COMPLESSITA'

L’Italia è un paese complesso che vorrebbe spiegazioni semplici.
Nel mondo dell’editoria, non c’è niente di semplice (di semplificato, magari, sì). Non è semplice la questione posta dal dibattito sul Campiello: che è stata, semmai,  banalizzata in una cornice molto comoda (le cattive femministe vogliono impedire alle donne di ricevere un complimento).  Invece, c’è un problema non da poco che è stato messo in ombra proprio da questa semplificazione.
Provo a spiegarlo partendo dalla musica classica. Alison Balsom è una bravissima solista di tromba. Ed è anche molto bella, e giustamente non mortifica la propria bellezza. Così come, prima di lei, fecero Anne-Sophie Mutter o la nostra Cecilia Bartoli (a proposito, è una splendida notizia la sua nomina alla direzione del Festival Pentecoste a Salisburgo: auguri).
Ma quel che conta non è la loro bellezza: è la perizia, lo studio, l’impegno. Il mondo della musica colta è impietoso, e non premia l’avvenenza, ma il talento.
Cosa accade negli ultimi tempi nel mondo editoriale? Non credo di rivelare qualcosa di nuovo a chi lo frequenta se dico che la domanda più frequente che un ufficio stampa si sente rivolgere specie – ahi – dai magazine femminili a proposito di un’esordiente donna è “com’è?”. Com’è l’esordiente, non il libro. E’ fotografabile? E’ presentabile nelle nostre pagine?
In poche parole, nessuno vuole impedire a nessuno la seduttività, l’amore e la cura per il proprio corpo e quant’altro. Ma una società che oscura tutto il resto in favore della rispondenza a un canone estetico pone dei problemi. Ha dei problemi, per meglio dire  (e come mi piacerebbe che proprio dal mondo – importantissimo – dei periodici femminili arrivasse, chiaro e forte, un segnale di inversione di tendenza).
Ma è che, appunto, il nostro è un paese complesso che vuole schemi semplici. E il problema, come ricordano i Wu Ming, non è il cavaliere, ma il Cavallo.
Ps. Il post dei Wu Ming nasce in occasione della legge sul prezzo del libro: va in discussione oggi al Senato. E’ importantissimo parlarne, quanto meno: sul blog di editori e librai (e non solo) tutte le informazioni del caso.

26 pensieri su “COMPLESSITA'

  1. Ho visto in questi giorni l’ennesima edizione di “foto di Madonna senza trucco”.
    Be’, di solito, specie se non si e’ piu’ ne’ giovani ne’ avvenenti, alle prese con le mille difficolta’ quotidiane, puo’ capitare di ricercare con gioia maligna queste immagini che riportano i divi piu’ vicini alla nostra dimensione. E in qualche modo, ci rassicurano.
    Stavolta, invece, ho avuto una curiosa impressione: ho trovato che in quelle foto il personaggio (che non mi e’ particolarmente simpatica), apparisse, nella sua veste di regista tanto concentrata da non avere il tempo per il trucco, molto piu’ interessante e in definitiva piu’ BELLA, una cinquantenne piacevole e intensa, una persona vivace e realizzata. Molto piu’ di quando e’ conciata da vampira.
    Accade, si’, che anche divi uomini vengano fotografati in disordine, con le facce sfatte o la pancia, ma e’ meno frequente e meno insistito.
    E poi si limita agli attori.
    Foto simili di un regista uomo pari eta’ sul set avrebbero forse suscitato qualche commento, sarebbero state ricercate per pubblicarle ? No credo proprio.
    Si’, va be’, Madonna e’ anche attrice e cantante. Pero’ ricordo che anche quando fu premiata la regista Kathryn Bigelow tutti i commenti e le domande delle interviste, almeno qui da noi, furono sul suo aspetto e come facesse a mantenersi giovane, piu’ che sulla poetica dei suoi film, peraltro abbastanza “rudi”.
    Eppure, in qualche modo, a Madonna viene somministrata la sua stessa medicina. Appartiene a quella categoria e generazione di donne che hanno semplicemente negato la questione di genere, ritenendola superata, e che bastasse farsi gli affari propri, pensare alla realizzazione e alla carriera, senza tante sciocchezze.
    Forse ora, che gli anni avanzano impietosi, si accorgera’ lei stessa che non e’ esattamente cosi’, che qualche problemino in piu’ per le donne, anche se ricche e famose, c’e’ eccome.

  2. A proposito di donne e musica, consiglio la lettura dell’ultimo numero di Rolling Stone, “special women in rock”.
    E’ bello vedere che a Patti Smith (in copertina) neanche i baffetti tolgono carisma e autorevolezza. Poi dentro c’è anche lady Gaga, ma l’impressione nello sfogliarlo è che le donne siano fotograficamente trattate in modo più “rispettoso” che in altri campi.
    La photoeditor è una donna, Roberta Reineke.

  3. mi scuso per il bis, è giusto dire che la foto di Patti Smith è di Mattia Zoppellaro, e si può vedere qui http://www.mattia-z.com/
    Loredana, nello sconfortante panorama dei magazines femminili da te ben descritto una piccola cosa positiva ma non in Italia: Juliette Greco fotografata in modo credibile su Vogue Francia (foto Kacper Kasprzyk).

  4. Sarebbe bello un paginone in una di queste cosiddette riviste femminili con donne di talento (non le solite, come scrivi tu, ovvero la Montalcini e la Hack, ormai icone asessuate e veramente stra ottuagenarie) in vari campi, non eccessivamente truccate, con tutti i difetti dell’età, da i denti gialli del fumo ai capelli bianchi, per dare una scossa minima ma significativa. In quanto all’apparire seduttivi e prede, per le nuove generazioni, pari sono, uomini e donne (junior), appunto, come un programma tv di terrificante successo.

  5. “Sarebbe bello un paginone in una di queste cosiddette riviste femminili con donne di talento (non le solite, come scrivi tu, ovvero la Montalcini e la Hack, ormai icone asessuate e veramente stra ottuagenarie) in vari campi, non eccessivamente truccate, con tutti i difetti dell’età, da i denti gialli del fumo ai capelli bianchi…” (vincent)
    .
    Sì. Ma le direttrici di queste riviste non lo fanno, perché le donne non le comprerebbero.

  6. E’ inutile rivelare che,nella cucina editoriale, la prima domanda che ci si sente fare, quando si propone il manoscritto di un’autrice, è:” E’ figa?” Questo perchè moltissima parte dell’editoria è in mano ai maschi. Magari maschi che hanno partecipato alle lotte di liberazione, maschi progressisti o che si dichiarano tali. Questo stralcio è tratto dalla prefazione di Giuseppe Genna al libro ” Tu sei lei ” otto scrittrici italiane ,di qualche anno fa, e il titolo della prefazione è ” Io sono loro “. Me ne sono ricordata perchè mi aveva colpito..

  7. Io mi considero un maschio progressista e le belle donne mi piacciono e non me ne vergogno. Certo se faccio il redattore di una rivista letteraria il mio dovere è badare alla qualità letteraria e non all’ aspetto fisico dell’autore o autrice.
    certo viviamo nella società dell’immagine e questo ha un peso in ogni campo che non si può negare, però chi si occupa di cultura dovrebbe sapere che le priorità sono altre nel valutare artisti e intellettuali.
    Comunque non capisco l’accostamento Patti Smith e Lady Gaga, sono due mondi musicali diversissimi e anche opposti (io li ascolto entrambi, sono onnivoro musicalmente parlando), ma penso che su Rolling Stone abbiano pari diritto di “cittadinanza”

  8. diamonds: o si contestualizza Saramago e si dice il perché di questa citazione oppure per gli amanti degli aforismi basta andare su Google. I blog su chi più ne sa abbondano. Sarà l’autunno, ma c’era da argomentare. Siete semivivi o cosa?

  9. x laura a.
    .
    potremmo dire, forse, che le motivazioni sono *anche* queste? Le riviste femminili esistono perché qualcuno le compra: moltissime donne. Direttrici e redattrici sono donne. Le pubblicità per vendere prodotti sono create anche e soprattutto da donne (Annamaria Testa, ecc.).Tutti questi soggetti femminili possono venire chiamati in causa anche come soggetti ‘responsabili’, e non solo ‘vittime’? Parlo di responsabilità, non di colpa, perché non entro nel merito del giudizio sul sistema (per qualcuno/a le riviste femminili o la pubblicità e la mercificazione del corpo ecc. sono inaccettabili, per altri/e no).

  10. Diana, per favore: parliamo con cognizione di causa. Annamaria Testa non lavora attualmente come pubblicitaria, e le sue campagne erano tutt’altro che sessiste. Anzi, Annamaria Testa è una delle persone più attente alla questione che io conosca. Che diamine, quando si cita è bene pensare otto volte prima di dire inesattezze!

  11. scusa, loredana, ma non ho dato della sessista alla Testa, da nessuna parte. Ho seguito un suo seminario, fantastico, e ne ho scritto nel tuo thread appropriato, elogiandola. Una persona di una intelligenza vivissima. Ma ha fatto la pubblicitaria con grandissimo successo per vent’anni, come tantissime altre donne che tutti i giorni firmano altre campagne, non sappiamo quali (non stiamo lì a tenere il conto, naturalmente).
    .
    La mia domanda a laura non era un’offesa a te, o alle *donne*. Le riviste femminili e chi le compra non mi disturbano. Reagivo all’idea di considerare questo stato di cose (nel bene e nel male) *solo* come il prodotto di donne vittime e/o traviate (dal lavaggio del cervello, dal sessismo, ecc.) e di maschi retrivi. E’ una cosa che non capisco, ma il non capirla e non condividerla non equivale a un’aggressione, spero.
    .
    d’altra parte, è un blog, ed è il tuo blog. Capisco di rompere le scatole. Mi fermo qui.

  12. Cara Diana, non “rompi le scatole”. Ma se rileggi il tuo commento precedente noterai che non dice le stesse cose di quello successivo, e si prestava ad equivoci.
    Il discorso della complicità femminile esiste, è importante e non va banalizzato.

  13. “Le pubblicità per vendere prodotti sono create anche e soprattutto da donne (Annamaria Testa, ecc.).”
    scrivevo questo. Non mi sembra diverso da quello che ho scritto dopo. Però tutto può prestarsi a equivoci. Per esempio, ho detto che parlavo di ‘responsabilità’ e non di ‘colpa’, quindi non mi riconosco nel discorso sulla ‘complicità’ femminile, intesa come complicità colpevole. Infatti non volevo banalizzare niente.
    .
    L’accento, piuttosto, era sul fatto che vedo donne che fanno scelte diverse dalle mie. Non vittime, né colpevoli. (Questo non esclude che esistano anche donne vittime, naturalmente.)
    .
    Con la tua ultima puntualizzazione (nella pubblicità ci sono più maschi che femmine), invece, sembri propendere per l’ipotesi ‘vittima’ (in alcuni casi, complice).

  14. Diana, un chiarimento: gradirei che gli argomenti venissero approfonditi, laddove è possibile.
    Io non sto parlando di vittimismo, bensì di dati: non mi sembra che le campagne pubblicitarie siano firmate in preponderanza da donne. L’ultima campagna Fieg reca un pool di firme tutte maschili, per fare un solo esempio.
    Di qui, l’invito a riflettere prima di postare. Vale per tutti, inclusa la sottoscritta: quel che fa la differenza fra blog e forum è, d’abitudine, proprio questo. Grazie mille.

  15. in punta di piedi: diana, volevo solo dire che sempre più donne sono stanche di vedere immagini troppo artificiose, per cui non comprano affatto le riviste di moda ma le comprerebbero se sentissero meno alieni certi modelli.
    Il discorso su come si diffondono i modelli di bellezza è comunque complesso, e non volevo monopolizzare questa discussione.

  16. in punta di piedi anch’io, x laura: se sempre più donne sono stanche di vedere immagini troppo artificiose (ecc.), vuol dire che sempre meno comprano quelle riviste. Non conosco le statistiche, ma è possibile. Se è così, le riviste dovranno cambiare veste per non chiudere. Bene per chi aveva smesso di comprarle, mettendole in crisi.

  17. @diana: che vuoi dire quando replichi a laura a.? Non conosci le statistiche, quali di grazia? Di quali riviste stai parlando? Fai i nomi. Capisci che non puoi monopolizzare la discussione se non sai niente?
    Su un’idea non troppo balzana che avevo postato replichi:”Sì. Ma le direttrici di queste riviste non lo fanno, perché le donne non le comprerebbero”. Perché le donne non comprerebbero queste riviste? Se si scrive un commento anche breve bisogna quanto meno rispondere con giusta causa. Spesso non lo faccio nemmeno io, sono odioso e me ne scuso, ma non capisco questo masochismo che mi porta a dire: perché scrivi sul blog in maniera così sciatta ed inutile per l’ennesima volta?

  18. ciao Vincent
    la tua proposta non sarà balzana, ma sicuramente un po’ superficiale lo è, poiché tralascia questioni fondamentali.
    Sai meglio di me che i giornali (come qualunque altra attività) debbono portare particolare attenzione alle vili questioni di cassa. Le riviste femminili non rappresentano un’eccezione a questa regola.
    I ricavi si basano inevitabilmente su dei numeri. Quanti sono le lettrici e i lettori e, di rimando, quanto saranno generose le inserzioniste e gli inserzionisti.
    Da qui un’ovvia considerazione di cui non trovo traccia nel tuo commento, alquanto naive permettimi di dire: prima di introdurre una modifica occorre essere confidenti che questa abbia possibilità di venire accolta positivamente.
    Le direttrici e i direttori conoscono meglio di noi il problema e non sarei così arrogante nel ritenere che rifiutino a priori l’opportunità di un cambiamento che porti benefici alle vendite.
    Eppure l’intervento di Loredana è cristallino e non capisco come possa esserti sfuggito.
    Proprio in quell’ispiratissimo pezzo dei WuMing (che a-do-ro, scusate lo sfogo) si gioca la questione: il problema è il Cavallo.
    E chi è il Cavallo, vincent?
    Per il resto sono d’accordissimo con te, specie sull’argomentare Saramago nonostante l’autunno, perché ce n’è.
    A prestissimo

  19. enfiteuta: proprio perché l’intervento di Loredana è così cristallino non potrei commentare che con un: “ha ragione”, quindi resto nella mia proposta chiaramente attraversata da una consapevole naïveté. Non voglio entrare in merito a costi e ricavi e a politiche editoriali. Parlerei a sproposito, senza nessuna competenza, in modo malmostoso. Il Cavallo è la semplificazione, tra le altre cose. Inchini ai WuMing, che apprezzo fin troppo ma non a-do-ro.
    Saluti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto