GALASSIA PLUVIALE

Le cronache è bene affidarle a chi ha ascoltato (parlo della discussione su Scrivere dentro o fuori la rete, ieri a Galassia Gutenberg). Notazioni sparse: molta pioggia, molto pubblico anche all’incontro che precedeva il nostro, sui videogames, con Ale C. Una  generale pacatezza nei toni, pur nella diversità di opinioni. Il reading di ManilaRoberta.  Molti piacevoli incontri alla mostra e in pizzeria. Un ritorno sotto il sole e con gran belle chiacchiere in compagnia di Zetavu. Grazie, a chi c’era, per la pazienza.E a Serena per la gentilezza e l’entusiasmo.

Update. Alcuni resoconti da Zambardino, Herzog, Azioneparallela, aitan, rita. E piccolo chiarimento: sì, la sottoscritta sostiene che non esiste una specificità della scrittura nel blog. Esiste una specificità, forte, inedita e, come la definisce Herzog, rivoluzionaria (probabilmente, almeno) nel sistema di connessioni (il feedback, i link e tutto quello di cui si è discusso sabato e ben prima di sabato) con cui le diverse scritture formano a tutti gli effetti una comunità di scriventi e di scrittori. Ma per quel che riguarda il linguaggio, o, se preferite e se non inorridite per la retorica, l’atto creativo, credo ne esistano tanti quanti sono i blogger.

15 pensieri su “GALASSIA PLUVIALE

  1. Un tempo lontano lavoravo di domenica. Oggi non più. Solo lavoro per me stesso, quando c’ho voglia. ;-D
    Quindi, Signore et Signore, sia per Voi una buona serata.
    Iannox

  2. e allora eccomi qua, visto che il mezzo è generoso e la sciarpetta della tenutaria invita a. il ciao con bacio che non ti ho dato alla fine. all’improvviso non c’eri più: sciarpetta e tutto. 🙂

  3. Che bello!
    “per quel che riguarda il linguaggio, o, se preferite l’atto creativo, credo ne esistano tanti quanti sono i blogger”.
    Per fortuna, evidentemente!

  4. Vostro Onore, mi oppongo.
    Anche per i libri si può dire che esistano tanti linguaggi quanti sono gli autori (un po’ meno, effettivamente, che si va per approssimazione)
    Eppure nessuno si scandalizza nel pensare a un concetto impreciso e macromagmatico cpme “la scrittura da libro”.
    Il mezzo specifico, e la presenza non fittizia, non immaginativa, ma reale e immediata (la compresenza) dell’altro, modificano il processo creativo. Lo modificano tanto da dover dichiarare la scissione, la rivoluzione.
    Ed è così che la scrittura da blog, portata su carta, nella maggior parte dei casi si spaesa, si avviticchia, si raggrincia, e non è più.

  5. Le differenze si giocano su questa questione:
    scrivere su carta a mano e scrivere su tastiera sullo schermo. In mezzo, un tempo c’era la macchina da scrivere.
    Ci sono differenze nella percezione e autopercezione della scrittura? Dato il dilagare dei blog siamo o non siamo verso l’estinzione dell’universo gutenberghiano che ha segnato antropologicamente gli ultimi 500 anni della storia dell’uomo? Seguendo il ragionamento di McLuhan il medium stampa crea l’identità e i modi di esistenza dell’uomo tipografico, messo però irrimediabilmente in crisi dall’avvento dell’era digitale. Anni fa lessi qualcosa di molto interessante su questi problemi nel testo di Illich La vigna del testo, ma non riesco a ricordare e non trovo il testo. Qualcosa che riguardava di come lo schermo e la tastiera cambi il pensiero.
    Ma ho sottomano il testo Nello Specchio del Passato, il capitolo Invito a una ricerca sull’alfabetizzazione laica, che inviterei di leggere e che finisce così:
    “La ricerca che io prospetto potrebbe darsi il compito di identificare le premesse che sono caratteristiche e peculiari dell’educazione solo nel contesto di questo spazio mentale (si riferisce allo spazio dell’alfabetizzazione).
    Essa riconoscerebbe che la mente alfabetizzata rappresenta una stranezza storica che ha avuto origine intorno al settimo secolo a.C. Ed esplorerebbe questo spazio, uniforme nelle sue caratteristiche, ma differenziato nelle sue varie distorsioni e trasformazioni. Infine, questa ricerca riconoscerebbe l’eteronomia dello spazio dell’alfabetizzazione rispetto a tre altre sfere: i mondi della tradizione orale, quelli delle notazioni non alfabetiche e, infine, quello della mente cibernetica. Come vedere, il mio mondo è quello dell’alfabetizzazione. Condivido quest’isola con molti che non sanno né leggere né scrivere, ma il cui atteggiamento mentale è fondamentalmente analogo al mio. Ed essi sono minacciati, come me, dal tradimento di quei chierici che sciolgono le parole del libro in un semplice codice di comunicazione” (Ivan Illich).
    Ripeto, invito a leggere tutto il capitolo in questione per comprendere quante domande oggi pone il Pc.
    Ma non vorrei che si pensasse che sono contro il Pc, l’informatica, la cibernetica e i blog.
    Il problema è questo:
    Nell’attuale assetto dell’insegnamento, ogni intellettuale o lavoratore cognitivo deve essere il maestro di se stesso e l’acquisizione di un certo grado di capacità di lettura eidetica è, insieme, espressione di una necessità e progetto di una possibilità: nella storia dell’umanità l’acquisizione di strumenti segnici nuovi e operativamente molto più efficaci è stato – insieme – sintomo e fattore di mutamento (nelle transizioni successive alle forme sempre più appropriate di scrittura della seriazione pittura-pittogramma-ideogramma-sillabario-alfabeto; nel passaggio dalla numerazione classica a quella comunemente detta araba; nell’invenzione della notazione musicale; nell’invenzione – dal Rinascimento in avanti – dei mezzi di comunicazione di massa e nella straordinaria accellerazione della loro crescita e diffusione negli ultimi centocinquantanni; nell’invenzione della macchina da scrivere, della stenografia, dell’alfabeto Morse; nei linguaggi artificiali e di programmazione; nel word-processor;).
    Al presente, SENZA UN’UTILIZZAZIONE MOLTO PIù AMPIA DELLE CAPACITà MENTALI E DEI TALENTI PERSONALI, la speranza di sfuggire alla frammentazione e alla deconnessione dell’orizzonte culturale è minima. Mi fermo qui, perchè a questo punto dovrei parlare delle nuove pedagogie possibili per evitare che si disperdano i talenti e le capacità mentali.
    Il gap è proprio questo:
    tra ciò che l’acquisizione di nuovi strumenti segnici (i blog sono uno di questi) consentirebbe e l’arretratezza metologica e operativa di come si continua a imparare a scuola e all’università.
    E qui bisognerebbe parlare della stronzate che si pensano sui bambini, sulla perdurante convinzione che si diventa intelligenti quando si cominicia a somigliare a un adulto.

  6. Luminamenti,
    segnalo che Aitan, Zaritec e altri usano il blog anche a scopi didattici, presumo con modalità e prospettive non canoniche

  7. Caro Effe non mi riferivo però alla didattica fatta con i blog, ma restando fermo alla tua osservazione, al blog come didattica. Perché poi d’altro ho parlato. Di un gap che appartiene anche a chi usa i blog e che non saranno i blog a risolvere.
    Così Massimo Sdc sarà contento per la sintesi.

  8. Effettivamente, luminamenti, lo sono.
    Quanto al tuo gap, credo sia vero: prima ancora di “come dire qualcosa”, vi deve essere “qualcosa da dire”. In questo senso, se ho inteso bene, difficilmente il solo mezzo (qualsiasi mezzo: dal martello al pennello, dalla penna alla tastiera) può colmare un vuoto di idee, se tale vuoto c’è.

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