BUONSENSISMO, MODERNITA', METAMORFOSI

Se poi volete continuare a credere che la Nigeria la
Turchia la Palestina saltino per aria per via di una vignetta o una maglietta,
che un 24enne si ammazzi per via di un sito Internet, che il sommo colpevole
della mattanza novecentesca sia il piccolo Gavrilo, beh, fate.
Le favolette non si negano a nessuno.

Così Babsi,
qui. Da queste parti, tanto per tornare sulla vicenda, si condivide
anche la punteggiatura, oltre alla noia per il buonsensismo spiccio.
Intanto: su Stilos, Piero Sorrentino intervista Sebastiano
Vassalli
su La morte di Marx e altri
racconti
(Einaudi, pp.180, euro 16,50). Un assaggio di due domande (grazie
a Ivan per il file):

Due
brevi stralci non narrativi: «Nel nostro mondo, cioè nel mondo postmoderno» e
«Improvvisamente mi ero reso conto che Kafka, Joyce, Musil, Celine, Gadda
avevano cessato di essere moderni». Che libro è La morte di Marx e altri racconti? Che prospettiva assume nei
confronti del «nostro mondo postmoderno»?

 Non è un libro postmoderno. E’ un libro che riflette su alcuni
concetti, tra cui quello della modernità. La modernità comincia nel Settecento.
Se penso alla modernità, penso a Goethe, penso a Casanova, penso alle
mongolfiere…insomma penso al progresso e alle sue accelerazioni sempre più
veloci, soprattutto nel corso del Novecento. L’unico che ne dice male è
Leopardi, che prevede ciò che poi puntualmente si realizzerà ai giorni nostri.
Il progresso domina tutto l’Ottocento. Questa epoca, la nostra epoca, che nella
nota in fondo al libro chiamo appunto «postmoderna», è quella in cui i costi
del progresso cominciano a superare i guadagni. Ricaviamo sempre meno vantaggi
dal progresso e paghiamo sempre più caro ciò che abbiamo acquisito: degrado
dell’ambiente, moltiplicazione delle malattie tumorali, modifiche del ciclo
naturale delle stagioni, scioglimento delle calotte polari…in ogni aspetto
della vita il progresso ha dei costi, e tutto questo comincia ad assumere le
forme di un vero e proprio «conto» che stiamo pagando e pagheremo sempre di
più.

Questo però non vuole essere un bilancio definitivo, io
sono un teorico di nulla. Sono uno scrittore, uno che racconta storie. Ognuna
delle storie del libro vorrebbe essere emblematica del nostro presente. Da
questo punto di vista, gli aspetti maggiori di questa questione si concentrano
tutti nella prima parte, dove – partendo dalla Metamorfosi di Kafka, cioè dalla storia di un uomo che un giorno si
sveglia letteralmente corazzato – si racconta al metamorfosi dell’uomo in
automobilista. Siamo nel 1912. E’ la nascita dell’uomo-automobilista. Nei sette
racconti della prima parte cerco anche di raccontare il lato «antropologico» di
questa trasformazione, perché l’automobile è qualcosa che non ha cambiato solo
la nostra vita: ha cambiato anche noi.

 Tutti i
suoi libri – restando ancora addosso alla questione iniziale della modernità –
col presente hanno avuto sempre un rapporto difficile.

Questo è
vero, ma non del tutto. La svolta è nel 1990 con La chimera. Lo dico nella prima pagina di quel libro. Il gioco del
presente non vale la candela. Non è che il presente non possa essere raccontato
per chissà quali motivi: è perché semplicemente si racconta da solo. O meglio,
presume di raccontarsi da solo. Che poi si racconti davvero è un altro
discorso. Come si fa, stando nel presente, a gareggiare – per esempio – con
Internet? Io ho solo tenuto fede a quella svolta. Con i libri che ho fatto dopo
quello, ho raccontato il passato, sì, non col gusto dell’antiquario: ho cercato
sempre in qualche modo di raccontare il presente, però uscendone allo stesso
tempo. Ho raccontato grandi storie del passato che mi sembravano comunque
significative per capire ciò che accade oggi. Addirittura poi un libro – 3012 – l’ho ambientato nel futuro.
Quindi, ripeto, non c’era alcun gusto dell’antiquariato nella mia scrittura.
C’era la convinzione che l’unico modo di capire qualcosa del mondo in cui
viviamo non fosse quello diretto (scrivo ciò che vedo) ma quello di fare un
gioco di sponda (scrivo ciò che è stato guardando a ciò che è). Uscire insomma,
provare a tirarsi fuori da questo rumore di fondo in cui tutto è ridotto a
comunicazione. Di questo sono stato molto convinto. Adesso forse lo sono un po’
meno. In questo senso La morte di Marx
è anche un po’ una scommessa sulla possibilità di raccontare qualcosa del
presente in cui siamo immersi.

2 pensieri su “BUONSENSISMO, MODERNITA', METAMORFOSI

  1. “modifiche del ciclo naturale delle stagioni, scioglimento delle calotte polari”
    Troppo banalmente mediocre… è Vassalli davvero?
    Antonio

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