BROLLI SU PULP: IN ITALIA NON SUCCEDE

Regalo del 1 maggio: La pagina della Sfinge è la rubrica di Daniele Brolli per Pulp. Nel numero in uscita la settimana prossima, gli spunti di discussione sono parecchi. Comincio con il primo:

“Su un’isola al largo della costa del Maine viene trovato il cadavere di un uomo. Non si sa chi sia, e solo due ostinati giornalisti locali e un ragazzo diplomato in medicina legale si concentrano sul caso… Queste sono le premesse di The Colorado Kid, il nuovo romanzo di Stephen King, previsto in uscita per ottobre 2005. La novità non sta nel fatto che il maestro dell’horror abbia voluto cimentarsi nel noir, come descritto dall’editore, incrociando i canoni dell’hard-boiled alla Dashiell Hammett con quelli della scrittura raffinata e ironica di Graham Greene. La novità sta nel fatto che King ha dato questo suo romanzo a un piccolo editore, Hard Case Crime, specializzato nel recupero di tascabili noir d’epoca e al suo secondo anno di edizioni. È vero che King non è nuovo a scelte di questo tipo: alcuni anni fa aveva dato un suo racconto inedito in prima edizione a una rivista di appassionati, ma un romanzo è un impegno ben più consistente. Qui non si tratta solo del piacere di cimentarsi con una storia malinconica e vecchio stile. King ha dato a Scribner, il suo editore di sempre, con cui ha venduto milioni di romanzi, i diritti per l’audiolibro, ma quelli di edizione sono per la piccola casa editrice diretta da Charles Ardai. In origine Hard Case aveva contattato King per farsi dare uno strillo di quelli che si mettono sulla copertina, ma in tutta risposta lo scrittore aveva detto che avrebbe preferito scrivere un romanzo… L’effetto di questa scelta è chiaro: un autore come King, che vende centinaia di migliaia di copie di tutto ciò che scrive, con la sua scelta sta finanziando un piccolo editore direttamente, e aiutandolo a uscire dall’anonimato di un circuito specializzato, aiuta anche tutto il resto del suo catalogo.

Un amico mi ha inviato un articolo tratto dal “Publisher Weekly” del 7 marzo scorso sul fenomeno degli autori di best-seller che scelgono di pubblicare per piccoli editori, finanziandoli implicitamente. L’autore del pezzo, Steven Zeitchik, si chiede come mai tanti grandi nomi scelgano di lasciare temporaneamente i loro editori di riferimento per fare un libro con qualche indipendente. Gli esempi, oltre a quello di King, sono Nick Hornby che pubblicherà per la Believer Books; Caleb Carr, che ha deciso di scrivere un mystery per Carroll & Graf invece di scrivere il suo prossimo romanzo del ciclo de L’Alienista per Random House; Jonatham Lethem, che sta scrivendo un romanzo breve per “McSweeney’s” (ovvero per il suo amico editore/narratore Dave Eggers). Sostenendo che l’esempio proviene dalle rock star, citando tra i precedenti Pete Townshend con Who Came First e Beck con Mutations, Zeitchik propone un paragone tra scrittori e musicisti che non era più stato tentato dagli anni della Beat Generation. Il primo effetto è quello di ribadire che per il lettore il punto di riferimento non è la casa editrice ma lo scrittore. Un’altra indicazione è che gli autori vogliono uscire per un momento dalla solita ribalta, quella in cui le luci della promozione dei grandi gruppi editoriali li sovraespongono continuamente, e vedere quali sono i risultati della loro scelta. C’è l’intenzione di aiutare nuovi autori emergenti o meno conosciuti dando, con la propria presenza, più visibilità al catalogo e al progetto editoriale delle case indipendenti che li propongono.

Mi viene da osservare che in realtà i grandi editori dovrebbero favorire questi libri “sabbatici” scritti dai loro autori di punta, perché permettono la sopravvivenza di una piccola editoria che continua a fare scouting, a scoprire e a proporre nuovi autori, cosa che loro non fanno più da anni (in Italia in questo senso è una tragedia, ma ne parleremo…), isterilendo il panorama editoriale.

Scrittori intelligenti, o scaltri, sanno che ormai i loro guadagni non sono in discussione, hanno un indotto, a cominciare dalle trasposizioni cinematografiche, che garantisce incassi che vanno ben oltre la pura e semplice ricchezza. E per loro la nuova frontiera è diventare, in prima persona, importanti per la sopravvivenza del mondo che li ha generati. Un mondo in cui storie, sentimento e stile, cose spesso tra loro incompatibili, trovano una loro armonia di senso, intrattenendo e favorendo la consapevolezza dei lettori in quanto esseri umani. King difende i piccoli editori concentrati su una narrativa di genere scarna e vitale, altri si fanno baluardo di segnali di stile… l’obiettivo finale è il medesimo.

C’è qualche autore italiano di best seller disponibile a fare lo stesso?”

 

14 pensieri su “BROLLI SU PULP: IN ITALIA NON SUCCEDE

  1. La domanda da farsi a monte sarebbe: chi sono gli autori italiani di bestseller? Ammaniti, Camilleri, Faletti, Baricco, Mazzantini e poi?

  2. baricco da fandango, camilleri che fa una botta di là una botta con sellerio, eco che pubblica qualche saggio con case editrici minori, voi che vi chiedete cose tipo “cos’è la letteratura”, brolli che non capisce che dare il libro a un editore minore serve non alla causa dell’editore minore, ma a quella dello scrittore in fase di rinegoziazione del contratto (“vendo tanto ovunque pubblichi”), ma ditelo che state scherzando.

  3. l’altra domanda da farsi sarebbe quali sono le piccole case editrici. fandango è una piccola casa editrice?
    @ machesenso – non sono daccordo con te, non mi pare, almeno nel caso di cui parla brolli che gli autori facciano queste cose per ricontrattare. però se tu vuoi vedere il marcio ovunque, sei libero di vivere una vita di merda illuminata da una grande consapevolezza.

  4. Beh, anche diversi scrittori italiani si muovono in quell’ottica, a cominciare da Evangelisti che sostiene Delos (micro-editore “di genere”, che vende solo via Internet), in vari modi e ogni volta che può, o pubblica i suoi saggi con L’Ancora del mediterraneo o – prossimamente – con Derive Approdi. Quanto a noi WM abbiamo dato un “romanzo totale” al micro-editore Bacchilega, abbiamo scritto prefazioni per libri Pendragon, abbiamo pubblicato un fumetto per bd. Insomma, nulla di inconsueto nemmeno da queste parti, e certo non è roba che si fa per “ricontrattare” alcunché, la nostra posizione contrattuale è definita con anni di anticipo, non abbiamo lagnanze di alcun tipo né credo che in Einaudi possano mai temere che passiamo a Bacchilega: un nostro anticipo di royalties per un solo libro è pari al loro fatturato annuo 🙂
    Mi domando a cosa serva questo continuo stracciarsi le vesti, questa cultura del piagnisteo reiterato. Con gli occhi velati di lacrime, si rischia di non mettere a fuoco quello che si muove a un palmo dal naso. Scrittori che si adoperano per la sopravvivenza degli ambienti da cui nascono? In Italia ci sono, ma evidentemente sono come la “purloined letter” del racconto di Poe: ce li hai davanti e non li vedi.

  5. Be’, Edgar Allan Poe anni fa accettò di pubblicare per le piccole Edizioni Libri Molto Speciali “Pietà di me, per amor di Dio, mi salvi dalla distruzione!” (lettere del giovane Edgar al padre adottivo John Allan).
    In copertina, una bellissima foto dell’editore ancora visibile:
    http://www.librimoltospeciali.com
    La piccola casa editrice morì comunque. Il nodo irrisolto, infatti, non fu tanto quello di giocare la carta di un grosso nome, quanto quello della distribuzione:-/

  6. naturalmente quello di sopra era macheneso, visto che c’è un anonimo che dice cose sensate qui sora sottolineavo la differenza, non vorrei che anonimo diventasse il nuovo luther

  7. @ andrea c(he s’è bevuto il cervello). io ti esponevo una situazione comune nell’editoria americana al momento della rinegoziazione del contratto, lo faceva persino westlake con gli pseudonimi, ma se non lo sai non lo sai, se pensi che vedo merda vedi merda, che ci posso fare? ma non è che il blog serve a darsi ragione a vicenda, sai? ma se tu la pensi così pensala, non è che sei tanto utile alla discussione, sei, tutto lì, hai diritto di parola (grande difetto della rete che su un giornale non avverrebbe mai), insomma, merdaccia andrea, ti rendo conto quanto assomigli a fantocci? noi qui tutti sì, sveglia amore, è l’ora del muesli.
    @wu ming
    ecco dicevo quello. (colgo l’occasione per felicitarmi per la postfazione a mr. paradise, la tua traduzione è ancora “italiana”, ma certo sempre meglio del brolli che è riuscito a rovinare gibson)
    @3 a delio zinoni: ma che fine hai fatto?

  8. anonimo, ti renderai conto che il fatto tu consideri la libertà di parola il grande difetto della rete ti getta in un paradosso tautologico.
    io ho idee diverse dalle tue, ciò non ti autorizza ad insultarmi.
    quando vorrai sostenere una discussione, magari smettendo i lisi panni dell’anonimato, io sarò qui, come sono sempre stato.
    p.s. ti ricordo che luther blisset non era uno pseudonimo ma una identità collettiva, i tuoi post un po presuntuosi non corrono alcun rischio di essere scambiati per qualcosa di interessante.

  9. Sì, e anche Campbell sostiene l’editore BD. Eh eh.
    Scusate, non ho tempo e la cosa è criptica, ma chi deve capire ha capito.

  10. Ma no, Brolli è un bravo traduttore, assolutamente all’altezza. La mia traduzione, per precisare, non è “ancora” italiana: vorrai dire che è *già* italiana. Spero che la prossima lo sia di più. Il difetto di molte traduzioni è che suonano come traduzioni, è una lingua innaturale, dialoghi legnosi etc. Nessuno, intorno a noi, parla come in certi libri tradotti, la conversazione non è solo significato, è un cantare la parola, ha una musicalità che in Leonard è straordinaria e va ricreata anche in italiano, lingua musicale par excellence.

  11. D’accordo al 1000 per 1000, WM1.
    Il problema, poi, è che anche molti dialoghi scritti direttamente in italiano sono inverosimili!!! 😉

  12. @ anndrea c
    vedi, quelli come te fanno passare la voglia di commentare e scrivere sui blog. sei tu che hai parlato di una mia ipotetica vita di merda solo perché esponevo il fatto che molti grandi scrittore usano dare i libri a editori minori nel momento della rinegoziazione del contratto. tra parlare di un uso editoriale e parlare di vita di merda ne corre. andrea c sei molto volgare.
    facciamo che ho scritto, una volta tanto, su un blog, per congrtularmi con wu ming 1 per la traduzione di mr. paradise, e per l’utilissima postfazione
    @wu ming 1
    hai ragione, non sono stato cortese con d.b. ma ha eliminato un “giubbotto di pelle di cavallo” a skin facendolo diventare un semplice giubbotto, e corre una differenza abissale
    ma forse era un semplice affetto per delio zinoni, trovare un traduttore diverso è sempre un colpo
    saluti

  13. @macheneso
    Ti ringrazio per l’affetto!
    Che fine ho fatto? Bah… evidentemente qualcuno alla Mondadori non la pensava come te! Poi sono un po’ pigro. Però sto scrivendo. Se ti può interessare, Daniele Brolli è riuscito a rovinare anche la mia traduzione di Aidoru, che non so perchè gli hanno dato da revisionare.

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