CLICCARE OPZIONI E CAMBIARE IMPOSTAZIONE

Fra le centinaia di commenti del post di giovedì, ce ne sono tre, a firma Wu Ming 1, che riguardano la scrittura e il genere. Dal momento che ritengo il tema decisamente, centrale, li riporto qui, di fila.
Non ci suona mai strano che quando si parla di scrittori si facciano quasi sempre elenchi di autori maschi, mentre gli elenchi di autrici, nove volte su dieci, si fanno solo se si sta parlando di “scrittura femminile”. Fuori da quella cornice specifica, elencare solo autrici suona strano, e se qualcuno lo fa (come Alfonso Berardinelli in una puntata recente di Fahrenheit), gli viene subito chiesto: “Come mai ha elencato solo donne?” (Berardinelli ha risposto, più o meno: “Mi è venuto così. Se avessi elencato solo uomini, me l’avrebbe fatto notare?”)
Noi maschi abbiamo abitudini, espressioni del nostro carattere, rituali quotidiani che si sono sviluppati grazie alla disparità tra i generi. Per forza tendiamo a non vederla, e ce la devono far notare le donne. Noi siamo totalmente immersi nella disparità. Quindi la nostra percezione, in sé, vale poco o nulla. Quando un maschio mi dice che non gli sembra che in giro ci sia tutta questa discriminazione della donna, io gli rispondo: “Appunto: non ti sembra”. Tu dici che “non osservi” disparità. No, Giuseppe, tu (come me) la disparità non la vedi. E’ diverso. Noi non la vediamo, non ce ne accorgiamo nell’immediatezza, dobbiamo ogni volta “pensarci”, arrivarci con il ragionamento, sforzandoci di guardare da fuori la nostra posizione di predominio.
Tutto è sessuato: esiste eccome una scrittura maschile, un cinema maschile, un’arte maschile, solo che quella “mascolinità” è interpretata come la normalità, la natura delle cose, perché il punto di vista maschile sul mondo è quello dominante, è quello “di default”. Quindi tale “sessuazione” viene notata e fatta notare molto più di rado. Noi maschi nemmeno ce ne accorgiamo che il mondo è sessuato a nostra immagine e somiglianza, devono sempre farcelo notare coloro che ci vivono in modo …meno comodo. Invece lo sguardo delle donne (che, s’intenda, è uno sguardo plurale, molteplice; non vorrei essere frainteso e accusato di considerare le donne tutte uguali!) è considerato l’eccezione, “l’altro” punto di vista, da tenere in considerazione per “contentino”, e in ogni caso è la cornice minore, il sotto-insieme.
Per questo si parla di autrici prevalentemente in dibattiti a tema specifico (”il ruolo delle scrittrici” etc.), mentre si parla di autori maschi sempre. Appunto: noi siamo “l’impostazione di default”: accendi un qualunque terminale della macchina sociale, e parte la modalità maschile; per tener conto delle donne, un maschio deve sempre andare sulla barra degli strumenti, cliccare “Opzioni” e cambiare l’impostazione.
Quello che fa intuire la “sessuazione” di un’opera è soprattutto ciò che nell’opera viene rimosso. E’ dall’assenza, dalla mancanza, dall’esclusione di aspetti della vita fondamentali ma ritenuti automaticamente “pertinenti” al solo mondo femminile che si capisce quanto un autore maschio rimanga confinato nel proprio punto di vista o in che misura riesca a uscirne, o almeno problematizzarlo.
Faccio l’esempio dell’Autobiografia di Benjamin Franklin. Da sempre Franklin è visto, descritto e ammirato come l’epitome dell’inventore poliedrico, del “self made man”, del genio-a-tutto-tondo: scienziato, filosofo, politico, scrittore, editore, affarista, imprenditore, diplomatico, educatore… Un autentico prodigio. E l’autobiografia racconta questa parabola umana caratterizzata da versatilità, quasi-ubiquità, vulcanica verve e volontà di potenza creatrice. Il libro è uno dei grandi classici della letteratura (e dell’ideologia) americana.
Ora: Franklin ebbe tre figli e una plètora di nipoti.
Franklin ebbe sempre tutto il tempo che voleva per dedicarsi alle sue numerose imprese per un motivo molto semplice e banale. Talmente banale che nessuno ci pensa mai, e questo vale per *tutti* i Grandi Uomini della Storia (artisti, politici etc.)
Il motivo molto banale è che dei suoi figli se ne occupò esclusivamente la moglie. Come tante, innumerevoli mogli e compagne, quella donna si occupò dell’ambito domestico e parentale, lasciando libero l’uomo di “estroflettersi” verso il mondo e l’Imperitura Memoria.
E questo è il grande rimosso dell’opera che ho preso ad esempio. Questo mondo in ombra che permetteva lo svilupparsi del mondo baciato dal sole, nel libro di Franklin è presente solo in sporadici, vaghissimi incisi e parentesi, e sempre come pretesto per rafforzare ulteriormente l’immagine del Franklin “saggio uomo pubblico”. Un esempio?
“Nel 1736 persi uno dei miei figli, un bel fanciullo di quattro anni, a causa del vaiolo contratto nella maniera solita. Ho rimpianto a lungo amaramente e tuttora rimpiango di non averglielo fatto iniettare come vaccino. Ne parlo nell’interesse di quei genitori che trascurano questa operazione […]” etc. etc.
“Un bel fanciullo di quattro anni” è tutto ciò che veniamo a sapere di quel bambino. Suo figlio. Un fantasma. Un’ombra passeggera.
Ecco, questa per me è l’apoteosi della scrittura sessuata maschile.
E, attenzione, non è solo un problema del XVIII secolo: persiste ancora oggi, raramente messo in discussione.
In quanti, leggendo un libro scritto da un uomo, si accorgono della suddetta esclusione?
In quanti romanzi scritti da uomini si tiene conto dell’immensa mole di lavoro femminile sovente non riconosciuto come tale (lavoro domestico, mestiere di madre, di moglie etc) che, se non venisse svolto, eliminerebbe la possibilità di vedere i personaggi maschili scorrazzare sulle pagine, saltando da un’impresa all’altra?

155 pensieri su “CLICCARE OPZIONI E CAMBIARE IMPOSTAZIONE

  1. “Che paese siamo diventati?” Luca T.
    meglio di ciò che sembra. Scusate, ma insisto.
    La madre di quel ragazzo probabilmente intendeva “La sola donna di cui devi fidarti sono io”…eeh queste mamme di figli maschi! Lo so che non sono tutte così..lo preciso prima che partano le proteste.
    Alle tue colleghe dovresti ricordare che la prostituzione minorile è reato, consenziente o meno, in secondo luogo: certo la prostituzione tra adulti consenzienti non è reato e secondo me non è neanche immorale (o è molto meno immorale di altre cose) ma è tremendamente triste e squallida. Chiedi alle tue colleghe se sono contente di essere governate da un perdente che paga donne che in realtà hanno schifo di lui, chiedi se sarebbero contente di sapere che la loro figlia non acconsente a fare sesso con un uomo che le piace (fosse anche un vecchio, fosse anche il capo, non è questo il punto), ma con un uomo che la disgusta, che la ripugna però paga in denaro o in favori professionali. io credo, anzi sono sicuro che non sarebbero contente. Nessuno può esserlo…a parte certi parenti di queste ragazze che io rinuncio a capire e mi auguro rappresentino solo se stessi.

  2. @Tuscan Foodie: mi pare un pò ingenuo dire che si sta rovesciando il problema sugli uomini solo perchè in una frazione infinitesimale della società americana accade questo. Come dire che il razzismo non esiste più perchè Obama è presidente…

  3. Adriana, forse mi sono spiegato male? Ho scritto – e ho portato articoli che descrivono il problema meglio di quanto possa farlo io, con dati e tutto – che le donne che qui vogliono essere al top della politica o dell’impresa hanno risolto rovesciando il problema, e cioe’ facendo stare a casa gli uomini.
    Se leggi i link che ho postato, troverai testimonianze di “middle managers” nei quali sia il marito sia la moglie lavorano, che si trovano ad un certo punto di fronte alla scelta classica: accetto la promozione e tu stai a casa?”
    Poi non ho mica negato che anche li’ esistano problemi di salary gap (tra l’altro citati nei link riportati).
    Se avete altri dati, sono ben felice di leggerli.

  4. “Posto qui una sua interessante intervista sul Manifesto”
    interessante sì, magari con qualche semplificazione di troppo a rileggerla meglio, secondo me la società e anche gli uomini (non tutti) sono cambiati e non sempre in peggio. Comunque un punto di vista interessante.

  5. e pur rispettando la Corso, la sua scelta e le sue battaglie continuo a pensare che la prostituzione sia non immorale ma molto triste. Vabbè mi sto ripetendo, ora sto giuro che mi taccio.

  6. Lottare per un’altra immagine pubblica della donna non significa proporre come modello le mogli-madri-angeli del focolare, tornare alla famiglia-casa come unico luogo naturale delle donne. Molte ancora sostengono che le donne non possono far altro che usare il corpo come ascensore sociale “perchè è così”. Il mondo è questo, l’Italia è una società castale, solo il sesso può aprire certe brecce. E allora prepariamoci al peggio. Potremmo vedere presto paginoni dei loro fogliacci che squadernano le grazie delle donne che il sultano s’è portato a letto, sarebbe una mossa elettorale efficace. L’uomo medio italiano fa il puritano-guardone, invidia e sbava, se ne frega della mercificazione del corpo femminile. Potremmo anche vedere uno “whore pride”, analogo a quello dei gay, con le varie carfagnine, minettine, et cetera gridare “meglio mignotte che paolotte”!
    Domenica ci dovrebbero essere le piazze piene di donne e uomini. Donne che non vogliono essere nè puttane nè sottomesse, nè reificate nè compatite, uomini che vogliono imparare a cedere il loro potere, i loro privilegi, la loro ovvia estroflessione extradomestica.
    Questa situazione a molti fa comodo; le donne che si ribellano si mettono contro tutti. Non è facile; come sempre in Italia è più agevole obbedire. E nessuna azione fatta per l’emancipazione delle minoranze resterà impunita.

  7. Come vedi, Luca, sei caduto nel frame altrui. La semplificazione: o mogli o zoccole non è mai appartenuta a nessuna donna che parteciperà a quella manifestazione. Bensì è il cavallo di battaglia di chi la osteggia. E di chi fiancheggia.

  8. “Potremmo vedere presto paginoni dei loro fogliacci che squadernano le grazie delle donne che il sultano s’è portato a letto, sarebbe una mossa elettorale efficace.”Luca T.
    No, non credo, il sultano è sempre stato maggioranza relativa e, sarò ottimista, ma credo che sta storia non gli porterà voti..neanche glieli toglierà forse, ma non glieli porterà. E non credo neanche che usare il corpo sia l’unico “ascensore sociale” per le donne. Ci sono tante donne che fanno sesso non con chi paga, ma con gli uomini da cui sono attratte, giovani o vecchi, ricchi o poveri, potenti o no, l’importante è farlo per piacere, non necessariamente “per amore” (se c’è tanto meglio), ma per piacere, per desiderio, per curiosità.
    Avevo giurato di tacere, scusate.

  9. @ Tuscan Foodie in America
    Non so quali siano i dati dell’occupazione femminile negli Stati Uniti. In Italia una donna su due non ha un impiego. Significa che o non lo trova, o lo ha perduto, o ha rinunciato ad averlo (magari in favore del marito, per stare dietro alla famiglia, etc.). Significa che una o è ricca di suo oppure dipende economicamente da qualcun altro, oltre a non sviluppare alcuna professionalità fuori dalle mura domestiche. A me pare un dato allucinante. Sarò strano, boh.

  10. Sulla questione della letteratura fatta di imprese come “maschile” direi che non è per questo che il quotidiano non entra nella letteratura. E’ invece perchè le donne sono state confinate nel solo quotidiano che storicamente i loro scritti ne parlano di più (le imprese non potevano essere scritte da chi non ne ha fatte). Penso piuttosto che sia la letteratura e l’arte in genere, almeno nei suoi generi più in voga, a preferire i grandi eventi. Che storicamente questi siano stati compiuti da uomini è un accidente: fa sì che ricordiamo più uomini che donne, ma se vi fossero state (e difatti ve ne sono state, anche se in misura minore) imprese compiute da donne, sarebbero state ricordate, non perchè fatte da uomini, da donne o da criceti ma perchè appartengono all’area dell’uscita dall’ordinario, quella che da sempre la letteratura, specie la biografia e l’epica o il romanzo o il dramma celebrano appunto in ragione della sua eccezionalità. Esistono e si fanno sempre più frequenti opere o parti di opere che volgono il loro sguardo a quello che Milan Kundera chiamava “la prosa”, oppure che considerava fuori dall’ambito dell’ “homo lecterarius”, del protagonista tipo di un romanzo o film. Che non sia una questione di sessi si vede bene se si cerca di far attenzione che non sono i sessi ad essere esclusi dalle trattazioni scritte o filmate, specie quelle “eroiche”, dei “grandi uomini”, bensì certe attività umane considerate routinarie, banali, utili al solo semplice sostentamento. In un romanzo d’avventura o in un qualunque show dove a contare sono eventi epocali difficilmente si vedrà qualcuno (uomo o donna che sia) che lavora, che si sposta nel traffico, che cresce i figli o che si alimenta, a meno che non si tratti di un romanzo che fa di questi temi un punto centrale e lo fa volutamente, come avviene ad esempio in un bildungsroman per la crescita dei figli o in un romanzo di scorci sociali per il lavoro. Quando si parlerà di uno scienziato non si dirà nulla o solo due parole sui figli, si parlerà di ciò che l’ha reso famoso, se sarà un generale si parlerà di guerra e nessuno lo vedrà seduto al cesso o mentre scambia effusioni colla moglie (sempre che l’autore, in deroga volontaria allo standard, non voglia mostrare lati inediti del personaggio). Insomma, l’attenzione è selettiva e dipendente dai fini del racconto, dalle aspettative del pubblico, non dal sesso dei protagonisti (se lo scienziato in questione fosse Marie Curie si dedicherebbero comunque le solite tre righe alla sua vita familiare, la quarta al massimo dovuta al fatto che fu scienziato anche suo marito. E non mi salti fuori qualcuno che urli che questo avviene perchè la studiosa aveva fatto proprio il mortificante modello maschile e quindi conta come uomo).
    Semmai, se vogliamo un’attenzione agli angoli meno trattati dalle narrazioni latu sensu “epiche” dobbiamo indirizzarci nel mondo della poesia, che da a tutto la medesima importanza: la massima. Non mi sembra che in questo campo manchino menzioni della donna o degli aspetti più introspettivi, sia da parte di poeti che di poetesse (per fortuna i proclami tonanti alla D’Annunzio non sono tutta la poesia)

  11. @Giorgia Vezzoli Dovresti saperlo meglio di me che ogni sistema è ambivalente e tende a non avere una sola interpretazione ma due almeno e tendenzialmente opposte, cosa che s’è vista anche nel linguaggio e persino nelle opere più monodimensionali e partigiane.
    Il fatto che il ruolo grammaticale di neutro sia stato fuso nel maschile (il ruolo grammaticale, non il sesso: anche se spesso coincidono è bene ricordarlo) è avvenuto nel passaggio da italiano a latino anche per la maggiore somiglianza dei due rispetto alle uscite al femminile. Inoltre, il fatto di rendere il femminile genere grammaticale marcato e il maschile solo lievemente marcato e dunque suscettibile di diventare neutro viene fatto passare per prova dell’inferiorità della donna che si sarebbe voluta veicolare con quella lingua, dimenticandosi che porre l’accento su qualcosa è anch’essa operazione ambivalente, un risultato che potrebbe essere la conseguenza di un’infinito ventaglio di fini voluti o istintivi. Potrebbe essere come dici, ma potrebbe essere invece l’espressione di uno sguardo maschile che, particolarmente interessato per motivi biologico-sociali, abbia deciso di marcare il femminile come segno di attenzione maggiore o addirittura di rispetto o reverenza. Teoricamente potrebbe darsi persino che la prospettiva che renda obbligatorio segnalare la femminilità di un soggetto e facoltativo evidenziarne la maschilità sia stata conseguenza di una maggiore prominenza de facto delle donne, ovvero di una prospettiva al femminile che, in seguito, si è ribaltata nella società facendo interpretare a rovescio una lingua che era nata per innalzare, non abbassare, il soggetto femminile. Andiamoci cauti a far dire alla lingua, che è una reliquia, solo quello che succede oggi o solo quello che vediamo noi.

  12. @Wu Ming 4:
    e’ un dato allucinante di sicuro, mica lo nego. La situazione americana non e’ piu’ felice, da questo punto di vista, se si escludono le elite. Ma mi premeva sottolineare che anche nel caso delle elite, il problema lo si e’ risolto solo “spostandolo” sull’uomo, con una decisione condivisa nella coppia. Non si e’ quindi creato un sistema diverso che permettesse a entrambi i membri della coppia di lavorare. E quando parlo di elite non parlo dei mega ricchi, i quali possono permettersi la nanny 24/24, ma i quadri dirigenziali, i professori universitari, la classica media borghesia.
    Il ministero del lavoro americano ha dati aggiornati al 2009. La disoccupazione per le donne nel 2009 era dell’8,1%, piu’ bassa della disoccupazione maschile (10,3%), anche se con forti varianti su base etnica (le asian american hanno un tasso di disoccupazione della meta’ delle afroamericane).
    In media, le donne guadagnano il 20% in meno degli uomini, anche se il divario si riduce se si guardano i lavoratori tra i 16 e i 23 anni (solo il 7% di differenza, ma su salari molto piu’ bassi).
    Le donne rappresentano la maggioranza (51%) nelle professioni definite “high paying management, professional and related occupations”. In pratica, nelle professioni in cui si guadagna di piu’ (gli esempi dati includono scienziati, psicologi, manager finanziari), le donne sono in maggioranza.
    Dati completi, con uno schemino di facile lettura, qui: http://www.dol.gov/wb/stats/main.htm

  13. @ Tuscan Foodie in America
    Be’, leggendo i dati che fornisci non mi sembra che la situazione americana sia proprio come quella italiana, soprattutto rispetto all’ultimo dato, quello sulle professioni più qualificate e retribuite.
    Riguardo allo “spostamento” del problema della rinuncia al lavoro, sono d’accordo sul fatto che non è affatto una soluzione. Tuttavia il fatto che la scelta non avvenga sempre in una sola direzione, che non sia sempre la donna a rinunciare, rende la situazione almeno un po’ più equilibrata e certe scelte meno scontate. No, decisamente gli Stati Uniti, o almeno la borghesia americana, non sono l’Italia. Poi lo so che non bisogna generalizzare, che la società americana è ben più vasta e malconcia, che se la passano moooolto peggio di noi per mille altri motivi, etc. Ma sulla questione di genere i paesi anglosassoni mi sembrano avere un’attenzione in più. Forse perché non hanno un’impostazione familista, come noi altri cattolici, ma individualista, e questo li spinge ad avere più attenzione per i diritti del singolo, maschio o femmina che sia. Boh.

  14. @ Tuscan Foodie, WM4
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    Io non sono tanto sicuro che al livello delle élite ci siano poi queste grandi differenze in positivo rispetto a quello che succede “alla base della piramide”.
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    In un libro recente, intitolato “Superclass”, l’autore (sostanzialmente un insider) analizza la composizione e la natura delle nuove élite globali. Verso la fine del volume propone una specie di ritratto del membro “medio” della superclass, elencando una serie di requisiti che devono essere soddisfatti per collocarsi ai vertici del potere globale.
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    Bianco, di mezz’età, formatosi in qualche università prestigiosa… e, soprattutto, MASCHIO.
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    Ebbene sì, la questione di genere viene fuori anche qui. Non solo: l’autore, dati alla mano, afferma che il genere femminile, di tutte le categorie minoritarie in seno alle nuove élite globali, è in assoluto LA MENO RAPPRESENTATA.
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    Ancora: l’autore afferma anche che, nella sua indagine (che l’ha portato a relazionarsi con o a intervistare personaggi di punta delle nuove élite globali) ha riscontrato una scarsa, se non nulla, sensibilità al problema.
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    Quindi l’idea secondo cui ai vertici della società ci sarebbe più progressismo in materia rispetto a quanto accade in fasce meno fortunate, secondo me è nulla più che un mito.

  15. wm4
    Il contesto materiale puo’ influenzare la libera scelta ma non IMPEDIRLA una volta che ne sia sancito da un diritto in tutto pari a quello goduto da chi riconosco come libero.
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    E’ necessario crederlo per valorizzare quel tesoro civile che è la RESPONSABILITA’ personale, nonchè quel tesoro filosofico che è il LIBERO ARBITRIO. E’ roba a cui non si rinuncia facilmente.
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    Se uno ama il wrestling anzichè l’ opera, io mi sento di rispettare le sue preferenze sebbene non le condivida. Anche certi usi del corpo sono scelte da tollerare.
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    La pulsione moralistica non è altro che la pulsione verso il cambiamento delle preferenze altrui. E’ una forma di intolleranza puritana: la mia preferenza è più pura della tua. Sei “contaminato” da Drive in e devo disinfettarti.
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    La guerra infra-gruppo fornisce pur sempre un’ alternativa logica alla spiegazione moralista: combatto il tuo modello perchè se prendesse piede conosoliderebbe stereotipi sul gruppo che giudico dannosi per il mio sottogruppo. Chi ama l’ opera teme che troppe risorse si spostino verso il wrestling.
    Senonchè, dove proliferano diritti e mercato, gli stereotipi sono in genere accurati.
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    Ma dimmi, davanti ad una preferenza rivelata, quando per te una scelta cessa di essere tale? quando sfumano nel nulla responsabilità e libero arbitrio? quando la tua preferenza è autorizzata a prevaricare quella altrui proclamandola inautentica?

  16. @ Broncobilly:
    Non mi interessa affatto proclamare “inautentica” una scelta altrui. Tanto meno impedirla a priori. Ma non mi sottraggo alla critica dei modelli che agiscono su di me come sugli altri, altrimenti mi condannerei ad accettare acriticamente la realtà data. Mi sentirei ipocrita a fingere di vivere in un sistema aperto in cui non agiscono conflitti, interessi, sovrastrutture. Per citare un commento di Girolamo nell’altro post, io non rimuovo “il modo in cui il controllo politico arriva a colonizzare l’inconscio, e a rendere desiderabile ciò che viene designato come tale dal potere. Così come la pura dimensione del desiderio e dell’apparenza (come se in un rapporto di prostituzione esistesse solo l’offerente, e non il compratore) cassa l’altra faccia della medaglia, e cioè la dimensione della mercificazione (proprio nel senso: trasformazione dell’essere umano in valore di scambio) che sovradetermina il compratore”. Mi riservo ancora di criticare la mercificazione delle persone, anche se so benissimo che molti la accettano come dato ineluttabile e magari pure la preferiscono. Io penso ancora che ci sia di meglio. E – per inciso – credo ancora che il contesto materiale può senz’altro “impedire” una libera scelta, a dispetto del diritto che la tutela. Il liberismo per altro lo dimostra ampiamente. Roba vintage, come vedi, parafernalia marxista.

  17. @Wu Ming 4
    Concordo sul fatto che probabilmente e’ l’individualismo americano ad aver create questo differenze rispetto all’Italia. Insieme ad altri dati tipicamente americani (la mobilita’ spinta spinta, per cui domani si accetta un lavoro a San Francisco e tra un anno a New York non ti permette neanche d’immaginare di poter contare sui nonni per la cura di eventuali figli…perche’ magari i nonni vivono in Iowa).
    Sara’ interessante vedere che succede dopo la recessione. Leggevo da qualche parte che in questa recessione gli uomini stanno pagando piu’ delle donne, e rappresentano l’80% dei licenziamenti. Pare il fatto sia dovuto alla crisi del settore manifatturiero, che impiega piu’ uomini che donne. Le donne – in lavori piu’ stabili come l’assistenza sanitaria o l’educazione – hanno mantenuto il lavoro mentre il marito lo perdeva. pare sia la prima volta che una cosa del genere accade, e immagino che avra’ ripercussioni importanti sul rapporto uomo/donna a casa.

  18. WM4
    Interessante, ma ci sono alcune cose che non riesco a conciliare del tutto: da un lato agisci per depurarti dalla “colonizzazione dell’ inconscio”, dall’ altro non sembri interessato ad interferire con le preferenze altrui (“non intendo proclamare che le preferenze altrui siano inautentiche”). Se davvero fosse così, però, ti ritroveresti escluso dalla dimensione politica, cosa che non mi sembra.
    Del resto, non a caso, ti riservi una “critica al modello”. Al modello altrui, evidentemente.
    Tu non ti limiti dunque a vivere secondo un tuo modello, critichi e attacchi attivamente quello adottato dagli altri cercandone una svalutazione pubblica, correggimi se sbaglio. Ma questa interferenza reca un danno all’ altro.
    Ebbene, se l’ attacco ai modelli altrui ha motivazioni etiche, questo è moralismo.
    Se l’ attacco ai modelli è invece legato alla lotta per la formazione di stereotipi alternativi, questa è guerriglia infra-gruppo (es: conna competente vs. donna capace).
    In entrambi i casi direi che tutto puo’ pur sempre essere ridotto ad una guerra contro le preferenze del diverso da noi (freak, pornostar, cortigiana…), e il fatto che tu non sia disposto a proclamarle inautentiche mi consola.

  19. @ Tuscan Foodie
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    Non è la prima volta che, nella storia, le donne riescono a rimanere occupate mentre gli uomini sprofondano nel baratro della disoccupazione.
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    E’ successo già dopo l’apertura forzata dei paesi dell’ex blocco sovietico al mercato libero all’inizio degli anni ’90.
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    Peccato che questo non abbia comportato nulla di positivo in termini di rapporto uomo-donna: donne russe, polacche, ucraine ecc. costrette o ad emigrare in Europa Occidentale per lavorare come badanti, o a vendere il proprio corpo come prostitute.
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    Questo, sia detto en passant, a fronte invece delle buone prospettive di istruzione e di occupazione che il regime comunista garantiva alle donne… ma, come si sa, le esigenze del libero mercato prevalgono su tutto; anche su quel poco di buono che si sarebbe potuto mantenere del vecchio regime socialista in dismissione.
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    Come nel caso della composizione in materia di genere delle élite globali, anche qui bisogna fare attenzione, quindi. Il buon senso mi suggerisce che è molto difficile che chi si trova a subire discriminazioni e ingiustizie anche in condizioni normali, se la passi meglio, per magia, quando l’intera società va a rotoli…

  20. @ Broncobilly
    Perché mai dovrei limitare la critica ai modelli altrui? Come se i modelli non influenzassero in misura diversa tutti quanti, come se anche io non vivessi immerso nella società e nell’immaginario collettivo… Hai un modo di ragionare davvero tautologico. Io invece concordo con Slavoj Zizek:
    “Il problema dei tentativi rivoluzionari compiuti fino ad ora non è che furono ‘troppo estremi’, ma che non furono abbastanza radicali, che non misero in discussione i loro presupposti” [S. Zizek, In difesa della cause perse].
    Ce n’è da lavorare, ce n’è… Ma oltre a essere un’impresa tosta, bisogna anche essere disposti a farlo.

  21. Leggo solo ora la sua risposta. Non sono caduto nel frame altrui, lo stavo criticando (ero ironico, mi spiace non si sia capito). Stavo proprio stigmatizzando quella logica!

  22. Don Cave, be’, c’e’ una bella differenza rispetto alla situazione che descrivi tu e quella che esiste orain America: tu parli di donne che sono dovuto emigrare in occidente per trovare lavoro. Io parlo di donne che, a casa loro, mantengono il loro lavoro mentre il marito lo perde, e quindi si trovano, ispo facto, capifamiglia almeno per quanto riguarda il portare il salario a casa.
    Non vedo cosa c’entri l’esempio delle donne dell’est che fanno le badanti o altro.

  23. @ Tuscan
    Avevo richiamato quella circostanza come caso esemplare per rimarcare il concetto che ho espresso in conclusione del post: è molto difficile che chi si trova a subire discriminazioni e ingiustizie anche in condizioni normali, se la passi meglio, per magia, quando l’intera società va a rotoli.
    Più che di un parallelismo, si tratta, quindi, di un monito, veicolato, se vuoi, attraverso un’iperbole. Formalmente, anche le donne dell’ex blocco sovietico hanno mantenuto un'”occupazione”: ma questo non ha significato alcun miglioramento per loro; semmai, anzi, un peggioramento radicale.
    Chi mi garantisce, in linea di principio, che scaricare ancora più responsabilità sociali sulle spalle delle donne rappresenti un miglioramento nel rapporto fra i generi? Io, semmai, tendo a vedere un ulteriore peggioramento.

  24. WM4
    Ma io non ti chiedo affatto di limitare la tua critica alle preferenze altrui, ti chiedo di giustificarla razionalmente.
    ***
    Ti ricordo solo la domanda da cui siamo partiti: è giusto voler cambiare le preferenze altrui? Perchè non cerchi di cambiare le tue anzichè attaccare quelle degli altri?
    ***
    Te lo chiedo poichè questa critica alla preferenza sui modelli da adottare si attua in una società che riconosci come libera visto che concedi l’ autenticità della preferenza diverse dalle tue.
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    1. Se mi avessi detto: “l’ altro è uno zombie da risvegliare, io sono illuminato e devo farlo” questo tuo discorso moralista farebbe quadrare tutto. Il cattolico mi catechizza con questi toni e ci capiamo alla perfezione.
    ***
    2. Se mi avessi detto: “combatto quei modelli che alimentano stereotipi dannosi per il MIO sottogruppo”, ti capirei. Ma questa è una lotta faziosa infragruppo (es. donne oneste vs. donne puttane).
    ***
    Nel caso di lotta alle preferenze altrui io non vedo altre opzioni. Tu?
    ***
    Ora, torniamo sulla terra e specifichiamo un caso concreto. Ci basta vedere il post sotto cui stiamo commentando e gli altri di questi giorni sulla questione femminile.
    ***
    Le donne che manifesteranno non sembrano tanto disposte a considerare la loro una crociata moralistica (opzione 1). Nemmeno pensano si tratti di regolamento di conti tra donne (opzione 2). Cosa resta? Perchè non lavorano per cambiare le loro preferenze?

  25. @ broncobilly
    Tu continui a vedere solo la lotta tra gruppi che preferiscono cose differenti. Io leggo il mondo, la storia umana, la realtà che mi circonda in un’ottica completamente diversa. Ci vedo agire conflitti di classe, sovrastrutture, bisogni, modelli, contraddizioni, dinamiche di potere, spinte libertarie, reazioni, etc. etc. Un tempo essere di sinistra significava questo, adesso non saprei. E’ evidente che io e te non parliamo proprio la stessa lingua.
    Se poi vuoi sapere se credo che un rapporto tra persone non mediato dallo sfruttamento sia migliore di uno basato sullo sfruttamento, ti dico che sì, credo che sia meglio. E se per te questo è moralismo verso chi “preferisce” sfruttare o farsi sfruttare, allora sì, sono moralista. Te l’ho detto nella tua lingua, ok. Così può andare.

  26. @ Tuscan Foodie, WM4
    i dati sui lavori dirigenziali negli USA mi sembrano molto interessanti. Non credo che la ragione fondamentale sia l’individualismo. Punterei piu`al senso pratico e alla ricerca del profitto tipica degli statunitensi. Gli azionisti delle varie societa`se ne sbattono altamente se i loro manager sono uomini, donne, bianchi, neri, immigrati, ecc. A loro interessa che li facciano guadagnare di piu`. Il peso della sovrastruttura sulla struttura negli stati uniti e`molto piu`basso che da noi. Vanno al pratico.
    Penso che in molta parte questo processo, almeno nel mondo produttivo e lavorativo sia in atto anche in Italia. In Italia pero`l’immaginario (che è stato prodotto quando nella società la figura produttiva era principalmente maschile) è molto più radicato e ci mette parecchio ad essere modificato. Credo che le donne siano più discriminate nella narrazione che se ne fa rispetto alla società vera. Forse sono anche stato molto fortunato per la società che ho visto io fino ad oggi… pero`la vedo in modo ottimista

  27. @ pedrilla
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    Che all’interno delle élite dirigenziali ci sia meno discriminazione di genere di quanto accada in altre fasce della popolazione è poco più che un mito, come suggerisce il “ritratto” del membro medio della “superclass” fatto da David Rothkopf nel libro omonimo: maschio, bianco, di mezz’età, ha studiato in Università d’eccellenza.
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    Rothkopf sottolinea inoltre come, tra tutti i gruppi di minoranza all’interno delle nuove élite globali, quello femminile sia in assoluto il meno rappresentato.
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    Quindi davvero non so quanto riscontro abbiano nella realtà l’individualismo e la presunta neutralità degli azionisti rispetto a questioni di genere, età, provenienza… secondo me sono solo due dei molti miti che il pensiero e la pratica neoliberali propagandano per imporre la propria narrazione.

  28. Apprezzo il fatto che tu veda nel linguaggio un problema, non c’ è niente di più probabile visto che forse veniamo da un retroterra differente.
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    In effetti se un Cattolico volesse convertirmi dicendomi che “non c’ è libertà senza verità rivelata”, farebbe un buco nell’ acqua per problemi di linguaggio.
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    Consapevole di questo mi sembra però di aver evitato con cura il gergo che mi è più familiare cercando un terreno comune in nome della semplicità.
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    “Preferenza” non è un concetto gergale, è un concetto semplice.
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    Il moralismo (opzione 1) definito come il tentativo di cambiare le preferenze altrui, è un concetto facilmente comprensibile.
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    La “statistical discrimination” (opzione 2) intesa come lotta infra-gruppo è un concetto semplice, basta un esempio elementare per afferrarlo (+).
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    Ti ringrazio comunque per le quattro chiacchere piacevoli e sicuramente non inutili.
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    (+) esempio: X, leghista raffinato, soffre il fatto che la maggior parte dei leghisti siano degli zotici; cio’ gli impedisce per esempio di divenire amico di Y che 1) odia la grossolanità 2) sa che X è un leghista e 3) ha poco tempo per scegliere chi frequentare e molti pretendenti. Ebbene, X riceve un danno dalla statistical discrimination di Y. Riceve un danno cioè dal fatto che esistano e siano predominanti degli zotici che appartengono al suo gruppo.

  29. @ Broncobilly
    Non c’è di che, figùrati. Per le chiacchiere intendo. Per altro il cattolico di cui sopra avrebbe serie difficoltà anche con me, nonostante i nostri retroterra differenti (il mio e il tuo, intendo).
    Riguardo al “leghista raffinato” gli consiglierei di interrogarsi su quali interessi e quali lotte, quale visione del mondo, portano avanti i suoi compagni “zotici”. Se li condivide, allora sta bene dove sta. Il conflitto politico e materiale non dipende dal livello culturale. Sì, parliamo proprio due lingue diverse.

  30. @ WM4
    Che scrive “Nessun ribaltamento logico, si sono incrociati due piani: tu parli sul piano epistemologico, io mi riferivo a quello politico. Mi spiace, ma non sono un filosofo, arrivo soltanto fino a un certo punto, poi, volente o nolente, torno a confrontarmi con la pratica narrativa.”
    Le cose di cui parlo riesco vederle nella vita delle persone, ma non saprei produrre una narrazione su quelle cose. Tu invece lo sai fare, è il tuo talento. Discuto con te solo per questo motivo, perché forse qualcosa può esserti utile quando torni a confrontarti con la pratica narrativa. Tra l’altro quella fabbrica narrativa che è il progetto WM secondo me avrebbe gli strumenti giusti, addirittura ottimi, per raccontare storie di liberazione individuali e collettive, spesso epiche, e i rovesciamenti di punti di vista, l’onda eversiva che le vicende che riguardano il sesso, la sessualità e il genere per forza implicano.

  31. @ Zauberai
    Se pensi che passi il tempo a leggere Teresa De Lauretis pigli un bel granchione 🙂
    Quindi l’abbietto eccetera, non dice niente nemmeno a me. La mia non è cultura libresca, il poco che imparo viene direttamente dalle persone. Sì certo leggo qualcosa, ma è davvero poco.
    Mi piace molto riflettere sugli stereotipi/ruoli. Capirai anche tu che dissolvendo lo stereotipo/ruolo non si può che trovare l’individuo, quindi mi pare di poter dire che è l’attività critica massimamente comprensibile, vicina e interessante per le persone in carne e ossa.

  32. @ don cave
    Non ho letto il libro di David Rothkopf e non ho idea di quanto sia attendibile. Mi pare pero`che le statistiche portate da tuscan foodie parlino chiaro, molto chiaro e dicono una cosa completamente diverso da sto David Rothkopf. Uno dei due sbaglia.

  33. @ pedrilla
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    Per chiarire: Rothkopf parla, nello specifico, dei vertici del potere globale (non solo americano), ossia di quel segmento piccolissimo della popolazione mondiale che tiene le redini del potere economico e del potere politico. Parla, cioè, di super dirigenti di banche d’affari, esponenti di spicco del mondo finanziario, leader politici di alto livello, vertici delle forze armate, leader religiosi ecc.
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    Se vogliamo, una “élite dell’élite” che la logica inesorabile del Principio di Pareto trincera alla sommità della piramide sociale.
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    Come nel caso delle donne dell’ex blocco sovietico, anche qui sto procedendo per iperboli. Mi si dice che nelle élite le donne contano sempre di più. Bene, io prendo il segmento estremo dell’élite e dico che è vero solo in parte (Rothkopf è una fonte attendibile; il libro non è avaro di dati, ed è comunque scritto da un insider che conosce piuttosto bene quel mondo). Poi sta a ciascuno dare il peso che vuole all’assenza di donne nella “superclass”… il fatto comunque resta.
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    I dati linkati da Tuscan andrebbero inoltre letti da più punti di vista. Oltre alla questione del salario (20% in meno… non è comunque poco), si vedano anche i dati sulla disoccupazione, che colpisce di più, non a caso, fra le fasce di popolazione più marginalizzate, per questioni razziali (fra le donne ispaniche e afroamericane la disoccupazione sale rispettivamente al 11.5% e al 12.4%) o di percorso formativo (per le donne di più di 25 anni che hanno meno di un diploma di high school la disoccupazione sale al 14.2%).
    .
    Resta, infine, il problema di fondo, che forse nessun dato in percentuale può aiutarci davvero a sviscerare fino in fondo: quanto e in che misura l’aumento dell’occupazione femminile può, DA SOLO, contribuire ad un miglioramento del ruolo sociale della donna? Per non parlare dell’ulteriore carico di responsabilità sociali implicato dal rovesciamento nei rapporti occupazionali fra uomini e donne: Tuscan sembra quasi presentarlo come qualcosa di positivo… ho dei seri dubbi sul fatto che lo sia.
    .
    Insomma: dal vedere dei progressi, magari certificati dalle statistiche, al ritenere risolto il problema, ne passa…

  34. L’aumento dell’occupazione femminile è qualcosa di positivo perchè comunque vuol dire che le donne hanno un’indipendenza economica, ovviamente questo dato di per sè vuol dire poco: bisogna vedere le condizioni di lavoro, il salario, la condivisione del lavoro domestico e di cura col partner, le misure legislative che aiutano a conciliare lavoro e famiglia (penso alle donne che quando hanno figli si vedono costrette a lasciare la professione), tutte cose di cui peraltro si è parlato spesso su questo blog

  35. sono d’accordissmo con te che dal vedere dei progressi a ritenere risolto il problema ne passi parecchio….
    secondo me non e` risolto. L’idea che mi sono fatto, saltando da un post all’altro degli ultimi giorni e` che la realta` sia meno peggio di come viene raccontata da vari punti di vista, e che sarebbe ora di cambiare il racconto. Per esempio, nella televisione di ricci (drive in eccetera) la donna e` solo ornamentale ed e` li per mostrare il corpo. Come nella piu` vecchia e becera tradizione veteromaschilista. Dall’altro lato alcune analisi dal punto di vista femminista (com l’articolo della Bravo nell’altro post) mi sembrano ancora sbagliate perche` indicano un mondo in cui non si da retta alle donne in quanto donne e si parla di clan maschili di potere. Ancora e` una narrazione che vede le donne in una posizione non vera e subalterna, anche se per denunciarla. Secondo me la societa` reale ha fatto molti passi avanti rispetto al racconto. Tutto qui. Poi in America meglio che in Italia senza dubbio. Ma penso che per le nuove generazioni le cose stiano migliorando

  36. @ pedrilla
    Per le nuove generazioni le cose non stanno andando meglio. Affatto. Anche se ci limitiamo alla questione del lavoro, in un momento storico in cui trovare un’occupazione è difficile per tutti, le mie coetanee delle “nuove generazioni” se la passano pure peggio. Davvero non capisco questo ottimismo a tutti i costi… non è che solo perché il tempo scorre in avanti, la società progredisca in automatico.

  37. @ don cave.
    Oggi il problema occupazione e precarieta` e` generazionale e corss gender. Ma se andiamo a vedere relativamente alle discriminazioni di genere, se guardi la generazione mia (ho 36 anni) e quella dei miei genitori, c’e` piu` differenza che c’era tra quella dei miei genitori e quella di migliaia di anni prima (sempre relativamente al rapporto di genere).
    Nella generazione dei miei genitori era tipico per una coppia che l’uomo avesse un lavoro e che la donna si occupasse della casa. Percentuali basse di donne che lavorano e 100% su chi fa i lavori di casa. Oggi e` tipico che in una coppia si lavori in due e che le faccende in casa si facciano in due. Queste considerazioni sono anche banali pero` ecco a volte sembra necessario.
    Fatto salvo che l’occupazione da sola non e` un indice totale, e` pero` un passo fondamentale nei suoi aspetti quantitativi e qualitativi per analizzare il ruolo nella societa`. Sarei curioso di avere una statistica dell’occupazione nella facia 25-35 e 35-45. Vedere quanto li siano diversi i parametri di occupazione. Poi sarebbe ancora interessante vederlo anche scorporato per tipo di preparazione e professionalita`. quanto anche li le cose cambino. Perche` spesso si vedono effetti del passato. Ad esempio io lavoro in una societa` di software. La maggioranza dei dipendenti sono uomini. Pero` quando studiavo all’universita` nella mia facolta` la maggioranza degli studenti erano uomini. Per cui il fatto che ci siano piu` uomini non dipende da una discriminazione ma dal fatto che gli esperti di informatica tendevano ad essere per lo piu` uomini. Gia` oggi all’universita` le cose sono diverse, in facolta` scientifiche ci sono molte piu` donne di una volta. Infatti la sproporzione tra uomini e donne coi nuovi assunti e` assai minore. Questo per dire che su tente realta` i miglioramenti da un punto di vista statistico si vedono con un grosso ritardo, e` inevitabile.

  38. “il fatto che ci siano piu` uomini non dipende da una discriminazione ma dal fatto che gli esperti di informatica tendevano ad essere per lo piu` uomini”
    e questo come te lo spieghi? Non c’è stata alla base una forma di discriminazione nell’educazione, non ha a che fare col fatto che fin da piccole/i ci veniva raccontato (e in una certa misura succede ancora) da libri, giocattoli, cartoni, TV, fumetti…che certi lavori sono da uomo e certi altri da donna?

  39. la domanda che fai è interessante, ma spiù econdo me la risposta è più legata ai gusti che altro. Io per esempio ho studiato a ingegneria dove ho sempre osservato un fenomeno curioso a cui non ho mai trovato una spiegazione convincente. Ingegneria è organizzata in settori (industriale, informazione, energia) e poi, in corsi di laurea (informatica, telecomunicazioni, edile,ecc.) Fondamentalmente, il tipo di lavoro che si va poi a fare, come anche il tipo di predisposizione necessaria e il tipo di studi che si fanno sono veramente gli stessi. Ora c’è sempre stata una disparità notevole tra la distribuzione per genere su cosi di laurea diversi. Tipo a ingegneria meccanica il 3% degli studenti erano donne, mentre a ingegneria edile erano il 55%. I due corsi sono molto simili e fanno parte dello stesso settore e anche lavorarivamente sono intercambiabili. Cosi tanti altri esempi, credo alla fine dovuti esclusivamente al gusto

  40. Non voglio negare il gusto e le predisposizoni individuali, però bisogna anche ammettere che queste si formano e sono influenzati dalle pressioni esterne…Riprendendo mi pare un esempio fatto nel libro della padrona di casa, che perlatro verifico nella mia quotidiana esperienza (ho tre figli piccoli di genere assortito) sul pigiama dei bambini c’è il razzo e la macchinina – oggetti tecnologici, che rimandano all’esplorazione, ecc. mentre su quello della bambine c’è l’orsetto coccoloso, e non sai quante volte sento rimarcare da mamme di compagni o parenti davanti ai bambini che la tal cosa è da maschio e la talatra (tipo pulire ecc.) da femmina.

  41. Quello che dici e` vero e soprattutto lo era in passato. Pero` ecco mi sono sempre chiesto come una decina di anni fa a ingegneria le donne preferissero molto piu` la progettazione di cose in cemento da quelle in acciaio…

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