CLICCARE OPZIONI E CAMBIARE IMPOSTAZIONE

Fra le centinaia di commenti del post di giovedì, ce ne sono tre, a firma Wu Ming 1, che riguardano la scrittura e il genere. Dal momento che ritengo il tema decisamente, centrale, li riporto qui, di fila.
Non ci suona mai strano che quando si parla di scrittori si facciano quasi sempre elenchi di autori maschi, mentre gli elenchi di autrici, nove volte su dieci, si fanno solo se si sta parlando di “scrittura femminile”. Fuori da quella cornice specifica, elencare solo autrici suona strano, e se qualcuno lo fa (come Alfonso Berardinelli in una puntata recente di Fahrenheit), gli viene subito chiesto: “Come mai ha elencato solo donne?” (Berardinelli ha risposto, più o meno: “Mi è venuto così. Se avessi elencato solo uomini, me l’avrebbe fatto notare?”)
Noi maschi abbiamo abitudini, espressioni del nostro carattere, rituali quotidiani che si sono sviluppati grazie alla disparità tra i generi. Per forza tendiamo a non vederla, e ce la devono far notare le donne. Noi siamo totalmente immersi nella disparità. Quindi la nostra percezione, in sé, vale poco o nulla. Quando un maschio mi dice che non gli sembra che in giro ci sia tutta questa discriminazione della donna, io gli rispondo: “Appunto: non ti sembra”. Tu dici che “non osservi” disparità. No, Giuseppe, tu (come me) la disparità non la vedi. E’ diverso. Noi non la vediamo, non ce ne accorgiamo nell’immediatezza, dobbiamo ogni volta “pensarci”, arrivarci con il ragionamento, sforzandoci di guardare da fuori la nostra posizione di predominio.
Tutto è sessuato: esiste eccome una scrittura maschile, un cinema maschile, un’arte maschile, solo che quella “mascolinità” è interpretata come la normalità, la natura delle cose, perché il punto di vista maschile sul mondo è quello dominante, è quello “di default”. Quindi tale “sessuazione” viene notata e fatta notare molto più di rado. Noi maschi nemmeno ce ne accorgiamo che il mondo è sessuato a nostra immagine e somiglianza, devono sempre farcelo notare coloro che ci vivono in modo …meno comodo. Invece lo sguardo delle donne (che, s’intenda, è uno sguardo plurale, molteplice; non vorrei essere frainteso e accusato di considerare le donne tutte uguali!) è considerato l’eccezione, “l’altro” punto di vista, da tenere in considerazione per “contentino”, e in ogni caso è la cornice minore, il sotto-insieme.
Per questo si parla di autrici prevalentemente in dibattiti a tema specifico (”il ruolo delle scrittrici” etc.), mentre si parla di autori maschi sempre. Appunto: noi siamo “l’impostazione di default”: accendi un qualunque terminale della macchina sociale, e parte la modalità maschile; per tener conto delle donne, un maschio deve sempre andare sulla barra degli strumenti, cliccare “Opzioni” e cambiare l’impostazione.
Quello che fa intuire la “sessuazione” di un’opera è soprattutto ciò che nell’opera viene rimosso. E’ dall’assenza, dalla mancanza, dall’esclusione di aspetti della vita fondamentali ma ritenuti automaticamente “pertinenti” al solo mondo femminile che si capisce quanto un autore maschio rimanga confinato nel proprio punto di vista o in che misura riesca a uscirne, o almeno problematizzarlo.
Faccio l’esempio dell’Autobiografia di Benjamin Franklin. Da sempre Franklin è visto, descritto e ammirato come l’epitome dell’inventore poliedrico, del “self made man”, del genio-a-tutto-tondo: scienziato, filosofo, politico, scrittore, editore, affarista, imprenditore, diplomatico, educatore… Un autentico prodigio. E l’autobiografia racconta questa parabola umana caratterizzata da versatilità, quasi-ubiquità, vulcanica verve e volontà di potenza creatrice. Il libro è uno dei grandi classici della letteratura (e dell’ideologia) americana.
Ora: Franklin ebbe tre figli e una plètora di nipoti.
Franklin ebbe sempre tutto il tempo che voleva per dedicarsi alle sue numerose imprese per un motivo molto semplice e banale. Talmente banale che nessuno ci pensa mai, e questo vale per *tutti* i Grandi Uomini della Storia (artisti, politici etc.)
Il motivo molto banale è che dei suoi figli se ne occupò esclusivamente la moglie. Come tante, innumerevoli mogli e compagne, quella donna si occupò dell’ambito domestico e parentale, lasciando libero l’uomo di “estroflettersi” verso il mondo e l’Imperitura Memoria.
E questo è il grande rimosso dell’opera che ho preso ad esempio. Questo mondo in ombra che permetteva lo svilupparsi del mondo baciato dal sole, nel libro di Franklin è presente solo in sporadici, vaghissimi incisi e parentesi, e sempre come pretesto per rafforzare ulteriormente l’immagine del Franklin “saggio uomo pubblico”. Un esempio?
“Nel 1736 persi uno dei miei figli, un bel fanciullo di quattro anni, a causa del vaiolo contratto nella maniera solita. Ho rimpianto a lungo amaramente e tuttora rimpiango di non averglielo fatto iniettare come vaccino. Ne parlo nell’interesse di quei genitori che trascurano questa operazione […]” etc. etc.
“Un bel fanciullo di quattro anni” è tutto ciò che veniamo a sapere di quel bambino. Suo figlio. Un fantasma. Un’ombra passeggera.
Ecco, questa per me è l’apoteosi della scrittura sessuata maschile.
E, attenzione, non è solo un problema del XVIII secolo: persiste ancora oggi, raramente messo in discussione.
In quanti, leggendo un libro scritto da un uomo, si accorgono della suddetta esclusione?
In quanti romanzi scritti da uomini si tiene conto dell’immensa mole di lavoro femminile sovente non riconosciuto come tale (lavoro domestico, mestiere di madre, di moglie etc) che, se non venisse svolto, eliminerebbe la possibilità di vedere i personaggi maschili scorrazzare sulle pagine, saltando da un’impresa all’altra?

155 pensieri su “CLICCARE OPZIONI E CAMBIARE IMPOSTAZIONE

  1. le altre “discriminanti” sul lavoro esistono ma vanno a sommarsi comunque a quelle di genere: ai vecchi/maturi si preferiscono tendenzialmente i giovani così come alle donne si preferiscono tendenzialmente gli uomini.
    i dati sull’occupazione delle donne parlano piuttosto chiaro, indipendentemente dai singoli casi, più o meno felice.

  2. Anche se non madri, neanche nelle intenzioni, saremo sempre:
    – pagate di meno
    – dequalificate nel lavoro (a parita’ di studi ed esperienza lavorativa ad una donna viene offerto sempre un lavoro meno qualificato o comunque retribuito in modo diverso)
    – interrogate sul nostro stato familiare (mi e’ SEMPRE successo)
    Quindi la discriminazione esiste, perche’ io femmina non sposata che non voglio avere figli e quindi sono al tuo livello, caro Maschio, saro’ sempre un gradino sotto. Magari non a pulire i cessi, ma un pelo sotto le mie ambizioni.

  3. “La donna invitata a indignarsi, contrapposta alla donna che tale indignazione con i suoi comportamenti dovrebbe suscitare, è dunque il vecchio angelo del focolare lievemente rammodernato. Acrobata del quotidiano e dei sentimenti, tutta lavoro, casa e cura, produzione e riproduzione, madre di famiglia/moglie/figlia di genitori da badare, è «sacrificalmente» presente sulla scena pubblica come tesserata di un qualsivoglia partito, sindacalista, imprenditrice, volontaria. Il tutto per rendere «più civile, più ricca e accogliente la società in cui vive». Società – forse alle firmatarie è sfuggito – già assai più ricca e variegata di quanto loro sembrino pensare, visto che la forma famiglia eterosessuale, nucleare e non patogena è in via di estinzione come il panda gigante e la foca monaca. E poi, via, dopo tanti decenni di riflessione politica femminista sulla funzione-cuscinetto del maternage femminile sulle crisi di sistema del capitalismo, come non ammettere che nel frattempo le donne possano avere sviluppato altre strategie, altri sogni, altre pratiche, semplicemente altri desideri e magari qualche astuzia in più?” (Maria Nadotti)
    ache/11_febbraio_07/le-contraddizioni-e-il-No-alla-crociata_6f033bca-329b-11e0-8ce8-00144f486ba6.shtml

  4. Premessa brutale. Si sta perdendo la possibilità di discutere intorno a un post interessante per via di un commento cretino. Giulia, questo è l’unico modo di qualificare quello che hai scritto – e non bisognerebbe perderci tempo. Commento per altro parecchio OT. Perchè mi pare che il tema della discussione fosse altro. Sono stata poco diplomatica mi dispiace – anche io ho pochissimo tempo.

    Il discorso di WMing1 ha delle cose importanti: perchè è vero che la discriminazione non la vede mai chi fa parte della area discriminante, anche se non discrimina. Conosco un sacco di ottime persone per esempio per niente antisemite o per niente razziste, che tendono a sottovalutare questi problemi, e a non cogliere le venature discriminatorie quando queste sono piuttosto sottili da captare. Questa tendenza torna anche nel pubblico dei lettori: conosco molti uomini in buona fede antisessisti, che resistono alla possibilità di leggere cose scritte da donne. SOno questioni storiche non metastoriche, questioni che riguardano il nostro mondo e che possono cambiare.
    Anche perchè esistono moltissimi scrittori che riescono a parlare bene di queste aree del femminile, e credo anche che i tentativi siano in aumento. Di contro anche il modo di scrivere delle donne è cambiato così come a molte donne piace la scrittura degli uomini, anche quando aggirano completamente i temi del privato e dei ruoli di genere che tradizionalmente hanno ricoperto.
    Quindi perdonate la pedanteria: non direi che tutto è “sessuato” perchè il sesso è biologico ed eterno, lega il ruolo sociale agli organi del corpo, io direi meglio che tutto è “genderizzato” cioè tutto è determinato dal ruolo di genere prescritto socialmente al corpo.
    Infine, una considerazione. Io amo molto la lettaratura tutta – tra cui diverse autrici che trovo grandiose. Qualche volta ho sentito nella genderizzazione, una minor cura una minor finitura, un più basso monitoraggio estetico dell’editing nei lavori di donne. Come se si volasse più basso. Come se il mercato esprimesse una condanna in questo modo verso le donne che scrivono e verso quelle che leggono. Capita ogni tanto, ma capita.

  5. A me ha colpito molto il fatto che Franklin come ogni grande uomo della storia non avrebbe mai potuto esser tale senza una donna a casa che si occupava di tutto e di come lui nella sua autobiografia non abbia pensato (a quanto sembra dalla ricostruzione di WM1) neanche a ringraziarla perchè tutto quel lavoro lo dava per scontato…quante donne nella storia hanno rinunciato ai loro legittimi sogni, alle loro aspirazioni per dare ad un uomo tutto il tempo di inseguire i suoi (altrettanto legittimi) sogni? E io sarei in grado di aiutare la mia compagna (se l’avessi) a realizzare i propri? Spero di sì.
    Se penso alle artiste e scienziate dei secoli passati che mi vengono in mente: da Ipazia, Clara Schumann, a Virginia Woolf hanno potuto mettere a frutto il loro talento aiutate dal fatto di nascere figlie d’arte, trovare genitori che evidentemente hanno creduto nella loro intelligenza e nel loro talento spronandole a volte anche con eccessiva durezza (come il padre di Clara Schumann che le insegnò piano personalmente e severamente), ma non era per niente scontato che lo facessero per una figlia femmina. Questo è un aspetto che mi colpisce sempre.

  6. Ci sarà pure un motivo se io, nel thread dell’altro giorno, e giulia in questo abbiamo sentito l’impeto di dire: NO guardate, che tutta sta discrimninazione mica la sentiamo davvero tanto sulla nostra pelle di giovani donne non sposate e senza figli.
    io sono meno sicura che non ci sia una questione femminile, ma dico che nel MIO privato (per fortuna) questa non la sento. E mi dà l’orticaria quando sento i discorsi dei maschi che parlano di donne generalizzando dicendo o che siamo tutte “zoccole” (semplifico) o che siamo sottomesse.
    Devo guardare le statistiche, ma sono convinta che il dato inquietante della disoccupazione femminile è diverso tra le giovani. E se noi non ci sentiamo discriminate grazie alle nostre sorelle e zie femministe, dico che è arrivato il momento di prenderci ciò che è nostro (rispetto, lavoro, diritti, famiglia) senza ritornare sempre al palo della discriminazione (cioè diciamolo, diamolo per scontato, ma facciamo passi avanti)

  7. Credo che ci sia una percentuale di donne che non sente, e spero non subisca senza sentire, discriminazione sulla propria pelle. E anche se questa percentuale fosse superiore al 90% (cosa che non è) della popolazione femminile mondiale, credo – da maschio- avrei comunque qualcosa su cui, non solo riflettere, ma lavorare.
    Certo un motivo ci sarà se ancora oggi, lontani anni luce dai femministissimi anni ’70, molte mie amiche pubblicano sui loro blog e profili facebook ” Woman Is the Nigger of the World ” di Yoko Ono e John Lennon. E su questo mi interrogo, da maschio. E la rivoluzione copernicana credo sia giusto farla. E questo è il link della canzone http://youtu.be/Asf4InKVo8k

  8. Brevemente, su Maria Nadotti e il postator cortese dell’articolo. Peccato che quella contrapposizione (donna che si indigna e donne “permale”) sia l’ostinato concetto in cui, con enfasi degna del miglior Gentilini, si vuole ricacciare la discussione. A battersi a favore della varietà dei modelli sono state e sono quelle stesse donne che oggi si vuol far passare per le solite moraliste. Per questo parlo di malafede. Dovunque vada il discorso, si ritorna sempre allo stesso punto: ah-ha, voi ve la prendete con le ragazze di Arcore, ah-ha, volete tornare al brodo Star. Ovvio che non è vero, ma a forza di martellare qualcosa passa.
    La Lega ha fatto scuola. Di metodologia.

  9. Scusa Lorendana, ma in molte posizioni – vivvaddio le donne sono articolate – questo ritorno al “brodo star” lo vedo. Non è la tua posizione ma è quella di molte firmatarie di appelli o altro. A me non solo va stretta ma mi urtica. Così come mi urticano i sessisti commenti sulla Minetti dei lettori del fatto quotidiano. Non è questione di metodologia legista – possiamo combattere la stessa battaglia anche da posizioni differenti. Spero.

  10. Anche secondo me è un peccato che questa discussione si spenga così. Siamo finiti a discutere sull’esistenza o meno della discriminazione di genere, sul quanto e sul quando c’è e questo, anche se ci dice molto, è desolante. Dovremmo discutere della natura di questa discriminazione, della sua storicità appunto, dei modi per farla a pezzi, alla buon ora.

  11. Barbara. Diciamo che ci sono persone articolate e persone che insistono sulla stessa semplificazione. Anche a me va stretta la posizione non diversificata: eccome. Però sarà anche ora di farla, la benedetta battaglia. Invece, siamo qui a difenderci da chi insiste con le accuse di moralismo.
    Adrianaaa. Sono d’accordo. Torniamo it, io per prima.

  12. Simone Regazzoni – quoto Loredana e comincio a non capirti. Perchè è vero che il discorso è proprio un altro, e la cosa che non si legge e che mi dispiace vedere che non la leggi neanche te – è che mentre il come parlare della discriminazione investe il problema del sesso, di come i singoli si rapportano al sesso – della qual cosa la tizia del corsera (in osservanza alle solite posizioni del corsera) approfitta, la discriminazione prescinde dal proprio modo di stare e rappresentare il sesso. Capisci? Capisci che a parità di stipendio una velina e un altro dipendente fininvest hanno disparità di trattamento? Un altro modo di rivolgersi loro? Capisci che tra un’attrice di hollywood numero 1 al botteghino e un attore di hollywood numero 1 al botteghino c’è un abisso di retribuzione? Capisci che nei convegni di letteratura e di filosofia, molte letterate e filosofe non sono considerate se non in aree di genere? E non ti parlo delle poveracce che si trovano sul groppone i sòceri e i figli e i malati, perchè uh quelle noantri radical chi corseristi o meno non le consideriamo.
    Quello che comunque non capisco è – perchè postare questo qui? Perchè remare contro l’acquisizione di consapevolezza da parte di un uomo? Per le tue scaramucce con wming1? Che onestamente hanno un po’ stancato tutti? Per la tua devozione alla causa del dire la tua già detta fino alla nausea anche se prima era diversa?
    Insomma Ti urta il neofemminismo?
    Come si dice a Roma – Mo’ me lo segno.

  13. L’esercizio dell’esclusione sottolineato da WM si riscontra in molti libri scritti da uomini. Ma può esserci un rovescio dell’esclusione, ovvero la finta inclusione. Penso a un autore che, pur essendo un grande scrittore, ho sempre trovato sessista come Philip Roth. La domanda che faccio a WM è la seguente, però: come si fa a non essere esclusivi o troppo inclusivi, insomma a non rappresentare in modo maschiocentrico le donne se si è, appunto, uomini? Penso che forzare la mano sia comunque negativo, e comunque molto limitante.

  14. “come si fa a non essere esclusivi o troppo inclusivi, insomma a non rappresentare in modo maschiocentrico le donne se si è, appunto, uomini?”Annamaria
    Non sono WM1 e non so bene che cosa cerchi in un romanzo, ma così ad occhio e croce mi sento di consigliarti Stephen King (Dolores Claiborne, Il gioco di Gerald, Rose Madder, ma i primi due sono meglio) Josè Saramago (Storia dell’assedio di Lisbona, tra l’altro una delle storie d’amore più toccanti che abbia mai letto, e pure Cecità), e ancora Tortuga di Valerio Evangelisti in cui l’unico personaggio femminile presente nel colpo di scena finale ribalta completamente tutto ciò che il lettore si aspettava e pensava di lei. A mio personale giudizio le donne di questo libro non sono “maschiocentriche” ammesso che io e te intendiamo il termine nello stesso modo, e poi sono romanzi bellissimi anche a prescindere dalla questione uomini-donne.
    Adoro consigliare letture

  15. “Così come mi urticano i sessisti commenti sulla Minetti dei lettori del fatto quotidiano. “barbara
    Anch’io ho presente la sezione commenti di quel sito e condivido il tuo fastidio.

  16. !!!!
    Appena li ho letti, ancora caldi, sono impazzita, e me li sono copiati. Una parte l’ho anche postata sul mio profilo fb. Davvero davvero belli.

  17. Oggi pomeriggio festa di compleanno di una compagna di classe del pargolo.
    Padri presenti: due. Il papà della festeggiata e il sottoscritto.
    Le madri (età: 35-45):
    – Marina, avvocato in uno studio legale. Ha optato per il part time ancora prima di fare il secondo figlio, dato che il marito lavora dalle 9.00 alle 19.00. E si dice fortunata, perché il titolare dello studio è suo fratello e non ha fatto storie a concederle la mezza giornata.
    – Milena, ricercatrice di medicina, anche lei al secondo figlio. Oggi non aveva il più piccolo con sé. Domanda: “E’ con il papà?”; risposta: “No, con la nonna”. Il papà pure è ricercatore e pare dovesse scrivere un articolo.
    – Cristina, impiegata. Le ci sono voluti cinque anni per ottenere il trasferimento a Bologna dall’ufficio ministeriale in cui lavorava a Milano prima di rimanere incinta e di trasferirsi. Adesso finalmente ha di nuovo un lavoro. Dopo cinque anni di stasi che nessuno le restituirà.
    – Adriana, “casalinga”. Tre figli. Marito ricco libero professionista, casa sui colli, colf.
    – Giulia, impiegata a progetto. Due figli, separata dal marito che paga gli alimenti a ritmo alternato e tiene i figli quando gli tira. Aiutata economicamente dai genitori.
    .
    @ Annamaria [rispondo io alla tua domanda, perché oggi WM1 si trova a Parigi e non so se può connettersi]:
    “come si fa a non essere esclusivi o troppo inclusivi, insomma a non rappresentare in modo maschiocentrico le donne se si è, appunto, uomini? Penso che forzare la mano sia comunque negativo, e comunque molto limitante.”
    Mi credi se ti dico che questo problema, precisamente nei termini in cui lo esponi, ce lo poniamo più o meno a ogni riunione del collettivo Wu Ming?
    Va da sé che non ho una risposta chiara e articolata da darti. Esempi letterari ce ne sono tanti, certo, ma quando in gioco ci siamo noi stessi, il nostro agire narrativo, il problema resta intatto in tutta la sua complessità. Quello che posso dirti è che forse la questione non è tanto essere o non essere “maschili” nel proprio narrare – perché appunto altrimenti si rischiano brutte forzature – quanto piuttosto evitare una letteratura falsa. Mi spiego: se è vero che l’altra metà del cielo (madri, compagne, figlie, amanti, colleghe, amiche, etc.) condiziona e influenza le nostre vite di maschi, allora quello che dovrebbe preoccuparci è non ridurre questa rilevanza nelle storie che scriviamo. Per gente che scrive romanzi d’avventura, poi, vale quello a cui accennava Lara Manni in un commento di ieri a proposito della letteratura fantastica: la forza inerziale di ricadere negli stereotipi è fortissima. Negare la complessità del femminile, relegare i personaggi femminili a ruoli ancillari o scontati, è qualcosa di fin troppo naturale, se uno non si impegna ad andare in un’altra direzione. Devi cliccare sul menù Opzioni e cambiare impostazione, appunto. D’altro canto non puoi nemmeno fare il passo più lungo della gamba e fingere di non essere un maschio. E anche se ci sono scrittori bravissimi che riescono a mettere sulla pagina personaggi femminili fenomenali, io, che non sono uno scrittore fenomenale, mi accontenterei di molto meno e cioè di riuscire a raccontare personaggi femminili complessi e credibili.
    .
    P.S. Ci si riuscirà? Non lo so. Ma ho la netta sensazione che – almeno per quanto ci riguarda – attraverso la narrativa si stia affrontando lo scoglio che emerge da tutto questo dibattito sul femminile. Chissà se invece di aggirarlo riusciremo a venirne a capo…

  18. “La donna invitata a indignarsi, contrapposta alla donna che tale indignazione con i suoi comportamenti dovrebbe suscitare, è dunque il vecchio angelo del focolare lievemente rammodernato”.
    Io stimo molto Maria Nadotti, ma quando ho letto questa frase sono rimasta di stucco.
    E siamo di nuovo alle beghine e alle bocche di rosa. Da piangere.
    .
    Intanto Messori dallo studio di Gad Lerner, dopo aver assolto benevolmente e caritatevolmente l’Uomo, appoggiandosi in latino a somme Autorità morali, vuole rimandare tutte le ragazzine e ragazze a scuola dalle suore, in modo che, salde nella pia educazione ricevuta, possano rifiutare santamente le profferte (legittime e scusabilissime) dell’Uomo, che per soddisfare le sue (sacrosante e assolvibilissime voglie) dovrà, per forza di cose, rivolgersi a donne che hanno frequentato la scuola pubblica (o, comunque, ‘laicista’).
    Ora, capisco che l’affermazione di Maria Nadotti e quella di Messori si saldino insieme in perfetta coerenza, anche se da diverse sponde, ma non è quella delle maggioranza delle donne che scenderanno domenica per strada. Non-è-la-no-stra.

  19. @ Annamaria
    In un romanzo di quasi quindici anni fa, “I giorni dell’abbandono” di Elena Ferrante, c’è un episodio molto significativo. La protagonista, Olga, viene lasciata dal marito per una donna molto più giovane. Mentre vede il marito, rientrato a casa per una fugace visita, che si riprende i suoi floppy disk e altri materiali di lavoro lasciati nello studio, la donna ha uno scatto e vorrebbe rivendicarne, almeno parzialmente la proprietà. Quei lavori sono anche frutto del tempo che lei gli ha concesso di dedicare al proprio lavoro, stirando, cucinando, prendendosi cura dei bambini per tutti e due.
    Ecco: credo sia questo il tipo di rimozioni che avvengono, ancor oggi, nella nostra società, e raramente autori/autrici sono così efficaci nel metterle in luce. Anche nei romanzi di Roth (concordo, infatti, con la tua definizione di “finta inclusione”): dove le donne esistono quasi solamente come ossessione sessuale del protagonista (da Portnoy a Everyman), o rispondono a ruoli tipo, ma senza mai avere la propria piena essenza del vivere. Il punto è che la prosa maschile, anche quella in cui la liberazione del soggetto sembra compiersi maggiormente, non ha ancora imparato a problematizzare il proprio bisogno di ‘oggetti’. Scomoda funzione quasi sempre assolta dalla donna, ça va sans dire.

  20. la molteplicità e il core del ragionamento della nadotti non è stato qui assolutamente toccato.ossia la evidente sessualizzazione del corpo,non solo femmineo,ma in primis.se esso è la pianura del commercio,e lo è,e se laicamente si è detto che ognuno ha il potere su di esso fino alle eluane di turno,allora le donne sono libere anche di essere delle cortigiane.da cui discende anche,e sottolineo anche,una presenza di donne che lo usano,il corpo anche nei modi più variopinti.non sante e neppure puttane,ma altro,diverso.leggendo,invece,sembra che le donne alla sex and the city non esistano anche se replicate in basso.donne anche spregiudicate,che in nome della evidente disparità sfrtuttano quella stessa posizione anche,anche per promuoversi.esistono,e purtroppo,funzionano.ossia hanno la vita facile,scalano le posizioni.e quindi sono spesso,sotto sotto invidiate.non sono donne che si vendono,ma che usano la seduzione.sempre state?certo,solo che adesso l’esempio è lì,in tv,sui media,sui giornali ed esistono anche minigonne etiche,ossia perfettamente laiche e scosciatissime.dove inizia l’una e finisce il brodo star?sono una sparuta minoranza?dalle percentuali di ragazze che ambiscono ai concorsi di bellezza non credo sia solo una sparuta.certo,paese bloccato,vecchissimo,polveroso,cinico,puttaniere.arcaico.solo che propugnare che io faccio quello che voglio con il corpo e poi indignarsi che esistano donne,consapevoli,ripeto,consapevoli,che lo usano per velocizzare e che questo esempio non sia così vituperato in giro mi sembra parecchio ipocrita.femmina o donna è multiverso,multimondi,stratificato,ed esistono anche donne che mirano al professionista per la vita facile.sempre stato,non siete così?certo,ma forse avete qualche amica così..la lancio come provocazione.visto il perfettismo che leggo.io sono per la donna,sempre e comunque,e ritengo il maschio primitivo in italia,tutto parole senza sangue e umiltà.ma osservo molte donne,non solo quelle che firmano gli appelli.

  21. Faccio questo intervento che dovrebbe servire a farvi capire che cambiare il menù ‘opzioni’ è molto più complesso della metafora di cambiare il menù opzioni. Se non serve, ohi, ci ho provato e amici come prima.
    Scrive Wu Ming 4: “Per gente che scrive romanzi d’avventura, poi, vale quello a cui accennava Lara Manni in un commento di ieri a proposito della letteratura fantastica: la forza inerziale di ricadere negli stereotipi è fortissima. Negare la complessità del femminile [il ‘femminile’ non esiste, non esiste un’essenza, esistono degli stereotipi di genere, e dal punto di vista dell’individuo esiste una ‘identità di genere’], relegare i personaggi femminili [un attimo prima si parlava di ‘gender’, ora si è passati al ‘sex’: è così difficile capire che sono due piani completamente differenti?] a ruoli ancillari o scontati [il ‘ruolo’ è ancora una volta uno stereotipo, si è ripassati al ‘gender’], è qualcosa di fin troppo naturale, se uno non si impegna ad andare in un’altra direzione. Devi cliccare sul menù Opzioni e cambiare impostazione, appunto. D’altro canto non puoi nemmeno fare il passo più lungo della gamba e fingere di non essere un maschio [qui si dà per presupposto che una persona con caratteri sessuali maschili abbia una sorta di ‘intelligenza maschile’: è una sciocchezza. Oltretutto, se una persona avesse un corpo intersessuale, dove troverebbe riscontro in questo discorso rigidamente binario?].

  22. @ andrea barbieri
    Grazie per le correzioni terminologiche, che sono sempre rivelatrici di questioni sostanziali (anche se, insomma, l’importante è che ci capiamo…). Questi tuoi appunti confermano quanto lavoro c’è da fare su noi stessi. Voglio soltanto dire che quando uso il termine “femminile” non faccio riferimento a nessuna essenza, mi riferisco molto più banalmente alle donne che compaiono nei romanzi (cioè nel contesto narrativo), che dovrebbero essere appunto “complesse” proprio perché non si può ridurre tutto al “sex”. Idem quando dico che “non si può fare finta di non essere un maschio” non mi riferisco al sesso o all’intelligenza maschile, ma all’identità culturalmente costruita intorno alla macolinità con la quale noi tutti dobbiamo fare i conti. Come dicevo in precedenza, “vedersi da fuori” è un esercizio molto difficile. Mettere sulla pagina un personaggio “intersessuale”, poi, sarebbe un ottimo esercizio per sparigliare le carte in tavola. Posso dire che nelle riunioni wuminghiane si parla spesso anche di questo…

  23. In fondo non è poi così “strano” dar per scontato cio’ che la ragione è in grado di spiegare senza sforzo apparente.
    Soprattutto cio’ che la ragione ha già spiegato ripetutamente e in modo convincente parlandoci di semplice divisione dei compiti tra individui con caratteristiche diverse che volenti o nolenti finisono per collaborare in modo più o meno fruttuoso. Ecco, non mi sento un Eichmann pronto a burocratizzare il male per il solo fatto di essermi affidato a ricostruzioni razionali.
    Molto più strano pensare invece a mega-congiure estese nel tempo e nello spazio. Molto più strano immaginarsi la planetaria oppressione dei buoni a cura dei cattivi, un perverso progetto, guarda un po’ dallo “strano” equilibrio diffuso e millenario. Talmente strano che viene da pensare male, magari ad una ricostruzione su misura e strumentale a qualche lotta contingente.
    Ma l’ equilibrio millenario sembra ora essersi rotto!, sento già dire. Vedi che quando c’ è la “presa di coscienza”… Già, senonchè negli ultimi secoli qualcosina è cambiata.
    Se poi vogliamo dire ancora, nell’ ultimo mezzo secolo, per la donna è stata una piccola rivoluzione. Presa di coscienza grazie al “movimento”? Mmmm, lasciamo per favore che l’ etica e la coscienza spieghino laddove non spiegano i fatti, in questo caso i fatti ci sono eccome: pillola e lavatrice. Ovvero, emancipazione dai figli e dal lavoro domestico. Il che significa maggiore attività fuori dal nucleo familiare. I mercati, “specializzando” e mettendo al centro l’ innovazione e quindi il cervello, fanno il resto.
    E oggi allora, come la mettiamo con la donna italiana, così restia nel “partecipare” al mondo del lavoro? Ma partecipa poi così poco rispetto a quella portoghese? Vabbè, pensiamo alla Svezia allora.
    Cominciamo a dire che il costo del lavoro italiano è parecchio elevato, persino più elevato di quello svedese. Quando il lavoro è tanto disincentivato, direi che in Italia sembra “punito”, le prime a rinunciare sono le donne, specie da noi. Perchè?
    Osservazione che aiuta: le donne di origine italiana trapiantate negli USA partecipano molto meno al lavoro delle loro pari svedesi-americane. Laggiù non c’ è Drive-in e gli asili sono gli stessi per tutti.
    Forse allora la cultura profonda conta qualcosina e quindi i pregiudizi del datore di lavoro italiano sono tutto sommato accurati. Dobbiamo fargliene una colpa? Dobbiamo accusare il buon senso?
    La cultura di un gruppo incarna valori e preferenze di quel gruppo; la battaglia di certo femminismo – quello che non guarda alla sacrosanta battaglia per i pari diritti, già conquistati, ma che guarda piuttosto all’ igegneria sociale, quello cioè che misura la sua riuscita, per esempio, sulla partecipazione della donna al lavoro – ha tutta l’ aria di non essere una battaglia contro l’ oppressione ma una semplice battaglia contro le preferenze altrui. In questi casi è giusto chiederesi: posso cambiare la preferenza degli altri? è giusto che lo faccia?
    E per favore, Simone Regazzoni, basta con l’ “accusa” di moralismo, ci hai trapanato a dovere.
    E gli/le accusat*, basta con la patetica elusione o il far finta di niente: una battaglia moralista non si conduce chiedendosi di continuo se c’ è “rischio di moralismo”. Che si rivendichino le proprie medaglie, piuttosto. L’ imbarazzo lasciamolo all’ ipocrita, a chi cioè tiene in serbo l’ epiteto umiliante per utilizzarlo nella battaglia di domani, quella da combattere, che ne so, contro il cattolicuzzo pro-life anti-eutanasia.
    A proposito, Simone Regazzoni, conto su di te affinchè tu faccia il cane da guardia su questo punto.

  24. A proposito di personaggi a cavallo fra i generi… nella seconda serie di Twin Peaks compare Dennis/Denise Bryson (interpretato da David Duchovny), agente della DEA che dopo aver praticato il travestimento nel corso di un’operazione sotto copertura (per incastrare un pusher che spacciava solo a travestiti), scopre che indossare quotidianamente abiti femminili è per lui piacevole e “rilassante”.
    .
    Non solo: per incastrare il “villain” di turno in un’altra operazione sotto copertura (deve fingersi acquirente di una partita di cocaina), il personaggio assume i panni di Dennis Bryson… e questo, anziché come un “ritorno” al proprio genere originario, viene a tutti gli effetti presentato, nella narrazione, come un mascheramento! E’ Denise Bryson a “travestirsi” da Dennis Bryson, e non viceversa.
    .
    Insomma, la presenza di un personaggio crossdresser in una serie tv dei primissimi ’90 era evidentemente considerata molto più “normale” della presenza di modelli femminili accettabili nella televisione di oggi.

  25. Importante specificazione. Il senso dell’ultimo paragrafo è: quanto siamo regrediti rispetto a solo 20 anni fa. Da una rappresentazione serena, positiva, “filosoficamente” sottile (il gioco di travestimenti incrociati) del crossdressing, ad una visione dei generi iperpolarizzata lungo l’asse maschile-femminile e nettamente sbilanciata nell’ottica del peggior maschilismo.
    .
    Alla faccia di chi si ostina a dire che Twin Peaks è una serie “vecchia” solo perché non ha i ritmi narrativi forsennati dei prodotti più recenti.

  26. Beh, citare Twin Peaks come un luogo dove si poteva vedere la “normalità” televisiva, Don Cave, mi sembra un po’ osé, però mi fa pensare a due fatti:
    1) In vari manuali di giochi di ruolo in inglese ci sono paragrafi di spiegazione delle meccaniche di gioco in cui player è indicato a paragrafi alterni come lui e poi lei. Tipo: Lui decide di fare un salto oltre il burrone. Lei tira il dado. Lui somma il risultato alla destrezza dl personaggio. Lei consulta la tabella. Lui scopre di aver mancato di poco il salto. Lei subisce tre danni. Lui tira di nuovo il dado per vedere se riesce ad aggrpparsi…
    Questo è stato il primo luogo di cui ho memoria in cui ho provato uno spaesamento linguistico che mi ha fatto chiaramente percepire il frame “maschile universale” che avevo introiettato a 14 anni. (e poi dicono che i GdR sono sessisti e violenti!)
    2) varia fiction fantascientifica BBC (torchwood, ashes to ashes…) mostra molto bene che è proprio con il fantastico che si possono aprire squarci in questo framing. Non scrivo fiction, quindi non so dire da dove provengono le difficoltà di cui parlano i wu ming — ma non ocorre essere Virginia Woolf o J. M. Coetzee per proporre personaggi non succubi del framing (e forse dovrei dire DEI framing) di genere.

  27. @ Broncobilly
    Per secoli, nelle società servili, i servi sono stati belli tranquilli al loro posto, convinti e consapevoli che quello fosse il loro destino, il loro ruolo, il giusto ordine delle cose. “Preferivano” così. Poi, come fai notare tu, il mondo cambia, si trasforma, e nascono nuove esigenze, saltano equilibri, se ne costituiscono altri, etc. Se uno “preferisce” ancora fare il servo, chi può impedirglielo? Ma per fortuna (dal mio punto di vista) c’è stato e c’è chi si batte in nome di un modello relazionale diverso tra le persone, fondato sull’eguaglianza. Non già per imporlo agli altri con la forza, ma per difenderne la praticabilità materiale (ché sulla carta son buoni tutti). Esiste un attrito materiale, reale, quotidiano, che non può essere ridotto a scontro tra “preferenze”. Non solo perché le opzioni non sono affatto aperte (appunto, la carta non basta a garantirle e i fattori culturali, come fai notare anche tu, sono molto forti), ma anche perché i modelli acquisiti hanno delle conseguenze pratiche e fingere che non sia così, significa vivere nel paese delle meraviglie. Cioè in un fantomatico “sistema aperto”.

  28. Come diceva quello, le idee in ogni epoca dominanti sono le idee delle ‘classi’ dominanti. Poi lo ha detto anche Matrix.

  29. @ Don Cave:
    Twin Peaks resta, almeno per me, un capolavoro. Però trovo che anche in serie che attualmente vengono trasmesse in Usa e in Italia ci siano esempi di ottimi lavori di decostruzione degli stereotipi (non c’è serio lavoro di decostruzione di stereotipi femminili che non comporti una decostruzione e rimappatura dell’oposizione di genere). Trovo interessante il lavoro fatto da una serie come “Fringe” sulla coppia Olivia Dunham/Peter Bishop.

  30. @WM4
    Statisticamente è raro che una persona possieda un corpo intersessuale, a volte nemmeno si sa perché non sempre è evidente e occorrerebbe una mappatura genetica. Eppure sono proprio questi corpi a funzionare diciamo da luminal per rivelare la costruzione culturale del gender. Pensa agli interventi di ‘chirurgia cosmetica’ per riassegnare quei corpi arbitrariamente (cioè senza conoscere la loro identità di genere) a una sessualità polarizzata maschile-femminile.
    Siccome il gender è un castello di carte, se tocchi la carta giusta viene giù tutto, cioè l’effetto è sul sistema, su coloro che hanno un corpo maschile, femminile, intersessuale, transgender, transessuale operato, su coloro che hanno orientamento eterosessuale, omosessuale, bisessuale, pansessuale, asessuale. Secondo me, insomma, la libertà femminile, di cui si parla qui, passa necessariamente dalla libertà di tutti.

  31. @ andrea barbieri
    Su questo non ci piove. E viceversa la libertà di tutti passa dalla libertà femminile. Infatti è lo stesso universalismo (che per secoli è stato “maschile”) a venire messo alla prova dalla molteplicità. E però la sfida è capitale, dato che l’universalismo non dovrebbe negare il molteplice, bensì garantirne la praticabilità. Se non tenessimo fermo questo punto, allora ci condanneremmo a contrapporre universalismo e specificità, come fanno i fascisti (in camicia verde o bruna).

  32. “e donne alla sex and the city non esistano anche se replicate in basso.donne anche spregiudicate,che in nome della evidente disparità sfrtuttano quella stessa posizione anche,anche per promuoversi”umberto
    Scusa umberto, ma io un po’ di puntate di Sex & the city le ho guardate, non mi sembra che usassero la seduzione per promuoversi, ma per divertirsi come (secondo me) è normale che sia.Da questo punto di vista il mio personaggio preferito è Samantha Jones.

  33. @WM4
    Credo che ci sia una direzione da seguire per capire come funziona il gender, e dei corpi, delle condizioni sessuali che meglio di altre rivelano il ‘dispositivo’. Per esempio il ‘binarismo sessuale’ non potrò mai capirlo osservando, descrivendo maschi e femmine. La cosidetta ‘matrice eterosessuale’ non posso capirla dal comportamento eterosessuale. E così via… Quindi, ovviamente secondo me, dire che la libertà femminile passa dalla libertà di tutte le altre categorie, e soprattutto delle categorie marginalizzate, ha un significato come dire epistemologico, di una procedura di conoscenza. Non è un rapporto logico che possiamo ribaltare, sono piuttosto istruzioni per l’uso un po’ come quando montiamo un mobiletto ikea (del resto in filosofia queste cose si chiamano costruzionismo/decostruzionismo).

  34. @ andrea barbieri
    Nessun ribaltamento logico, si sono incrociati due piani: tu parli sul piano epistemologico, io mi riferivo a quello politico. Mi spiace, ma non sono un filosofo, arrivo soltanto fino a un certo punto, poi, volente o nolente, torno a confrontarmi con la pratica narrativa.

  35. Andrea Barbieri – secondo me serve anche il piano di Wming4. Anche io prediligo il concetto di genere al concetto di sesso – anche se non amo gli estremismi che cancellano il sesso – perchè trovo fallaci certe epistemologie della biologia, ma certo anche io voglio la libertà di cui parli tu. Solo che quando ci si esprime solo su quel piano – si finisce per scappare in un’astrazione che perde la comunicazione con le donne e gli uomini reali e in carne. L’abbietto di De Lauretis a loro non dice niente. L’abbietto di De Lauretis è qualcosa di terribilmente elitario di fronte a certi ricatti concreti – bisogna sicuramente tenerlo a mente – ma insomma un po’ di pomeriggio alla festa dei bmbi di Wming4 mi pare salutare.

  36. @wm4
    Servi? E non a caso parlavo di “sacrosanta battaglia sui diritti”, roba che con la servitù non c’ entra molto. Ma soprattutto contrapponevo la suddetta “sacrosanta battaglia” al malaugurato flirt con l’ ingegneria sociale, quello per cui la liberazione non s’ identifica più con il diritto ma con la “quota X” uscita dai tabulati dell’ Ingegnere, una quota da mantenere stabile per l’ eternità.
    ***
    Il temperamento “sognatore” è, secondo me, prerogativa proprio dell’ “Ingegnere”, è lui che s’ improvvisa teleologo della situazione, direttore di falansterio, è lui che conosce in anticipo i parametri/quota del mondo perfetto e perfettamente libero nell’ ordine surgelato in quella ricetta. Chi si batte per i diritti ha molte meno pretese, si affida: li distribuisce e bada a che non siano violati, nella sana ignoranza di quel che accadrà poi e ben sapendo che non esiste punto d’ arrivo.
    ***
    A garantirci non resta allora che la formale proliferazione dei decisori. La sostanza non puo’ che essere ingegneria. Persino in prospettiva storica, faccio un esempio, il servo medioevale è garantito solo dall’ esistenza del libero Comune che dista un tiro di schioppo, e se in queste condizioni sta dove sta per secoli, prendo sul serio questo “equilibrio” evitando di parlare di “disumana oppressione” (il disumano non si sposa bene con l’ equilibrio prolungato).
    ***
    Ma la “proliferazione dei centri decisionali” è minacciata, guardacaso, proprio quando incontra quella mentalità restia persino a pensare che possa esistere un “Altro” con preferenze diverse dalle sue, con preferenze che magari la fanno “indignare”; questa tendenza all’ abolizione dell’ alterità è un pre-requisito all’ azione dell’ Ingegnere sociale e un viatico al suo tipico paternalismo proibizionista (proibito violare le quote). L’ ingegnere lavora con UNA sola squadra, UN solo righello, UNA sola intelligenza, UN solo tavolino.
    ***
    E quando verranno a dirci che non possiamo “decidere”, che non siamo in grado di farlo e che la nostra “preferenza” non è autentica e non puo’ essere presa sul serio? Quando lo faranno, che ne so, parlando di “testamento biologico”, cosa risponderà chi ogni tre per due sguaina impavido il concetto riverniciato di “falsa coscienza” per cavarsi d’ impaccio? Dovrà presumibilmente costui dismettere ogni ragionamento e lottare a testa bassa. No, grazie, io vorrei invece continuare a ragionare e quindi mi tocca prendere sul serio la preferenza espressa da chi ha un diritto per farlo.

  37. @ Broncobilly
    Credi che l’unico modo per impedirti una libera scelta sia negartela per legge? O, viceversa, che affermare un diritto sia scriverlo su un pezzo di carta?
    Figurati che sulla carta la Repubblica Italiana è fondata sul lavoro e sulla Resistenza…
    Non credi che ci siano condizioni materiali diversificate con cui gli individui devono fare i conti? Non ci sono limitazioni materiali e culturali all’esercizio del diritto, della libertà, della preferenza?

  38. Qualche sera fa, dopo uno spettacolo teatrale, mi trovavo a parlare del gender gap. Il regista affermava che c’era una differenza da ammettere; l’astratto è maschile, la capacità di traduzione dell’emotività è maschile.
    L’anno scorso faccio una lezione in classe sugli eroi greci e disvelo il maschilismo di omero. Mostro la debolezza e l’inferiorizzazione di Andromaca, Penelope e le altre. Cito una frase di omero che dice più o meno che “non bisogna fidarsi delle donne!” Si alza una mano. Il mio alunno dice che è vero, non bisogna fidarsi. Gli rispondo che si tratta di una sciocchezza, quando crescerà capirà. Replica: “Ma me l’ha detto mia madre!”
    Pochi giorni fa in mensa si parla di B e le donne. Guardacaso le mie colleghe erano le più agguerrite nel difendere il povero miliardario vittima del moralismo di sinistra. Dicevano che non c’era niente di male perchè erano tutte consenzienti.
    Che paese siamo diventati?

  39. Luca T. e non solo.
    Sono giorni, anche, di “fuoco amico”. Di ferocissima critica su cosa o non bisogna fare, sul perchè occuparsi di donne e non di altro (dall’orario scolastico ridotto a qualsivoglia problematica che viene considerata “avulsa” dalla questione). Sono giorni in cui parte del femminismo storico si scaglia contro l’altra parte che si fa strumentalizzare. Giorni di distinguo. Giorni di se e ma.
    Va tutto bene.
    Io rilevo soltanto che la manifestazione del 13 febbraio è una manifestazione sull’immaginario che riguarda le donne e non “contro” altre donne.
    Io rilevo soltanto che molte dita che si alzano oggi a bacchettare hanno ignorato, negli ultimi quindici anni, quel che nell’immaginario stava avvenendo, perchè tanto il patriarcato era morto, giusto?
    Io rilevo che, sì, è vero, lo disse Simone de Beauvoir per prima, molto spesso le principali nemiche delle donne sono le donne stesse. Lo sto notando in queste ore. Ci sono accanimenti, qua e là, degni del peggior Libero.
    Rilevato questo, per me, credo sia il momento di esserci, a questa benedetta manifestazione. E di smetterla, se il preziosissimo ego offeso e ambizioso di certune lo permette, di cercare di sminuire chi la sta portando avanti.
    Di distinguo ne ho anche io, ovviamente. Ma credo che, per una volta, occorra pensare in comune, e non spintonarsi per occupare i posti in prima fila.
    (perdonami lo sfogo, ma lo spunto era prezioso)

  40. In realta’ in America il problema descritto da Wu Ming 1 con l’esempio di Franklin lo stanno risolvendo. Rovesciando il problema sugli uomini.
    Mi spiego. Mia moglie (non americana) lavora (in America) per una grossa azienda americana in una posizione manageriale. Tutte le sue cape, fino al CEO (donna), hanno mariti che o stanno a casa a prendersi cura dei figli, o che, anche in assenza di figli, hanno comunque abdicato al ruolo tradizionale di “bread winner”: c’e’ chi passa le giornate da aprile a ottobre a veleggiare sul Lago Michigan (beati loro), c’e’ chi scrive autopubblicandosi i propri libri, c’e’ chi fa volontariato, c’e’ chi si allena per 50 maratone in 50 stati.
    Se vogliamo, e’ un rovesciamento del caso di Franklin di cui ha parlato WM1. Ovviamente non sto paragonando le manager in questione a Franklin, ma anche nel loro caso, affinche’ possano “estroflettersi” con successo nel mondo lavorativo, hanno bisogno di un partner in ruolo defilato e di supporto in ogni caso domestico.
    Per capirsi: la soluzione al problema descritto da Wu Ming 1 in America e’ semplicemente un rovesciamento del problema. Non e’ piu’ la donna a stare a casa, ma l’uomo. Tertium, anche nell’America contemporanea, non datum.
    E non sto riducendo il tutto alla mia semplice esperienza personale. Qualche mese fa sul WSJ c’e’ stato tutto un dibattito in proposito, che evidenziava come la maggior parte delle donne in posizioni manageriali o politiche di alto livello avesse dei mariti casalinghi. Articolo qui: http://blogs.wsj.com/juggle/2010/10/19/what-careers-require-stay-at-home-spouses/

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