CHIARA VALERIO SU L'UNITA'

La presentazione romana è stata splendida, calda, importante. Concita De Gregorio e Marino Sinibaldi hanno fatto interventi bellissimi e mi piacerebbe avere il cervello abbastanza sgombro per riassumerli.  Confido nei presenti. Intanto, vi posto qui l’intervista di Chiara Valerio uscita ieri su L’Unità. E mi riprendo.

Dieci domande (più una) a Loredana Lipperini
di Chiara Valerio

In un clima politico e culturale da avanspettacolo dove la bellezza ha smesso di essere meraviglia e conoscenza per trasformarsi nell’immutabile fotogenicità di un eterno presente televisivo, e dove la democrazia si è perduta nel condominio delle libertà, dieci domande (più una) per cercare di capire, se la bellezza è nell’occhio di chi guarda, il rispetto dell’altro dietro quale organo si nasconde.

1. “A Berlusconi piacciono le donne… J. F. Kennedy… probabilmente faceva più di Berlusconi ed è tutt’ora un grande mito della sinistra mondiale”, “Sì ma Marilyn Monroe non è diventata ministro”, “Non è diventata ministro ma è morta in circostanze misteriose”. È un dialogo tra Italo Bocchino e Marco Travaglio ad AnnoZero. Quali sono le alternative tra le morti sospette e le cariche pubbliche per sistemare amanti presunte?

Le alternative vanno scritte dalle donne. Cito il mio linguista preferito, George Lakoff, il quale sostiene che quando si dice di non pensare all’elefante nella mente appare subito un meraviglioso pachiderma. L’unica alternativa per non pensare all’elefante è avere un pensiero diverso prima che qualcuno nomini l’elefante. In termini più scientifici dovremmo creare un nuovo frame. In Italia dovremmo creare un frame diverso da quello che monopolizza il nostro immaginario da venti anni. Quindi la parola d’ordine è non pensare Berlusconi.


2. Se un’amante è una donna giovane, crede ci sia la possibilità che, in questo paese, donne non più giovani possano ricoprire cariche politiche, televisive, e di palinsesto culturale? E “le donne più belle che intelligenti”, come ha detto Berlusconi a Rosy Bindi a Porta a Porta, possono?

Al momento no. Le donne non più giovani sono escluse dall’immaginario, soprattutto televisivo. Tranne che nelle edizioni di Velone o di Uomini e donne versione senior. Simone de Beauvoir in La terza età racconta di uno spettacolo in cui delle ottantenni ballavano il cancan e di essere rimasta sconvolta dai lazzi del pubblico. Perché le donne mature, tranne pochissime eccezioni (la Hack, la Montalcini) appaiono solo per fare i giullari o la comparse. Questo per quanto riguarda l’immaginario televisivo. Per quanto riguarda i giornali, le donne anziane sono nonne o folli. Non posso dimenticare il titolo del Corriere della Sera per Mrs. Robinson, moglie sessantenne del primo ministro dell’Ulster, innamorata di un ventenne. “Non ci si può chiamare Mrs. Robinson, avere una storia con un ragazzo più giovane e non aspettarsi interesse generale e battutoni”. Quindi le donne più belle che intelligenti non hanno né potere politico né televisivo né di palinsesto culturale.

3. Ho citato un intervento di Italo Bocchino e uno di Silvio Berlusconi perché mi sembrano rappresentativi di un certo modo di discutere, diventato canone di dibattiti politici (e culturali). Pensa che appropriandosi delle Hogan, delle cravatte Regimental, dei jeans Roy Rogers, degli occhiali fascianti, del tricolore, dell’aggressione verbale, della barzelletta, una certa destra stia cercando di costruire un immaginario collettivo che gareggi con i maglioni di cachemire di certa sinistra italiana?

Lo ha già fatto. E so esattamente da quando, 11 ottobre 1983, prima puntata di Drive In. Di fatto quell’immaginario (barzellette, scollature di ragazze mute) è passato dalla televisione, alla politica, alla piazza. Il problema di certa sinistra italiana non è tanto il maglione di cachemire ma il fatto di non aver saputo guardare oltre un mondo piccolo e chiuso. Hanno e abbiamo perso lo sguardo lungo. Penso alle Gated Communities americane, case tutte uguali, con un albero di nespolo, nessun nome sui citofoni, muri di cinta e barbecue. Dentro succede qualcosa di diverso da quello che succede fuori. E questo è il problema della sinistra italiana.

4. Si riconosce dei cliché linguistici? Può elencarli?

Certo. Immaginario. Frame. Sguardo lungo. Coazione a ripetere. Sono i miei cliché linguistici perché sono i nodi della nostra vita sociale. Ahimè.

5. Le parole Onore e Ordine sono di destra? Le parole rispetto e dignità sono di sinistra? E l’espressione Senso dello Stato?

Io non riesco a dare una connotazione politica alle parole. Le parole “Onore” e “Ordine” sono utilizzate politicamente come clave. Le parole “Rispetto” e “Dignità” dovrebbero essere patrimonio dell’umanità. Quanto all’espressione “Senso dello Stato” faccio fatica a deglutirla perché è stata attribuita a Cossiga. Bisogna ripensarla.

6. La gestione della cosa pubblica, dello stato, della vita dei cittadini così come disegnato dalla Costituzione è compatibile con una gestione di tipo aziendale?

Ecco, noi dovremmo liberarci dell’idea della gestione aziendale. Mi ricordo un po’ di tempo fa una pubblicazione a fascicoli rivolta agli uomini. Uno dei fascicoli si intitolava “Gestire la famiglia come una azienda”. Questo è uno dei frame dai quali liberarsi.

7. E in che misura onestà, istruzione, salute, libertà di informazione, di ricerca della propria felicità e realizzazione entrano o possono entrare nel concetto di reddito di impresa? E in quello di Pil?

Sul Pil rispondo con le parole di Mario Draghi. Se l’occupazione femminile in Italia fosse ai livelli di quella europea, il nostro Pil aumenterebbe del 17%. Questo significa che per spezzare le disparità sociali non basta nemmeno il Pil. L’Italia, nell’Europa a 15 è ultima per il Welfare, e nell’Europa a 27, penultima davanti alla Polonia. Queste sono le cifre. Gli esperti di Welfare dicono che i paesi dove si investe di più per l’assistenza alle donne, agli anziani, ai bambini sono i paesi che si sviluppano di più socialmente, culturalmente e politicamente. Ergo, non avere a cuore l’istruzione, la salute, la libertà di espressione significa non avere a cuore nemmeno il reddito d’impresa.

8. Nell’Amleto Polonio invita Laerte a prestare attenzione all’abbigliamento perché “Talvolta l’abito, figlio, fa l’uomo”. E il linguaggio, fa l’uomo? Più o meno dei vestiti?

Stat rosa pristina nomine. Nomina nuda tenemus. Assolutamente sì, bisogna ripartire dal linguaggio. A me è capitato di parlare con persone che lavorano nel mondo della comunicazione che tendono a sottovalutare il problema linguaggio. Penso a Michelle Obama che arriva in Italia che pone una domanda sul gender gap a Isabella Alemanno e ai giornali italiani che si interessano solo della spilla verde della first lady americana appuntata su un abito giallo. Questa è una contro narrazione che impone una discussione sul linguaggio riferito alle donne, una riflessione senza schieramenti politici. E la campagna del comune di Roma sull’assistenza estiva agli anziani? Si intitola “Pronto Nonno”. Io non voglio più sentire chiamare nonno una persona anziana. Non è possibile che in questo paese una persona sia definita in base alla capacità di procreare. Chi si occupa di comunicazione deve riflettere su una rapida presa di coscienza etica, altrimenti non ne usciamo. Sempre più Gated Communities.

9. Thomas Carlyle in “Sartor Resartus” osserva “Gli Abiti ci hanno fatto uomini, adesso minacciano di far di noi degli attaccapanni”. Quando si guarda allo specchio sente questa minaccia?

No, non mi succede quando mi guardo allo specchio. Perché più o meno colpevolmente sono sempre sfuggita alla seduzione degli abiti. Ho cercato io di sedurli e di fare un grande copia e incolla, mischiandoli. Quando mi guardo intorno invece mi sento minacciata, anche se ho molta fiducia nei giovanissimi, negli adolescenti che si fiondano da H&M e mischiano generi, abiti da uomo, da donna, tutti insieme, uno sull’altro.

10. Secondo lei il nome “Partito dell’amore” è stato pensato per avvicinare le donne alla politica?

Sì. Le donne sono quelle che leggono. Le donne si ritiene amino i romanzi sentimentali. Le donne, secondo la concezione maschile delle medesime, sono le portatrici d’amore… non incupiamoci, non pensiamo all’elefante… E, in ogni modo, le donne stanno già facendo le loro contro narrazioni, in rete per esempio. E attenzione a non sottovalutarle.

11. Prima Ancora dalla parte delle bambine (Feltrinelli, 2007) adesso Questo non è un paese per vecchie (Feltrinelli, 2010), ma una donna che non è più fanciulla e che ancora non è in età di carta d’argento che realtà sociale può trovare in questo paese?

Prima di tutto deve guardare tutta la realtà, fino in fondo, riconoscerla, non mentirsi, “conoscere per giudicare” era un vecchio motto liberale. Bisogna guardarsi allo specchio senza paura. Hillman dice che la vecchiaia è la forma definitiva di quello che si è e di quello che si è stati. De Beauvoir in La forza delle cose dice invece che si guarda allo specchio e la sua vecchiaia le crolla addosso. Bisogna guardarsi allo specchio. Voglio chiudere con la frase di Saramago con cui ho chiuso il mio libro “Forse non vale per tutte le persone. Ma per me, più si diventa vecchi, più si diventa liberi. E più si diventa liberi, più si diventa radicali”. Io ho bisogno di questa utopia e questa è la frase che dobbiamo tenere a mente per rendere possibile a tutti di diventare più vecchi, più liberi e più radicali.

9 pensieri su “CHIARA VALERIO SU L'UNITA'

  1. @ Angelini: Busi scrive a proposito delle disposizioni della sua morte molto toccanti, ma anche argute e sempre sulla sua linea di coatta “presunzione” di unico scrittore italiano ancora vivente.
    Molto bella la presentazione romana del libro (non per tutto il tempo, defilatissimo, credo si essermi perso passaggi significativi). Ho molto apprezzato la De Gregorio nel suo intervento, tenendo conto che spesso non mi piace quello che scrive sull’Unità, meno che mai quando è ospite di Santoro.

  2. Bellissima intervista. Del consiglio di non pensare all’elefante cercherò di farmene un esercizio quotidiano. Necessaria l’undicesima delle dieci domande: per ragioni anagrafiche credo di condividere lo stesso senso di “spaesamento” che mi pare abbia ispirato l’intervistatrice.

  3. Comunque caro Angelini, c’è poco da scherzare. Qui a Roma il trapasso è problematico, il Verano è off, “utilizzabile” solo per chi ha la cappellina di famiglia e Prima Porta è un delirio horror, strapieno. Il materiale non manca.

  4. Cara Loredana,
    come possibile riverserò le pagine “vergate” in occasione della stupenda ed emozionante intervista e le renderò disponibili 🙂

  5. Come promesso, rendo disponibili i miei appunti presi alla presentazione del libro di Loredana Lipperini Non è un paese per vecchie, svoltasi a Roma presso la Libreria Feltrinelli Galleria Colonna il giorno 16 settembre alle ore 18,00.
    Ho cercato di riportare il più fedelmente possibile quanto ascoltato e mi scuso per eventuali imprecisioni, inversioni e inesattezze contenute nel testo.
    Potete scaricare il testo da qui:
    http://tinyurl.com/32vw67g
    Peraltro, preciso la procedura per chi non abbia dimestichezza con il programma divshare.
    Una volta attivato il collegamento che ho riportato e trovata la specifica pagina su internet, occorre:
    – Cliccare su “Download”.
    – Nella successiva schermata, trascorsi 15 secondi (compare la dicitura “GO”), cliccare su “Sign up”: riapparirà la prima schermata.
    – Cliccare nuovamente su “Download”.
    – Si apre allora un messaggio che richiede se si vuole “Aprire o salvare il file” (o annullare l’operazione), con le seguenti opzioni: “ Apri”
    – “Salva” (– “Annulla”). Scegliere a tal punto l’opzione desiderata.
    Quanto alla prima domanda formulata durante la presentazione voglio far presente che c’è stata tramite la rete, a partire facebook ( http://www.facebook.com/home.php?sk=lf#!/event.php?eid=123601351022105 ) ma anche tramite aNobii, una iniziativa specifica.
    Difatti il 30 agosto 2010 dalle ore 20,30 uomini e donne si sono dati appuntamento per un flash mob molto particolare davanti alla Caserma dei Carabinieri “Salvo D’Acquisto” in Viale Tor di Quinto, 151 a Roma.
    Qui, infatti, il Colonnello e il Presidente del Consiglio, insieme ad altre centinaia di invitati, si erano recati per assistere al Carosello dei Carabinieri.
    Se il giorno prima c’era stata la passerella di centinaia di ragazze, convocate da un’agenzia di casting e rigorosamente “giovani, carine e disposte – per 70 euro – ad ascoltare Gheddafi”, si è risposto con ben altra passerella: una passerella fatta da uomini e donne con in mano libri scritti da donne che hanno fatto la cultura anche di questo Paese: da Sibilla Aleramo a Margherita Hack, Dacia Maraini
    I cittadini, italiani e stranieri, di qualsiasi religione, non sono rimasti fermi a guardare l’avvilente show ma uomini hanno sfilato con in mano un libro: ciascuno ha portato il libro che sentiva maggiormente rappresentativo della propria personalità.
    Sono seguiti reading di strada, con la lettura pubblica di un passo significativo del libro con cui ha deciso di sfilare.
    Tale iniziativa ha avuto lo scopo di far capire al Colonnello e al Presidente del Consiglio che le donne non sono “oggetti di abbellimento”, ma sono esseri dotati di una propria personalità, sensibilità, intelligenza, femminilità e, soprattutto, di una propria ricchezza culturale:
    un chiaro messaggio pacifico per rompere un silenzio troppo lungo sullo svilimento della figura femminile in Italia.
    Rimando alla discussione svoltasi su aNobii:
    “Flash mob per gheddafi oggi a Roma: leggete diffondete e partecipate!!”
    http://www.anobii.com/forum_thread?topicId=3146458#new_thread
    Mi sembra poi significativo e in linea con quanto osserva Loredana Lipperini l’atteggiamento del quotidiano “Libero” che nella sua versione web riporta recentemente questo articolo:
    “Psicologia, gli over 50 sono invidiosi dei giovani”
    http://www.libero-news.it/news/486331/Psicologia__gli_over____sono_invidiosi_dei_giovani.html
    Invio un caro saluto a tutti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto