“Non aveva mai vinto, ovviamente, nessun premio letterario importante: era troppo eccentrica, troppo imprevedibile, troppo esuberante, sia per l’ establishment letterario inglese, sia per i cultori dell’ avanguardia che vogliono irreggimentare la stravaganza; ma Angela Carter non era catalogabile; ovvero voleva inventare nuove categorie, nuovi modelli, per le donne e per sé. Un suo romanzo si intitolava La passione della nuova Eva, e la scrittrice voleva essere una nuova “Eva”, non per rinnovare l’ antica arte della seduzione ma per devastare dall’interno gli antichi clichés della donna vergine o puttana, madre o femme fatale, Madonna sensibile e tenera o femme damnée senza scrupoli.
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A livello narrativo, questo progetto veniva reso esplicito nei magnifici racconti della Camera di sangue che riproponeva in chiave gotica o grottesca o parodica o scherzosamente modernista le vecchie fiabe tradizionali, Cappuccetto Rosso, Barbablù, La bella addormentata nel bosco, Il gatto con gli stivali. Nelle fiabe originali c’ era un oppressore, il lupo o Barbablù, e una vittima, Cappuccetto Rosso o la settima moglie del mostro; ma questi rapporti cambiano nelle versioni della Carter, perché le vittime non si adeguano al modello antropologico e prendono controllo della situazione: da “passive” diventano “attive”. “Per mangiarti meglio”, dice il lupo esponendo le sue armi di offesa, i denti, ma Cappuccetto Rosso non è pronto a farsi mangiare, semmai a soddisfare i desideri sessuali del lupo (si veda il film tratto dal racconto, La compagnia dei lupi); e la sposa di Barbablù è conscia di che cosa passa per la mente del marito e ci gioca sopra.
Contro il minimalismo, di moda qualche anno fa, la Carter ha proposto un tipo di scrittura massimalista che racconta storie su grande scala, con un linguaggio esuberante e immaginifico, in un’ esibizione di avventure per intrattenere il lettore ed emozioni per coinvolgerlo ed espressioni barocche per sbalordirlo. Fevvers, l’ eroina alata di Notti al Circo, è Superwoman nei suoi exploit aerei (è una trapezista che vola, letteralmente) e nell’ampiezza del suo essere statico e dinamico: larga, possente, imponente ed espansiva. Quando mangia, il suo è il pasto di una fiera, quando sbadiglia, apre una voragine che è come la bocca di uno squalo e l’ aria ingerita farebbe alzare una mongolfiera; quando sbatte le palpebre con intento seduttorio, le pagine del taccuino frusciano per lo spostamento d’ aria; quando ride,l’eco dei suoi sussulti si spande per il mondo in un’ onda magnetica. A Vienna le sue ali hanno deformato i sogni di una generazione di aspiranti psicanalisti. Il lettore italiano, abituato a memorie d’ infanzia, lessici famigliari e triangoli borghesi, è pronto semmai per Volevo i pantaloni (ogni lettore ha i libri che si merita), non certo per questi romanzi rivoluzionari”.
Così scriveva Guido Almansi il 18 febbraio 1992, a poche ore dalla morte di Angela Carter, una delle scrittrici più importanti quanto rapidamente dimenticata, almeno in Italia (salvo la felice ripubblicazione delle sue opere, negli ultimi tempi, presso Fazi). Questa sera a Radio3 ascolterete una riduzione di due racconti dalla Camera di sangue, che ho pensato per il 25 novembre. Perché? Perché continuo a pensare che la narrativa delle donne, specie quella “massimalista” e potente dal punto di vista dell’immaginazione, possa dirci molto di più su questa giornata di mille convegni e di duemila pamphlet scritti per l’occasione. Ma anche la narrativa degli uomini, quando decidono di volgersi a questo tema: 2666 di Roberto Bolaño ha mostrato gli orrori di Ciudad Juárez e delle sue morte ammazzate più di ogni compunta commemorazione ideata da un qualsivoglia comitato per le pari opportunità in cerca di articoli sul giornale (non riesco a dimenticare la vicenda di Violata, perdonate).
La letteratura non salva: suscita dubbi. Suscitare dubbi è quello che dovremmo proporci.
Ed è quanto questo blog, che oggi compie quindici anni, ha provato e prova a fare, nonostante la mutazione di tempi, piattaforme, utenti. Piccole prove di resistenza, naturalmente fallaci, naturalmente trascurabili: ma cosa fare, se non insistere?