UN VAFFANCULO E QUALCHE STRONZATA

MozartPer un paio di giorni Mozart aleggerà da queste parti: il che non significa che qui si tratterà esclusivamente di argomenti musicali. Per esempio, e a proposito della cosiddetta mercificazione mozartiana di cui si discetta in queste ore, mi viene da pensare a quanto il nostro sia stato utilizzato, travisato e in un certo senso mercificato ben prima dell’era delle merci. Del come, cioè, il suo pensiero, e la sua stessa musica, siano stati piegati al pensiero di altri. Aneddoto: non furono soltanto i critici musicali (alcuni dei) a scandalizzarsi per il Mozart sporcaccione di Amadeus (e, attenzione, dell’epistolario). Molto tempo prima, gli editori musicali del Nostro (Breitkopf e Härtel) fecero del loro meglio per rendere "presentabili" alcuni divertissement. Cambiandogli titolo. Così Leck mir den Arsch, traducibile sbrigativamente in Vaffanculo (K382c) è diventato Stiamocene allegri. Guai ad intaccare la purezza del Cigno di Salisburgo (mica pensavate che l’agape fosse di moda solo ai giorni nostri, vero?).
Qual è dunque la verità su Mozart? Rispondo con un’altra domanda. Anzi, con parte dell’assai raccomandabile elzeviro che Girolamo De Michele ha pubblicato su Carmilla, partendo dal libro Stronzate. Un saggio filosofico di Harry G. Frankfurt. Cosa intendiamo, insomma, per verità?

Nietzsche la riteneva «un mobile esercito di metafore, metonimie e antropomorfismi»: la constatazione che l’essere umano, oltre ad affermare il mondo, può non solo negarlo (come già sapeva il Platone del Sofista), ma altresì fare affermazioni prive di relazioni col mondo rafforza la tesi che il linguaggio non sia un veicolo naturale per il conseguimento della "verità", e che in ultima analisi non esista alcuna "verità" da cui farci illuminare, ma solo verità umane, troppo umane da costruire giorno per giorno. La verità dipende quindi dalle strategie pratiche con le quali maturiamo valori pratici, li contrattiamo in diverso modo, e ne cerchiamo le modalità di attuazione, sempre nella prassi. Perché, se è vero che la stronzata abita un territorio che confina con la verità e la menzogna, è anche vero che non ci sembra esser l’unico abitante di questa landa. La stessa sproporzione tra ciò che viene detto e la competenza di chi dice ci sembra che indichi quantomeno una più ampia questione: in una società complessa, dove la mole di informazioni non è padroneggiabile dall’uomo medio, non c’è il rischio che ogni affermazione sia, da un certo punto di vista, una stronzata? Forse sarebbe meglio considerare la stronzata come uno degli enunciati nei quali il valore e l’intenzione di verità non sono rilevanti, e considerarla un utile punto di riferimento per indicarne altri.

22 pensieri su “UN VAFFANCULO E QUALCHE STRONZATA

  1. Devo dire che Girolamo (come tutto Carmilla) si legge sempre volentieri. Sarà perchè dimostra (no) di non essersi adeguato(i) (anzi!) all’incombente quanto proliferante e sempiterno movimento del Sciosci Misciosci (gruppo di persone il cui tipo di comunicazione è caratterizzato dall’uso frequente di ciu ciu ciu, biao biao, gnau gnau, uso forzato di gentilezze, finte tenerezze, complimenti, reciproci e non, etc etc.)? Boh. Forse.

  2. Mi risulta che il Maestro Harnoncourt, grande paladino della crociata contro la mercificazione di Mozart, faccia parte a pieno titolo dello stars-system internazionale e che abbia inciso molti capolavori del Nostro, tranquillamente mercificati attraverso i circuiti commerciali. O no?

  3. “Forse sarebbe meglio considerare la stronzata come uno degli enunciati nei quali il valore e l’intenzione di verità non sono rilevanti, e considerarla un utile punto di riferimento per indicarne altri.”
    L’idea della stronzata come “indice” (rif. Peirce) mi affascina; in ogni caso, da un punto di vista formale, la stronzata (che si definisce tale a posteriori, e solitamente non dal responsabile dell’asserzione stronzificabile) ha anche una spiacevolissima caratteristica: si tiene fuori da qualsiasi patto sulla verità, implicitamente concordato dalla “comunità dei parlanti”, senza suggerirne neppure uno alternativo.
    Poi, senza fare umorismo, mi pare che le stronzate siano di due specie: completamente gratuite o completamente asservite a un senso non dichiarato (ossia: funzionali a qualcosa ma in forma mascherata).
    Dubito, data la fretta e l’ora, di poter brillare per chiarezza, ma credo che il pezzo di Girolamo sia davvero interessante (pensato e scritto a margine…).
    @ Loredana: “Qual è dunque la verità su Mozart?”
    Appunto, bisogna vedere: la verità di chi, e per cosa, e a quale scopo (considerazione che, con qualche passo che adesso mi risparmio, rischia di trascinare la verità dal piano morale a quello estetico: un rischio che personalmente correrei volentieri, molto spesso).

  4. Giovanni, su Harnoncourt: infatti. Quello che mi stupisce è che ancora, vent’anni dopo, ci si divida sul film “Amadeus”, che ho sentito chiamare in causa in questi giorni, e si accettino senza fiatare i silenzi sulla parte erotica dell’epistolario (sia mai!), le deformazioni biografiche e musicali che vengono dai musicologi stessi, la nauseante colata di zucchero (in senso letterale) del merchandising salisburghese eccetera eccetera…Tra l’altro il Nostro odiava Salisburgo, maledizione!

  5. @ Giovanni
    lo so che ci sono decine di teorie sulla morte di Mozart, ma questa teoria ha dalla sua che spiega per la prima volta tutte le manifestazioni di malessere note dalla biografia del compositore (quindi, non considerando solo gli ultimi mesi), i risultati rilevati da analisi di capelli e la ragione di una sepoltura anonima, non facilmente spiegabile altrimenti: sicuramente si sarebbe trovato qualche amico in grado di offrire al notissimo musicista un degno funerale. Ovviamente la certezza non ci sarà mai.

  6. Le adoro anche io, Giovanni! Adoro meno quel che sta intorno alle Mozartkugeln (e trovo Die Zauberflote diretto da Harnoncourt una delle cose più noiose sentite nella mia vita…)

  7. Con un titolo del genere, una trattazione perfetta, una giusta dose di ironia e una competenza pregevole e precisa ti sei guadagnata il link presso il mio blog!
    E non è una fortuna… questo significa che ti terrò d’occhio spesso e molto (ma molto!) volentieri!
    😉
    A presto!
    Yours
    MAURO

  8. Ma certo Girolamo! Per la verità volevo proporlo come Ultimo Grande (Enorme! per importanza e numeri di partecipanti insigni) Movimento Rivoluzionario Letterario Italiano (inizi del XXI secolo) caratterizzato da: comunicazione frequente fra i letterati, e le letterate che ne fanno parte; la suddetta comunicazione, grazie anche all’innovazione tecnologica, può avvenire via email, via quotidiani, settimanali, radio, TV, satellitare e non, ma anche per incontri personali tramite festival (pagati e non dagli enti locali) o al tavolino del bar; la produzione del Movimento Rivoluzionario del Sciosci Misciosci è il Sciosci Misciosci stesso; le flebili lamentazioni, le pacche sulle spalle (meglio se fatte per ottenere un complimento, un lavoro, un’opportunità qualsiasi, va bene anche un fidanzato una fidanzata) sono il contenuto vero e proprio della produzione letteraria del Sciosci Misciosci; il Bel Gesto, la Parola Ardita di altre avanguardie vengono sostituite nel movimento del Sciosci Misciosci dalla parola (finto) gentile, dal bacio sulla guancia (che è obbligatorio) quando ci si incontra al bar per cominciare o continuare le lamntazioni, che di solito, ripetiamo, grazie alla moderna tecnologia vanno avanti anche via mail, via sms, via telefono; il Sciosci Misciosci è un Movimento i cui membri e le cui membre sono assolutamente dedite e dediti. La disciplina è totale (per questo motivo, è raro che gli esponenti del suddetto abbiano per esempio dei figli, che si approprierebbero delle lamentazioni, del tipo, “Mi compri un gelato, ma’? Mi compri le figurine, pa’?’, togliendo ai membri e alle membre una buona parte della loro attività). Altro obiettivo del Sciosci Misciosci, oltre alla produzione di lamentazioni orali e scritte, è l’odio. Un odio per nulla misurato verso qualsiasi prodotto culturale che presupponga anche solo un briciolo di ‘intrattenimento’. Anche la parola ‘mercato’ è abbastanza banditella pure (la Nutella no, quella a volte piace, a volte no, dipende anche dai fianchi, dal sesso, dalle canne, se sono permesse o no!, dall’ora, dalla casa, dalla città. Milano tendenzialemnte fa più uso di Nutella per via del freddo; Roma per puro piacere. nella provincia in generale, il Sciosci Misciosci, – e con esso l’odio e le lamentazioni – risulta stemperato – dalle chiamate telefoniche delle madri, o di altri parenti, per esempio!. Girolamo, visto che mi pari esperto nel Movimento Contrario, non è che potresti aiutarmi a completare la scheda di un Movimento a cui sper(avo)o di non dover mai appartenere? Sì, perchè non lo so. Sono confusa. Da vecchi si cambia. Magari sto sbagliando tutto…stamattina, al tavolino del bar…

  9. Bella questa…
    ti copio-incollo una cosa che avevo scritto, estrapolandola dal contesto di riferimento, che era lo stesso, in ogni caso. Può servire come “corollario”:)
    “La socialità genera delle aspettative che la buona fede non può appagare, e la vitalità degli idioti è insospettabile. Cara amica, vorrei dirti che non serve a nulla, in un’adunanza di menti speculative, avventurarsi in chiacchiere argutissime, se le si può sostenere con la sola ragione. Serve dell’altro. Innanzitutto, è bene esibire un certificato e sventolarlo sotto il naso dei congregati signori. Un attestato di benemerenza, un pezzo di stoffa, una carta da culo: qualunque cosa, purché sia una cosa ufficiale. La Società dei Proditori teme, più di ogni belzebù, il Corpo dei Burocrati. Teme la forma, perché nell’idolatria della forma si è ingrassata a dovere. Non c’è da meravigliarsi, visto che i cavernicoli adottavano incazzose divinità della pioggia, e che queste si sdebitavano con la fertilità dei campi. A volte, tuttavia, anziché irrigare mandavano inondazioni; se i sacrifici non erano sufficienti si delineava il ricatto; la pioggia vuole sangue; e così via. Perciò, prima di tutto serve una dichiarazione scritta dalla quale si desuma che Tizio abbia la licenza di pensare, e di pensare in pubblico. In mancanza di tale dichiarazione è bene procurarsi una raccomandazione, anche perché nessuno riuscirebbe a distinguere i due documenti. A questo punto i pari grado riconoscono il postulante per la limpidezza della sua vergogna, un sentimento molto diffuso all’interno della casta (di solito questa dichiarazione si incide su un volgare substrato di ganasce rosse, per utilizzare un eufemismo). L’iscrizione* al solenne protocollo avviene poi per semplice scambio di pacche ed ha luogo l’iniziazione: finalmente si ha il permesso di parlare, perché una burocratica virtù ha infuso la scienza. L’uomo precedentemente ottuso sfodera il significato, e se vuole può sbattere i pugni sul tavolo; gli astanti mimeranno un conflitto che verso l’ora di cena si scioglierà in baccanali, quando un bicchiere di vino sarà più eccitante di un pezzo di carta. Sanno quel che fanno. Il lato spiacevole di questa umanità zelante è che non ti si chiederà mai di capire, ma di genufletterti: sarai libera di criticare, ma dovrai accompagnare il pensiero con una lustrata di scarpe. O sorridi o sei spacciata. Non dovrai pretendere, in nessun caso, di essere ascoltata; non dovrai ascoltare. Si tratta di una chiesa a tutti gli effetti, e presto ti trasformerai in una mangiatrice di ostie: qui si immolano senni e lì corpi di Cristo, ma la differenza è impercettibile.
    Naturalmente, cara amica, puoi fare a meno di quella parvenza d’orecchie e pronunciarti direttamente nel vuoto; avendo ben presente che la Società dei Proditori sovvenziona i propri membri, perché ha il solo scopo di perpetuare la finzione. “

  10. Ma sì!
    Studiamo il ‘significato e la fenomenologia della pacca sulla spalla nella società occidentale del XXI secolo’:
    es.
    TIPI PRINCIPALI DI PACCHE SULLE SPALLE
    1. benevola – es, da professore non perfido a studente un po’ troppo giocherellone (più raro da professoressa non perfida a alunna troppo giocherellona, chissà perchè. ecco, sottolineare : motivo di studio! perchè?);
    2. sublimata – data sulla schiena, quando vorrebbe essere data più giù. è intercambiabile. può darla un uomo a una donna, una donna a una donna, una donna a un uomo, un uomo a un uomo – detta anche, la pacca onesta;
    3. ‘ricattatoria’ – ti do una pacca sulla spalla, ma ti ho già fatto un discorsetto, se sgarri, fine delle pacche, e fuori dai coglions; qui ci sarebbe il discorso sulla comunità, l’ostia, l’iniziazione e tutto il resto. argomento che
    tu Ivan hai già affrontato, mi pare; te ne occupi tu?
    4. morbida – non è una vera pacca, quanto piuttosto uno sfioramento: es, quando si esce da un locale, o si entra in un locale. può essere: a) distratta, quasi un dire, “Dai, entra, che ho – es, – freddo, caldo, fame!”; b) consapevole: quasi un’anticipazione. “Baby, vedi come pacco? Potrebbe questa mano essere ben usata anche in altri luoghi? Che dici, baby?” Anche in questo caso ( ‘pacca morbida’ il sesso del/la paccatore/trice non ha importanza, gli incroci sono vari: vedi
    par. 2 – ‘pacca sublimata’;
    5. dura – può essere usata a) come simonimo della 3 (ricattatoria); ma può anche b) essere dovuta al mestiere del paccatore (es: un muratore affettuoso non potrà che dare una pacca dura; una madre stanca e nervosa, anche se buona d’animo, se t’acchiappa, te l’appioppa bella dura sulla schiena, anche se mirava al deretano – nel caso tu treenne, o quindicenne, sfugga alla sua rabbia! – ‘Ahia, ma’! Sta ‘scema! ma sei scema? M’hai fatto male!’. per semplicità di consultazione viene la risposta di rito alla pcca dura di tipo materno – );
    eh sì. ah. eh sì.
    se avessi fatto un concorso – paccato un po’! – invece di perdere tempo. niente. una vita senza pacche. che vita è?

  11. ok, Angela.
    Ma serve una premessa sulla funzione sociale della pacca come strumento di comunicazione codificato (da lì, i vari codici numerati e numerabili)

  12. Be’ Ivan, sì. Si può fare. Potremmo fare un ottimo lavoro, anzi. Però: due domande.
    1. Tu sai, no? che questo significherà sottoscrivere per l’ennesima volta per quel che mi riguarda (e questa volta consapevolmente, non solo di fatto) l’iscrizione definitiva al Club dei Perdenti, no? Io ci sono abbonata. Tu, pensaci.
    2. una volta finita la relazione che ne facciamo? Andiamo ad attaccarla di notte alle porte dei Paccatori? Mica possiamo portarla ai Festivaaalsss e chiedere loro di leggerla! No. Né smenarcela fra noi via sms. Potremmo però fare delle belle figurine (foto dei Paccatori durante le Pacche, e venderle in edicola! ecco il nostro mestiere!) Si tira a sorte e chi vince decide perchè farlo, questo lavoro, e come farlo circolare? Io ci sto, comunque. Non sto scherzando. Possiamo anche far collaborare altri/e.
    Oltre al lavoro sulla Pacca avevo in mente un’altra cosa, che esige però una prudente ricerca. ti spiego, partendo dal titolo: come far sì che il nostro Immaginario (già così colonizzato) possa avere la sicurezza (che vorrei fosse proprio assicurata in modo militare) di continuare a sguazzare nei luoghi comuni e mercantili della narrativa americana?
    Io una mia proposta ce l’avrei.
    Praticamente vorrei proporre delle Basi Nato, ma della Letteratura (tipo, esempio: Base Gilda (sai no, il noir?). Questo perchè credo che senza la collaborazione e lo scambio con la narrativa americana, meno ci sarebbe da noi di tanto noir. non perchè noi siamo meno bravi, ma perchè magari sappiamo fare meglio altre cose; e siccome per me, (l’ho già detto!) la letteratura è (anche) noir, certe notti ho gli incubi. sono questi: i Paccatori potrebbero privarmi (a me che sono una Perdente) della mia risorsa. la lettura dei miei libri. E sì. Metti che Berlusconi perda. (E questo ce lo auguriamo tutti!) Non è che gli editori Paccatori e i loro Editoorss, smettono di fare letteratura americana e si mettono a pubblicare solo riflessioni ‘intime’ (ah! nooo! l’intimità, no! nascondiamoci!) di intellettuali ‘intimisti’, con la scusa che sono italiani e devono raccontare la storia del nosro paese? con la scusa che devono capire la storia dle nostro paese? Poi mi tranquillizzo. Confido nel fatto che certa sinistra italiana sia propriamente ipocrita: ‘non dire alla destra quello che fa la sinistra’, recita (mi pare letteralmente) il proverbio, no? siccome il noir tira, anche chi scrive elzeviri contro il noir si convertirebbe. e mi sveglio più serena. fantasticando su come arrederei io (in mancanza di casa) una Base Nato della Letteratura (se ne avessi una tutta per me. Invece di una Stanza tutta per me!). scusatemi se sogno tanto! ma sogno e basta.

  13. Angela, anche tu mai nemmeno una pacca? Azzo: ti iscrivo al club dei non paccati 🙂
    Beh, l’ipotesi intimista a fronte della sconfitta (la dò per certa e mi appresto a scommettere in Inghilterra) di Berlusconi, mi lascia agitato. Fammi leggere l’ultimo della Rowling va, che l’idea degli intmisti mi turba assai…
    Buona notte. Trespolo.

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