DI FORBICI O COLTELLO, DI ACQUA O DI FUOCO.

Ho un altro racconto, molto bello, da pubblicare, che riguarda il cancro al seno: lo farò domani. Perché quando nel giro di poche ore muoiono, di forbici o coltello, due giovani donne, ti viene da dire che no, parlare non basta. Non basta tenere il conto, non basta raccontare, non basta riportare le raccomandazioni Onu. Ci si sente stupide Cassandre, anche, se alcune delle persone con cui parli degli episodi ti rispondono “sì, è il caldo”. E poco importa che la mattanza sia iniziata il primo giorno dell’anno, con la morte di Sara, 25 anni, uccisa a Trento da un imbianchino “perbene e innamorato” a colpi di bottiglia. In faccia, in testa.
Si è sentito, ha detto, respinto nel suo amore.
Respinto, umiliato, geloso.
C’è sempre una giustificazione, c’è sempre una ferita che porta a uccidere: leggete le cronache di questi giorni, e contate quante volte viene riportata la parola “raptus” per motivare quel che è avvenuto a Palma Campania, dove un uomo di trentacinque anni uccide la moglie di ventisei, con i bambini che dormono (forse, spero) nell’altra stanza.
Prima impugnando un paio di forbici piccole. Poi, quando non bastano più, cercandone un paio più grandi.
E non viene forse definito, per l’ennesima volta, “dramma della gelosia” l’omicidio di San Donato Milanese, una ragazza trafitta da coltellate alla guancia e al torace che  si getta dal balcone, e muore, mentre anche lui muore, nell’incendio dell’appartamento?
Bisognerebbe cambiare le parole, e sarebbe un primo, piccolissimo passo.
Le cose che vanno fatte sono già state elencate: sono queste. Non so se qualche esponente della politica voglia farsene carico seriamente, al di là della dichiarazione d’intenti e dell’appoggio nominale alla causa. So, invece, che molte donne, sui social network, si stanno organizzando per azioni concrete. Ve ne darò conto. E vi chiedo di prendervi parte.

82 pensieri su “DI FORBICI O COLTELLO, DI ACQUA O DI FUOCO.

  1. @herato: d’accordo su tutto. E’ pericoloso l’atteggiamento antiscientifico che si sta diffondendo e dovremmo ricordare che la scienza, con tutti i suoi innegabili limiti, è lo strumento che ci ha portato a stare oggi meglio di ieri. I condizionamenti economici, la ricerca del profitto sulla pelle dei pazienti, l’incompetenza e la malafede, la corruzione, la sciatteria, sono senz’altro presenti, e per questo l’atteggiamento da tenere nei confronti del medico deve essere sempre critico, attento, vigile. Il che non vuol dire ostile. A me questa ventata di rabbia contro la scienza in generale e la medicina in particolare sa molto di infantilismo: vogliamo risultati a prescindere dai limiti, li vogliamo qui e ora, senza sforzo e senza effetti collaterali. Se non arrivano, è perché qualche cattivone lo impedisce, e se non ci sono le prove per dimostrare questa affermazione non ci si deve stupire, perché il cattivone le manipola e le fa sparire. Così il cerchio complottistico si chiude e diventa impossibile anche il dialogo, visto che sull’evidenza dei fatti non ci si può più basare, essendo questi evidentemente manipolati. In una sorta di liberi tutti intellettuale, ognuno può permettersi di mettere in pubblico ciò che più gli aggrada, venendo a mancare ogni controllo sulla verità di quanto si afferma. Si ritorna così alla costruzione di discorsi pre-razionali, che non possono essere altro che individuali, o limitati a una cerchia di accoliti che ciascuno può radunare attorno a sé, a seconda del carisma di cui dispone. Sarebbe il caso di ricordare che un mondo del genere è già esistito, qualche millennio fa, nel periodo precedente la fioritura delle grandi filosofie. E’ esistito e non mi sembra che si stesse meglio di oggi, soprattutto le donne. Questo nonostante la nostalgia di una qualche mitica età dell’oro sia una costante del discorso antiscientifico. Discorso che imbocca, inevitabilmente, derive oscurantiste, reazionarie, fideistiche, dogmatiche, creazioniste e sfocia nella mitizzazione dello stato di natura, con conseguente avversione – tra le altre cose – per le risorse che la scienza è oggi in grado di mettere a disposizione di tutti, donne comprese. A cominciare dalla fecondazione assistita e dall’IVG. Ora, a parte il fatto che ne ho conosciute tante, di persone convinte della perversione della scienza che al momento della prova (leggi: malattia) non sono certo andate né dall’omeopata né dallo sciamano; a parte questo dettaglio, siamo proprio certi che questo serpeggiante malumore nei confronti della cultura scientifica sia un bene per le donne, e non piuttosto un fattore di rischio che minaccia di ridurre in modo drastico quanto finora sono riuscite a conquistare?

  2. Esattamente il contrario, Maurizio, proprio. La scienza, che è in mano agli uomini, deve diventare migliore, più attenta, più capace di prevenzione e cura e quindi deve rinunciare alla sua arroganza.

  3. Scusatemi, credo che l’argomento è serio e delicato. A parte statitistiche e dati purtroppo approssimativi perchè non prendono in esame alcune fascie tipo la recidiva in aumento, l’abbassamento dell’età e, ripeto perchè non ci sono protocolli che lo consentono, mi pare che si stia andando oltre. Dire che l’omeopatia non è medicina sconfessa la pratica adottata da paesi come la Francia in cui il medico di base la consiglia o comunque invita il paziente a consultare uno specialista. Sullo specifico femminile non credo che Francesca volesse essere offensiva. Ci sono situazioni al femminile che richiedono interventi specifici.
    L’argomento è complesso. Da un lato se ne parla poco perchè infonde paura o comportamenti di “pietà” per chi ha vissuto o vive l’esperienza (non dimentichiamoci che il cancro era il brutto male), e poi è in mano a un sistema economico che non sto qui a dire,e che non ha alcun interesse a prevenire. Perchè prevenire significa risparmiare. Alle donne operate al seno viene, per esempio, spesso prescritta una terapia a base di tamoxifene. Farmaco sul quale non si capisce nulla. A parte che è prodotto da una multinazionale che sforna anche ogm, viene prescritto tout court da protocollo. Mentre ci sono casi in cui non è necessario. Il tamoxifene ha conseguenze sull’organismo femminile non da poco. Tre anni fa, lo riportarono tutte le agenzie di stampa, è stato dichiarato inidoneo, anzi pericoloso perchè spesso causa tumori alla mammella sana o all’utero. Non sono un medico, sono solo una donna che tenta di capire e allora cmi chiedo perchè viene ancora somministrato? Perchè quella notizia che fece il giro del mondo è passata alla chetichella. Abbiamo il diritto di sapere cosa immettiamo nel nostro organismo? Allora, per chiudere, tutte queste cose insieme, e tante altre che sarebbero da raccontare, dimostrano la gravità della situazione. Il cancro al seno è il più diffuso e colpisce prevalentemente le donne. Vogliamo tentare di salvare delle vite o rendere la vita più accettabile a chi ne è vittima? Ringrazio Loredana per l’ospitalità e la invito ad andare avanti sull’argomento. Non bisogna avere paura di parlarne. E noi, sia pure con le nostre opinioni diverse, abbiamo fatto un passo importante.

  4. facendo una rapida ricerca sul tamoxifene si legge che cura da una parte e provoca danni dall’altra. le ricerche scientifiche però sono così, in continua verifica, come le cure del resto. cosa c’entri poi che la multinazionale produce anche ogm fa pensare che dietro c’è un pregiudizio negativo.
    ho trovato questa discussione in un forum
    http://www.forumsalute.it/community/forum_68_senologia_e_prevenzione_oncologica/thrd_105398_aiuto_ho_paura_del_tamoxifene_1.html

  5. @ Stefania Nardini: quello che dici in parte lo condivido: la vicenda del tamoxifene (che non conoscevo) appare fortemente sospetta e andrebbe di certo approfondita, e questo è ciò che intendo per atteggiamento critico e vigile. Altre cose, francamente, mi lasciano dubbioso: come fai a dire che i dati non prendono in considerazione l’abbassamento dell’età? I dati che cito ormai da giorni sono organizzati per territorio e fasce di età e partono dal 1970, perché non vai a darci un’occhiata? Puoi farci sopra tutti i confronti che vuoi. Tra l’altro (ma vado a memoria), non mi pare che emerga un tale fenomeno, e anzi è vero il contrario: una maggiore sopravvivenza alle età anziane ha fortemente contribuito all’aumento dell’incidenza nella popolazione, essendo proprio le donne anziane le più esposte al rischio. E come fai a parlare di recidiva in aumento se, secondo te, mancano dati in proposito? Quanto all’omeopatia, di cui ho sempre avuto il massimo rispetto, resta una disciplina confinata alle pratiche che ciascuno, individualemnte, è libero di scegliere, ma non è mai emersa una sola prova scientifica in grado di supportarne l’efficacia. E non è che alle multinazionali del settore manchino i soldi per finanziare gli studi, se non si fidano di quelli pubblici. Se la Francia decide di mutuarla evidentemente se lo può permettere, io trovo condivisibile il fatto che le risorse (pochissime) vengano indirizzate verso pratiche di più evidente efficacia.
    E comunque sì, è bene che questa discussione abbia avuto luogo, anche con toni accesi. Magari ha contribuito a dare qualche informazione in più a qualcuno(a), magari ha stimolato delle persone che ora approfondiranno le proprie conoscenze in materia. Io mi sono sforzato di dare l’unico apporto che sono in grado di dare, che mi deriva dalla mia pratica professionale. Sono ben consapevole che a far parlare i numeri si rischia di passare per freddi, ma non conosco un altro modo per far emergere i fatti, che sono la cosa di gran lunga più importante.

  6. “Dire che l’omeopatia non è medicina sconfessa la pratica adottata da paesi come la Francia in cui il medico di base la consiglia o comunque invita il paziente a consultare uno specialista”
    Ma stiamo scherzando? Ci sono fior di studi, di meta-analisi, di class action che dimostrano il contrario!
    http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273172
    Per mia sfortuna ho avuto due carcinomi e se il chirurgo e l’oncologo mi avessero proposto, oltre alle cure tradizionali, erbe e granuli sarei scappata a gambe levate. Ho accettato, obtorto collo, i granuli durante l’allattamento, per fare contenta la mia ostetrica ; ovviamente non funzionarono, fu miracoloso invece, per il pupo e per il mio equilibrio psichico, l’extra di latte formulato.
    Invito comunque a “riflettere” sull’omeopatia e a sdrammatizzare attraverso questo video comico:
    http://www.youtube.com/watch?v=HMGIbOGu8q0

  7. Maurizio, esistono indagini di associazioni in cui si affronta il problema della recidiva. se per lei vale solo ciò che è nell’ufficialità credo sia davvero fuori strada. Lo stesso mio chirurgo mi ha confermato che il fenomeno è allarmante. Se poi non viene studiato questo è un altro problema. Sull’omeopatia non ritengo sia un toccasana, assolutamente. Mi sembra corretto replicare a chi dice che non è medicina che invece lo è. Naturalmente con dei limiti, pregi e difetti.
    Comunque mi pare, riprendendo Maurizio, che certe rigidità non servano a mettere a fuoco il problema. Un mese fa ho perso un’amica di 35 anni. In ospedale ho visto morire una ragazza di trenta. E mi fermo qui. Molte donne mi hanno contattata dopo la ricaduta perchè l’interventino parziale purtroppo non è risolutivo. Dovrei dirle che l’esame che viene effettuato durante l’anestesia può dare falsi negativi o positivi perchè le cellule avrebbero bisogno di stare in surgelazione, mi passi il termine poco ortodosso, per un certo numero di giorni. Quindi quell’esame non sempre è valido. Trascorra un pò del suo tempo in una struttura oncologica italiana di senologia. Ci vada, veda, cerchi di leggere al di là dell’ufficialità. Il mio è un invito sincero in cui non la considero colpevole perchè se colpa c’è è anche dell’informazione che a tale riguardo dovrebbe affrontare l’argomento non solo dal lato della ricerca che, ora lei mi dirà è fondamentale, si però si muore. Ora chiudo davvero, un saluto

  8. @Stefania Nardini: forse non ci siamo capiti. Io non metto in dubbio che ci siano recidive o altre affermazioni che qui sono state fatte, semplicemente vorrei capire su quali basi questo viene affermato. Lei cita “indagini di associazioni”: potrebbe indicarmene qualcuna, per favore? Mi pare poi che in molti discorsi ci sia un’ambiguità di fondo: da una parte si riportano impressioni personali ed aneddotiche (“secondo la mia esperienza”… oppure “il mio ginecologo dice…) che dovrebbero, nelle intenzioni, avere la stessa valenza delle fonti ufficiali, o addirittura smentirle; e dall’altra si chiede che le istituzioni prendano provvedimenti, quelle istituzioni che su nient’altro di diverso dalle fonti ufficiali si possono basare. Ma, con tutto il rispetto per il chirurgo che lei cita, non si tratta di un oracolo: se il sospetto di un cambiamento del fenomeno esiste, quello che va fatto è indagarlo e aggiornare così le vituperate fonti ufficiali. Solo sulla base dei dati oggettivi così ottenuti si potranno prendere provvedimenti motivati. Inoltre (ma qui potrei sbagliarmi) la lamentela contro l’intervento parziale mi pare mal posta: immagino che una donna possa scegliere se correre il rischio o optare per l’asportazione totale, e se i test danno falsi negativi o falsi positivi non possiamo fare nient’altro che promuovere la ricerca perché ne vengano prodotti di migliori. Non è colpa di nessuno se quelli che abbiamo ora non sono ottimali, eppure a leggere molti interventi sembra quasi che si voglia vedere una premeditazione diertro ogni aspetto insoddisfacente, L’invito a passare del tempo in un reparto oncologìco, come fosse una lezione di vita e di pensiero, è ahimè del tutto superfluo, avendo abbondantemente dato in questo senso. Ho perso delle persone care e in quei luoghi, purtroppo, ho cominciato a seguirle che ero bambino. Però non ritengo che questo sia rilevante per il discorso che qui si sta facendo e infatti finora non l’ho detto, perché non penso che queste esperienze mi diano più titolo a parlare di quanto ne abbia chi non le ha vissute. Io non voglio relegare sullo sfondo l’emotività di chi vive quesra tragedia e quella delle persone che le sono care: conosco troppo bene l’angoscia, la trepidazione, le lacrime, la disperazione, il rifiuto della realtà e poi lo sconforto che segue alla sconfitta. Dico solo che i vissuti personali sono la base della relazione con il medico, con i propri cari, con il personale ospedaliero, anche con se stessi; meritano rispetto, considerazione, affetto, dedizione, meritano che tutte le persone coinvolte, a qualsiasi titolo, si spendano fino all’ultima stilla di energia per la guarigione della persona o, quando questo non è possibile, per accomnpagnarla alla fine del sentiero circondata da amore e nel pieno della propria fignità. Ma non possono, questi vissuti, diventare la base su cui assumere decisioni che interessano la collettività, come in modo anche esplicito qualcuno chiede. Chi pianifica, chi decide come assegnare le risorse e come indirizzare gli sforzi deve contare su oggettività e razionalità. Si tratta di un piano separato rispetto a quello di chi opera sul campo ed è bene che sia così, perché essere immersi nella lotta fino al collo oscura completamente la visione d’insieme.

  9. L’omeopatia non è medicina. Chiamatela superstizione, stregoneria, credulità popolare ma non medicina.
    – Alla base dell’omeopatia vi è il cosiddetto principio di similitudine del farmaco (“similia similibus curantur”), concetto privo di fondamento scientifico enunciato dallo stesso Hahnemann, secondo il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella persona malata. Tale sostanza, detta anche “principio omeopatico”, una volta individuata viene somministrata al malato in una quantità fortemente diluita; la misura della diluizione è definita dagli omeopati potenza. –
    In sintesi i due principi 1) una malattia si cura con ciò che in una persona sana produce gli stessi effetti (es. il rafreddore fa starnutire, una persona sana starnutisce anche con il pepe, quindi il pepe cura il raffreddore) 2) L’acqua a memoria di ciò che si dissolve dentro e più è allunga con acqua la sostana più ne aumenta la potenza (tipo che se metto un cucchiaio di sostanza in un bicchiere o in una piscina sarà più potenza l’acqua della piscina). Come questi principi usando un po’ di senso non apppaiano cazzate mi sembra incredibile.
    Ps. altretutto fosse valido il secondo principio, il vino di certe osterie dovrebbe essere più potente dell’alcool puro ^ ^

  10. @ francesca
    guarda, se ha un qualche senso questa discussione è nell’evitare che rimangano queste asprezze e l’idea che da queste parti si esprima il pensiero maschile per come tu lo intendi. esiste il maschilismo, siamo d’accordo, ma non appartiene ai maschi, e non potrebbe d’altronde. tutti i pensieri possibili possono appartenere a maschi e femmine ( presi come due poli ) indistintamente. ma il pensiero maschile che cos’è? se discriminare è maschile d’accordo, ma in questa discussione hai trovato discriminazione?

  11. non ho detto che i mascvhi hanno avuto l’ultima parola ma il pensiero maschile l’ha avuta. Era cominciata in un altro modo, o no, questa discussione?

  12. beh, per come ricordo era cominciata tra chi non capiva o non era d’accordo con il famoso nesso. a me è parso che tu percepisci questo disaccordo come sintomo di qualcos’altro. ho capito che non stai parlando di maschi ma di pensiero maschile, però se lo riscontri nei commenti di maurizio e paolo ( e probabilmente nei miei ) almeno bisognerebbe capire cos’è. quando dice che l’impostazione maschile della scienza si vede nell’insufficienza con cui si ricerca l’oggettività a me vengono dei dubbi. perché l’obiettivo continuo della scienza è migliorarsi e non vedo come una sua caratteristica negativa possa essere connotata come maschile. sarebbe come dire che il razzismo appartiene al pensiero maschile.

  13. Quando si dice che i vissuti personali non rientrano che nella relazione con il medico, quando questa è insufficiente cosa succede, a fronte di una impostazione “razionale” che non contempla l’importanza dei vissuti del malato e li dà come sola eventualità? Che tutto ciò che c’è nel vissuto non fa parte della scienza. Ergo, l’analisi proposta da Stefania è stata fatta riconfluire nel “razionale” con l’accezione implicita di…ragionevole…
    e anzi, difendete i progressi perché solo a quelli dovete la salute, altro che nessi!

  14. però francesca, per favore, puoi credere che le mie e le altrui obiezioni qua incontrate sono solo frutto di disaccordo? tu imputi a certa scienza e al pensiero maschile il disconoscimento dell’esperienza personale ma non riconosci gli altri, ti rivolgi indistintamente a un voi generico. e poi non c’è nessuno scontro in atto, stiamo solo parlando

  15. @Stefania Nardini: penso di doverle delle scuse. Non per la sostanza di quello che ho espresso, che è il mio pensiero. Piuttosto per il tono un po’ metallico e saccente che ho assunto, probabilmente in reazione a toni altrettanto acidi che, però, non appartenevano a lei. Me ne sono accorto solo oggi, rileggendo i commenti miei e suoi. Non sono stato capace di fare distinzione, mi dispiace.

  16. la discussione vissuto personale “versus” scienza mi appassiona. Io sono meno perentorio di Aristotele, l’esperienza individuale merita comunque rispetto anche se non collima con la nostra esperienza o la nostra visione del mondo e non escludo in assoluto che possa contenere elementi di sapienza ma quando parliamo di scienza e scienza medica ci sono delle riflessioni ulteriori da fare, insomma il sapere scientifico è un campo dove l’area di ciò che è opinabile da parte di chi non ha le competenze è ristretta. Il rispettabile e degno vissuto personale di chi fuma sigarette e/o ha coltivato altre abitudini “non salubri” senza ammalarsi può mettere in discussione ciò che la scienza medica “ufficiale” dice? Io non credo.
    Il vissuto personale di chi sostiene di aver tratto benefici dalle terapie alternative scredita completamente la medicina ufficiale? io non credo, perlomeno non ne sono certo
    Va da sè che chi vuole avvalersi dell’omeopatia e di altre terapie alternative o anche solo della preghiera deve poterlo fare, personalmente per i miei problemi di salute preferisco avvalermi di chi, con tutti i difetti e i limiti che possono esserci, si è laureato in medicina “tradizionale” (e lo dico sapendo che esistono anche medici naturopati cioè persone che hanno una base di studi in medicina “tradizionale” che integrano con terapie alternative e, ripeto, ho il massimo rispetto per loro, anche se non saranno mai la mia prima scelta

  17. Ho seguito questa discussione con molto interesse – rendendomi conto anche di come le implicazioni personali di Stefania e di Maurizio in un certo senso impedivano di approdare a una posizione terza, probabilmente raggiungibile da entrambi in altre circostanze. Metto qui alcuni punti di questa discussione che mi sono sembrati indistinti, come coperti da una zona d’ombra. Punti miei – naturalmente.
    1. Io avverto in questa come in altre discussioni su questioni di genere, una sinistra polarizzazione per cui alle donne tocca l’eziologia psichica, e ai maschi quella sociale. Gli uomini sono quelli che agiscono la sociologia del potere e le donne quelle che la subiscono con eventualmente trascurate conseguenze sulla loro struttura psicologica. Questo produce analisi che hanno cortocircuiti e io capisco bene la perplessità di Maurizio – di cui ho apprezzato delicatezza e pacatezza ii n questo thread come in altri – di fronte ai medesimi. In psicosomatica l’eziologia psicologica del cancro è molto trattata anche se oggi si affiancano altre cause altrettanto rilevanti – ma non è che i maschi vi vadano meno incontro. Certamente un tumore al seno ha forti implicazioni psicologiche – lo so bene senza dover stare a raccontare esperienze personali – ma non è che uno alla prostata ti lascia tanto più contento. Nel momento in cui poi la malattia travalica la semantica vitale ed entra in quella più tetra – tutte le forme di cancro hanno una dimensione psichica terribile. Per gli uomini come per le donne. E per la verità, sono psicologa – colleghi che lavorano nei reparti di oncologia ce ne sono moltissimi – anche perchè come diceva maurizio studi non più tanto recenti – correlano positivamente terapie di gruppo e risposte immunitarie. Ma è il paziente che è solo in Italia – non la donna paziente. E’ il paziente povero prima degli altri. Sopra c’era il sinistro esempio di un farmaco – scusate se sono un po’ brusca: ma svejateve, sapete quanti farmaci costosissimi per le malattie neurodegenerative – roba da 100 eurucci per du’ compresse – non sono più passate dalla asl? o invece certi farmaci che altrove sono proibiliti tranne che da noi? (Mi è stato fatto come esempio la banale novalgina) e sapete per esempio – scusate se parlo della famiglia di patologie che conosco per lavoro a che destino va incontro in Italia una famiglia che ha un bambino con una patologia di spettro autistico?
    2. Sinceramente non sono stata molto d’accordo con Francesca e ne ho trovato sgradevoli i toni. Sarà che da donna predisposta al cancro al seno sono seguita in un benedetto centro pubblico specializzato con molte brave specialiste sono proprio stanca di vedere sta polarizzazione per cui il mondo scientifico e logico è dei maschi mentre quello dei sentimenti delle femmine. Si compartecipa tutti alle logiche sociali nei loro pregi e nei loro difetti – nei loro successi e nei loro fallimenti. Opinioni così stereotipizzanti non fanno proprio bene a niente.

  18. Vorrei puntualizzare un po’ meglio la mia posizione in merito al vissuto personale. Quello che penso è che tutta la scienza occidentale, che con tutti i suoi limiti, le sue crudeltà e a volte anche i suoi crimini è fino a oggi quella che ha ottenuto i risultati migliori nella cura delle malattie e non solo, si basa sulla possibilità di ripetere le esperienze, e soprattutto sul fatto di poterle misurare ed eventualmente falsificare, come ci ha insegnato Popper. Le narrazioni individuali non sono falsificabili né parlano di esperienze ripetibili, per cui non possono essere scientifiche, senza che questo debba rappresentarne una connotazione negativa; poco tempo fa Umberto Galimberti, che certo non è un nemico della psicanalisi, scriveva tranquillamente su D Donna che questa pratica non è scienza e dovrebbe smettere di rivendicare a sé questo status. Per la stessa ragione, io credo, le esperienze personali non possono entrare a far parte di alcun protocollo terapeutico. Poiché, però, la medicina oltre ad essere scienza è anche sciamanesimo (se mi si passa il termine), un rapporto costruttivo e sanamente empatico tra medico e paziente porterà a far sì che il medico sia capace di captare le specificità psicologiche, emotive e fisiche della persona che a lui (o a lei) si è affidata, adattando in maniera adeguata il protocollo e venendo incontro alle esigenze del paziente (o della paziente), che non sono uguali per tutti. Doserà in modo personalizzato un particolare farmaco, un altro magari non lo somministrerà del tutto, consiglierà congiunti e amici sul comportamento migliore da tenere, e così via. E’ in questo senso che sostengo che i vissuti individuali rientrano nella sfera del rapporto medico-paziente. Un medico degno di questo nome è quanto di più simile a uno sciamano esiste nella nostra civiltà, che ne ha bisogno, e se si sottrae a questo ruolo è un cattivo medico. In molti dei commenti precedenti, però, si parlava di ben altro: test clinici non perfetti, recidive post quadrectomia e altri eventi ai fini del cui trattamento si invocava (spero di non banalizzare) una maggiore attenzione alla persona. Ora, per risolvere situazioni del genere io vedo un’unica strada, che è quella di darci dentro con la ricerca e quindi con la scienza; la quale, per quanto ho detto sopra e prima di me ha detto in maniera molto più originale e autorevole il citato Aristotele, non può trovare soluzioni nell’esperienza soggettiva. A meno di non voler sostenere che, parlando a fondo con una persona, conoscendola bene, stabilendo un rapporto fortemente empatico con lei, non diventi possibile prevedere una recidiva; a quanto ne so, chi dice di saperlo fare non è mai stato in grado di produrre una sola prova, e quindi io non ci credo. Del resto, se pure fosse possibile, si tratterebbe di rifondare la scienza dalle fondamenta, cosa che non si fa in un giorno. Nel frattempo, quante vite e quante sofferenze dovremmo immolare sull’altare dei nuovi apprendisti stregoni, prima di imparare a distinguere un vero sciamano del ventunesimo secolo da un imbroglione o da un illuso? Magari un giorno ci si arriverà, in tutta sincerità non credo di poterlo escludere. Preferisco però che una tale transizione sia lenta e controllata, e prima di affermare che l’omeopatia è qualcosa di più di un placebo (rimedio peraltro rispettabilissimo e unico possibile, laddove le condizioni economiche e sociali non consentono il sorgere di una medicina di stampo occidentale) vorrei vedere finalmente comprovati gli effetti quantistici che si teorizza siano alla base della cosiddetta memoria dell’acqua, che finora sarebbe stata osservata una sola volta senza che mai si sia riusciti a replicare l’esperienza. Immagino che molti(e) l’abbiano già letto, ma consiglio “Un altro giro di giostra”, di Tiziano Terzani, in cui il giornalista racconta il suo ultimo tratto di sentiero su questa terra, in compagnia di un tumore. E’ un excursus di stupefacente vitalità attraverso la nostra medicina e quella orientale, l’omeopatia, il mondo dei malati e quello dei sani, il rapporto con la malattia e quello con se stessi e gli altri durante la malattia. E’ leggendo quel libro che mi sono convinto che ogni cultura ha la propria medicina, e che ogni medicina è efficace nell’ambito della cultura che l’ha creata, e solo lì. Certo, oggi la contaminazione è possibile e in alcuni casi è già avvenuta (l’agopuntura, se non sbaglio, ottiene ormai riconoscimenti anche da parte della medicina occidentale). Ma non credo, in tutta sincerità, che nessuno potrà mai guarire da un tumore ingoiando granuli o pozioni. Magari in futuro si scoprirà che così sarà più facile non farseli venire, i tumori. E ne sarei davvero felice.

  19. Se c’è un rapporto fra il sistema immunitario e la possibilità di una recidiva, io credo che il vissuto personale debba entrare a pieno diritto nella valutazione che la scienza fa del suo ruolo. Una serie di vissuti personali potrebbero diventare significativi per la scienza non tanto per prevedere il ripresentarsi, tout court, della recidiva ma per fare una politica seria di prevenzione. Credo sia evidente cosa intendo per “politica”.
    In molti hanno osservato i miei “toni”, qualcuno (a) li ha giudicati non apprezzabili. Benissimo. Intanto non ho offeso mai nessuno personalmente, non ne ho interesse ma credo che non sfuggirà che molte volte la pacatezza cela aggressività profonde. Di fatto qui è stato liquidato il nesso posto all’inizio preferendo parlare di omeopatia, come se l’omeopatia fosse il baluardo di quel nesso. Così non è né può essere ma per risolvere talune empasse si preferisce tergiversare accusando chi pone le questioni in modo netto di toni non gradevoli.
    E’ sempre bene sapere cosa si sta dicendo e , soprattutto, perché.
    Naturalmente nessun interesse qui si è attivato nei riguardi della medicina di genere, come se non fosse la via regina per dare forza a quel nesso che mi auguro, in quanto donna, altrove venga con serietà considerato e pazienza se in quell’altrove anche l’omopatia potrà avere una qualche cittadinanza. Magari si scopriranno cose più interessanti, magari.

  20. Chi crede nell’omepatia e poi vuoleparlare di scienza ha una credibilità pari a zero. Il famoso nesso credo sia uscito dalla discussione perché privo di senso. Come si fa a sostenere che il maschilismo presente nella società sia l’origine, per via psicosomatica, del cancro? Neanche in generale ma di una tipologia specifica.

  21. Io penso che un nesso, e anche molto forte, fra l’ammalarsi delle donne e il femminicidio ci sia e penso che il cancro al seno sia una cartina di tornasole persino imbarazzante per questa società misogina. Siamo nel 2012, anno in cui le verità saranno meno nascoste, dispiace ma è così, e quindi si avrà la possibilità di posizionarsi, da una parte o dall’altra, o meglio sarà difficile non farlo perché si verrà smascherati.
    Un modo di perpetrare il femminicidio, per esempio, è quello di prescrivere un minor numero di accertamenti clinici alle donne, mi dispiace ancora ma lo dicono i dati, non io. Ma come stupirsi di questo in una società che ha come unico valore il maschio? E sarebbe interessante fare una bella ricerca sul tempo dedicato dai medici alle visite di donne e di uomini, e magari indagare anche la qualità di quelle visite in termini di attenzione che si riserva agli uomini e alle donne e anche cercare di misurare il grado di credibilità che si assegna a ciò che, quanto alla sintomatologia, riferiscono pazienti uomini e pazienti donne. Vogliamo nasconderci dietro un dito? Facciamolo, ma sappiamo che ci sono tanti modi di curare la vita, o la morte, delle donne. Qualcuno risponderà che la scienza non ha la possibilità di fare ricerche così come io le sto proponendo ed è anche questo un sintomo dei limiti della scienza, ché se fosse realmente al servizio in modo equo, s’ingegnerebbe per garantire pari opportunità, e invece il suo genio è tutto concentrato a difendere la propria assolutistica posizione e la sua rendita è una vita più sana dei maschi. Prego astenersi dal fornire dati con i quali si vorrebbe dimostrare che la vita maschile è più esposta alla morte perché gli incidenti sul lavoro sono più numerosi dei femminicidi, anzi, lo sconsiglio dal momento che uno degli argomenti a corollario di questa disonesta formulazione sarebbe che gli uomini lavorano per mantenere le mogli: argomento deboluccio dopo l’ingresso in massa delle donne nel mercato del lavoro retribuito.
    Ma com’è che quando scrivo femminicidio il computer mi segnala la parola come inesistente?

  22. D’accordo solo le donne si ammalano di cancro. Gli uomini non sanno nemmeno cosa sia e visto che non li riguarda e che comandano la scienza non se ne curano. Perché in verità il sogno segreto di ogni uomo è l’eliminazione definiva di ogni donna sulla faccia della terra (propria mamma esclusa ovviamente). Ora con la nostra scienza cattiva investiremo le nostre energie per trovare sostituti artificiali per la procreazione in modo da privare le donne dell’unica utilità che riconosciamo loro e procedere con la soluzione finale. Ci avete scoperti.

  23. Oggi sto a casa con mio figlio di due anni e otto mesi, che è malato. Ha male a una gambina e per cinque giorni non potrà correre e giocare. E’ molto arrabbiato con me, perché papà (che sa fare tutto) gli ha fatto chiaramente venire la bua e adesso si rifiuta di mandarla via.

  24. e il giornalismo che si nutre di questi titoli idioti invece non è frutto del pensiero maschile? sia chiaro che non ho nessuna voglia di sfottere, e che mi interessa discutere

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