COLOURS

Mail dalla Svezia, con immagini allegate che riporto.
Lego, 1981. Unisex, colori uguali per tutti
Lego, 2012. Solo per bambine, domina il rosa.
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Chiedo:  alle reazioni cui si assiste in Svezia, qual è la risposta della Lego?
Risposta:  Una sola: “ci farà vendere di più alle bambine”. E pare sia vero.

56 pensieri su “COLOURS

  1. Arrendersi alla differenza (che non è per forza minoranza)?
    Accettare che per molti uomini donne e bambini l’unisex è orwelliano e avvilente?

  2. Finalmente la Lego ha pensato alle bambine. Era l’ora. Anche perché costruire insieme a mia figlia le astronavi spaziali o le stazioni di polizia non mi entusiasmava più molto. Che bello, potremo costruire insieme anche qualcosa di alternativo al mondo gradito ai maschietti, anche se devo dire che mia figlia già di suo dava un tocco di femminilità alle sue creazioni “maschili”.
    Ha ragione la Lego: il prossimo regalo lo sceglierò dal nuovo catalogo Lego Friends. Grazie per avermelo segnalato.

  3. E’ penoso vedere che adesso anche il viola si sta avviando ad essere un colore da femmina. (Figliolo con pantaloni e maglietta viola preso in giro dai compagnucci)
    A mio figlio alcuni set del nuovo lego friends a dire il vero sono piaciuti, per poi sentenziare che con il rosa lo avrebbero preso in giro, “che dici le mini bamboline con la parrucca le posso regalare alla mia compagna C.?”…
    Me lo ricordo anch’io il cartone crucco di Laura stern, era piaciuto così tanto che gli ho regalato il libro. http://it.wikipedia.org/wiki/La_stella_di_Laura

  4. Ogni volta che arriva nella posta un volantino di qualche ipermercato resto sempre impressionata (sfavorevolmente) dal catalogo del settore giocattoli: una divisione di ruoli rigida e inviolabile.
    Mio figlio grande ha giocato ANCHE con le bambole fino a che è andato alla materna quest’anno. Lì sono divisi con i grembiuli blu i maschi e rosa le femmine e non passa giorno senza che mi faccia notare che il rosa è da femmina. Sul viola non ha le idee chiare però.
    Sui vestiti da maschio si può almeno scegliere tra molti colori, mentre le bambine sono tutte in rosa e viola e bianco.

  5. Personalmente ho semrpe pensato che tutto sommato ci può stare che il rosa sia femmina e che l’azzurro sia maschio, sebbene io non ami nessuno dei due colori.
    A me che fa spavento è l’assenza dei colori “neutri”.
    Trovare body arancioni, rossi,verdi per il mio nascituro (che ancora non ha scelato il sesso in ecografia…) è un’impresa che ho abbandonato fin dalla 14ma settimana di gravidanza.
    Poi il problema in realtà è solo rimandato, perchè il rosa e l’azzurro sono colori che non aggradano nè me nè mio marito, e io continuo a non vedere spiragli arancioni, rossi o verdi.

  6. La foto dell’ ’81 e’ bellissima! Da piccola ho giocato tantissimo col Lego, insieme a mio fratello. Costruivamo di tutto! Magari a me piaceva piu’ la villetta col prato fiorito e a lui il camion dei pompieri ma abbiamo sempre potuto giocare insieme, cosa che immagino succedera’ poco con la nuova versione del gioco.
    Io ho fatto presente il mio disappunto alla Lego per questi nuovi prodotti, ma, dal momento che faranno vendere di piu’, penso che niente altro importera’ all’industria danese.
    Per quanto riguarda i vestitini, sono rimasta sconvolta appena ho iniziato a comperarne per i miei bambini (prima non mi ero interessata molto all’argomento). Pensavo che esistessero anche vestiti neutri, invece no: o da maschio o da femmina. O colori scuri e motivi di automobili o colori chiari e fiorellini, cuoricini etc. Nessuna via di mezzo. Ho due maschietti e quando compro vestiti per loro cerco sempre di smorzare quell’immagine aggressiva che cercano di dare.

  7. Da bambina io e mia sorella giocavamo indifferentemente con i robot, i lego, le macchinine, le barbie, avevamo un piccolo ferro da stiro, che era azzurro, ma condividevamo i videogiochi con i nostri compagni di scuola. I miei genitori non si sono mai posti il problema di sceglierci i giochi in base al fatto che fossero da maschio o da femmina. Lo stesso per i colori dei vestiti, tra l’altro per quanto posso ricordare anche quelli da bambina, offrivano decisamente più varietà cromatica (ero innamoratissima di un vestito verde smeraldo). Col senno di poi, mi rendo conto che forse è anche questo che ha fatto di me e mia sorella donne indipendenti e slegate dagli stereotipi.

  8. Anche io ho giocato molto con i Lego quando ero piccola… e penso che la parte più bella fosse quella di costruire pezzo per pezzo il proprio gioco… se non sbaglio allora non c’erano personaggi “femmina”, io probabilmente non me ne accorgevo neppure, ma ripensandoci con il senno di poi forse mi sarebbe piaciuto qualche personaggio senza barba o cappellino.
    Quello che trovo più svilente, nei nuovi giochi Lego friends, o almeno così mi sembra di capire dalle immagini del sito, è che in quelli c’è ben poco di “costruibile”, le forme sono tutte molto semplici, alcune addirittura inesistenti (es. la piscina!). Dov’è finito lo spirito delle costruzioni lego? In compenso i personaggi femminili hanno mille oggetti per pensare a loro stessi, proprio come le Barbie… spuntano bicchieri da bibite, spazzole e racchette da tennis, ahimè sì, tutte rosa…
    Non capisco perchè “facciamo un gioco adatto alle bambine” si trasformi immediatamente, come per una strana equazione, in “rendiamo più facili le difficoltà sul piano intellettuale e riempiamo di rosa”.
    Capisco che alle bambine forse non piaccia giocare con astronavi spaziali, ninja e robot, ma perchè non si è pensato allora a una donna pirata, avventuriera, comandante di navicella spaziale, ecc. ecc.?

  9. Quoto Elisa. E faccio notare proprio il look della bambina svedese nell’81. Adesso è raro vedere bambine di quell’età vestite unisex. La soglia anagrafica della genderizzazione e sessualizzazione (soprattutto nelle femmine, ma anche nei maschi) tramite il vestiario e gli accessori si è abbassata brutalmente.

  10. INFATTI (cfr. Elettra) il problema dei LEGO, rispetto agli anni 60/70, è il gioco preconfezionato (foto a destra) che annienta la creatività di chiunque ci giochi. Il mattoncino LEGO è per definizione un mattoncino appunto, i colori potrebbero essere infiniti, le forme primarie pure, ma le forme già definite sono il vero problema che uccide il processo creativo. La foto di destra è praticamente un set di montaggio predefinito. Però capisco che oggi vi volete indignare per il rosa. Dunque…

  11. la foto della bambina dell’81 rispecchia il modo in cui ero vestita io quando ero piccola, e il modo di vestire rispecchiava anche il modo in cui sono stata educata, esattamente come i miei fratelli maschi, niente barbie, pochissime bambole. il risultato è che non ho mai messo una gonna in vita mia… e mi vesto da maschio ancora adesso, e penso molto al maschile. qual è allora l’approccio giusto? è giusto non valorizzare la parte femminile delle bambine?

  12. Scusate il mio ricordarvi l’ovvio ma siamo in pieno capitalismo, anche in Svezia. Proporre un lego unisex vuol dire far giocare lei e lui con gli stessi giochi, intercambiabili tra loro. Vuoi mettere col doppio fatturato che deriva dall’avere abituato lui ai suoi colori e alle sue funzioni e lei pure?

  13. A me quella dell’81 sembra una foto che vuole far “diventare” maschi le femmine. Come se fosse un tentativo di annullare le peculiarità del femminile. Nel tempo il gioco è stato scelto dai bambini maschi. E nell’epoca delle quote rosa la Lego avrà pensato di “dare spazio” alle bambine…
    I bambini di entrambi i sessi dovrebbero poter avere accesso a qualsiasi tipo di giocattolo.

  14. …io con i lego giocavo tantissimo, ma erano solo mattoncini. Il senso era appiccicarli insieme e costruire. Mi regalarono un meraviglioso treno elettrico lego, tutto da assemblare minuziosamente; una volta ultimato e fatto girare qualche volta sulle sue rotaie, lo smontai e i suoi pezzi andarono ad aggiungersi al secchio con gli altri mattoncini, perchè che gusto c’era a costruire qualcosa e poi lasciarlo lì?
    Il senso dei lego per me e le mie sorelle era quello. Per cercare di vendere di più insistono a inserire dei personaggi e dare un’istruzione per l’uso che snatura completamente il senso del mattoncino come semplice strumento per costruire altro. Si sono persi per strada, e mi dispiace.

  15. La bambina dell’81 sarebbe un tentativo di far diventare “maschi” le femmine??
    E’ una bambina con le treccine e una tuta come anche io ne avevo a decine, fatta per giocare. Ogni tanto la gonna me la mettevano pure ma ehi, si era bambine, si giocava, ci si buttava per terra, si consumavano le tute alle ginocchia e ci si macchiava di erba. L’avrei fatto anche vestita da principessa, forse, ma saggiamente i miei sceglievano di farmi rovinare vestiti più sacrificabili.

  16. Gusto Sonomi, il senso è quello di scatenare la fantasia e la creatività. Ora molti prodotti sono già “assemblati” e giustamente i bambini (o almeno la mia) si stufano molto presto dei giochi preimpostati. E comunque, vedere il catalogo dei prodotti destinati ai maschietti fa rabbrividire. E se il maschietto in questione non avesse poi tanta voglia di giocare solo con mostri, armi e alieni?

  17. Sonia, sai qual’e’ la cosa che mi piace di piu’ della foto dell’ ’81? E’ che rappresenta un persona, di 5 o 6 anni, non so, ma quando la vedo non penso “E’ una bambinA” o “E’ un bambinO”, penso solamente “E’una persona piccola di eta’alla quale piace giocare col Lego”. Una persona.

  18. non solo mattoncini, a me piacevano tanto anche le finestre bianche e i tetti verdi. Però è vero, il bello era costruire di fantasia.
    E anche se ho smesso un po’ prima del 1981 avrei potuto benissimo riconoscermi in quella bambina, a parte i capelli rossi (che avrei voluto, per somigliare a Nancy Drew).

  19. E questo mi induce ad una riflessione. Qui siamo dalla parte delle bambine, che sono le future donne, ma dalla parte dei bambini cosa c’è? Mi spiego: anche per i bambini maschi la stereotipizzazione inizia molto precocemente e sono anche loro pesantemente condizionati a fare o non fare cose da maschi o da femmine. Per il vestire le bambine in fondo sono un po’ più libere. Un esempio banale io non ho alcun problema a mettere cose blu, azzurre, giallo, viola, rosa, verde a mia figlia, ma se fosse un maschio sicuramente mi farei scrupolo di non vestirlo di fucsia e rosa… (verrebbe immediatamente “massacrato” dai compagnetti). L’impegno alla de-genderizzazione precoce riguarda entrambi i sessi.

  20. Eppure stando alle regole del mercato la Lego ha ragione, perché la nuova linea dedicata alle bambine sta effettivamente vendendo parecchio.
    Lavoro nel settore e mi sono soffermata ad analizzare i personaggi della linea Lego Friends, prima di tutto a differenza di quelli maschili hanno un nome, l’uomo infatti viene identificato dalla professione che svolge (il pompiere, il poliziotto, il vigile urbano) le donne invece sono state “battezzate” perché non tutte lavorano. Quelle che lavorano poi possono fare: le fioriste, le stiliste, le veterinarie ma per dare il contentino alle mamme più esigenti e intellettuali hanno fatto anche il laboratorio della scienziata!!!
    Nelle altre ambientazioni i personaggi sono alla caffetteria, alla fiera canina, in piscina, nella loro casa sull’albero (beh chi non ha una casa sull’albero al giorno d’oggi con quello che costano gli affitti!) o vanno in giro in decappottabile con il loro cane.
    In questi giorni osservavo la reazione delle bambine e dei genitori, se le prime sono attratte dai colori pastello e dalla quantità esorbitante di accessori, i secondi danno loro conferma con frasi del genere: “Si vedi questo è fatto apposta per te!” oppure “Questo si che è per voi femmine!”
    Fino ad ora alle bambine veniva comprato il lego unisex senza farsi problemi ma se un maschio vuole il lego friends scatta la tragedia del “Ma non vedi sono da femmina!”
    Insomma la Lego ha fatto le sue belle indagini di mercato e ha lanciato questa linea sapendo di avere a disposizione un enorme giacimento di clienti!!

  21. Sono disposta a discutere mesi sulle differenze tra uomo e donna – magari anche con il contributo di hommequirit, Francesco F. etc – per quanto riguarda il desiderio sessuale, l’istinto materno, etc..
    Ma non venitemi a dire, per favore, che il rosa è “naturalmente” da femmina, che gli accessori con le bambine che si pettinano sono da “naturalmente” femmina, che la gonna è “naturalmente” da femmina!
    Questi sono prodotti CULTURALI. Nessuna bambina saprà che sono cose da femmina se non le è stato insegnato prima che così deve essere.
    La bambina dell’81 è maschile solo ad un occhio opportunamente condizionato a vederla come maschile.

  22. Adesso c’è un’ondata di giochi per preparare dolci, caramelle e altri cibi. Ovviamente rosa, riservata alle femmine! Eppure cosa ci sarebbe voluto a chiamarlo “Piccolo chef” e proporli a maschi e femmine ? Evidentemente è proprio una legge del marketing: perdono potenziali clienti maschi, ma si vede che sanno di recuperarli con gli interessi tra le femmine. Il nome, è un programma: “Dolce party”, per via che queste bambine non devono giocare alle pasticciere, ma “essere” piccole donnine che imbandiscono vere festicciole tra amiche. (Invece ad esempio La Pizzeria di Play Doh Hasbro, unisex, ma rivolto a un’età inferiore, ha sulla scatola un bimbo, vestito da cuoco.)

  23. Conosco bene in quella foto (sx) e mi riconosco in essa, ero proprio così negli anni Ottanta, invece già dai Novanta è iniziata l’invasione del rosa. La perdita di libertà è enorme. Costruire con i Lego era bello, faceva parte dei giochi intelligenti e non passivi, adesso non più.
    Questo è un video interessante: http://youtu.be/CrmRxGLn0Bk
    Le bimbe costruiscono casette rosa, ma se le casette prendono fuoco chi va a salvarle? I vigili del fuoco, lego da maschi.
    Non è solo il colore rosa.

  24. Miriam grazie, interessantissimi i video sulla strategia marketing della Lego negli anni, e sulla nuova linea Lego Friends. Tra l’altro spiega che
    per anni i Lego sono stati proposti a maschi e femmine insieme (infatti noi bambine negli anni ’70 li ricordiamo come gioco unisex). Da metà degli anni ’80 hanno cominciato a rivolgere prodotti e pubblicità esclusivamente ai maschi, e via via a enfatizzare la componente violenta. Ha funzionato molto bene.
    Ora vorrebbero tornare a vendere alle femmine, e hanno creato per loro un mondo a parte, un suburb tutto rosa e viola con cafè, estetista ecc. in cui è ambientata la linea Lego Friends (tentativi simili e anche peggiori li avevano già fatti in passato); che avrebbe anche, come ddato in sè positivo, di essere basato sulla relazione e la collaborazione piuttosto che sulle botte da orbi che predominano nelle linee maschili.
    Invece di segregarle, suggerisce l’autrice, per tornare a piacere alle femmine dovrebbero INCLUDERLE nel mondo Lego, ad esempio con avventure e linee che prevedano mini-figures femminili in ruoli importanti.
    Mi piace la conclusione, cioè che entrambi i sessi beneficerebbero di questo ritorno a giocare e creare insieme.

  25. @Francesca negli anni ’80 primi 90 i giochi per preparare cibo, dal Dolce Forno in poi spesso venivano pubblicizzati con maschi e femmine che giocano insieme. Cosa si sia perso per strada non lo capisco. Io trentenni di allora dovrebbero essere i genitori di adesso, gli stessi che concorrono ad alimentare la segregazione dei generi.

  26. Forse l’unico vero giocattolo unisex ancora esistente è il mitico peluche. Quelli, almeno quelli, sono per maschi e femmine.
    Io sono un 84…devo dire che non ho mai giocato con i lego, ma andavano di gran moda le carte Magic, credo esista ancora qualcosa di simile. Non so perchè, ma ricordo quelle carte come il primo vero confine tra maschi e femmine. Ai miei tempi a dire il vero il lego era già un giocattolo superato.

  27. @giulia – manco quello purtroppo
    Aneddoto realmente accaduto. Un paio di mesi fa sono entrata in un negozio di giocattoli per procurarmi un regalo: volevo un peluche a forma di tigre (confessione: ho piu’ di trent’anni e il regalo era per mia sorella, anche lei adulta, che adora da sempre il fumetto Calvin & Hobbes. Volevo regalarle una tigre di qualche tipo per questa ragione sapendo che avrebbe apprezzato).
    Dico alla commessa che voglio una tigre peluche, meglio se piccola versione porta-chiavi e lei mi domanda “Per un MASCHIO O PER UNA FEMMINA?”.
    La guardo basita “Una semplice tigre peluche!” rispondo.
    E lei di nuovo “Si’ ma PER MASCHIO O FEMMINA?”.
    A quel punto, confusa, non rispondo, poso lo sguardo sul bancone e vedo che i portachiavi a forma di animale sono in esposizione a pochi centimetri dal mio naso. La commessa mi fissa e deve pensare che sono un po’ strana e che oggi arrivano in negozio solo clienti difficili. Dopo alcuni secondi, individuo una stupenda tigre peluche arancione a strisce che ricorda tanto Hobbes, la prendo in mano e la porgo alla commessa.
    “Vuole un pacchetto? Per MASCHIO O FEMMINA?”
    “Me lo metta pure in un sacchettino di carta, lo impacchetto poi io a casa” rispondo pensosa mentre cerco il portafogli per pagare.
    Tornando a casa mi ritrovo a pensare che “Maschio o femmina” e’ probabilmente la prima frase che la commessa pronuncia verso chiunque cerchi un regalo nel suo negozio, a prescindere dal tipo di regalo, e mi chiedo in quanti altri negozi di giocattoli in Italia questa domanda venga posta a chiunque cerchi di acquistare regali a un bambino o una bambina, a prescindere da eta’, inclinazioni, personalita’ del/la bambino/a stesso e gusti di chi regala. La regenderdizzazione esiste, eccome se esiste. Ed e’ come l’aria, avvolge ogni cosa.

  28. Breve personale aneddoto, non credo di essere OT. Alcuni mesi fa entro in cartolibreria e compro un regalo che mia nipote mi ha chiesto (uno di quei libri che gradualmente, per fasi consequenziali, ti insegnano a costruire piccoli oggetti grazie a carta, forbici e colla: un genere che mia nipote ama molto). Alla cassa il commesso osserva attentamente il tipo di libro, afferra un foglio di carta azzurra e mi dice sicuro: “il regalo è per un bambino, vero?”. Rispondo di no e specifico che il libro è per una bimba di sette anni. A quel punto il commesso è sgattaiolato velocissimo nel retrobottega ed è tornato con un pacchetto di colore rosa. Che dire? ;-(

  29. @giulia e Barbara F esatto la regenderdizzazione avvolge ogni cosa, credo che abbiamo interiorizzato talmente tanti stereotipi e meccanismi dovuti alla pressione del sistema materialista-commerciale che ci sembrano naturali e giusti, vi assicuro che ho visto genitori storcere il naso nel dover comprare una copertina rosa da quaderno per il proprio figlio chiedendo “non c’è un rosa meno rosa?”

  30. Sto chiudendo un negozio di giocattoli e libri per bambini. Ho proposto giochi alternativi, educativi, creativi, in legno, tessuto o materiali naturali, trenini e costruzioni alle bambine e bambolotti ai maschietti per imparare ad abbottonare sbottonare maneggiare zip e lacci, pentole e cappelli da cuoco, travestimenti semplici o colori x il viso, tanti marchi tedeschi o svedesi che colorano la prima infanzia di arancio verde giallo e niente rosa e azzurro: i piccoli apprezzano i colori vivaci, gli adulti cercano i soliti pastello. Ho visto bambine interessarsi ai dinosauri alle piramidi ed agli esperimenti scientifici perchè x fortuna a scuola imparano tutto insieme e ascoltato bambini raccontare le loro ricette x impastare la pizza fare i biscotti o modellare la pasta di sale. E so che bambine amanti dell’avventura hanno però ricevuto libri su fate e principesse e bambini fantasiosi e curiosi delusi da Babbo Natale che ha portato loro le solite macchinine, perchè “cosa se ne fa di un drago”? Siamo in provincia e c’è la crisi, ma dopo aver costruito camion e torri con i Lego di mio fratello che giocava con me al “mercato” ed aver cresciuto mia figlia con i SuperEroi dei suoi fratelli, penso che stiamo tornando indietro…

  31. Avete detto bene, avvolge ogni cosa, dai piattini ai quaderni per arrivare infine alle persone. Lo vedo quasi quotidianamente. Noi per evitare crisi isteriche “è per maschio o femmina” compriamo solo libri da regalare ai compleanni. è anche qui casca l’asino! Esiste, è ben noto, una letteratura rosa e una azzurra. Basta, non se ne può più.
    L’ho gà detto in altri contesti, se lo fai notare che vuoi un prodotto unisex, ti guardano nella migliore delle ipotesi come una marziana.
    @Giulia
    lo pensavo anch’io! Però se entri nelle camerette dei maschi (over 2 anni) difficilmente trovi peluche. Anche i Barbapapà e tutta la girandola di gadgets collegati, se ci fate caso li stanno proponendo solo alle bimbe, i loro peluche si trovano nel settore rosa dei toys ad es.

  32. Il problema era stato posto da un bellissimo video, ben documentato, di “Feminist Frequency”.
    Parte 1: http://www.youtube.com/watch?v=CrmRxGLn0Bk&feature=relmfu
    Parte 2: http://www.youtube.com/watch?v=oe65EGkB9kA&feature=relmfu
    Guardatelo perché è INTERESSANTISSIMO e anche piacevole a tratti, anche se il contenuto fa accapponare la pelle. Ricostruisce tutte le varie fasi del marketing Lego, dagli inizi a oggi, facendo un confronto fra varie immagini pubblicitarie e spot d’epoca. Si ricordano anche i vari tentativi da parte della Lego di avvicinare le bambine (quando ormai la “genderizzazione precoce” di cui parla WU Ming 4 era già compiuta). Secondo l’autrice della ricerca il primo spot che tagliava fuori le bambine dal mondo lego destinando il giocattolo solo ai maschi è del 1985, quello con “Zach, the Lego manic”.
    LA ricerca affronta anche:
    – I colori;
    – La minor attenzione sulla costruzione nella versione per ragazze;
    – Il fatto che l’ambientazione di Lego Friends è una sorta di ghetto stereotipizzato in cui ci sono solo caffè, boutiques, fattorie etc.
    – Il fatto che le figure sono diverse dalla tradizionale personaggio Lego (e quindi ghettizza ulteriormente Lego friends, facendone un “altro mondo” che non comunica con quello dei Lego maschili).
    etc.
    Il fatto che venda molto alle bambine non mi stupisce. Sono ormai 30 anni che si semina in tal senso e i risultati sono impressionanti.
    Credevo che la fissazione di mia nipote di 4 anni per l’aspetto esteriore fosse un suo tratto caratteriale. Che peraltro mi stupiva, perché la madre non è una “maniaca” dell’estetica: lei stessa è stupita dal fatto che la bambina fa storie per mettere i pantaloni, non vuole alzarsi i capelli neanche per fare il bagnetto, sceglie ogni accessorio rosa e viola, ha una vera fissazione per trucchi e gioielli.
    Pensavo che in lei questo aspetto fosse particolarmente spiccato… boh… per chissà quale motivo.
    Da qualche tempo però mi sono ricreduta. Ho cominciato a insegnare “musica e gioco” in un asilo a bambine dai 3 ai 5 anni.
    L’altro giorno una bimbetta di 3 anni ci ha tenuto a dirmi che tornata a casa dalla nonna si sarebbe «ripassata lo smalto»… Che aveva già addosso, nero… sia lei che sua sorella di 5 anni. Dopodiché ha passato in rassegna verbalmente tutto il contenuto del suo armadio – dal pigiama al costume da bagno («con reggiseno»… una bimba di 3 anni… non di 6 o 10) Ovviamente tutto “griffato”, da Hello Kitty alle Winx etc.
    Premetto che, negli anni ’80, sono stata una bambina curata, infiocchettata e pure parecchio vezzosa e vanitosa. Ma era mia mamma a tenerci ai miei vestiti. Io magari mi guardavo anche allo specchio soddisfatta se mettevo un vestito “preferito”, ma non ho mai fatto storie per indossare o non indossare un indumento. Il rosa mi piaceva molto, ma non avevo un armadio monocolore… E soprattutto volevo vestirmi in fretta per andare a giocare con bambini e bambine. I vestiti, i trucchi e i gioielli piacevano a me come alle mie coetanee: ma non erano argomento di conversazione… Si pensava, appunto, a giocare. Questa è la differenza che noto con le bambine della generazione presente. Per non parlare di trucchi, gioielli e vestiti le devi letteralmente “distrarre”.
    Non mi si dica che l’alternativa a tutto questo è un mondo “orwelliano”. A me sembra molto più “orwelliano” questo indottrinamento.
    Soprattutto, quello che mi impressiona è che queste bambine si guardano con gli stessi occhi degli adulti. O meglio con gli occhi di adulti che fanno loro i “raggi x” come se fossero adulte o anche solo adolescenti, ragionando sulla lunghezza delle loro gambe o sul loro peso (ed è la madre stessa che lo fa… davanti alle figlie). Le stanno privando del LORO sguardo. E secondo me è imperdonabile.

  33. Noto che il video di feminist frequency è noto solo nelle solite piazze.
    E girarlo ai genitori delle classi dei nostri figli? Tradotto magari? Ecco sono sincera, non riuscirei a farlo perchè scottata dalla reazione suscitata da altre mie iniziative.
    Proposte “virali” di altro tipo ne avete?
    Buona notte.

  34. Scusate, ma lo credo che hanno fatto le ricerche di marketing e hanno visto che il rosa tira per le bambine: le mamme se le sono già allevate!!!!! Grazie grazie grazie Heratò 😀

  35. A proposito di Feminist Frequency. Per chi non lo conscesse esiste una piattaforma per creare gruppi di lavoro per sottotitolare video in diverse lingue http://www.universalsubtitles.org
    All’interno esiste già il gruppo internazionale che si occupa di sottotitolare tutti i video di FF in diverse lingue http://www.universalsubtitles.org/it/teams/feministfrequency/ in italiano siamo ancora a zero. io la butto li nel caso qualcun* avesse voglia di dedicare un po di tempo libero e iniziare a lavorarci. Il sito è carino perché permette di lavorare allo stesso video in più persone, traducendo, sottotitolando, facendo revisioni, correzioni… Penso che questi video sottotitolati abbiano già da soli una forte potenzialità virale.
    Ciao ciao

  36. Grazie Renata, conosco i video di Feminist Frequency , e l’a proposta di Miriam, di tradurli e diffonderli mi sembra una buonissima idea, facciamolo.

  37. io purtroppo non posso aiutarvi con la sottotitolazione ma mi sembra un’ottima, magnifica idea! 🙂 grazie per chi lo farà!

  38. E, visto che oggi ho un pò di tempo per me, rintraccio link al progetto “Quante donne puoi diventare? Nuovi modelli per bambine e bambini nelle scuole di Torino”, promosso dal Comune di Torino, dall’Assessore al Sistema Educativo e alle Politiche di Pari Opportunità, dal Settore Pari Opportunità e Politiche di Genere, dall’Association Européenne Du Côté Des Filles, dal Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile, da Poliedra progetti integrati e dalle Biblioteche Civiche Torinesi vuole trasferire una buona prassi sviluppata dall’associazione francese, volta ad analizzare gli albi illustrati in quanto veicolo principale dei modelli sessuati socialmente accettati, ed insegnare agli adulti (come insegnanti, bibliotecari e genitori) a decodificare le immagini simboliche della famiglia e della società proposte dagli albi illustrati.
    http://www.comune.torino.it/quantedonne/
    (dalla pagina si trova il link per scaricare gli strumenti utili:
    Guida alla decifrazione degli stereotipi di genere negli albi illustrati:
    • approfondimento: cos’è la guida alla decifrazione degli stereotipi sessisti negli albi
    • downlaod del file della guida in formato PDF
    • approfondimento: quale ricerca
    • download del file della ricerca in formato PDF
    • Approfondimento: perchè i tre racconti
    1. Racconto: “Il gomitolo bianco”:
    • download del racconto “Il gomitolo bianco” in formato PDF – 174 Kb
    2. Racconto: “La giubba rattoppata”:
    • download del racconto “La giubba rattoppata” in formato PDF – 182 Kb
    3. Racconto: “Yasmine”:
    • download del racconto “Yasmine” in formato PDF
    Magari non siamo all’ “optimum”, ma mi pare un primo passo.

  39. Grazie a tutte e tutti. I link sono interessantissimi. In più, andrebbe ripreso il lavoro che a suo tempo fece Irene Biemmi sui testi scolastici. Che incidono ancora di più rispetto a giocattoli e pubblicità. Irene analizzò antologie e testi per le elementari nell’ambito del progetto Polite, ora estinto. Occorrerebbe inserire questo punto alle richieste da fare al ministro dell’Istruzione (oltre all’educazione sessuale, che resta argomento chiave, secondo me).

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