I HAVE A DREAM

C’è questo signore che si chiama Roberto Maragliano e fa e
scrive alcune delle cose più interessanti che io abbia letto a proposito di
formazione e di scuola. Confesso di citare spesso una sua frase (a memoria,
quindi non apro virgolette) che dice: per secoli abbiamo pensato che gli adulti
debbano soltanto tracciare la strada per i bambini, e quindi camminare davanti
a loro. Ma sarebbe bello, e importante, che qualche volta arretrassero di un
passo, e provassero a guardare com’è il mondo sbirciato da dietro le loro
spalle.
Mi viene in mente tutto questo in prossimità della Fiera
del Libro per ragazzi
che sarà fitta di ottimi incontri e ottime occasioni di
riflessione. Come spesso mi accade di pensare, però, mi piacerebbe che, qualche
volta, i libri si mescolassero – ma seriamente, e non per  darsi una patina di apertura spesso forzatissima – con gli altri luoghi dell’immaginario che i
bambini frequentano.
Per dire, è parlando con lei  e con lui che io ho scoperto
che il mito di Faust rivive in un anime, e che loro hanno scoperto chi aveva
raccontato per primo la sua storia (però, certo, gli anime sono televisione e
in questo momento parlare bene della medesima par brutto. Ci ritorno, l’ho già
detto).

Ps. Sto leggendo un libro bellissimo.

  

14 pensieri su “I HAVE A DREAM

  1. Secondo il mio modestissimo parere prima di affrontare le “ispidità” (mi permetta il termine) dei blog, i bambini debbano anzitutto affrontare il tortuoso vicolo della scrittura privata, del gusto e disguto della “scrittura diaristica”. Là dove la parola prima che comunicazione è primariamente un raffronto con se stessa.

  2. Salvatore, a parte che nel caso non si stava parlando di blog, chi ti dice che, nei due casi specifici, la via diaristica “manuale” e privata non sia stata già percorsa? 🙂

  3. Mi pare che l’associazione di idee fra il suo post e i blog non sia campato in aria (vedasi il riferimento linkato ai due blog che lei riporta come espressione di “altri luoghi dell’immaginario che i bambini frequentao”).
    Inoltre se il percorso intimistico è già stato percorso non toglie ne aggiunge nulla a quello che ho espresso. Se è stato percorso buon per loro, ma questo non intacca il mio pensiero che è generale e non riguarda quindi i due giovani blogger. 😉

  4. Salvatore, credi che ascoltando la parola in quanto parola si schiuda esattamente COSA che resta chiuso a chi usa la parola per comunicare?
    😛

  5. Martin, che innanzi tutto si scrive per se stessi e “gettare” le proprie parole con il solo bisogno di comunicarle non ha alcun senso.
    Comunque il mio non è un attacco a chi anche a 7 anni (ad esempio) voglia usare un blog per comunicare. E’ soltanto una domanda che mi pongo. E’ possibile comunicare con gli altri (nel senso di mettere in luce con le parole anche il riflesso di ciò che si pensa, di ciò che è primariamente tuo) se prima non si ha la piena comprensione che la parole prima che comunicazione sono, forse perchè me lo chiedo anche io, “un’esplorazione necessaria di se stessi? Se non si comprende a pieno che le parole sono anzitutto qualcosa di tuo che puoi o meno comunicare e non semplice usare con un mezzo di comunicazione.
    Non è forse una cannibalizzazione della parola il metterla in “mostra” con la semplice intenzione di parlare piuttosto che di comunicare (nel senso più pieno della parola) ?
    Ripeto il post della signora Lipperini mi ha messo in mente questa cosa che può o meno essere strettamente inerente al tema da lei proposto nel suo post. Ma per fortuna fra ciò che una persona ci dice e quello che noi ricaviamo o “creiamo” partendo da quel che ha detto non c’è necessaria dipendenza ma “interdipendenza”.

  6. Giusto, prima ci si fa le seghe poi (eventualmente) si chiava. Vorrei però sapere se Salvatore ha già superato la prima fase.

  7. Mah, io credo che il percorso della consapevolezza della parola passi per tentativi, a partire da uauauauauauaua e ghghghghghgh.
    E che magari prima capisci “NO”, poi negazione, poi (forse) negativo ecc ecc.
    La comprensione che tu invochi, viene dopo. E non sempre. Ma non è un buon motivo per dirmi Cresci Bene Che Ripasso.
    Salvatore, sia chiaro, anch’io spererei che molti si acccostassero con pudore e ascolto alla parola, ma chi aiuta i piccoli a imparare ad esprimersi e a conoscersi? E come?
    Mica dicendo – Comprendi: la parola è prima di tutto una necessaria esplorazione di te stesso! –
    Io preferirei prova, sbaglia, riprova! Cosa che il diario non aiuta a fare…
    Ribalterei inoltre il tuo argomento: conosco un sacco di persone che parlano senza comunicare, e non è che le stimi più di chi comunica senza parlare…
    Lippa, grazie mille per leggere i piccoli senza pregiudizi!

  8. Passante, la seconda fase l’ho ragiunta grazie a tua madre!
    Mi scuso per il post poco elegante. Potevo leggere e passare avanti, ma tant’è
    Ringrazio chi come Martin ha risposto e contraddetto le mie idee con intelligenza.
    Non ho alcun pregiudizio verso il leggere i bambini, ma qualche riserva su chi a 11 anni smanetta in un blog mi rimane.
    Ultimo post. So che avvertire non cambia niente perchè se uno come me non posta non perdete nulla. Ma almeno ci guadagno io.
    Salve

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