I PUGILI DI TOLKIEN

Avviene che domani sera la Scuola
Holden
proponga un pugilato letterario assai curioso. In
particolare, alle 21 (sede, Cavallerizza Reale, Torino) Paolo Paron si scontra
con Massimo Centini
su Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien. Bisognerà capire
chi, fra i due, è a favore e chi contro: dal momento che Paolo Paron, è uno
dei fondatori della Società Tolkieniana Italiana e Massimo Centini, docente di
Antropologia Culturale è un appassionato di
fantasy. Ciò mi suggerisce uno dei miei
ciclici ripescaggi. Quattro anni fa, Minimum fax pubblicava un saggio molto
interessante, L’anello che non tiene. La sottoscritta ne scrisse così:



Il fatto è che John Ronald Reuel Tolkien, il professore di
Oxford che amava le lingue antiche e la vita tranquilla, è buono per ogni
occasione. I terroristi di Al Qaeda abbattono le torri gemelle? La stampa
americana accusa di sciacallaggio il film Le due Torri, tratto dal
secondo libro (dal titolo evidentemente omonimo) de Il Signore degli anelli.
Gli Stati Uniti dichiarano guerra all’Iraq? Tolkien, evidentemente presago di
quanto sarebbe accaduto trent’anni giusti dopo la sua morte, avrebbe alluso a
Saddam scegliendo per il suo Signore del Male e del Terrore il nome di Sauron.
Siamo in piena barzelletta. Ma quello che accade in Italia da qualche lustro a
questa parte non è meno comico né meno imbarazzante. E’ quanto sostengono due
giovani studiosi, Lucio Del Corso e Paolo Pecere, nel saggio L’anello che
non tiene
(minimum fax, pagg. 224, euro 7,50): il titolo, per inciso, è una
citazione da I limoni di Eugenio Montale, laddove l’anello che non tiene
è, per il poeta, "il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/nel
mezzo di una verità".
Ora, il groviglio che si è tessuto attorno a Tolkien è arcinoto: esiste un
corpus letterario la cui enorme fama è tuttora sostanzialmente incompresa,
spesso snobbata, dotata di appartenenze politiche e/o ideologiche con un
accanimento che ricorda quanto avvenuto per un altro narratore di gioielli,
stavolta nibelunghi, come Richard Wagner. Ma non è così ovunque: negli altri
paesi il tolkienismo è onnicomprensivo, e include in un amplissimo spettro gli
ecologisti, i vecchi ribelli del ’68 che gridavano "Frodo lives", underground
di provata fede come il primo regista cinematografico della trilogia, Ralph
Bakshi. In Italia, invece, Il Signore degli anelli continua a fruttare
al suo autore l’identificazione con la cultura della destra in ogni
declinazione, dai Campi Hobbit degli anni Settanta alle attuali prime
cinematografiche con sfoggio di ministri An. E il fenomeno non accenna a
fermarsi. Si provi ad arrivare sul sito Internet delle Primule verdi, movimento
giovanile che fa riferimento alla Lega: ad accogliere il navigatore, un elfo
con orecchie a punta d’ordinanza e un costumino verde Borghezio, e,
all’interno, l’invito agli aspiranti "bardi padani" ad emulare
Tolkien, perché le sue storie possono rappresentare "un legame con le
nostre tradizioni". Di più: il quotidiano La Padania utilizza
spesso e volentieri lo slogan "Radici profonde non gelano", peraltro
già ampiamente presente nella tradizione neofascista e campeggiante nella home
page della Società tolkieniana italiana. Perché non di slogan si tratta, ma di
un verso della poesia che, ne Il Signore degli anelli, il mago Gandalf
indirizza all’hobbit Frodo.
La virata leghista è il recente frutto avvelenato non tanto delle coalizioni
politiche, ma degli anni in cui la saga di Tolkien ha perso quello che Andrea
Cortellessa, nella postfazione al saggio, chiama innocenza: ignorata da una
classe intellettuale poco amante della letteratura fantastica, la trilogia è
stata prontamente trasformata in mito fondatore dai pensatori della destra,
applicando al romanzo il concetto evoliano di tradizione intesa come passato
mitico e ideale da contrapporre alla modernità. Anche se, commenta un
tolkieniano fervente come Francesco Cossiga nell’intervista rilasciata ai due
autori, "il fascismo italiano è la negazione del tolkienismo, perché non
può rifiutare le sue radici socialiste e positiviste e soreliane. C’è più
vicinanza tra fascismo e comunismo che non tra fascismo Una grossa parte di
responsabilità va anche all’introduzione di Elémire Zolla, che nell’edizione
italiana del 1970, pubblicata da Rusconi, sostituisce la prefazione scritta
dallo stesso autore per l’edizione inglese del 1966. E mentre Tolkien negava
apertamente che le fiabe moderne dovessero esemplificare valori religiosi e
morali o archetipi simbolici e tradizionali ("Detesto l’allegoria in tutte
le sue forme"), Zolla trasfigura la sua scrittura esattamente in contenuti
simbolici. In breve, sostengono Del Corso e Pecere, la fairy story tolkieniana,
ambientata in tempi remoti per scelta estetica, vicina a Dante Gabriel Rossetti
e Yeats e lontanissima da Evola, viene dotata di etica e di mistica, e fonda
suo malgrado una nuova mitologia contraria alla modernità, in una mislettura
che attribuisce al testo significati diversi rispetto alle intenzioni
dell’autore. E che finisce, nel tempo, con il sostituirle completamente. Per la
diffusione dell’opera le conseguenze sono nulle. Per il valore letterario, il
danno non è piccolo. Anche perché la politicizzazione di Tolkien suscita
reazioni infastidite in molta critica di sinistra, che taccia ovviamente
l’opera di passatismo (identica accusa che viene oggi rivolta, si parva licet,
ad Harry Potter) e, quando va bene, di noia. Eppure, ricordano Del Corso e
Pecere, Il Signore degli anelli inaugura un modo nuovo di scrivere, che
coniuga letteratura ed evasione. E’ come se Tolkien avesse creato un universo
multipiattaforma molto prima che esistessero le multipiattaforme dove, oggi,
diversi utenti fruiscono di diverse modalità.
Un identico prodotto: non a caso, la passione che il libro sollecita richiama
fenomeni che nasceranno solo con la televisione e il cinema, e i fan de Il
Signore degli anelli
, somigliano non poco a quelli di Star Trek
e Star Wars.
Tolkien, insomma, sarebbe tutto da riscoprire e ristudiare, a dispetto della
mole di saggi che lo riguardano. Magari ripartendo dal vero motore primo de Il
Signore degli anelli
, che è l’amore sconfinato dell’autore per le lingue
perdute e poi per le lingue immaginate. Da qui sprizzò il desiderio di
inventare le creature che avrebbero parlato quei linguaggi. Come ha raccontato
lo stesso scrittore, un giorno nacque la parola hobbit, e di qui tutto il
resto:"Per me, prima viene il nome, poi la storia". Stat Legolas
pristinus nomine, nomina nuda tenemus.

16 pensieri su “I PUGILI DI TOLKIEN

  1. non sono un incensatore di tolkien, e trovai persino fastidioso la parte finale del Signore degli Anelli.
    Fatto sta che sicuramente è uno di quegli autori che hanno realizzato al meglio un immaginario collettivo, e non mi stupisce che venga riesumato come chiave di lettura per i fatti e misfatti del presente.

  2. … glissando ampiamente
    sul benemerito Tobaldo Soffialunga di Pianilungone, che probabilmente, “prima”, fabbricava corde, ma non volendo passare ai posteri per leghista forcaiolo, decise di buttarsi in affari di diversa specie (ma non di diversa “natura”).
    😛

  3. “Per la diffusione dell’opera le conseguenze sono nulle. Per il valore letterario, il danno non è piccolo. Anche perché la politicizzazione di Tolkien suscita reazioni infastidite in molta critica di sinistra, che taccia ovviamente l’opera di passatismo (identica accusa che viene oggi rivolta, si parva licet, ad Harry Potter) e, quando va bene, di noia. Eppure, ricordano Del Corso e Pecere, Il Signore degli anelli inaugura un modo nuovo di scrivere, che coniuga letteratura ed evasione.”
    non sono d’accordo, carissima Lipperini, solo su questo punto, in merito al suo altrimenti calzante ragionamento.
    come trovo ridicolo il tentativo di emancipare dalle destre l’opera di Tolkien. il punto secondo me non è discutere tanto se una o l’altra parte politica o ideologica possa essere considerata vicina a Tolkien, o se le destre abbiano più o meno “ragione” nell’appropriarsi del pensiero tolkeniano: la questione è secondo me irrilevante e oziosa, semplicemente perché si tratta di una questione che non ha senso.
    a parte i casi espliciti in cui un’opera letteraria nasce con un dichiarato intento politico o ideologico (pensi a Bertolt Brecht, o a Vittorini) e rappresenta una manifestazione letteraria di certe posizioni, io sono assolutamente convinto che i libri e le parole una volta congedati dalla penna siano assolutamente alla merché di chiunque e chiunque se crede può farne l’uso che vuole.
    resta fermo il diritto dell’autore di utilizzare come crede la propria opera e impedirne usi che ritiene scorretti. esaurita la tutela dei diritti d’autore è ridicolo oltre che insensato etichettare politicamente un’opera, specialmente letteraria.
    la letteratura genera immagini ed emozioni, e niente può impedire a chicchessia di ritrovarsi in esse o di utilizzarle per descrivere ciò che crede.
    che poi sul piano storico abbia senso attribuire a Tolkien certe intenzioni è ovvio, ma nessun criterio logico può impedire a una persona di trovare in Tolkien quello che egli intende vedervi.
    non esistono in questo senso riletture ortodosse e non ortodosse: non esistono – parafrasando wilde – libri di destra o di sinistra ma solo libri scritti bene o scritti male.
    poi si può anche trovare il senso e seguire i tracciati delle mitologie per attribuire se si vuole paternità, debiti o crediti, ma è indubbio che un’opera letteraria o artistica una volta libera dai condizionamenti e diritti riconosciuti all’autore possa legittimamente essere utilizzata più spesso di quanto si pensi in modo contraddittorio.
    cordialmente.

  4. Forse il senso dell’articolo non era chiaro: ma vi si sosteneva esattamente questo, caro Furio. Che era insensato attribuirla ad una parte politica, così come era insensato osteggiarla dal punto di vista dell’appartenenza. O forse dovrei dire “Con la scusa dell’appartenenza”, in effetti.

  5. Esattamente. E dopo Tolkien con lo stesso ragionamento passerei a Frank Miller e a tutte quelle opere che, passando in Italia, si ritrovano schiaffate su una barricata con una bandiera.

  6. Me lo ricordo questo vecchio post. Fermo restando che mai e poi mai mi sognerei di tentare letture politiche della saga di Tolkien (che adoro), volevo però ricordare che la rivendicazione “da destra” dell’immaginario tolkieniano non è solo un fenomeno italiano, anzi. Direi che è piuttosto diffuso, soprattutto nei paesi nordici (Scandinavia in primis).
    L’accenno a Miller di aquat, qua sopra, immagino si riferisca a “300”… Non sarebbe male parlarne, visto che ultimamente se ne sono dette tante (l’altro giorno fahreneit su radio 3 gli ha dedicato mezza puntata). Dico subito due cose: il film, per dirla “teen”, spacca. Secondo: la versione “Sparta=Occidente vs Persiani=Islam”, oltre che ridicola, non regge proprio.

  7. se proprio volessimo, di 300, potremmo anche farne una lettura inversa, Comunità Libera VS Impero. Ciò dimostra, come fà l’articolo, quanto le varie interpretaziioni politiche siano in reltà solo ed esclusivamente nella mente di chi usufruisce dell’opera!

  8. Ho scoperto Tolkien e i fantastici mondi da lui creati molti anni fa, ho abitato quei moni leggendoli; ho rivissuto questa splendida esperienza attraverso il film. Ma ignoravo totalmente che la “nostra” destra se ne fosse appropriata. Mi ha ferito un po’ apprenderlo. Sapevo di letture politiche del testo e le avevo trovate sempre fuori luogo…

  9. Sull’argomento Tolkien segnalo la trilogia edita da “Il Cerchio” di Rimini che raggruppa tre volumi assai belli e interessanti: “La Compagnia, l’anello, il potere”, “Tra San Francesco e Tolkien” e “Uno sguardo fino al mare –
    J.R.R. Tolkien: le parole dell’epica contemporanea”.
    Io li ho trovati molto interessanti. Nonostante la nomea filodestrista della casa editrice che li pubblica.

  10. su 300 e se proprio vogliamo giocare all’impreciso e poco rilevante gioco dei parallelismi storici, basta guardare i rapporti di forza geopolitica e militare e dedurre senza gran tema di smentita che gli spartani del momento siano proprio gli iraniani e l’impero dall’esercito smisurato è quello USA.
    filosoficamente – ho visto il film – qualunque boia di massa sarà pronto a giurare di massacrare il “nemico” del momento per la libertà, la pace, la democrazia, la civiltà….
    in questo più che di parallelismi parlerei di una costante della politica umana.

  11. Come al solito, si può giocare all’infinito. Una “scrittura” vicina a Yeats e DG Rossetti mi sembra molto MOLTO strano che possa esere solo estetica e priva di contenuti simbolici. Olretutto, anche solo per riferimento, chi affronta il mito, affronta contenuti simbolici: il colto divertimento delle Metamorfosi di Ovidio, chi lo direbbe privo di contenuti simbolici, se non chi vuole negare il simbolo?
    Che questo sia una pura conseguenza del rifarsi a modelli estetici passati e ammirati mi sembra arduo da dimostrare.
    Che ogni opera capace di mito sia naturalmente “multipiattaforma” (o se vogliamo piuttosto “equivoca” o, sparo in alto, “glossolalica”) mi sembra invece quasi autoevidente. Voler piegare una scomoda grande verità sotto forche caudine fatte da occhialetti per miopi è negare il mito in Tolkien.

  12. Vi volevo avvertire che dal
    28 Aprile al 1° Maggio 2007 si svolgerà a Buccinasco (MI) il Festival dedicato a
    Tolkien.
    Tutte le informazioni le potete trovare sul sito:
    http://festival.tolkieniana.net
    Il materiale utile ai comunicati stampa invece lo trovate su:
    http://festival.tolkieniana.net/docs.htm
    Sperando di avere suscitato un vostro reale interesse, vi chiedo cortesemente di
    diffondere la notizia tra i cultori ed appassionati di vostra conoscenza di questo
    autore.
    Vi ringrazio di cuore
    Se volete ulteriori chiarimenti scrivetemi pure
    Volpi Ilaria
    Ufficio Stampa Tolkieniana Net
    ilaria.volpi@tolkienana.net

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