti sia occupata della querelle con Magdi Allam che Lia solleva sul suo blog Haramlik.
    Su Vibrisse l’inossidabile GM rilancia la questione e i comment sono molto interessanti.
    Ma al di là di tutto, segnalo ai tuoi lettori che qui mi sembra che sia in gioco la verità in rete…

  3. Bene, mi pare che Gomorra esigesse la voce di un addetto ai lavori, anzi proprio di un magistrato. Gomorra non è mito, è verità, testimonianza. Questo mi rassicura un po’, e mi fa definitivamente buttare nel cestino alcune cose che ho letto ultimamente e anche alcuni giudizi espressi su di me da uno scrittore bolognese-cinese.
    state bene

  4. Ecco l’articolo uscito sul mattino, a puntate: la prima e la seconda .
    Personalmente respiro di sollievo per la brevissima dichiarazione di Baricco («Gomorra è un libro che difenderei in ogni circostanza, ma devo aggiungere che non mi riconosco in quel tipo di approccio letterario») che a mio parere è stata un po’ buttata nel calderone senza il minimo distinguo.

  5. L’iniziativa di riprendere il testo di Cantone e postarlo su Carmilla è del sottoscritto e ha avuto l’approvazione di tutta la redazione di Carmilla. Era importante, a fronte di attacchi sempre più speciosi e volgari (la rete ne è piena), far irrompere nel dibattito il punto di vista di chi opera sul campo e ha prodotto direttamente i testi (istruttorie etc.) di cui Saviano si è servito per costruire il libro.
    Riguardo al commento sopra, con serenità faccio notare che la mia posizione sul rapporto verità-“fiction” in Gomorra (aspetto peraltro secondario nella lettera del PM) è perfettamente compatibile con quella espressa nel post. Io qui scrivevo:
    “Come precisavo poc’anzi, introdurre la fiction nel reportage non significa aggiungere ‘finzione’, non significa inventarsi gli eventi. Significa operare con tecniche letterarie sul modo in cui questi eventi vengono collegati l’uno all’altro, messi nello stesso contesto, comunicati al lettore. Per far questo si ricorre a certe retoriche, si usa il linguaggio in modo non ‘obiettivo’. Ben lungi dall’introdurre ‘irrealtà’ e panzane nel testo, tale ‘sfondamento’ finisce per descrivere una realtà in modo più potente. Si tratta né più né meno del saper raccontare una storia nel miglior modo possibile. Una storia che è vera, in questo caso. Bisogna cercare l’equilibrio: raccontarla bene, benissimo, senza farla sembrare falsa. Trovare la lingua e le retoriche giuste. Saviano ci è riuscito.
    Pur riconoscendo la fortissima ‘letterarietà’ del testo, pur individuando alcuni stratagemmi, pur rinvenendo le retoriche, nemmeno per un istante ho dubitato che quanto raccontava Saviano fosse vero.
    Gomorra è costruito su fonti primarie, scritte e orali. Atti di istruttorie, verbali di dibattimenti, carte di polizia, interviste, soggiorni ‘immersivi’ (come certi corsi di lingue) nei territori della camorra.”
    Cantone scrive:
    “Gomorra è fedele ai fatti, racconta cose molto vicine alla realtà. Se ci ha messo del suo, Saviano non lo ha fatto in modo da stravolgere o rendere iperbolico il contenuto delle vicende narrate.”
    Inoltre, quando Cantone scrive:
    “Gomorra è un metalibro, un ‘oltretesto’. Va al di là di quello che è per diventare ciò che ha finito col rappresentare negli ultimi mesi. Un simbolo della lotta alla camorra
    esprime con altre parole la mia stessa posizione su Gomorra come “mito”, espressa molto bene anche da Giulio Mozzi qui, in un post di qualche mese fa di cui riporto uno stralcio:
    La scommessa del libro Gomorra sta tutta qui: nel tentar di rappresentare un Mito del Sistema più forte (a questo servono i mezzi della letteratura) di quello che il Sistema stesso produce; voltandolo di segno. Non più Mito di Coraggio, ma Mito di Paura. Non più Mito di Forza, ma Mito di Debolezza. Non più Mito di Bella Vita e Bella Morte, ma Mito di Misera Vita e Misera Morte.

  6. P.S. In quella discussione avviata da Mozzi, io intervenni scrivendo:
    Il mito non è interamente “falso”, non è “il contrario della verità”: il mito si basa su verità, le incorpora, le innalza dal letterale al retorico. Se vi va, usiamo il sostantivo “immaginario”, che è meno equivoco (a condizione di non contrapporlo al “reale” in una visione dicotomica, dato che anche l’immaginario fa parte della realtà).
    Ecco, il “Mito del Sistema”, fino ad ora, era l’immaginario che al Sistema faceva comodo veicolare e ai media riusciva facile descrivere. Quell’immaginario era la generalizzazione e “retoricizzazione” di verità parziali: la camorra da vicolo e suburra esiste ancora, certi codici esistono ancora, esistono sicuramente anche camorristi come li descrive De Crescenzo in “Così parlò Bellavista”, ma mentre la nostra cultura si fermava a quell’immaginario, la camorra diventava anche e soprattutto altro, e usava la propria vecchia immagine come cortina fumogena.
    Il “Mito del Sistema” che cerca di costruire “Gomorra” è un insieme di storie, di exempla, su come e quanto la camorra sia cambiata. Storie che permettano di affrontare il problema nella forma che ha assunto più di recente, anziché nella forma che aveva venti-trent’anni fa. Dire che “Gomorra” contrappone “Mito a Mito” non significa che contrappone menzogna a menzogna: semplicemente, significa proporre storie che abbiano un forte impatto e una carica emblematica, più adatte a descrivere cos’è il Sistema oggi e non ieri. Qui sta la forza di “Gomorra”, in questo tentativo, e nel modo che l’autore ha scelto per compierlo. Scritte in un saggio, le medesime storie avrebbero avuto minore “presa”, sarebbero risultate meno suggestive, non avrebbero prodotto mito, quel nuovo mito che oggi sta veicolando conoscenza (e credo che ciò sia innegabile).

  7. Ognuno pensa quel che vuole, naturalmente. Certo che il prezzo pagato dall’autore per “l’abile uscita commerciale” mi sembra un po’ alto.
    Ps. Certo che, porca miseria, in questo paese avere successo è un peccato imperdonabile. Annichilisco.

  8. Nelle prime settimane di presenza in libreria, “Gomorra” fu alquanto trascurato dai media ufficiali. Uff, un libro sulla camorra, per giunta scritto da un pischello…
    Le prime dieci-quindicimila copie vendute furono frutto di passaparola tra i lettori, e precedettero premi e attenzioni critiche.
    La “seconda ondata” di vendite, effetto del secondo cerchio concentrico di passaparola e delle prime attenzioni dei media, portò il libro oltre le trentamila copie, e già alla Mondadori erano stupiti…
    Al telegiornale non parlano più del caso Saviano ormai da qualche mese, eppure il libro continua a camminare sulle proprie gambe, veleggia verso le seicentomila di venduto, produce discussione, viene commentato, consigliato, prestato, attaccato, stroncato senza ulteriori spinte mediatiche. Conferma del fatto che è un libro destinato a rimanere.
    Comunque è vero: in questo Paese riuscire a fare qualcosa è considerato un crimine imperdonabile.

  9. Io: Giuann ‘o Biondo. ‘O boss d’ Matalune…
    (menomale che oggi ho appena aperto e subito chiudo internet, meglio così, che già mi girano le palle)

  10. @ Paolo S.
    Hai ragione a richiamare ciò che viene dibattuto su Vibrisse (Magdi Allam che si inventa un’intervista alla moglie di un esponente della comunità islamica sulla poligamia). Certe stroncature di “Gomorra” sono state costruite a tavolino, esattamente come certi articoli del Pinocchio d’Egitto. E, come il Pinocchio d’Egitto, certi stroncatori non hanno letto ciò di cui parlano: si sono fermati alla quarta di copertina, o all’amico che gli chiedeva un intervento in appoggio, o hanno sbirciato una recensione scambiando il parere del recensore col contenuto del libro. E non hanno neanche l’onestà di dire, come Sanguineti: non l’ho letto: il che non assolve Sanguineti (e non sorprende il sottoscritto), ovviamente, ma a maggior ragione condanna certi stroncatori interessati. E soprattutto, le due vicende hanno in comune la deontologia professionale: in un mondo decente, un giornalista come Allam verrebbe cacciato a calci in culo già al primo libro copiato, non certo adesso (e cmq non sarà cacciato dal Corriere). Uno come Saviano è un giornalista di prim’ordine, un cronista come ce ne sono pochi: chi lo ha accusato di “leggere i rapporti della polizia” dimostra, con la sua accusa, qual è lo stato del giornalismo italiano. Cos’altro dovrebbe leggere (non solo, ma anche) un cronista che lavora sulla camorra (che voglia scrivere un articolo, un romanzo o un ibrido come “Gomorra”), se non verbali e sentenze?

  11. dire che Gomorra è un oltretesto è come dire che è un pretesto: e difatti il discorso del magistrato qua magistrato non fa una piega, e tradotto in soldoni/al limite suona: sia esso un cesso o un capolavoro, è importantissimo che circoli, che scuota, che contribuisca alla lotta alla camorra. In questo senso Gomorra è un caso davvero particolare, poiché “costringe” l’autore a non staccarsene (un po’ come per un pentito, che una volta fatto il salto non può più tirarsi indietro). Quando questa situazione (che fa onore/onere a Saviano) scemerà, si parlerà di Gomorra come di un testo, e si potrà pacatamente avvicinarlo/confrontarlo ad altri (ad es. al Sandokan di Ballestrini, che tra l’altro ha con Gomorra pure il personaggio in comune). o no?
    db

  12. WuMing1, finiscila, hai scritto ‘sta roba qua:
    “Il mito non è interamente “falso”, non è “il contrario della verità”: il mito si basa su verità, le incorpora, le innalza dal letterale al retorico. Se vi va, usiamo il sostantivo “immaginario”, che è meno equivoco (a condizione di non contrapporlo al “reale” in una visione dicotomica, dato che anche l’immaginario fa parte della realtà).”
    e prima nella tua orrenda newletter avevi spacciato, anzi derubricato, Gomorra come libro di fiction, metafiction, mitopoiesi e tutte le tue immonde stronzate.
    Poi Giulio Mozzi, che evidentemente non crede a quanto ha scritto Saviano, ha fatto il tuo stesso discorso, solo fatto meglio perché è più capace di te, spiegando che la verità non conta in quello che è scritto nel libro.
    Bene. Invece è un libro di verità. Saviano usa la tecnica della congettura dove non può arrivare e prende questa tecnica dalla letteratura. Tutto ciò sta abbondantemente dentro il recinto della ricostruzione dei fatti, l'”immaginario” il “mito” se permetti accartoccialo dentro un raviolo al vapore e mangiatelo a cena.
    saluti

  13. Ma non si potebbero dire le cose in maniera un po’ più pacata? Alla fine questo tono irritato risulta infantile e i concetti espressi passano in secondo piano.
    Anna Luisa

  14. Basta leggere cosa ho scritto davvero su Nandropausa #10, senza affidarsi a resoconti imprecisi:
    Si badi bene, non intendo dire che Saviano non ha vissuto tutte le storie che racconta. Le ha vissute tutte, e ciascuna ha lasciato un livido tondo sul petto, sotto il giubbetto antiproiettile della coscienza politica e sociale. Ma un’attenta lettura del testo permette di distinguere diversi gradi di prossimità […] Ha importanza, a fronte di ciò, sapere se davvero Saviano ha parlato con Tizio o con Caio, con don Ciro o col pastore, con Mariano il fan di Kalashnikov o con Pasquale il sarto deluso? No, non ha importanza. Può darsi che certe frasi non siano state dette proprio a lui, ma a qualcuno che gliele ha riferite. Saviano, però, le ha ruminate tra le orecchie tanto a lungo da conoscerne ogni intima risonanza. E’ come se le le avesse sentite direttamente. Di più: come se le avesse raccolte in un confessionale. […] Abbiamo parlato della diffidenza e del rancore suscitati dal libro presso certa intellighenzia “progressista”, quella a cui fa comodo sostenere che la camorra è un fenomeno arretrato, residuale, disfunzionale, freno allo sviluppo di un capitalismo “pulito” e di una borghesia meridionale laboriosa e decente.
    Un bel quadretto consolatorio. Peccato che la camorra (anzi, il Sistema) sia in realtà punta di diamante del business ultracontemporaneo, avanguardia dell’impresa tecnologica, del management, delle teorie liberiste, in simbiosi con le nuove economie “cindiane”. Noi abbiamo ancora in mente i guappi da suburra, il folklore, una camorra estinta da decenni, e intanto la base sociale dei clan – proprio grazie al controllo del Made in China – è composta da early adopters (e testers) di ogni nuovo gingillo elettronico. Un camorrista usa la nuova Play Station o Xbox molto prima di chiunque altro, e così per videofonini, fotocamere ultracompatte, videocamere, lettori mp3, megaschermi al plasma etc.
    Tutto questo Saviano lo spiega molto bene, attingendo a istruttorie e atti giudiziari, inchieste giornalistiche, testimonianze dirette. Lo fa con coraggio inaudito, e non è “solo” coraggio civile e politico: è coraggio poetico, stilistico. Non è mica giornalismo, questo. E’ ben di più. Saviano ha scavato la realtà con le unghie fino a rinvenirne il nocciolo visionario e allucinatorio.

  15. Sono interessata al fenomeno “immagine che si dà”.
    Prendiamo db.
    Quando parla dal suo scranno privilegiato di filosofo sembra dire cose interessanti.
    Quando commenta un testo che esce dalla sua competenza ne parla con l’ovvietà e il buon senso del lettore comune.
    Soprattutto paragonato a Wu Ming 1, qua sotto, si sia o meno d’accordo con lui.
    Quindi a volte si sembra competenti solo perché lo si è davvero.

  16. *Saviano ha scavato la realtà con le unghie fino a rinvenirne il nocciolo visionario e allucinatorio.*
    Socrate (che comincia anche lui per S) scavava anche lui fino al nocciolo, e poi scavava il nocciolo.
    D. Sorso

  17. Da semplice lettrice, poco intellettuale, posso sapere, visto che dura da mesi su vari siti, prima e dopo le minacce.. che cosa cambia capire qual’è la giusta e vera collocazione di questo libro? Cambia qualcosa a quello che ha dato ad ognuno che lo ha letto? cambia qualcosa in quello che ha mostrato sia a chi già sapeva e a chi non sapeva?Cambia a quello che ha cercato di fare sollevando nuovamente la questione sud?
    A che cosa serve insistere sull’influenza del marketing della mondadori? quanto è importante capire chi ha portato una fonte di luce dov’era buio, o è importante che ci sia arrivata? (scusate l’esagerazione ma mi fingo intellettuale anche io).
    Comprendo che la letteratura, la filosofia e il risveglio sociale e dell’uomo, il riscatto e bla bla sia forse l’unico vostro pensiero.. ma perchè accanirsi così nel bene e nel male su questo libro e la persona? la persona poi? Prima di giudicare SAviano ma l’avete conosciuto a quattr’occhi, quando è fuori dalla sua ossessione di camorra anche? ma avete presente chi sono i veri scrittori sciacalli e ambiziosi??
    Io credo da lettrice media, da cittadina media, da essere umano medio, che Gomorra sia un bel libro, che se ci sono dei piccoli artifizi non alterino il succo del contesto e che se possa aver aiutato qualcuno a cercare di cambiare o migliorare le cose, allora GRAZIE. A chi ha dato fastidio, urtato il suo fuoco sacro, le sue ambizioni ecc.. cambiate canale tutto qua.

  18. Ryzard, sono due comportamente distinti, metterli sullo stesso piano confonde le acque.
    Da un lato – come giustamente osservi – ci sono gli sciacalli, i cinici a ogni costo, gli astiosi che cercano il pelo nell’uovo (talvolta senza nemmeno aver letto Gomorra per potersi dire soddisfatti di cantare fuori dal coro. Bastiancontrarismo, invidia etc., nulla di nuovo sotto il sole.
    D’altro canto c’è chi riflette sul libro, sul suo impatto, su come Roberto l’ha costruito. Tra questi c’è anche chi, come me, il libro lo ha apprezzato e amato.
    A costo di ripetermi, e chiedo scusa: “se questo libro fosse stato semplicemente un reportage, non ci avrebbe fatto capire tante cose sul ‘Sistema’, non ci avrebbe comunicato il senso che la camorra riguardi tutti noi […], non ci avrebbe messo sottopelle l’urgenza di interrogare le dinamiche del mercato e del consumo.
    Alla fine dei giochi, non esiste separazione tra il ‘come’ e il ‘cosa’. Senza capire il come, non si capisce il cosa. E’ politicamente importante interrogarsi su com’è costruito il libro”.
    Il cosa (l’argomento) ci arriva potente perché è cambiato il come (il modo di esporlo). Interrogarsi a fondo su questo non è una pippa intellettuale: è il massimo omaggio che si possa fare a Roberto come scrittore (e non solo come testimone civile).

  19. Io stento a capire queste continue e sterili polemiche; mi sembra di tornare ai tempi del dibattito, avvenuto su GIAP, che vedeva sul banco degli imputati i wu ming solo perché editi da einaudi. Qui abbiamo un autore che ha scritto delle cose importanti. Ben venga quindi il successo, anche se avvenuto attraverso una operazione commerciale.
    Infine mi chiedo, ma è proprio così facile raggiungere la visibilità con una semplice operazione commerciale? Io sono del parere che la sostanza continua a farla da padrone. Q ne è stato un fulgido esempio.

  20. Sauron , non è “tornare ai tempi del dibattito su GIAP”: È quel dibattito. C’è chi di livore e rancore ne fa una ragione di vita, e conosce come unica logica “gli amici dei miei nemici sono miei nemici”/”i libri che piacciono ad Alfa e Beta fanno schifo per definizione” (variante: i libri che hanno successo, mentre i miei no). Se Alfa e Beta dicono che quando l’acqua bolle si butta la pasta, sta pur sicuro che compariranno livorosi post sul perché la pasta va buttata nell’acqua fredda, o sull’acqua che bolle a 40°. Oppure scatta la sindrome di Palamede: ruberebbero vasi sacri e incendierebbero templi, se ancora ve ne fossero, pur di far parlare di sé.

  21. Sull’oltretesto, io ho questo problema: il sociopedagocico Virgilio di MI (1.700 studenti), grazie a un prof. di filosofia ex-giornalista democratico di Catania (al giornale di Fava) fa da anni un lavoro sulle mafie, proponendosi anche ad altri istituti superiori. L’anno scorso una 2 giorni coi ragazzi di Locri, quest’anno un incontro col magistrato Nobili + tanti altri piccoli interventi (come la rivista autogestita Red Azione). Be’, a farla breve: volevano Saviano e mi hanno chiesto di fare da tramite per un incontro. Dopo un accordo di massima, e nonostante varie successive e-mail, non ho più saputo niente. eppure i ragazzi/e sono i primi a capire che possono essere insorti problemi per Saviano, e quindi si accontentavano di una dovuta risposta. Ora qualcuno del collettivo ha lanciato: perché non inondiamo la rete di appelli all’introvabile Saviano?
    Dario Borso

  22. Forse perché Saviano, costretto a vivere in un luogo secretato e sotto scorta, non è in grado di mantenere gli impegni presi, e non può usare, per ovvie ragioni di sicurezza, i suoi abituali recapiti?

  23. E’ quello che ho detto loro io, e di depennare Saviano dall’agenda, almeno per quest’anno (si erano abituati troppo bene, con Nobili sotto scorta da 5 anni che non ha visto nascere neanche un figlio). In ogni caso, e giusto per accademia, perché le e-mail non sono tornate al mittente? Oppure: è così ovvio che da un indirizzo e-mail si possa risalire al proprietario? Evidentemente sì. Sarà come qui in rete, che tanti ben per quello s’incappucciano coi nick, per spandere appunto un po’ di zizzania e far perdere le tracce al Grande Fratello.

  24. Io credo che non sia immaginabile cosa vuol dire vivere sotto scorta, temere incontrare gli amici perchè non siano accomunati a te da chi ti vuole mazziare, evitare i rischi per la tua famiglia, decidere che ne sarà dei prossimi mesi, dove vivere, come vivere? C’è ancora posto per dei giorni felici, senza pensieri come in una passeggiata nei boschi,vivere con una libertà che resta solo nell’anima e non più fisica. E poi invece c’è chi si immagina che forse il ragazzo vuol fare il divo? oppure si gode i soldi delle vendite? oppure schifa i ragazzi delle scuole? o la solita mossa della schifosa Mondadori? sempre più facile pensare male di qualcuno che bene vero? Sempre a pensare a quello che a noi è DOVUTO. Io credo che quando Saviano avrà trovato il modo di organizzare questa sua nuova vita riprenderà anche i suoi incontri. Hai fretta di incontrare il “Fenomeno” o si può comunque iniziare a fare dei bei incontri con gli studenti anche invitando magistrati in prima linea o preti coraggiosi o assistenti sociali sulle barricate? o non sono abbastanza di moda? Si parte da Gomorra e si va avanti se si vuole, anche se Saviano dovesse, necessariamente oscurarsi per un po’.

  25. Non so esattamente cosa comporti vivere sotto scorta, ma posso immaginarmelo come una specie di carcere semovente. Proprio oggi ho letto diverse lettere dal carcere di Gramsci in francese, perché in rete ci sono tutte ma non in italiano, e così è più comodo copincollare. Lettere, appunto, o e-mail…
    Bastava e basta che Saviano saluti i ragazzi del Virgilio cui prima dell’emergenza aveva dato la parola, spiegando che non ce la fa. Scrivendolo io qui, spero appunto di ottenere l’effetto (o che Saviano legga, o qualche amico riferisca).
    Niente fenomeni dunque, e niente caporali: solo uomini.

  26. Dario Borso, adesso ci fai anche la lezioncina su cosa dovrebbe e non dovrebbe fare Saviano? Per cortesia, non abusare della pazienza altrui: nel caso, della mia, che è già molto, ma molto provata dai tuoi interventi.

  27. Brava Lipperini. Così si fa!!! A Dario ma che quelli della Virgilio sono così immaturi da non capire perchè uno non ce la fa? perchè magari in questo momento di delirio non riesce a rispettare la parola? o serve più a te e al ruolo di mediatore che ti sei dato? ma ti rendi conto di cosa sta vivendo? Caporali? Caporali? se non è ommo lui con quel che ha fatto, chi lo è?? per caso tu con queste meschine questioni di principio??? ma mi faccia il piacere (se dobbiamo citare Totò)!!! sciaquati la bocca e le mani prima di dire o scrivere ste minch..

  28. Sono appena tornato dal Martiri di Turro, dove abbiamo deciso il menu conviviale dell’Arci-Premio Baghetta (finalisti: Cavalli, Amato, Ronchi), della cui giuria telematica faceva parte anche Saviano. Gli arcieri avevano avuto il suo indirizzo da me, e grazie a esso hanno interagito con lui, che ha chiesto appunto giorni fa chiarimenti. L’indirizzo insomma è attivo, e Virgilio val bene un Baghetta: perciò
    virgilius@ivirgil.it
    PS. I ragazzi/e del Virgilio sono davvero maturi/e: non si accontentano del fenomeno e puntano al noumeno (i.e. nessuno/a pende dalle labbra poiché tutti/e hanno letto Gomorra).

  29. SCRIPTA MANENT
    ryzard: *Hai fretta di incontrare il “Fenomeno” o si può comunque iniziare a fare dei bei incontri con gli studenti anche invitando magistrati in prima linea o preti coraggiosi o assistenti sociali sulle barricate? o non sono abbastanza di moda?*
    ryzard mi imputa di considerare Saviano un fenomeno alla moda, e dunque mi considera un fan(atico) agìto dalla fretta di incontrarlo.
    Io, che non considero Saviano un fenomeno né me un suo fan, rispondo
    *basta che Saviano saluti i ragazzi del Virgilio cui prima dell’emergenza aveva dato la parola, spiegando che non ce la fa. Scrivendolo io qui, spero appunto di ottenere l’effetto (o che Saviano legga, o qualche amico riferisca). Niente fenomeni dunque, e niente caporali: solo uomini.*
    Il rapporto mio e degli studenti del Virgilio è cioè un rapporto tra uomini/persone, al di là di ogni sudditanza, di ogni fanatismo, di ogni caporalato. Al che:
    ryzard: *Caporali? Caporali? se non è ommo lui con quel che ha fatto, chi lo è??*
    una difesa non petita, da fan agìto dalla fretta che mitizza un uomo in” ommo” – una difesa da (anonimo) caporale.

  30. La giuria telematica del “Baghetta” era composta da persone che, suppongo, non sapevano di essere state inserite, come è avvenuto alla sottoscritta.
    Chiedo nuovamente a Borso di rivolgere altrove il proprio narcisismo, e possibilmente di smetterla di coinvolgere nel medesimo altre persone. Grazie, ultimo avviso.

  31. Lolly, prendesti il Baghe per il Bagu! e come te lo devo di’? qua siamo compagni, capisci il cuncietto? qui noi scriviamo begli incontri, mica bei incontri come i bburini!
    Cogli il punto, cogli? qui ci guardano tutti, non è una chat-line, né una vetrina di Amster Dam, che si guarda e non si tocca (oppure: metti il vetro!).
    Il punto è: noantri se famo ‘a magnata, scegliamo noi i poeti (uno a testa: Marcoaldi mi sono vietato di sceglierlo per non essere tacciato di comparismo, fuendolo quel dì di me promesso sposo – o manzo?). E il Comizio (≠ invero da giuria) lo scegliemmo noi, e chi ci sta ci sta.
    perciò, se la logica è narcisismo, il tuo cos’è, ecoismo? (narciso, PPP furlàn docet, rispecchia, eco invece (or)ecchia.
    Da Bla

  32. pensa che per la prima finalista del Baghetta, la Cavalli, che è romana de Todi, abbiamo concordato con lei una cena maceratese (Micaela e Piero Mezzabotta sono di Fermo). E te lo dico (ti sembrerà strano) col cuore: fa’ un salto giovedì, ti accoglieremo contenti (anche perché tuo papà ispira davvero simpatia).
    Dario

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