APOCALYPTICI

Attenzione. Questo
post, pur non essendo stato sottoposto a divieti dalla commissione censura, è
sconsigliato alle persone facilmente impressionabili, ai minori e a tutti
coloro che ritengono disdicevole la frequenza con cui si parla di videogiochi o
di altri prodotti dell’immaginario in un blog che dovrebbe essere dedicato alla
letteratura. Poi non dite che non vi avevo avvertito.

Il conte di Montecristo è un classico? La
risposta, immagino, non può che essere positiva. Bene, partendo da questa
certezza, lasciate che vi racconti cosa mi è capitato ieri sera, qui nel
paesello, dopo una cena collettiva dei concittadini a base di “pulentò” (per
gli interessati: trattasi di polenta fatta raffreddare, tagliata a fette,
grigliata e condita con impressionanti quantità di salsiccia, lardo e pancetta.
Ideale per le basse temperature e per il buonumore). In programma c’era un
piccolo spettacolo di un gruppo di musicisti (ma anche ridenti fustigatori di
costumi, organizzatori di notti celtiche, eccetera), i marchigiani Vincisgrassi (omonimi di
altro tipico piatto locale che somiglia alle lasagne ma è molto più
pesante). Successo più noto, quella
“Macerata posse” che porta nel ritornello i versi “posse pijarte ‘n colpo che
te spacca”.

Ammetto di star esagerando con la frivolezza, ma arrivo al
punto. I citati Vincisgrassi, dunque, avevano portato con sè e distribuito
gratuitamente agli astanti un vero e proprio fotoromanzo, realizzato ad
esclusivo scopo ludico. Titolo, Il Conte di Montegranaro. Argomento, la
rivisitazione letterale del romanzo di Dumas ambientata nel mondo calzaturiero
delle Marche, con nuvolette in dialetto. Uno spasso.

Ma anche una buona occasione per porsi una domanda: quando
si lanciano allarmi sulla crisi dei classici, quanto si tiene conto di tutti i
fattori in gioco? Immagino che molti abbiano letto la notizia secondo la quale
da alcune biblioteche Usa sarebbero scomparse opere di Hemingway e di Emily Dickinson perché un nuovo software le
aveva catalogate tra quelle che nessuno chiedeva più in prestito. Sul
quotidiano di oggi Dario Olivero fa,
con molta precisione, il punto sulla situazione italiana, riportando le
statistiche Istat relative ai classici:

“Negli anni dal 2001 al 2004 (ultimo dato definitivo) sono
stati pubblicati il 30 per cento di titoli in meno. Cioè tre titoli ogni dieci.
Certo, questo non significa necessariamente che in un ipotetico paniere formato
da una top ten di opere che contenesse da Hemingway a Kafka, da Dostoevskij a
Seneca, da Dickens a Camus, tre di loro potrebbero uscire di scena. Ma per
intanto la tendenza al ribasso c´è. Nel 1997 alla voce testi letterari
classici, comprese le edizioni scolastiche, risultavano 2.086 opere. Una cifra
che si è mantenuta più o meno invariata fino al 2001. L´anno dopo è iniziata la
discesa e nel 2003 la discesa è diventata vertiginosa: 1.574. Nel 2004 erano
poco di più, 1.608; i dati provvisori del 2005 li danno a quota 936 che non
lascia sperare in una boom dietro l´angolo. Tutto questo mentre la produzione
libraria totale dal 2003 si è mantenuta più o meno costante”.

Però, attenzione, non si tratta di un articolo
apocalittico. Perché ecco un altro dato:

“La fonte è l´Unesco. In questo preciso istante nel mondo viene pubblicato un libro
ogni trenta secondi. Nel tempo di lettura di un articolo di giornale di
lunghezza media, il mondo sarà più ricco di altri dieci libri. Un´ipotesi
piuttosto ottimistica sostiene che se ora la produzione mondiale di libri si
interrompesse, sarebbero necessari 250 mila anni per leggere tutti i titoli
pubblicati finora, 15 anni soltanto per leggere l´elenco dei titoli. Quindi,
semplicemente, i libri sono troppi.
Ma questo dato, sempre secondo l´Unesco, ha un´importante postilla: nelle
società complesse e con un alto grado di scolarizzazione e di laureati, aumenta
la produzione di titoli con vendite minori: più complessità significa più
specializzazione. Non il super bestseller da venti milioni di copie, ma
migliaia di titoli con poche migliaia di lettori. Compresi i classici. Forse
quella a cui stiamo assistendo non è il primo passo che porterà all´estinzione
di una specie, ma sicuramente è l´inizio della loro vita in una riserva sempre
più protetta”.

Bene, a me viene da aggiungere una sola cosa. Che i numeri
non possono tener conto dei mille modi in cui un classico viene riveicolato, in
forme diverse, con parole diverse, ma che contengono la possibilità, per chi
viene in contatto con quella narrazione, di andare a visitare la fonte
originaria. Sarà che credo poco alla sacralità dell’autore, sarà che resto convinta,
non da oggi, che una stessa trama sia stata raccontata in modi diversi, nei
secoli: ma continuo a chiedermi perché nel 2007 si continui ad assistere alla
legittimazione di alcuni supporti (libro, cinema) come portatori di storie e al
discredito di altri. E continuo a chiedermi perché, dopo aver letto l’invettiva
odierna di Corrado Augias contro la playstation e i videogiochi in quanto cause
prime della violenza giovanile, mi tornino in mente le ossa frantumate, i fiumi
di sangue, il gusto dell’assassinio che
caratterizzano un classico dei classici come l’Iliade (cui, ovviamente, quella
violenza è perdonata a prescindere).

Tutta colpa del “pulentò”, immagino.

11 pensieri su “APOCALYPTICI

  1. Sui classici: ricorderano in molti qualche anno fa la discussione per ridefinire “classici” della letteratura nel cosiddetto “canone” per le scuole americane. immettendo tutti i politically correct possibili, le liste decuplicavano, si frammentavano, si mescolavano.Ha senso che un ragazzino figlio di cinesi legga in Italia o in America “L’Iliade” piuttosto che un classico “wuxia xiaoshuo” – (che però noi abbiamo bevuto liofilizzati in film tipo “foresta dei pugnali volanti”)?. E anche noi: non sarebbe giusto conoscessimo altri classici non-eurocentrici? e poi riguardo le biblioteche americane: mi spiace per la Dickinson, forse un po’ troppo adorata e sopravvalutata, ma valida, tuttavia ho gioto per l’uscita dai classici di Hemingway, un cialtrone che solo il tardoadolescenzialimo di certe giovinette 8anche italiane) degli anni ’50 ha potutto scambiare per letteratura, addirittura per Classico..ma qui è opinione personale, ognuno.. se può fa’ li classici sua..la questione è ingarbugliata.
    Sui videogames: Condivido la possibilità di utilizzare anche i videogames come contenitori di storie. Però introdurrei due, tre domande: i ragazzi che videogiocano – i quali non hanno mai parola nei nostri blog, sono sempre trenta-quarantenni acculturati che ne parlano perchè loro ex ragazzi videogiocatori nella migliore delle ipotesi – questi ragazzi a parte nicchie, leggono lo stesso? la battaglia schiaccia-ossa dell’Iliade si può leggere anche da piccoli. Se però a vostro figlio si fanno vedere in fil o videogioco sequenze tipo l’inizio “salvate il soldato ryan” o “il gladiatore” voi lasciate che le guardino? La “percezione” della stessa storia, dello stesso testo attraverso diversi supporti (pagina scritta-scermo cinema-tv-video gioco”) è indifferente e non produce reazioni differenti nell’interpretare quel testo?e la realtà di cui parla? Per esempio, io dei poemi epici non credo da bambino di aver poi assorbito la battaglia, perchè nel silenzio della letura, partivo in quarta nell’immaginare viaggi, mondi.Se fruissi tutto volume dell’iliade formate hometheatre mi rimarrebbero impresse magari altre cose, no? se fossi bambino poi, magari avrei gli incubi (ancora ogg i bambini piccoli ne hanno vedendo Binacaneve).
    Insomma a noi interessa che chiunque usi un’opera sia capace poi di trarne piacere sì, ma anche capacità critica verso il mondo, interpretazione della vita ecc. Dipende da che opera è. Proviamo a ribaltare la questione: i videogame non istigano alla violenza. ma in positivo, cosa stimolano nella coscienza di chi ne fruisce?
    (io una rispota non ce l’ho, non videogioco,non ho nulla in contrario che i ragazzi lo facciano, però sulla questione aspetto sempre di sentire pareri di giovani veri. non mi piace Augias, ma mi piacerebbe sentire-leggere una replica da un max 21enne che gioca molto e legge poco.io non voglio parlare in suo nome, né nel bene né nel male)

  2. ma l’automatismo del “gioca molto e legge poco”, da dove nasce? Non può giocare molto e leggere, anche, molto? E’ scritto nelle stelle, che chi gioca molto debba per forza legger poco, o viceversa? Sono forse, io, il solo ed unico esemplare vivente di bibliofilo impallinato per i videogiochi?
    (quando avevo 21 anni o giù di lì, poi, manco a dirlo: giocavo e leggevo molto più di adesso, avendo più tempo libero)

  3. Evidentemente Augias non legge i litblog dove si dice che il Piperno, il Moresco, il Colombati, il Genna, di turno ha scritto il capolavoro del secolo. E non sa che i litblog che hanno tanta incidenza sui gusti del pubblico sfornano capolavori con una capacità di aggiornamento in tempo reale da far invidia all’Ansa.

  4. quando sento l’Unesco pontificare porto subito la mano alla pistola.Davvero un bell’ente che vorrebbe tutelare il mondo “a macchia di leopardo” lasciando che il resto vada in malora

  5. Lucio, ero fino a tre ore nelle Marche che non contano: Serravalle di Chienti, provincia di Macerata, confine umbro. Ora sono di nuovo, tristemente, a Roma.
    Naaa: di quanti capolavori, King a parte, ho parlato recentemente su questo blog? Leggere, prima di commentare a pera, mai?

  6. Quindi chi come me vive nelle Marche “sporche” che più sporche non si può (stando a due passi dall’Abruzzo, sono quasi un “regnicolo”), per quelli di Ancona proprio non esiste? Meno male che ci pensa il calcio (quando va bene) a ribaltare le cose 🙂
    Per Loredana: in fondo al post metterei più correttamente “de lu pulentò” (anche se tra Macerata e Ascoli sono, per lo più, due pronunce molto diverse :-))

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