GLI STATI GENERALI DEL NOIR

La sottoscritta sta partendo per Noir in festival (non potrò essere, come qualcuno mi ha chiesto, a Più libri più liberi per motivi personali). Quest’ anno a Courmayeur si stanno svolgendo quelli che sono stati chiamati Gli stati generali del noir, con tre serie di incontri. Il primo: un’ouverture con Barry Gifford, Jeffery Deaver, Raymond Benson, George Pelecanos, a colloquio con Tullio Avoledo. Il secondo, tutto italiano, con Luigi Bernardi, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Luca Di Fulvio, Giorgio Faletti, Marcello Fois, Carlo Lucarelli. Il terzo, che coinvolge editori, fra cui Jacopo De Michelis e la sottoscritta, appunto. Il resoconto, da lunedì. A dopo.

63 pensieri su “GLI STATI GENERALI DEL NOIR

  1. ho letto solo lucarelli (un bel po’),avoledo (solo l’elenco: bello ma deludente il finale), di fulvio (solo l’impagliatore). ma il noir non è il mio genere. però nessuno di loro,a mio avviso, è bravo come mankell.
    proseguo per libere associazioni (ma il termine più appropriato sarebbe alla cazzo) per dire che, tra i tre sopracitati, preferisco la verasani di quo vadis baby.
    chiedo scusa per l’intrusione, ma visto che tutti fanno il week end lungo, ho cercato di dare il mio contributo che, lo so, è pari allo zero o giù di lì.

  2. non capisco perchè qui in Italia si contiunui a chiamare Noir qualcosa che noir non è: Deaver non fa noir, Faletti nemmeno, Lucarelli neanche, Benson scrive principalmente apocrifi di 007…
    Fa schifo chiamarlo Giallo e poi magari scendere sul Noir solo dove serve?
    simpaticamente,
    Alberto

  3. concordo con chi mi ha preceduto. dico che, no suppongo che in italia non ci siano giallisti del calibro di izzo: giallo, ma anche con una descrizione sociale di marsiglia che a volte prende il sopravvento. cosa che mi aspettavo da carlotto, per esempio, ma mentre izzo, si vede e si sente leggendo, che sa cos’è la marsiglia dei sobborghi, carlotto queste atmosfere non le ha respirate: del resto non ha potuto

  4. Sono finiti. Non loro: i libri di quel genere lì.
    Un appello accorato agli amici scrittori: lanciatevi in nuovi generi (senza farvi incantare dalla Rete!)!

  5. Secondo me ha ragione Alberto. Il “noir” è un’etichetta che sembra voler sottindere l’appartenza a un “surgenere”. Parlare di giallo fa sottintendere invece un malcelato “complesso d’inferiorità”, a mio avviso. Come diceva Kurt Weill a proposito della musica: “esiste solo musica buona e musica cattiva”. Ma ancora ci si “accapiglia” a partire delle denominazioni di genere. Prima l’etichetta e poi il “prodotto”, si potrebbe dire. Izzo è stato un grande scrittore, indubbiamente. Faceva gialli con venature noir o noir con venature gialle? E’ più noir un Maigret (considerato giallo) o è più giallo, sempre di Sim, La camera azzurra, considerato noir?
    Ma poi è vero che nessuno fa noir in Italia? Giuseppe (e scusatemi sinceramente se parlo un per un momento di me); tu che hai letto e recensito Cattivo sangue, secondo te è più giallo o noir? O niente di tutto questo? Grazie.

  6. @ ANDREA GALLA
    No, non era una battuta: sa scrivere, correttamente, in italiano, senza spingere là dove non può. Vedi Carlotto: potrebbe esser l’Izzo italiano? No, perché certe cose che Izzo ha visto e vissuto non ce l’ha nel sangue. Faletti non s’addentra in territori che gli sono distanti e/o sconosciuti: ciò rende la sua storia credibile, assai più di chi scrive storie di degrado stando però nel suo comodissimo appartamento di città.
    @ FRANZ
    Caro Franz,
    sì, vero, ti ho recensito e intervistato.
    —-
    E qui lo faccio io, per mia volontà, essendo che non sono neanche in OT, vi segnalo nuovamente la bella intervista a Franz Krauspenhaar e la mia recensione. Qui, per chi se la fosse persa:
    http://www.biogiannozzi.splinder.com/1121456250#5296089

    Rispondendo: io credo sia più un noir. Ci sono degli “indizi” per un possibile giallo, ma ritengo sia maggiormente un noir. Molto ben scritto, come raramente capita. E l’ho già detto, in tempi non sospetti: basta poi leggere la recensione che feci al tuo “Cattivo sangue”.
    Sono rimasto basito: ma guarda, si parla di Noir, e Franz, Franz Krauspenhaar che ha scritto veramente un noir, non c’è… Ci sono giallisti, scrittori di sf, ma Franz che ha scritto “Cattivo sangue”, che è un noir, non c’è. Perché?

  7. E’ esattamente la cosa che ho pensato io: perché non c’è Franz. Solo che non l’ho scritta per paura di sembrare sempre polemico sgarbato ecc ecc.
    In più aggiungo: non solo Franz ha scritto un noir, ma è anche un noir molto molto molto interessante.
    Così va la vita, come dice il grande Vonnegut.

  8. “Sono finiti. Non loro: i libri di quel genere lì.
    Un appello accorato agli amici scrittori: lanciatevi in nuovi generi (senza farvi incantare dalla Rete!)!”
    Tu sì che ne capisci, altro che Burroghs!
    E da quando uno strumento di comunicazione, da solo, può incantare?

  9. Grazie mille, Giuseppe. Aggiungo che è, a mio avviso (dico così, “a mio avviso”, perchè ovviamente potrei sbagliarmi, anche se il libro l’ho scritto io e dovrei pur saperne “qualcosa”)un on-the road, un “voyage” iniziatico. Un metathriller (che suona meglio di “metanoir”).Dentro e fuori dal “genere”, in una sorta di andamento zigzagante, nel senso che mette insieme, alternando di continuo -in questo zigzag, o gimcana- voce monologante da romanzo per così dire intimista (sulla scia del mio precedente, l’epistolare “Le cose come stanno”)ad azione dura e ovviamente impura – come nei noir cosiddetti “classici”. Allora vedete che le “etichette” vanno proprio strette? Non solo a me, dico; vanno strette a tutti, in definitiva.
    “Musica buona e musica cattiva”, sempre Kurt Weill. Io, poi, non mi considero un noirista, o un giallista; credo di essere uno scrittore nel senso più largo, ma anche “vago” del termine.
    Grazie ad Andrea Barbieri: e que viva Vonnegut.

  10. @ ANDREA BARBIERI
    Forse Franz avrà fatto torto a qualche industria di caffè!, parafrasando Pezzali, ed ecco spiegato il motivo per cui non è presente al Noir Festival. :-(((
    A me pare grave e ingiusto che si sia bellamente ignorato Franz. Purtroppo la vita, il più delle volte, il suo corso, non siamo noi a deciderlo, ma altri per noi. E (ce) la fanno andare (a) male. Meglio dunque far polemica, a costo di sembrare sgarbati. Sgarbati poi, perché? Perché si dice garbatamente che così non va? Trovo più sgarbato non parlarne, non presentare un problema, un vizio di forma che c’è ed evidente.

  11. Ps.: per vago (opportunamente virgolettato) intendo un modo -paradossalmente ancor più accentuato- di dire largo. Ma forse è meglio usare il termine versatile.

  12. iannozzi ha detto una cosa sacrosanta su chi scrive il degrado da un comodo appartamento. il risultato, poi, è patetico, perché è lontano dal vero.

  13. @ FRANZ
    Non c’è motivo di ringraziarmi, veramente: sai che dico sempre quel che penso, a costo di farmi dei nemici. 🙂
    Il tuo “Cattivo Sangue” è un’opera anche on-the-road, nel senso che spazia attraverso strade e luoghi, ma la scrittura non è mai approssimativa. Quindi sì, per me, sei scrittore tout court, indipendentemente dalle etichette che uno usa – come il critico per dire di un libro. Ho detto che a mio avviso è un noir, maggiormente: ma era più per capirci che non altro. Come ben ricorderai, la recensione che scrissi iniziava con “esistono libri scritti bene e libri scritti male…”. Il tuo è un libro scritto molto bene. Qui lo ribadisco e lo sottolineo per l’ennesima volta.

  14. Non lo so proprio il perché, Giuseppe. Forse proprio perchè non è un noir troppo codificato. O magari si, avrò fatto il torto alla Lavazza dimenticando di citare la premiata ditta nei “ringrziamenti”:-)

  15. e.c.: ringraziamenti non ringrzmenti:-)
    Certo mein lieber Giuseppe, ricordo benissimo “l’attacco” della tua rece. Che, come quasi tutte le altre, (devo rimettere mano al sito per gli aggiornamenti, è un po’ che non lo aggiorno)è online sul http://www.markelo.net.

  16. @ sambigliong
    Il degrado puoi solo scriverlo se l’hai vissuto sulla tua propria pelle. Se te lo inventi per dar voce a un qualcosa di falsamente letterario, come giustamente fai notare, il risultato è penoso, se non peggio. Molti scrittori (?) pensano di poter parlare e scrivere del “degrado” semplicemente standosene nel loro comodo appartamento, solo perché guardano i telegiornali. E c’hanno un po’ di fantasia. Sbagliato. Simili scrittorucoli si riconoscono subito, e si trattano per quel che valgono: poco.

  17. Ha detto Manchette, da qualche parte: il giallo è un romando dal quale il conflitto di classe è stato rimosso, il noir è un romanzo che racconta il conflitto dal punto di vista di quelli che lo hanno perso.
    Mi sembra un buon punto di partenza per evitare di discutere sul colore delle copertine.
    Per capirci (rimanendo in Francia); Malet e Izzo sono noir, ma a ben pensarci anche Simenon (o almeno lo è spesso) e Pennac (che infatti, sintomaticamente, ha chiuso il ciclo di Maloussene quando a Belleville è stata vinta la lotta per la ristrutturazione del quartiere, sconfiggendo le imprese edilizie che volevano deportare la popolazione e trasformarlo in quartiere residenziale). ma ricordo che qualcuno (adesso mi sfugge chi, forse Bernardi?) ha detto che i migliori noir sono quelli di Saramago, e francamente mi viene da dire di si.
    Su Carlotto non dimenticherei la sua storia personale, che coincide, drammatizzandola ancor di più, con quella della sua generazione: *L’oscura immensità della notte* è un punto di arrivo difficilmente oltrepassabile.

  18. Saramago con il noir non ci azzecca un piffero. Chiunque abbia detto ‘sta cavolata, è una cavolata uguale alla resurrezione di Gesù. O meglio: ci si può credere solo per ostinata fede cieca.
    Carlotto scrive per lo più brodo bollito, senza dado per giunta, il che lo rende decisamente insipido al mio palato. Questione di gusti. Però i miei sono molto difficili. E non m’accontento dei brodini. Così come è indiscutibile che Scerbanenko avevo buone idee, ma scriveva senza grammatica, come un cane a cui sia stata la penna in bocca. Che avesse poco tempo per rivedere i suoi scritti è solo un dato: molti scrittori scrivono di fretta, ma non commettono grossolani errori. Forse perché la grammatica la sanno, o la sapevano. Per non dire di Cesare Battisti: come si fa a pubblicarlo è un mistero. Tra la robaccia più brutta mai pubblicata in Italia. Insomma, una vera vergogna.
    P.S.: “Ricopia questo numero nel seguente campo.
    Queste verifiche vengono usati per impedire che programmi automatizzati postino dei commenti.”
    Funziona una volta su dieci. E io mi son già rotto de ‘sta storia. Il che significa che perdo la voglia al dialogo.

  19. Girolamo, come al solito le parole di Manchette sono sacrosante. Però secondo me, oggi, anche il giallo può affrontare il sociale, magari lo fa con minore brutalità, ma a livello di contenuti una struttura “gialla” è capace di far riflettere il lettore su certi problemi. naturalmente ci deve essere l’intenzione dello scrittore e su questo, in italia, casca il palco.
    Riguardo al Scerbanenco, posso dire che un premio che ha dei meccanismi di voto così “palesemente oscuri” non può essere preso sul serio.

  20. Mai letto finora Saramago, dunque non posso esprimermi; però Carlotto è molto bravo; Girolamo cita un suo libro che attinge direttamente dalla sua esperienza personale.
    Su Scerbanenco con Giuseppe ricordo di aver già polemizzato ad abundantiam:-) Detto questo, mi pare che la frase di Manchette pretenda, ancora una volta, di fare classificazioni, che nel caso specifico potevano valere per i SUOI noir – alcuni eccellentissimi, altri meno, non per i noir di tutti.

  21. @ FRANZ
    C’è sempre tempo per rimediare e leggere almeno un paio di libri a firma Saramago.
    Su Scerbanenco ricordo anch’io che avemmo una bella discussione… Quindi non mettiamo altra carne al fuoco. ^____^
    Posso concedere qualcosa a Carlotto, ma a Cesare Battisti nemmeno una virgola: scrive peggio d’un cane. Insomma, più vergognoso di lui e di chi lo pubblica non so cosa o chi.
    Manchette, son d’accordo con te, Franz: penso anch’io che ponga un distinguo piuttosto netto, quello delle classificazioni.

  22. x Girolamo e Alberto:
    a proposito della discussione in corso qui, mi piacerebbe sviluppare anche insieme a voi (e a Genna ed Evangelisti) le riflessioni sull’ “informe” e sul “de-genere” che ho anticipato su Carmilla partendo da “Colorado Kid” e arrivando a “Donnie Darko”, per poi tornare indietro.

  23. …Classificazioni che alla fin fine giovano a chi ritiene ancora (con qualche decennio di ritardo sui “tempi tecnici”) il crimine un ingrediente da “paraletteratura”. Mentre invece le seghe mentali e non solo in “interno borghese” “letteratura” lo sono, no?

  24. come ha detto mozzi da qualche parte Non si può leggere tutto. Saramago, che col noir non mi pari c’entri, l’ho letto per caso, perché me l’hanno regalato. Bene, ha 80 anni (credo) ma uno stile avvincente, e… si dice? moderno. e dal momento che si è fuori tema dico che saramago vale 100 volte coelho, specie l’ultimo…

  25. @ WM1
    volentieri, ma non oggi, sto staccando i contatti
    @FK
    non volevo porre dei diktat, era solo un punto di partenza: probabilmente è vero che il criterio di Manchette non vale per tutto Manchette (e per i Nestor Burma di malet, forse), ma se non si definisce il campo di argomentazione si rischia di parlare a vuoto. Poi la definizione può essere attaccata, sovvertita, ribaltata: benissimo.

  26. Saramago è autore immenso, altro che Coelho e fac-simili. Con Saramago siamo di fronte a grande Letteratura, di quella con la L maiuscola. Da sottolineare questa L. E non di fronte a un ciabattino che s’improvvisa scrittore. Con tutto il rispetto per i ciabattini.

  27. Krauspenhaar, per me è indubbio che Cattivo Sangue ‘è un romanzo che racconta il conflitto dal punto di vista di quelli che lo hanno perso’.
    come è altrettanto indubbio che ‘il noir è soprattutto un dato cromatico’ (Pierre Sorlin, Università di Parigi III).
    ad esempio, io sono ancora convinto che il terzo tempo di Apocalipse Now sia un noir, se non altro perché ha il cuore di tenebra.

  28. @ Kristian: anche tutto Apocalypse Now, non solo per la macabra missione di WIllard, ma (leggi citazione di Girolamo) perché Willard e Kurtz sono due reietti che vivono ai margini della società, o del tutto in un’altra società, come nel caso di Kurtz.

  29. Sì, vero, gran bella recensione, Wu Ming 1: peccato che non si parli di Stephen King. Evidentemente hai confuso il nome di un autore con un altro. Comunque per il resto, direi che è ben scritta. Ah, ho notato anche un altro refuso: il titolo del libro. Insomma, due errori, niente di cui preoccuparsi.
    g.

  30. @ WU MING 1
    Non mi rivolgi più la parola? No, solo per sapere. Per capire se si gioca come bambini a scuola! 🙂 E bravo Wu Ming 1: me l’aspettavo, sì sì. ^____^ Mi sovviene un’immagine: Marcello, o Marcellina, quando i suoi compagni di classe gli cacciano a forza una gonna, apostrofandolo Marcellina. Che c’entra? E’ sempre attuale citare da “Il conformista” di Moravia. Mi sa che me lo rileggo. Di questi tempi, di questi tempi è proprio necessario.
    Buon sabato
    g.

  31. Giusto, Kristian. E sottoscrivo anche quanto dite – tu e Ivan – su Apocalypse Now.
    Ma io mi riferivo a una definizione di noir – di Manchette, riferita da Girolamo- che era senz’altro un ottimo punto di partenza, ne convengo di certo, ma non necessariamente per tutti. Insomma, non è che sottitenda sempre il contenuto il mio lavoro, nelle mie “schermaglie”.

  32. Ivan, lo sapevo io che avevi qualcosa di esotico, in senso conradiano. A esempio le tue immagini di città. Milano, attraverso il tuo sguardo è davvero surreale, surrealmente bella. Non offenderti se dico che è proprio una città invisibile ai miei occhiali.
    Su Kurtz e Willard: entrambi perdono, ma per il capitano Sheen si tratta di spossessamento, di andare a perdere; mentre per il colonnello Brando si tratta di sottrazione che genera rifiuto. Kurtz viene dalla perdita e non ha più nulla da perdere, a parte la testa.
    Franz, torno a ripetere che per me, kristian fruitore, il noir è ‘un dato cromatico’ legato alla percezione dell’opera. ti faccio un esempio, anzi due.
    uno è il romanzo L’odore del sangue di Parise, che è di un nero perso da paura, nonostante sia un romanzo pienamente borghese.
    due è quel diavolo di Clint, che non solo ne Gli spietati, ma fin da Lo straniero senza nome, faceva del noir mascherato da western.

  33. @ F.K.: “Insomma, non è che sottitenda sempre il contenuto il mio lavoro, nelle mie “schermaglie”.
    Non ho capito…(rileggo da capo…)
    In ogni caso l’analisi/definizione di Girolamo presuppone alcuni assunti su “mondo/morale/narrazione” che si possono condividere o meno (credo di condividerne la maggior parte, come ho scoperto in questi giorni)
    @ Kristian: è invisibile anche ai miei occhi (e attento: le mie foto migliori sono fotomontaggi, mica posso lasciare le cose così come sono, mi devo pur divertire).
    Kristian, hai notato che Willard va incontro a Kurtz (banale, suppongo) con la sensazione di andare incontro ad un destino che gli è familiare? Non ha paura di scoprire cosa sia accaduto a Kurtz, ne è curioso: ha paura di scoprire cosa sia accaduto a se stesso, e cosa accadrà quando avrà compiuto la missione, che non è “uccidere Kurtz”, ma “capire Kurtz”, le ragioni di Kurtz.

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