Sul quotidiano di oggi c’è un articolo della sottoscritta sul giallo e sul genere che potrebbe far dire a molti di voi “ne abbiamo già parlato”. Verissimo. Ma quel che avviene sul web approda abitualmente solo in un secondo momento sulla carta, almeno per come la vedo io (e la carta ha altre esigenze: per esempio, riassumere in quaranta righe una discussione che dura da almeno due anni). Devo comunque dei ringraziamenti: le citazioni sono tratte da questo e altri blog (Nazione Indiana e I Miserabili soprattutto), mentre la frase di Paco Ignacio Taibo II è uno dei cavalli di battaglia di Jacopo De Michelis di cui ho qui usufruito.
C’è un triplo paradosso che si aggira per il mondo letterario italiano. Primo: il giallo italiano è largamente uscito dall’antico pregiudizio che lo voleva ininfluente e comunque qualitativamente e quantitativamente inferiore alla produzione americana. Secondo: non pochi critici continuano però a considerarlo “paraletteratura”. Terzo: gli scrittori di gialli (come quelli di fantascienza, o di horror) sono sinceramente stanchi di sentirsi definire scrittori di genere. Esempi recenti (tratti dal web, dove la discussione in merito è vivissima da anni), Valerio Evangelisti ( “ci sono grandissimi scrittori di genere che sono grandissimi scrittori e basta), Giancarlo De Cataldo (“avverto l’esigenza di muovermi verso una scrittura libera dal feticcio dei generi”), Gianni Biondillo (“per un architetto la questione del genere non esiste, e io sono un architetto. Nessun architetto si sognerebbe mai di dire che un progettista di chiese è più bravo di uno che progetta grattacieli, o fabbriche”).
In realtà il giallo italiano non è mai stato di basso rango. Non ai tempi di Scerbanenco, e poi di Fruttero e Lucentini. Non nella fase di nuovo vigore legata agli autori “glocal”: i bolognesi del Gruppo 13 (Loriano Machiavelli, Pino Cacucci, Carlo Lucarelli, Danila Comastri Montanari, Marcello Fois fra gli altri) e i “duri” milanesi di Andrea G.Pinketts. Non negli iperpopolari Camilleri e Faletti. Non, infine, nella nuova ondata che include personalità diversissime: Sandrone Dazieri, Raul Montanari, Giancarlo De Cataldo, Massimo Carlotto, Girolamo De Michele, Giuseppe Genna. E tutti coloro che cercano di uscire dalla definizione e dalla gabbia del genere: ma semmai ne applicano parzialmente le regole per scrivere, semplicemente, buoni romanzi.
La novità è che oggi il giallo è al centro di una discussione culturale da cui è stato a lungo escluso: c’è chi lo accusa di essere una facile scorciatoia per le parti alte delle classifiche, e che, come è avvenuto recentemente, combatte una dura battaglia contro la restaurazione culturale eleggendo Faletti a simbolo negativo. E c’è chi ribatte che è semmai la letteratura “alta” che sta perdendo di vista il lettore, come ammoniva Paco Ignacio Taibo II: “Qual è stato il momento in cui il romanzo è diventato un esperimento di linguaggio e ha perduto la sua natura di arte maggiore, di arte del narrare?”. Di chiunque sia la ragione, e ammesso che di ragione si possa parlare, la certezza è che oggi il racconto del reale passa soprattutto attraverso il giallo: e forse è ora di cambiare definizione, o infine di non adottarne più.
Il giallo, in Italia, non c’entra proprio un piffero, tolti un paio di nomi grossi ma grossi davvero: per capirci, Leonardo Sciascia, ma questi non era un giallista. Umberto Eco per il “Nome della rosa”, ma non è un giallista. Ma il giallo non esiste, se non come robetta, comunque di nessun conto e che non vale la carta su cui vien stampata. Robetta. Evangelisti scrive ben oltre il giallo, così anche Wu Ming. Genna va bene per Segretissimo, ma adesso neanche più: la storia dei surgelati l’ha proprio surgelato. Allora rimangono l’ottimo Pino Cacucci, Loriano Macchiavelli, Francesco Guccini (già, perché ha scritto parecchi gialli con Macchiavelli, ma facciamo finta di niente da qualche parte, come al solito?), Eraldo Baldini, Augias. Il resto, per quanto mi riguarda, non esiste. O meglio esiste Faletti, ma quello scrive bene e bene davvero, anche se poi c’è l’invidia di tanti a dire che non vale. Scerbanenco ha scritto due soli romanzi leggibili, il resto è puramente schifo che si può tranquillamente cestinare senza alcun rimorso. Con questa riflessione, no, il giallo non esiste, non in Italia. E io dico che è una vera fortuna, una fortuna sfacciata. Il giallo è anche letteratura. Se finisce solo sotto a un ombrellone o in montagna, allora vi dico che non lo è e che si dimentica, come ho dimenticato bene io. Ecco, questi sono autori che valgono, che non fanno giallo tanto per fare giallo, ma che invece scrivono letteratura facendo il giallo anche. Ed è un po’ diverso.
Saludos. E non scannatevi troppo. ^___^
Iannox
…le donne (che scrivono e che leggono)… terzultima riga… vado sempre troppo di fretta, troppo da fare, una donna troppo impegnata :-))))
Oh, finalmente. Sì, perchè questo, come dice Lippa è un discorso vecchio ma anche sempre nuovo. Non sono d’accordo con Ienax: robetta. Che vuol dire? Chi? Io trovo che ci siano buone trame. Trovo che ci siano buone ambientazioni. Trovo però che ci sia invece un difetto “fondamentale” che non mi fa definire robetta molti dei romanzi che Lippa ha elencato, ma me li fa definire come dire, un po’ con una “prospettiva prealbertiana” (posso dire così?) Non posso mettermi a elencare i personaggi femminili uno per uno, però quanti supererebbero l’esame anni’70, anni’80 e degli autori citati e di altri che ho in mente? Ormai molti “studiosi” e le le famose “persone comuni” sono tutti d’accordo nel costatare quanto la “rivoluzione femminista” abbia cambiato le nostre vite, nella quotidianaità – che è fondamentale, quindi per uno/a che attrvaerso un romanzo voglia replicare la quotidianità. Possibile che – devo dire non solo in Italia, ma negli inglesi è più raro (Mc Ewan), come è più raro nei francesi (Modiano) – in moltissimi casi ancora si stia alla tacconata un po’ stronza o alla tossica o alla “sparampietto”, come si dice dalle mie parti ( donna che imita l’uomo, un tipo d’uomo che va in giro spalle larghe e petto in fuori) Ecco. Io al postodeilibri.it ce l’ho come domanda fissa: “Perchè gli italiani vedono le donne come puttante o casalinghe in ciabattine?”, allargo il discorso. Ripeto forse è solo una disattenzione, da parte degli scrittori/ici. E basta quidniuno spostamento di “prospettiva” perchè molto cambi. O forse no…forse ha ragione Ienax, ed è uno spostamento di prospettiva così fondamentale per cui è robetta? Boh. 🙂 Una cosa è certa: le donne (che scrivono) è come se si sentissero “antiche” a dire “Ma che cazzo hai scritto? Chi fa così? Chi parla così?” Un po’ generalizzo, un po’ pralo di perosne che conosco, ma non mi posso mettere a dire “Quello e quella”. Pensate a chi vi sta di fianco, ecco! 🙂
Se si va a vedere molti grandi romanzi sviluppano un’indagine, ma non sono dei gialli…
paradossalmente, citando Camilleri si potrebbe dire “Il primo giallo che è stato scritto si trova nella Bibbia: Susanna, sposa fedele, viene accusata da due giudici di infedeltà e il profeta Daniele, convinto dell’onestà di Susanna, avvia un’indagine e interroga i due giudici separatamente: l’hanno vista che concedeva le sue grazie a un giovane sotto l’albero? Che albero era? Uno dice un pero, l’altro dice un melo; già comincia a vedere le discordanze fra i due… E arriva a una verità: che questi due stanno mentendo perché hanno fatto delle proposte a Susanna da lei respinte. Che cos’è questa se non è una struttura gialla?”
persino Dostoevski e Tostoj nei loro grandi romanzi compivano delle indagini. Catalogare per generi i grandi scrittori non è sempre facile e talvolta è un gioco un tantino pericoloso.
La robetta è la robetta, quella che metti insieme agli ortaggi che compri al mercato. E di robetta ce n’è così tanta che ad elencarla mi prenderei una enciclopedia intera, quindi evito. Scrivere al femminile è qualcosa che esiste anche nel giallo, non dico di no: ma i migliori esempi sono “esterofili” e non “italiani”. E non mi riferisco di certo a Patricia Cornwell, che mi fa un po’ tanto schifo per gli stereotipi che usa: lei è robetta anche se vende. Comunque il giallo è diventato una moda, una moda per scrivere? che cosa? Boh, solo iddio lo sa e forse neanche lui. Ho il terrore dei tanti gialli che ci sono in giro e che non dicono un’emerita mazza, a parte annoiarmi a morte con trame abusate e clichè a tutto spiano, magari pure infarciti di qualche battutina sarcastica o nera che dir si voglia. Diciamo che ne ho pure le palle piene e strapiene. Un buon romanzo è il “Suicidio di Angela B.” di Umberto Casadei, ma siamo di fronte a qualcosa di corale che è al di là del mero e abusato giallo. Rimangono intoccabili James Ellroy e pochi altri per il panorama internazionale, ma per quello nazionale (che brutto dire nazionale – meglio dire territoriale), almeno per me, valgono i nomi citati poc’anzi, premettendo che di tutti gli autori citati nel post della Lippa ho letto almeno almeno un loro libro. Sinceramente della robetta non so che farmene, e spero che finisca almeno almeno al macero così, perlomeno, servirà a qualcosa, si spera a stampare libri su carta riciclata decente che non siano basati su degli inutili stereotipi. Così ho parlato, così ho spiegato.
Saludos. E attenti all’ombra che sta sulle vostre tracce. ^___^
Iannox
Oppure in Italia le donne con un passato femminista leggono saggistica, e snobbanno i gialli. non lo so. è come se ci fosse “Classe dei maschi/Classe delle femmine” a me piace molto Fiorella Cagnoni, per esempio, così. Basta. me ne vado davvero. Ma tanto poi torno.
@ IL POSTO DELLE OMBRE
Mah, era solo un modo per dire: “State attenti, ragazzi, ragazze! Le ombre ci assassinano, come Bruto con Cesare, alle spalle. Le ombre, e spesse volte son proprio le nostre.”
Saludos
Iannox
Oddio, Ienax, come sei enigmatico! L’ombra sulle vostre tracce…che quesito! A che ti riferirai? Va be, se ti spieghi bene, se no, pazienza!
@ CARLO
Precisiamo: se leggi bene, ho specificato gli autori che, a mio avviso, valgono. Un buon 50% mi piacciono, è scritto CHIARAMENTE E IN MANIERA EVIDENTE nei commenti che ho lasciato sopra, prima. L’altro 50% mi dicono poco o nulla. A volte assolutamente nulla. Questione di gusti? Può darsi. Ma non ho detto ASSOLUTAMENTE che tutti gli autori citati nel post della Lippa siano robetta.
Non mi si attribuiscano dichiarazioni che non ho fatto ASSOLUTAMENTE, please. Non è chiedere troppo.
E qui, dico punto e basta.
Saludos.
Iannox
Anch’io ho letto quasi tutti gli autori citati da Lippa, e non mi pare affatto che si possano definire robetta.
Ok. Ho capito così. (peraltro resto in tema) Ienax, vuoi dire, in un modo che sa molto di giallo, che faccio parte di quelli che non sanno scrivere gialli e che fanno “robetta”? Io non volevo proprio scrivere un giallo. Solo un romanzo. Comunque va bene così. Tanto con le ombre – altro che ombre, incubi! – sono anni che cammino. Proviamo quest’altra di passeggiata. con la “robetta”. magari mi va meglio 🙂 E poi mi piace quello che ha detto sabina (credo lo dicesse anche Durrenmatt, il che è ancora meglio) in pratica una buona opera narrativa avrebbe sempre sentro di sè un meccanismo – lo stesso – che sta alla base del giallo vero e proprio. però una cosa è certa, adesso che ci penso, nessuna “donna mia” è casalinga in ciabatte o puttana :-).
Uh? Ma come? Non ero già in connivenza con Einaudi e Minimum Fax? Comincio a perdere il conto della mia corruzione, accidenti 🙂
Lipperini, vuoi smetterla di dedicare il riquadro centrale dei paginoni culturali de ‘La Repubblica’ a Gianni Biondillo? Sei così presa di lui?
Ti ha promesso il progetto di una casa?
@ ilpostodellapasseggiata.it il
No, no, no e poi no. Mica l’ho letto ancora il tuo libro. Anzi, per inciso, ancora son qui che aspetto quella copia omaggio che m’avevi promesso. Rimembri quanto fu dolce la promessa?
Quindi, ti rassicuro: non c’era proprio alcun sintomo, o ombra che dir si voglia, d’insinuazione nelle mie parole di poc’anzi. Anche volendo, non avrei potuto, giacché del tuo libro solo quel poco che c’è sulla quarta di copertina. No, no, sei fuori strada: io parlavo di ombre shakesperiane, che è ben diverso.
Ma voi avete mai letto i romanzi di B. Akunin? editi da Frassinelli? L’autore prende per il sedere i più grandi giallisti scrivendo ottimi gialli, ma belli davvero, così tanto belli che mi sbellico sempre. No, non sto scherzando. E’ un autore che m’ha letteralmente conquistato.
Saludos
Iannox
Volevo far presente che la Lippa, nel mio piccolo, ha intervistato anche me (Pequod) quindi anche Monina – e naturalmente io, pure – qualcosa le ha promesso, anche se non so cosa! Così, tanto per combattere la corruption.
Be’, Iannox, meno male perchè l’idea di stare con Giugenna 🙂 (ehi, quanto è che non dico ultrapsichico! 🙂 ) mi faceva già pensare alla Garenna! Mi contatti per l’indirizzo tuo? Ogni promessa è debito! Scusate l’OT!
@ ilpostodigiugenna.it
Onde troppi OT, ho risposto in pvt. Chiedo venia.
Saludos
Iannox
Qualcuno ha letto l’ultimo libro di Montanari?
il nome di Montanari ha gelato il gruppo? A me piace molto, il Raul.
Sai, IRRIVERENTE, dovresti vedere la casa che le ho appena progettato: sembra una chiesa a forma di fabbrica grossa come un grattacielo.
Ne vado abbastanza orgoglione.
Su MONTANARI: ho avuto la fortuna di leggere il suo romanzo sei mesi fa. Quando è uscito in forma di libro mi è subito venuta voglia di rileggerlo.
Ma ovviamente tutto ciò significa che siamo una mafietta, che ci facciamo i favori a vicenda e che la Lippa e la più corrotta di tutti. 😉
Cara Loredana Lipperini,
ho letto con interesse “Ma non chimateli scrittori di genere”. Certo. L’ho scrito nel mio “Come scrivere un giallo napoletano”. E Napoli? Niente, nessuno, buio assoluto. La cosa quasi mi diverte. Nella patria del giallo italiano? Ha letto benissimo. La ca-pi-ta-le del giallo nostrano. Non ha letto proprio niente del sottoscritto. Peccato. Vada nel mio sito, se ne avrà voglia e tempo (www.massimo-siviero.com). E’ appena uscito il mio ultimo romanzo “Vendesi Napoli”: sull’alienazione del patrimonio artistico e paesaggistico. Beninteso, nessuna polemica. Conosco la storia delle canoniche quaranta righe, faccio anch’io il mestiere di giornalista. Fermandosi ai soliti nomi, però, c’è il rischio di cadere nel conformismo. Comunque, buon lavoro.
Raul Montanari è uno degli scrittori più bravi che abbiamo in Italia. Mi piace l’idea che ha della letteratura. Mi piace il suo modo di narrare. Mi piace il senso dei suoi romanzi. Sono a pag. 152 del suo nuovo romanzo…
Raul Montanari è uno degli scrittori più bravi che abbiamo in Italia. Mi piace l’idea che ha della letteratura. Mi piace il suo modo di narrare. Mi piace il senso dei suoi romanzi. Sono a pag. 152 del suo nuovo romanzo…
Con il consueto ritardo, mi rivolgo soprattutto ai corrotti. Ho letto l’articolo sul quotidiano in questione, e mi chiedevo: perché l’ossessione del genere? Non ho le idee molto chiare, né so quando sia iniziata la diatriba che pare in corso, ma mi piacerebbe capire come e perché l’individuazione di un testo all’interno di un genere non sia solo una questione di “scaffale adatto” in una biblioteca immaginaria. I generi sono labili per definizione: Frankenstein di Mary Shelley era un romanzo horror? No, non mi pare affatto, ma il genere horror deriva, in gran parte, da quel romanzo. Un piccolo anticipo: si tratta soltanto dell’abitudine di riconoscere, al genere giallo, l’appartenenza ad una letteratura di tono minore, una letteratura diminuita, e non dare ad “n” eventuali libri ben scritti la dignità che spetta loro? (poi, avrei qualcosa da dire sui generi, ma prima vengono i dubbi)
Be, per quel poco che io mi ricordo, il “poliziesco” nasce quando nasce il “poliziotto”, nell’800, cioè, no? Con la ricerca “professionale” del crimine. E aridaje quindi col lavoro. L’Edipo Re, dicono in molti sarebbe il padri di molte storie del “mistero”, no? Però io mi vergogno un po’ quando faccio gli elenchi delle cose. Solo, ecco in che senso il “genere”, no? Ci sarebbe ancora il “romanzo gotico”, Catello di Otranto già da metà settecento. A dispetto di quello che dicono tutti sulla nascita del poliziesco grazie a Poe, qualcuno (un olandese) dice che in Cina già 700 anni dopo Cristo i resoconti di un giovane giudice abbiano costituto la base di molti racconti. Mi piace molto il romanzo in genere, solo per questo so un po’ del “genere”.
Che vi devo dire, a me Biondillo piace. Ho preso, come da suo consiglio, “Per cosa si uccide” e beh, ho commesso l’errore di cominciarlo. Lo so che qui dentro apparirà come una bestemmia, ma ho messo da parte “Gli Schwartz”, che peraltro avevo quasi terminato di leggere, e sicuramente non lo riprenderò prima di aver “finito” Biondillo. E dire che non mi ha neanche pagata, anzi.
Bacimordaci
…inglese, poi americano…che ce sta na cattedra vacante de insegnamento “gialli”?
No scusate, non c’entra, però forse c’entra. Ecco, tutta la questione della “marginalità” – non essere centrali come “riflessioni”, crearsi delle proprie riviste che poi andavano bene, ma nascevano come “marginalissime” ,(Wilkie Collins è un esempio, collaboratore con Dickens a unpaio di riviste, ha scritto La pietra di Luna, qualcuno dice uno dei migliori gialli in assoluto, come costruzione, ha lavorato con Dickens, ma quello della marginalità, dai suoi appunti, non è mai stato un probelma, per giunta pare fosse – anche se non vuol dire – veramente molto molto brutto, oltre che “marginale”. Se a qualcuno il concetto ricorda qualcosa bene, se no, fa niente 🙂
…e va be’, va ve do pure la ciliegia, giallo si chiama da Giallo Mondadori, (la collana, no?) che imitava la Yellow Jackets, che però non faceva solo “gialli”. Solo in Italia è “giallo”. In inglese è “crime story” (detective novel, mistery novel, crook story – le truffe – thriller – mio! 🙂 – novel of supsense, hard boiled. A vu! No, anche perchè così la famo finita, no? UUno dice, “Guarda che Giallo era uno die volumetti de Mondadori della fine del ’20. che voi di?
A, Dahlgren scusa, se ce l’avevi con me: non avevo visto, come tutti i sub. Non sono un esempio di “relativismo subculturale”. sono un esempio di subculturale e basta 🙂
Oddio, io avevo scritto “corrotti” in tono scherzoso. Spero che qualche testa derelitta non si sia sentita chiamata in causa.
Grazie per tutte le delucidazioni, ma la mia domanda era un’altra (e conosco a sufficienza la genesi del genere, non era di quella che chiedevo).
se non sapessi che esisti davvero, direi che sei un esmepio estremo di relativismo sub culturale.
se non sapessi che esisti davvero, direi che sei un esempio estremo di relativismo subculturale.
…va be’ poi c’è la famosa frase di Marx ripresa da B.Brecht: “il poliziotto produce deilitti come il filosofo produce idee…”no? Che è quella per cui uno continuo a parlare ( se ci riesco) pur sapendo che è molto dura 🙂
Un promettente scrittore per ragazzi, da poco entrato nel
bosco della letteratura giovanile, scompare misteriosamente. L’unica traccia
da lui lasciata è il manoscritto “The Verona and Trieste witches project”,
contenente inquietanti allusioni a due leggendarie abitatrici del bosco:
Margherita Forestan, direttrice editoriale di Mondadori Ragazzi, VERONA, e
Orietta Fatucci, direttrice editoriale di Einaudi Ragazzi, TRIESTE. Le
ricerche dello scrittore scomparso proseguono serrate, mentre una serie di
inspiegabili incidenti ritarda la pubblicazione del manoscritto presso le
edizioni LIBRI MOLTO SPECIALI di Venezia (www.librimoltospeciali.com).
Ma tutto questo la Lipperini non lo sa:-)
A mio modo di vedere in Italia arriviamo tardi su molte cose, anche in democrazia.
Arriviamo tardi pure sul giallo che qui era cosa di seconda scelta da decine di anni, se non ritenuta robaccia passatempo.
Comunque non una cosa seria.
Qui ci volevano bei drammoni seri, piuttosto realisti.
Come l’opera lirica e a volte tronfia, panciuta e tetra. Non parliamo della letteratura umoristica che in altri paesi europei ha un illustre storia, qui , nisba, si è finiti con i libri dei comici: però era bello don Camillo di Guareschi, pure Achille Campanile, ma per alcun non era nemmeno letteratura. Divertissements.
Totò lo scopersero trent’anni dopo, dopo il lavoro con Pasolini.
Una discussione che non vale più la pena di…
Arrivo tardi anch’io, ma rispondo.
Mario, certo che è una discussione che non bisognerebbe più fare. Ma, come si è detto più volte, tocca riprenderla e ricominciarla ad ogni fiorir di Ferroni con relativa accusa di paraletteratura.
Roquentin: avevo capito benissimo, non preoccuparti!
Angelini: sono lettrice attenta di Nazione Indiana, commenti inclusi. Dunque credo di aver ormai ben memorizzato le tue controversie editoriali: ma, e qui mi rivolgo anche a Massimo Siviero, pur essendo partecipe e financo solidale, non posso materialmente dar conto di ogni singolo caso (anche se, mi rendo ben conto, per chi ne è protagonista “quel” caso costituisce l’argomento centrale della cronaca culturale contemporanea).
Del resto, come immagino suggerisca Dhalgren in una delle sue rare sortite dall’avello, qui si è malati di relativismo subculturale, che volete farci? 🙂
Credo che Angelini non sarà soddisfatto finchè l’intero paginone di Repubblica non si occuperà della sua storia.
Credo che Dhalgren non sarà soddisfatto finchè tu non chiuderai bottega.
Credo che anche in questo caso troveresti degli insoddisfatti che ti accuserebbero di averli trascurati.
In ogni caso, la vedo dura.
Ti sbagli, Severus. Niente Repubblica.
“Quella bruttacattiva della mamma!” e “Grande, Grosso e Giuggiolone” appartengono, e devono continuare ad appartenere, alla LETTERATURA MALEDETTA per ragazzi:-)
“il giallo è geometria(…).Il nero è caos,emozione forte.E non prevede regole.”
Laura Grimaldi
ormai parlo solo per proverbi e citazioni.Avendo pure un certo gusto della perifrasi(pur non sapendo bene di cosa si tratti)secondo Gore Vidal(omicidio a Washington)possiederei le giuste carte per intraprendere la carriera giornalistica.Non lo farò,per mancanza di indizi.Piuttosto mi chiedo come mai uno come Ronquentin dotato preterintenzionalmente di mezzi espressivi micidiali non riesca a sciogliere il mondo(è il vero giallo dell’estate).Per il resto,posso dire che ai giallisti nostrani per assurgere al rango dei migliori manca la frequentazione abituale di slums e la visione matematica degli enigmi
Io credo che il giallo in Italia sia in forte crescita. Certo ci sono stati lunghi periodi di quiescenza e di certo non abbiamo mai avuto un Simenon nostrano (fino a Camilleri, almeno), ma io credo che stia per arrivare il nostro momento.
Trainati un pò da Lucarelli, Carlotto e Camilleri (solo per citare alcuni, l’elenco è senz’altro più lungo) la stagione del giallo italiano potrà sbocciare a patto, però, che anche l’editoria si dia una bella mossa in questo senso.
Riguardo alla questione dei “generi” è chiaro a tutti che alle volte sembrano superati ma ritengo che, in realtà, siano utili per orientare la scelta di un lettore: sembra banale? Io penso di no.
Invece, sulla “letteratura di genere” come letteratura di serie B, sono d’accordo nel dire che è proprio il caso di smetterla: letteratura è narrazione di storie. Può esser scritta bene o male, ma nient’altro.
Ps: venite a trovarmi sul mio blog “giallo”: http://albertogiorgi.blogs.com/chiaroscuro/