BROLLI DUE: LE LIBRERIE

Si sarà capito che sono giornate complicate (è in corso, fra le altre cose, un videoesperimento che riguarda molti argomenti trattati qui). In attesa di tempi più rilassati, non mancate la seconda anticipazione dalla rubrica di Daniele Brolli sull’ultimo Pulp. Eccola:

“Alcuni mi chiedono a volte perché me la prendo così spesso con le Librerie Feltrinelli. Il discorso va oltre la semplice disinformazione dei librai che ci lavorano. E devo anche premettere che non tutte le Librerie Feltrinelli sono uguali, e che il discorso è valso per le Feltrinelli soprattutto in un periodo del recente passato, in cui dissennate scelte manageriali avevano portato la catena a selezionare drasticamente la quantità dei titoli presenti in libreria, tenendo solo i più venduti. Sebbene il ruolo egemone delle Feltrinelli vada in contrasto con una pluralità di proposte e di dialogo del libraio (la cui formazione è a volte insufficiente) con il lettore, oggi la situazione è cambiata in meglio.

Ma ci pensano le librerie Mondadori a mantenere elevato il livello di preoccupazione. Queste, che chiamare librerie è un eufemismo (si tratta piuttosto di bazaar in cui computer e merchandising la fanno da padroni), hanno una rotazione di un numero ristretto di titoli, scelti esclusivamente tra i più venduti, quelli in catalogo Mondadori e quelli distribuiti dalla Mondadori stessa. Ammazzando anche l’idea di mantenere un’idea di catalogo. Che cosa significa “rotazione”? È la quantità media di titoli differenti che circolano in libreria. E la tendenza delle grandi catene è più quantità degli stessi e meno scelta. Una libreria di qualità mette in rotazione più di trentamila titoli, ma c’è chi con poco più di diecimila pretende di chiamarsi libreria. Chi se ne frega del lettore e dei piccoli editori. Il piccolo editore lavora tra gli stenti scoprendo autori nuovi, e quando il grande gruppo subodora l’affare, glieli porta via. Vecchia storia.

Siccome grande gruppo non è sinonimo di cervello ma solo di grandi numeri, e i numeri diventano uguali sia nel caso che si tratti di mele, salami o libri, ecco la strategia Mondadori: distruggere tutto quello che fa lavorare il cervello senza elevati margini di guadagno. Meglio tenere il cervello a riposo e guadagnare di più. Ma distruggere la piccola editoria vuol dire distruggere l’ecosistema di cui si vive, bruciare l’humus che alimenta il ciclo della lettura.

Le librerie Mondadori intanto s’incistano nei centri storici e nei centri commerciali. C’è solo da sperare che dopo la barbarie arrivi il Rinascimento. Ma senza aspettare secoli…”

 

25 pensieri su “BROLLI DUE: LE LIBRERIE

  1. Io, ormai, presso le grandi librerie non ci metto più piede, siano esse Mondadori o Feltrinelli: hanno – perlopiù – solo i best sellers e alcuni titoli che vendono, cioè i soliti. Impossibile ma vero. Quindi vado presso le piccole librerie, che se non ce l’hanno un titolo, almeno si premurano di fartelo avere; però, almeno, quelle che frequento io sono piuttosto ben fornite, e solo di rado mi capita di dover ordinare un titolo.
    Saludos
    Iannox

  2. Fin dai primi articoli di NI sulla RESTAURAZIONE ho evidenziato come essa passi soprattutto per la DISTRIBUZIONE.
    Ora porto un altro esempio: di recente una libreria di M. mi ha richiesto IN CONTRASSEGNO una copia di un libro delle edizioni Libri Molto Speciali, ovviamente ormai sparito dalle librerie. Per recuperare la modesta cifra di 6,5 euro (= prezzo di copertina meno lo sconto del 40% praticato alle librerie) avrei dovuto spenderne 4,5 solo di raccomandata (obbligatoria nel caso del contrassegno) + costo del vaglia + costo della ricevuta di ritorno. In sostanza a me sarebbe rimasto circa 1 euro (= ma il costo editoriale del libro era BEN più elevato). Insomma anche la segnalazione on-line di certi titoli e di certe piccole case editrici + successiva spedizione per posta dei volumi richiesti è diventata pressoché impraticabile. Ma tutto questo Alice non lo sa, canta De Gregori.
    P.S. Ho risolto proponendo il vecchio (ma illegale) “sistema della nonna”: ‘Mi mandi 5 euro in busta chiusa’ e io spedisco il libro senza contrassegno.”

  3. A proposito di librerie, ‘fastidio se segnalo per sabato 7 maggio presentazione del libro de ilposto. presso LIBRERIA CROCE, corso vittorio 156. roma?
    presenta Pier Luigi PELLINI, il libro è sempre e ancora e ancora DISTURBANDO FAMIGLIE FELICI.
    la Libreria Croce non è proprio una libreria da Nuovo Rinascimento, però i commessi sono gentili, spesso hanno letto i libri, e fanno SEMPRE (fondamentale) lo sconto (almeno il 10%, a volte il 20). Io vado da feltrinelli, vedo che c’è, e poi vado da Croce a comprare, che espone di meno.
    Scusate l’OT, ma Pier Luigi Pellini (professore a Siena) merita. Vi basti sapere che Genna l’ha “riportato” -intero! – per Verga (Giovanni). Ilposto la conoscete. Sempre lei. la solita ilposto.

  4. aneddoto sulle librerie
    mondadori. A Crema, la mia
    città, la biblioteca comunale
    organizza un incontro con
    Claudio Magris: si fa il giro
    delle librerie per chiedere
    spazio per pubblicizzare
    l’evento (manifesti etc etc), ed
    eventualmente collaborare in
    modo più stretto. Ci stanno
    tutte, tranne… la Mondadori,
    che risponde: “Magris chi..?..
    non lo conosciamo, non
    crediamo ne valga la pena”.

  5. @ ILPOSTODIROMA
    Troppo lontana è Roma. Ed or come ora son legato, quasi imbavagliato. ^____^ Non so più a che “libreria” votarmi. 😀
    Però è vero che c’hai un cattivo rapporto con le poste… Mica è ancora arrivato. Faccio prima io ad andare in Alaska e a tornare, mi sa.
    Ciao ciao… son di corsa.
    Iannox

  6. Abbi fiducia Iannox. Tienimi al corrente sulla mia casella – se no picchiano noi – e fra due giorni picchio chi dovrebbe avertelo spedito 🙂

  7. E adesso siamo seri: “distruggere tutto quello che fa lavorare il cervello senza elevati margini di guadagno”.
    mah, mi pare che questo sistema (mondadoriano, feltrinelliano) non sia così intelligente, determinato. li vedi, no, questi che dirigono le librerie? a volte sono dei poveretti. Sono sicura che non sia un sistema così intelligente.
    In realtà si arriva a dire sempre le stesse cose (besteseller, librerie). Perchè è un problema di politiche culturali, non di best seller o di librerie.
    Se c’è qualcosa che fa lavorare il cervello e fa anche vendere feltrinelli e mondadori lo mettono al bancone centrale. il problema è vendere o non vendere.
    ma credo che anche per chi faccia questo lavoro dalla parte del “venduto”, la prospettiva debba essere unpo’ diversa. della serie, “Mi vendono bene. Non mi vendono amen!” Non vengono mai ricordate a questo proposito tutte le librerie dell’usato, i mercati di libri, le bancarelle.
    non so se è mio snobismo, quello per cui dico, “La Didion è una brava. Volete pubblicarla, (leggerla) fate! Nn ve ne frega un cazzo? ma peggio per voi…”. Non lo so.
    L’elemento passione che per me è forte – e anche per tanti librai – non mi fa mai fare il conto di chi viene accettato, respinto, rifiutato. vedo tanto disinteresse sì, ma non me ne importa. con ilpostodeilbri.it io voglio condividere una passione, a partire da me. ma per amore di altro: di Dickens, della Murdoc, di Yehoshua, di Kawabata, di Bassani, di Arbasino prima maniera, di Moravia de Gli Indifferenti, di Lorenza Mazzetti, di george Eliot, di E. Bowen. e anche per far notare – a proposito di politiche culturali – che alla conferenza stampa di presentazione (pomposissimo) della V edizione del festival delle letteratura di roma, la Spark, Muriel Spark, è stata presentata così: “Va be’ poi c’è M. Spark, una scrittrice di romanzi d’intrattenimento (!!!!!!!!!). ”
    Per dire, la politica cultuale – come la intendo io – non passa per le librerie perchè presuppone – e ha fiducia – in un lettore preparato e consapevole.

  8. Io ci credo senza averlo visto. Deve essere uno dei poveretti, eccolo. però poi mondadori pubblica evangelisti e il poveretto mondadori sta lì, a fare aneddoto.

  9. In linea di massima difendo anch’io le librerie indipendenti – consiglio a Milano, dove vivo, la Archivi del 900, proprio in centro – ma devo dire che con le Feltrinelli non ho avuto brutte avventure. Frequento spesso la Feltrinelli di corso Buenos Aires – sempre a Milano – e quella di piazza Duomo. Trovo in esse molti piccoli editori, esposti benissimo sugli scaffali. Trovo ragazzi preparati (non tutti, ovviamente). E non dimentico la mole di eventi culturali che mi offrono – a gratis… Insomma, non me la sento di sparare a zero sulle Feltrinelli. Condivido molte cose che ha scritto Brolli, quindi, ma non tutte. C’è probabilmente una tendenza di fondo che va verso gli scenari illustrati da Brolli, ma esistono ancora molte eccezioni. Prima abitavo a Palermo e anche lì, insieme a piccole librerie molto interessanti – la ModusVivendi di via Quintino Sella, la Khalesa, della marina, ecc. – c’è una Feltrinelli che dà molto spazio ai piccoli editori e comunque alle proposte più originali.

  10. In linea di massima difendo anch’io le librerie indipendenti – consiglio a Milano, dove vivo, la Archivi del 900, proprio in centro – ma devo dire che con le Feltrinelli non ho avuto brutte avventure. Frequento spesso la Feltrinelli di corso Buenos Aires – sempre a Milano – e quella di piazza Duomo. Trovo in esse molti piccoli editori, esposti benissimo sugli scaffali. Trovo ragazzi preparati (non tutti, ovviamente). E non dimentico la mole di eventi culturali che mi offrono – a gratis… Insomma, non me la sento di sparare a zero sulle Feltrinelli. Condivido molte cose che ha scritto Brolli, quindi, ma non tutte. C’è probabilmente una tendenza di fondo che va verso gli scenari illustrati da Brolli, ma esistono ancora molte eccezioni. Prima abitavo a Palermo e anche lì, insieme a piccole librerie molto interessanti – la ModusVivendi di via Quintino Sella, la Khalesa, della marina, ecc. – c’è una Feltrinelli che dà molto spazio ai piccoli editori e comunque alle proposte più originali.

  11. @ GIANNI
    Caro Gianni,
    ancora non lo so. Il fatto è che mi devono dire se devo partire per l’Alaska o meno – e non scherzo, non sono mica come uno di nostra conoscenza. ^___^ Se non devo partire – che riesco a scamparmela – ti faccio sapere in tempo utile se riesco ad essere alla Fiera del Libro. Sicuramente.
    Abbracci.
    Giuseppe

  12. @ ilpostodelpicchio.it
    Io ho fiducia. Non ti preoccupar: tanto oggi vado a tutto spiano coi Metallica e picchio duro. ^___^ Le mie orecchie, ovviamente, che ne avevano proprio bisogno.
    Ti terrò informata, sicuramente, sulla tua casella… in pvt.
    A me sembra che Brolli abbia pienamente ragione: cinque anni fa, ad esempio, con le librerie Feltrinelli non era così. Adesso entri, la solita pila – o meglio pile – degli autori che vendono e che sono reperibili anche dal giornalaio (non scherzo – molti giornalai vendono anche libri) e poi ti spingi tra le diverse pile e scopri che sono sempre le stesse. Ed allora, che fai? Boh, io niente. Me ne esco. E vado da qualche altra parte. Ormai non m’incazzo neanche più, perché anche per i dischi è la stessa storia. Insomma, il piccolo librario è tornato – e dico per fortuna – punto di riferimento per chi vuole dei buoni libri che non siano i soliti. Certo, ci sono poi anche le bancarelle e i remainders: e dico grazie a dio – che lì ci faccio sempre degli affaroni, a volte scoprendo delle vere e proprie chicche da bibliofilo. Le biblioteche le frequento, ma non più come prima: semplicemente sono anche un bibliofilo – brutto vizio, lo so da me – e il libro mi piace averlo e non solo leggerlo, soprattutto se mi piace, ma anche diversamente. Come ho detto, solo d’un libello mi son disfatto, ma non lo si può considerare un libro. Ad ogni modo, Brolli, per me, fa una sacrosanta analisi. Tanto più che a ben guardare, anche le grande librerie – tipo mondadori e feltrinelli – vendono perlopiù tascabili, ma pochi pochi pezzi a 20 euro. Per fortuna, come già si diceva nei giorni scorsi, molti gli allegati ai quotidiani: sono una vera fortuna, una necessità, una questione privata, per dirla alla Fenoglio. Se poi la grande editoria ci rimette, cavoli loro: ma non ci rimette, perché son pubblicati in accordo con le grandi case editrici. Purtroppo, anche per gli allegati, si trovano solo i soliti 100 nomi – vogliamo fare che sono cento o anche di più? Ma sempre quelli sono. La piccola e media editoria ha visibilità davvero insignificante, insignificante perché non le viene concessa nemmeno un’opportunità di farsi vedere. Cominciano a girarmi i cosiddetti, ed allora meglio è che mi defili, anche perché c’ho cose da sbrigare, urgenti.
    Saludos
    Iannox

  13. MARCO V
    Hai fatto vedere loro la copertina del Magazie del Corriere? magaric ambiano opinione 😉
    NICCOLO’ LA ROCCA
    In effetti alla Feltrinelli di Buenos Aires (che frequanto anch’io) ci trovi pure i Canti del caos di Moresco!!!
    IANNOX
    Passi alla fiera a Torino? Io sono lì venerdì.

  14. Ma ma ma, io qui, in ‘sto blog, litigavo con WM1 (e ora rischio che mi sppalletti con la sua fionda assassina alla fiera del libro, durante l’incontro sul copy left) litigavo appunto per avergli rimproverato, non solo di non aver espresso l’opinione, ma addirittura di non essere d’accordo sulla fatica dei piccoli editori e sulla pochezza delle grandi catene. E ora, dopo che ho faticato tanto e mi sono incazzato, che mi sono sbobinato i suoi racconti sui campi di calcetto (io che amo la vela e odio il calcio se non è voltoliniano), che rischio le biglie d’acciaio nel sedere, che girerò per la fiera con una sciarpa davanti alla faccia e spacciandomi per qualcun altro perché anche Cassini mi vuole uccidere, qui, proprio qui in ‘sto blog trovo scritto “Chi se ne frega del lettore e dei piccoli editori. Il piccolo editore lavora tra gli stenti scoprendo autori nuovi, e quando il grande gruppo subodora l’affare, glieli porta via. Vecchia storia.”
    Burdel, sel un scherz?

  15. Se i libri sono merce e se seguono quello che accade nel mondo delle merci….
    Ricordo ancora i prodotti esposti su scaffalature di legno e i negozianti che si arrampicano per soddisfare le richieste: dal kg di caffe’ (pesato e avvolto in carta avana) al bavaglino per neonato alle caramelle sfuse a…lasciamo perdere o traccio il ritratto della mia infanzia.
    I negozianti che ricordo non vendevano libri.
    Adesso pero’ non vendono piu’, hanno smesso di esistere.
    Le loro merci sono diventate dei cataloghi immensi che si vendono in cattedrali appositamente costruite.
    Sono cattedrali che appartengono a pochi culti e all’esterno lo portano scritto a lettere luminose.
    Nel corso degli anni le merci (infinite) al loro interno hanno subito (stanno subendo)una trasformazione. Subito dopo la scomparsa dei negozianti nei Super ci potevi trovare un sacco di marche che offrivano prodotti simili, uguali o analoghi. Da molti anni, sempre piu’ spesso (all’estero qualcuno mi dice che il processo e’ in fase molto piu’ avanzata che da noi) alle solite Marche pubblicizzate in TV si affiancano prodotti con il marchio della cattedrale. In genere sono piu’ economici e di buona qualita’: bella forza non sono gravati da spese di promozione e di scaffale.
    Se uno non e’ troppo succube del sogno pubblicitario li compra e va sul sicuro, spesso i produttori e gli ingredienti sono gli stessi delle marche famose.
    Per non perdere il loro sogno di vendita le Grandi Marche alimentano i sogni (budget) pubblicitari e comprano gli spazi a scaffale.
    Si cerca di rallentare la sconfitta di una guerra forse gia’ persa in partenza.
    I piccoli produttori sono da tempo diventati meri ‘copacker’ (credo si dica cosi’) sia delle grandi marche che della Grande Distribuzione.
    Certo poi ci sono anche i negozi Bio e i Discount, ma non fanno ancora (?) massa critica.
    Il Mercato e’ delle cattedrali.
    Non so quali saranno gli sviluppi di questo processo che non e’ sicuramente l’unico in atto nella Distribuzione. sarebbe interessante se qualcuno (esperto sia di produzione e vendita di saponette che di editoria) potesse fare un’analisi comparata. Visto che oltre a essere consumatori di merci alcuni di voi lavorano anche in campo editoriale che ne dite di fare almeno qualche paragone?
    Grazie per le eventuali risposte
    Besos

  16. Uno spettro, se se… Comunque tornando a Torino c’è un incontro sul copy left ed è segnalata la presenza di WM (senza numero, quindi tutti?). Uhm, ve’ che sono buono ti copio incollo il pezzo di programma:
    “Sabato 7, Ore 20:30
    Sala Blu
    Copyleft – Copyright. Conflitto e/o integrazione
    a cura di Gaffi Editore
    Intervengono: Pasquale Beneduce, Andrea Carraro, Caterina Caselli, Wu Ming e Tommaso Zanello (Piotta)”
    Se il sito della Fiera mente o se non sei tu quel WM dimmelo che me ne vado prima (sempre che la morosa non voglia sentir suonare quella papera bollita di De Carlo alle 21,30 :-).

  17. Va bene: sono uscita perchè cercavo i primi di Telese. Non ne ho trovato neanche uno. Solo l’Inglesina nella soffita. Di Sironi, da feltrineli hanno quello e Avoledo e basta (tutti e due bravi, però, no?) Però poi dal “piccolo libraio” – che è un po’ ancora piccolo naviglio – ho trovato, Braine (inghilterra anni ’50, del 61) e Henry Green (anche lui inglese). Così, una “sconfitta” e una “vittoria”.

  18. Per me il Salone di Torino è la massima bolla di cialtronaggine pseudoculturale che si mette in scena in questo paese. Sogno il giorno in cui non lo faranno più. Almeno il Premio Strega è divertente, sembra un remake della Notte dei morti viventi e sui sepolcri imbiancati si può sempre graffitare con gioia liberatoria…

  19. andrea, tu hai litigato non con me, ma con uno spettro delle tue ossessioni. Io con te non ho mai litigato, anche perché le cose che riporti (i piccoli editori non farebbero fatica etc.) io non le ho mai pensate né scritte. Le hai inferite tu, chissà perché e chissà come, da un post dove scrivevo che per fortuna i piccoli editori esistono e fanno un lavoro pregevole. Boh. Ti lascio a litigare con te stesso.
    P.S. Torino? Perché dovrei trovarmi a Torino?

  20. be’ senza le fiere del libro, però, e senza le università la gente come “si fidanza”? come fa a mettere su famiglia/e?

  21. che noia. ma non sapete parlare altro che di editoria, porca troia? ma scrivete i vs libri e basta, sempre con sto bla bla bla, sempre a parlare di letteratura. ma fatela, FATELA, diofà.
    d’accordo con genna, la fiera del libro di torino è un campo di concentramento di vivi morenti.
    absalut

  22. mi pare che delle librerie e del lavoro del commesso io abbia già parlato avendo avuto la (s)fortuna di aver fatto parte, almeno part time e a tempo determinato, della categoria, e annoverando un buon numero di amici che tirano avanti facendo questo lavoro.
    premetto:
    evidentemente c’è un netto divario tra ciò che una (piccola) parte dei clienti vorrebbe fossero le caratteristiche del libraio e quello che le aziende richiedono da un assistente alle vendite.
    le mansioni del commesso sono: sistemare i volumi arrivati con il tir la mattina, ciò viene fatto grazie al codice di riconoscimento stampato sulla targhetta del prezzo che indica settore, segmento e sottosegmanto. tenere i libri in ordine alfabetico sugli scaffali, riempire gli spazi, eventualmente rendere più visibili i volumi di cui si hanno in stock più copie girandoli in “facing”, cioè di faccia. accogliere i clienti, soddisfare le loro richieste in maniera gentile. qualora un libro non fosse presente sullo scaffale, cercare nel database aziendale, controllando giacenza, eventuale stato di ordine al fornitore, e, valutare se sia possibile soddisfare il cliente facendo un ordine personale.
    nel megastore o grande libreria il commesso non ha potere decisionale sulle promozioni, sui volumi da esporre sui banchi, sui libri da ordinare.
    in più, le mansioni dell’assistente alla vendita NON includono: il ruolo di consigliere, di amabile conversatore, di letterato, di filologo o esperto di editoria.
    premesso questo, quando vado in libreria da cliente anche io soffro come un cane! chiedi l’estetica di hegel e ti viene chiesto se è una novità, trovi l’opera omnia di fabio volo e di pynchon nemmeno un libro. di questo sono responsabili le aziende in primis, con i loro buyers, ve li vorrei far conoscere, molti di loro hanno letto siddarta e il manuale del guerriero della luce e basta. responsabili sono anche i caporeparto, a loro a volte l’azienda dà la possibilità di ordinare qualche volume, per tenere vivo il catalogo, ma ci sono delle limitazioni, molti possono comprare solo i volumi in promozione, solo da alcuni distributori o case editrici. alcuni commessi non sanno nammeno utilizzare il database, per due volte, con la stessa commessa mi è capitato di doverle suggerire di scrivere sia de lillo, sia delillo tutto attaccato, qui non è questione di cultura, ma di wit, come direbbero gli inglesi.
    mi chiedo, e chiedo anche voi, chi dovrebbe essere il commesso di una libreria e, in base alle sue mansioni, quanto dovrebbe essere pagato, perchè conosco commessi che hanno una conoscenza dei testi maggiore di alcuni ricercatori universitari, perchè ci sono commessi che fanno i commessi ma sono musicisti, scrittori, ma ci sono anche commessi che prendono lo stipendio e se lo spendono per la macchina nuova, per la moto, il telefonino che fa le foto o le mignotte.

  23. Io dico: non è che non sia una guerra. Non è che uno sia contento di trovare due libri di Sironi e tre di Pequod, e 800.000.000 di Mondadori. ma considerando l’enorme potenza di posizione e numerica, del nemico, (800000000 volumi…10000000000 di agenti, librerie, cartolerie, supermercati) conviene se non si vuole diventare attappetinati sudditi (invece che scrittori/ici o lettori/ici) almeno campare con 1.la consapevole enorme coscienza della propria debolezza; 2.un po’ di dignità (non lo dico per ilpostodeilibri.it, ma quello che dice Pellini in coda all’intervista che gli ho fatto (n°28 o 29, non mi ricordo, lui è uno studioso di Zola) mi pare molto bello, anche per quel che riguarda l’università)

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