IL DIAVOLO, SICURAMENTE

Uf27badbooksMetto insieme un po’ di cose, a secco.

Su La Repubblica di sabato Simonetta Fiori scrive su Dubravka Ugresic, scrittrice di Zagabria, autrice del pamphlet Vietato leggere (Nottetempo)

Cito dall’articolo:

“Quello della Ugresic è il punto di vista elitario e sofisticato di chi crede nella nobiltà del genere letterario, proprio perché ha temprato "l´acciaio delle proprie convinzioni" in opposizione a una letteratura "ufficiale", di regime. Più stupefacente appare il mercato a chi proviene da una cultura non di mercato, nel quale la letteratura "sotterranea" è cresciuta all´interno di nitide coordinate di valore. La riflessione che ne discende può apparire paradossale in un´intellettuale che ha patito un regime illiberale, ma in realtà non lo è. La democrazia, sembra dire la scrittrice, è sacrosanta ovunque tranne che in letteratura. Oggi tutti, dal politico alla danzatrice del ventre, rivendicano una propria voce nel mondo delle lettere. «I colleghi sono prostitute che scrivono le loro memorie, sportivi che raccontano le loro vite da sportivi, amiche di famosi assassini che descrivono i criminali dal punto di vista dell´intimità, sono gli avvocati-scrittori, i pescatori-scrittori, teorici letterari-scrittori; tra questi ci sono anche gli innumerevoli cercatori della propria identità, c´è l´intero esercito di coloro che sono stati offesi, feriti, violentati, picchiati e che s´affrettano a rendere partecipe il mondo intero della loro sofferenza». Non occorre scalare l´Himalaya o attraversare a nuoto l´Oceano per scrivere l´autobiografia: anche la vita più insignificante ha in diritto di essere narrata. Purché venda”.

Sul Corriere della Sera di ieri, in apertura di cultura, Pierluigi Panza scriveva un articolo su Lorenzo Da Ponte. Che cominciava così:

“Incapaci di affrancarsi dall’ idealismo di Benedetto Croce, le patrie lettere sono entrate nella stagione della globalizzazione, dell’ Europa unita e dell’ Erasmus senza «risettare» i parametri per valutare l’ importanza di uno scrittore, celebrando nelle antologie e negli anniversari sempre gli stessi nomi – diciamolo un po’ provocatoriamente -, che sono quelli di chi leggeva nel salotto di famiglia o da una cattedra di via Zamboni”

E finiva così:

“Solo un atteggiamento critico che privilegia esclusivamente una idea di letteratura come intuizione ed espressione di un contenuto spirituale fa sì che Lorenzo Da Ponte non abbia nelle antologie italiane il ruolo che spetterebbe a un pioniere della diffusione della nostra letteratura nel mondo”.

L’ultima citazione risale a più di vent’anni fa. E’ tratta da un articolo di Carmelo Samonà (che fu un grande ispanista, e non solo) su La Repubblica. Riguarda Mozart.

“Mai come in questi anni s’è avuto così netto il senso della cattiva coscienza dei moralisti, della povertà linguistica di chi discetta sui destini dell’uomo enunciando principi generali e forgiando modelli di comportamento. Ebbene, non pochi ascoltatori di Mozart intuiscono con sollievo che l’autore del Don Giovanni è il depositario di un messaggio di segno opposto: di un’arte che non vuol mai essere, ma che semplicemente è, di un discorso che appare alieno da qualsiasi accenno, o pur minima velleità, di persuasione ideologica…Un’arte in cui non ci sono né buoni né cattivi, in cui le verità primarie non ci vengono propinate ma ‘donate’ o semplicemente ‘dette’, diventa un bene inestimabile in un’epoca invasa dagli stereotipi, oppressa da una ragione vacillante e da un irrazionalismo così spesso sterile e manicheo. La sua attrattiva è profonda perché riposa sulle nostre carenze, perché ci offre una possibilità illusoria, certo, ma potente, di riscatto e di identificazione”.

Ps. E’ un ritorno all’antica polemica su arte, popolo (ops, masse), élite? No (quella, volendo, è rileggibile su Best off, in uscita, a cura di Giulio Mozzi) e in nessun modo.
E’, invece, la constatazione che quella che sembrava una frattura superata da oltre vent’anni tra opere esteticamente e pedagogicamente ammissibili e no, e soprattutto tra fruitori avvertiti e no, sta invece riprendendo forza. Le polemiche mozartiane lo dimostrano (e, certo, non solo quelle).

In tempi neo-teo-con, anche in estetica, giova ricordare che l’etimologia della parola diavolo è gettare attraverso

Pps. Da domani a giovedì la sottoscritta sarà a Genova. Connessioni volantissime.

20 pensieri su “IL DIAVOLO, SICURAMENTE

  1. Ho visto e udito personalmente Dubraska Ugresic alla fondazione Cini venerdì scorso: pareva l’unica sensata delle quattro in forzata conversazione con Maria Nadotti, che ha imbarazzato tutti con le sue domande alla Gigi Marzullo (ne ho accennato nel mio blog a proposito del contributo, quello sì coi fiocchi, di Goffredo Fofi.

  2. “Ma i moralisti han chiuso i bar, e voi avete chiuso i vostri cuori”, vai mo’ Lippa, che ti cito un Guccini a memoria.
    Dici che non si cita Guccini perché che si sporca la moquette delle belle lettere?
    Lippa, io vedo in te una luce di laicita’ e di difesa del principio che la letteratura è di tutti e non dei soli competenti, cosi pure la musica e tutto il resto. (Come diceva anche Samonà, all’epoca te lo ricordo, c’era di quelli scandalizzati dalla passione di massa per Don Giovanni, che invocavano la lettura dell’opera dallo spartito).
    Ma siamo in quest’epoca, epoca di vergini rifatte e autoreferenziali.
    Settimane fa i miei commentatori si sono molto scandalizzati perche’ ho sostenuto che era pieno diritto di un Colombati e di un Galimberti commentare di internet e di Google proprio perché “intellettuali”, anche se sul piano strettamente tecnico non se ne intendono. Grande scandalo, qualcuno mi ha anche chiesto se avevo bevuto.
    E’ un tempo fatto così: in ogni orticello disciplinare tornano di moda i cultori della materia, i competenti e i melomani della pura tecnica.
    Sono una manica di reazionari. Pronti a dar del servo a chi e’ libero e ha il coraggio di parlare. Loro che il sistema, piu’ che servirlo, lo odiano come la volpe odiava l’uva.
    p.s.
    poscritto sulla scrittrice croata che citi e che purtroppo non conosco. E se fosse, anche nella cultura letteraria, un difetto di stato di diritto? Sai, cultura liberale e belle lettere mica si incrociano sempre. Alcuni confondono con Benedetto Croce. Ma quello era il riferimento di Palmiro Togliatti.

  3. zetavu: “E’ un tempo fatto così: in ogni orticello disciplinare tornano di moda i cultori della materia, i competenti e i melomani della pura tecnica.”
    L’esaltazione dello specialista in quanto “competente” versus il non-specialista come dilettante (in un ambito dato) contiene, in forma mascherata, un noto argomento di autorità (di stampo reazionario, infatti): a chi sia permesso esprimere un parere e a chi no, prima che il parere venga espresso; è il D.O.C. degli imbecilli.
    (questo non è un elogio del tuttologo, prima che qualcuno fraintenda)
    L’affermazione su Benedetto Croce è semplicemente ridicola. Basta avere a che fare con i crociani (come mi capita) per esser certi che non siano “tutto il mondo”.

  4. Anni fa, dopo aver letto Croce, ho capito che il problema erano, più di lui, i crociani. Un vero tumore! (e d’altronde certi marxisti non sono da meno rispetto Marx)

  5. (si è poi ha sostenuto che era pieno diritto di qualcuno criticare colombati pur conoscendo ciò che lui non conosceva. Grande scandalo! e la democrazia dove va a finire?)

  6. “… era pieno diritto di un Colombati e di un Galimberti commentare di internet e di Google proprio perché “intellettuali”, anche se sul piano strettamente tecnico non se ne intendono.”
    Secondo me un intellettuale ha diritto di commentare a PRESCINDERE dalla qualifica di intellettuale e non PROPRIO.Lo stesso diritto del pizzicagnolo insomma
    “Proprio” in quanto intellettuale avrebbe il DOVERE – per rispetto a se stesso, non altro – di parlare con cognizione di causa.
    Altrimenti siamo alla grazia ricevuta, al potere delle chiavi. E, personalmente, di sacerdoti non ne posso assolutamente più: siano essi della scienza, dell’arte o della fede.
    Questo a prescindere dalla vicenda Colombati che non conosco.

  7. A proposito di Best Off di Giulio Mozzi, avete notato che Vibrissebollettino non è più raggiungibile, “due to the site owner reaching his/her bandwidth limit”?
    Credo che il tema del limite sia uno dei più assertivi del nostro tempo:-/

  8. Ciao,
    vi leggo e vorrei intervenire, ma in questo periodo non riesco.
    Lucio, non voglio entrare nel ‘tema limite’, ma si è capito cosa succede a Vibrisse?
    besos

  9. Non ho molto tempo, ma non posso fare a meno di segnalare l’intervento di Lucio Angelini sul suo blog
    http://lucioangelini.
    splinder.com/post/
    7031754#comment
    se i dati sono veri (e non ho dubbi che lo siano) spiegano sicuramente più cose di qualsiasi ‘restaurazione’ e devono allarmarci tutti oltre che, ovviamente, mobilitarci per porre rimedio.
    L’unica cosa che mi consola è che mia madre, nonostante la quinta elementare e i 76 anni è buona lettrice e persona curiosa e critica 🙂
    besos

  10. Lucio, ci siamo ‘sovrapposti’. Quando scrivevo la tua risposta non era ancora visibile.
    Certo che ti voglio bene 🙂
    Ne dubiti?
    prima o poi (in primavera) conto di passare un fine settimana a Venezia da un amico, ti farò sapere.
    La tua e-mail è visibile, o sbaglio?
    besos

  11. La democrazia, sembra dire la scrittrice, è sacrosanta ovunque tranne che in letteratura.
    ho due minuti e ne aprofitto per scassare le pelotas. Mi sembra che stiano ritornando temi di elitismo (o etilismo? forse sarebbe preferibile) rispetto alla fruibilità della letteratura. Un andamento che si sposa con ricostruzione e rafforzamento delle aristocrazie del potere e del danaro. Presto solo i più alti in casta potranno godere delle ‘arti alte’ anche quando parlano del ‘popolino’ o rubano a piene mani dall’immaginario ‘basso’, ma ‘altizzano’ il tutto con fini merletti che ‘solo gli addetti ai lavori’ possono apprezzare. Al resto del mondo sono riservati un palese disprezzo e la tenue speranza di un paradiso di briciole che, cadute dalle mensole dei raffinati ‘divoratori di tutto’, potranno nutrire e germogliare (forse, e solo se in presenza di genialità o di merito) nelle povere menti dei coatti (cioè buona parte dell’umanità, me compresa). Se queste regole le abbiamo incamerate in economia e cantate nei salmi dei novelli guru della finanza, non si vede perchè debbano essere estranee a buona parte del mondo culturale.
    Solo che il mondo culturale ha qualche scrupolo, lo sa benissimo che sta di nuovo tappettizzandosi al cospetto dei ‘Principi’, delle classi Elette. Percepisce pure un certo disgusto per questa sua metamorfosi kafkiana e allora si giustifica con l’incomprensione, la scarsa cultura degli altri, il mondo che non coglie le loro perle. Bene, ho di nuovo uno dei miei momenti di esagerazione, ma secondo voi costruirsi torrette in cemento armato (l’avorio è quasi sparito) e barricarvisi non è il modo peggiore per interlocuire con la plebe dei consumatori di Melisse e di barzellette? voi andreste a leggere i libri di uno che con la puzzetta sotto il naso vi accusa di essere frutto di un condizionamento mediatico e pure rimbambito? non sentireste, voi, la voglia di ridere in faccia a un simile soggetto, entrare in bagno con Melissa, farvi una pippa e tornare sereni davanti al televisore?
    Vi state chiedendo dove voglio arrivare e ci arrivo.
    Vedo molti intellettuali staccati non tanto dalla realtà, ma dai problemi che essa pone. Desiderosi della loro vita medio borghese e barricadera o spaventati dall’immane lavoro che una loro presenza e voce nel mondo richiederebbe.
    Sì sono anche disposta ad ammettere che spesso più che di interesse si tratta di sperdimento e paura (e, soprattutto, non voglio essere il Savonarola di nessuno).
    Però i dati sull’analfabetismo di fatto e di ritorno forniti da Lucio sono gravi. Sono tali da ribaltare le frittate di qualsiasi urlo antirestaurativo e di qualsiasi arroccamento cementifero. Quei numeri non pregiudicano solo i dati di qualità e vendita librari, quei dati ci condannano tutti a una società di duchi, conti e valvassori. Esagero, sì, esagero, ma ditemi voi che altre prospettive vedete. I numeri sull’analfetismo e sullo stato penoso dell’istruzione dovrebbero generare alte grida non solo in chi si trova nel nuovo stato di servo della gleba, ma soprattutto in chi sa quali strumenti di consapevolezza e di autonomia può dare una cultura decente (e non stiamo parlando di semplice capacità di comprensione e lettura). La scuola e i suoi mezzi sono ormai interesse solo dei genitori, nessun intellettuale (pur urlatore in casi di restaurazione) si indigna più di tanto salvo esecrare i risultati ultimi (l’indifferenza verso la sua Opera che in molti non sono neanche in grado di leggere) rinfacciandoli alla ‘massa’.
    Sono incazzata, sì, stasera lo sono. Perchè sono tra quelle che se non ci fosse stata una scuola e insegnanti intelligenti e innovativi starebbe a lavorare miseranda e senza voce sotto qualche ‘caporale’.
    Sono incazzata perchè non sento alte voci neppure rispetto alla qualità dell’insegnamento (visto che il semplice abecedario non è tutto e in troppi casi l’istruzione è mistificazione) e dovrei spiegarmi meglio, ma per non intasare Lipperatura vi rimando a Neil Postman:
    Penso che uno dei compiti fondamentali dell’educazione sia quello di insegnare ai giovani a chiedersi il perchè delle cose, a porre interrogativi. Questo aspetto è piuttosto trascurato nella scuola, ma a torto, perchè la capacità di formulare domande intelligenti, di individuare i problemi costituisce il requisito essenziale di una buona formazione. Egualmente importante secondo me è dare ai giovani una solida preparazione storica. Contrariamente a quanto pensano alcuni, non occorre essere radicali per sostenere che ogni disciplina – dalla filosofia alla fisica, alla biologia – ha una sua storia, e che i giovani dovrebbero conoscere almeno a grandi linee l’evoluzione del pensiero nei vari ambiti del sapere. Se non altro per acquistare la consapevolezza che in passato esistevano teorie diverse sulle molecole, sulla politica, ecc, e per poter collocare in una prospettiva storica le conoscenze e le idee del proprio tempo. Il terzo elemento essenziale di una buona educazione è infine l’insegnamento della lingua. E qui non mi riferisco tanto alle lingue straniere, sebbene anch’esse siano senza dubbio importanti, quanto piuttosto all’uso del linguaggio: si dovrebbe insegnare il modo in cui il linguaggio distorce quella che pensiamo sia la realtà, la differenza tra fatti, assunti e opinioni. Alcuni chiamano semantica questo campo di studi, ma comunque lo si voglia designare gli va riconosciuta un’importanza di primo piano. Direi quindi che imparare l’arte di porre domande, lo studio della storia e la conoscenza del linguaggio costituiscono i tre pilastri dell’educazione.
    http://www.dienneti.it/software/articoli/postman.htm
    besos
    p.s. ho stima di molte persone che scrivono quì, sono molto polemica e non mi va di limitarmi (non stasera), spero solo di di non avere scritto da cani (non rileggo) e di avere fornito elementi di riflessione.

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