Questa mattina leggo su Instagram quanto scrive Michela Murgia: “Spesso ho sentito criticare nei consessi intellettuali la figura del cosiddetto “utile idiota”, colui o colei che non avendo contezza di nulla (se stesso compreso) può essere usato a sua insaputa per gli scopi di gente con le idee assai più chiare. Ho conosciuto molti utili idioti in vita mia, ma non li ho mai disprezzati quanto disprezzo gli inutili intelligenti. Quelli che capiscono, ma tacciono. Quelli che hanno contezza, ma girano la faccia dall’altra parte. Quelli che davanti a un’evidenza ingiusta ma comoda non si fanno scappare una parola nemmeno per sbaglio e stanno sempre col culo ben appoggiato al muro, che non si sa mai. Sono i loro silenzi di questi e altri giorni che mi ricorderò. I loro tweet mancati. I loro pezzi scritti su ben-altro o non scritti affatto. I sorrisi di condiscendenza. Le loro dichiarazioni mai pervenute. I loro “sì, però…” pronunciati a mezza bocca negli ascensori ai festival, mentre si chiudono le porte, convinti di non essere sentiti.
Degli inutili intelligenti alla fine non ci resterà l’intelligenza, ma l’inutilità.”
Come forse saprete, venerdì scorso Michela, Giulia Blasi, Vera Gheno, Chiara Valerio, Maura Gancitano, Federica Cacciola, hanno riempito la piazza di Verona con Erosive (qui il video integrale). Non un “controfestival” in risposta al famigerato Festival della Bellezza tutto al maschile, ma un’iniziativa di piazza, che smentisce il vecchio assioma sulle relatrici che non ci sono o non vogliono o non sbigliettano di cui hanno parlato gli organizzatori e di cui si è parlato anche su questo blog.
La questione del “sì, però” è antica, e non ha niente a che vedere con approfondimenti, riflessioni, tentativi di allargare il discorso. Il “sì, però” significa che il problema viene visto come minoritario, ininfluente, che anzi un problema non è, e che vorrete mai, ragazze mie, visto che avete tutto.
Ai siperoisti vorrei rispondere parlando non di festival, scrittrici, cultura, bensì sottoponendo loro il paradigma del condominio. Come qualcuno tra i miei commentatori social sa, è nel mio condominio che provo le maggiori frustrazioni: per arroganza, furbizia di piccolo cabotaggio, astuzie da millesimo. Cose note. Durante le riunioni condominiali le donne sono pochissime. Io sono l’unica donna che parla e prende parola. Non mi conoscono, i miei condomini, non sanno che lavoro faccio e io mi guardo bene dal dirglielo. Sanno solo che la mia è una strana casa dove arrivano molti libri, e basta. Ma ogni volta che prendo la parola, quasi sempre per protestare contro le citate furbizie arraffasoldi, sempre a favore di pochissimi e ai danni della maggioranza, è tutto un sorridere e un darsi di gomito, e tutto un rispondere: “il regolamento condominiale è una cosa complicata”.
Succede, eh. E’ una stupidaggine, un inciampo persino: ma fuori dalla nostra bolla c’è un mondo convinto che ci siano cose da donne e cose da uomini, e che le prime, tendenzialmente, siano sceme. Il che avviene anche nella nostra bolla, intendiamoci: solo che in quel caso, in genere, lo si tace o lo si dice a bassa voce, o al massimo negli ascensori.
Quindi, nulla di tutto questo è inutile. Al contrario.