IL MODELLO WU MING: LA REPLICA (DI WU MING MEDESIMO)

Depero2_1    Wu Ming 1 posta un lungo commento alla discussione innescata più sotto dai conti di Trespolo. Lo ripropongo qui (giornata complicata da queste parti, proverò più tardi a fornire le risposte che devo, specie nei commenti di ieri)

Mi sembra che il discorso continui stancamente, tra fraintendimenti-valanga e interventi che, anziché chiarire, confondono le acque.
L’impostazione di Trespolo (che è in buona fede e anzi credeva di fare qualcosa di utile) è solo in apparenza *concreta* e *logica*, in realtà di concreto (cioè di attinente ai processi reali di cui in teoria staremmo parlando) e di logico ha pochino. Infatti, tutto il suo discorso ha perso pezzi per strada man mano che si discuteva, benché pochi se ne siano resi conto.

TESI DI FONDO: il modello Wu Ming non è riproducibile.
OBIEZIONE 1: Non esiste alcun modello Wu Ming, i Wu Ming non hanno mai detto che il loro esempio fosse da riprodurre.
RIBATTUTA: Ma se ogni volta che si parla della rete vengono citati i Wu Ming!
CONTRORIBATTUTA: Certo, ma perché loro hanno un’esperienza di utilizzo della rete che forse vale la pena esaminare, non per questo esiste un "modello". Un conto è fare patrimonio delle esperienze fatte da altri, un conto è imitare.
MODIFICA DELLA FORMULAZIONE DELLA TESI: Va bene, allora limitiamoci a dire che è una strategia non tesaurizzabile da altri, perché l’investimento fatto dai Wu Ming non può permetterselo un piccolo editore.
OBIEZIONE 2: La strategia dei Wu Ming è autogestita, l’editore investe quello che investirebbe comunque, il lavoro in rete dei Wu Ming è un "di più" che all’editore non costa niente.
RIBATTUTA: Va bene, allora diciamo che nessun altro scrittore può permettersi un simile investimento.
DOMANDA: Quale investimento, di grazia?
[Esatto, quale sarebbe questo investimento, tolti dal ragionamento gli errori marchiani come quello sulle trasferte e dando comunque per buoni i criteri discutibili segnalati da Biondillo, Lucis, Melloni, Mongiò e Spettatrice?]
SPIEGAZIONE: un monte-ore di lavoro paragonabile a un investimento di un milione di euro e rotti. Chi cazzo ce li ha quei soldi?
OBIEZIONE 3: Ma perché, tu credi che i Wu Ming li avessero? Cos’è che intendi dire?
[INTERMEZZO 1: chiarimento necessario. La strategia dei Wu Ming in realtà costa poco perché la rete costa poco. Quanto alle trasferte, sono rimborsate da chi organizza le presentazioni. Fine intermezzo.]
RIBATTUTA: Va bene, allora non parliamo di vile denaro se vi da fastidio, parliamo di "sforzo". Duecentocinquanta presentazioni in tre mesi chi mai riesce a farle?
OBIEZIONE 4: Ma de che? Sono 250 presentazioni in sei anni!
RIBATTUTA: Vabbe’, vedo che ne sai più di me… Ipotizziamo comunque quattro ore di lavoro giornaliero per quindici anni.Passeismo7
PREMESSA SOTTACIUTA, DETTA NELL’ORECCHIO CON LA MANO A CONCA A COPRIRE LE LABBRA: I Wu Ming devono essere dei figli di papà, nessuno può investire così tanto tempo a fondo perduto per tutti quegli anni in una strategia che non si sa nemmeno se funziona. Ergo, il modello non è riproducibile perché funziona solo per i figli di papà.
[INTERMEZZO 2: chiarimento necessario. Mentre, di progetto culturale in progetto culturale, il gruppo di lavoro che poi si è coagulato nei Wu Ming allargava reti e costruiva comunità, i suoi membri hanno svolto i seguenti lavori: magazziniere notturno e scaricatore di camion all’SDA; lettore dei contatori dell’acqua nelle case IACP; ausiliario sanitario all’Ospedale maggiore di Bologna; postino a Baricella (BO); buttafuori al circolo ARCI Candilejas di Bologna; istruttore di arti marziali nelle palestre Regis e Sempre Avanti di Bologna; educatore in un gruppo-appartamento per tossici che hanno appena smesso a Sasso Marconi (BO). Il Sottoscritto è figlio di una bracciante e di un metalmeccanico. Chiuso intermezzo.]
OBIEZIONE 5: Ma secondo te esistono progetti culturali che non richiedano investimenti a lungo termine e a fondo perduto? Cos’è la sindrome della pappa pronta? Credi forse che i Wu Ming siano gli unici in grado di farsi il culo in questo paese?
OBIEZIONE 6: Fatto salvo che non esiste un modello Wu Ming da riprodurre, se il loro "sforzo" è stato compiuto mentre facevano tutti quei lavori, non si capisce perché simili "sforzi" debbano essere fuori dalla portata di altri scrittori. Certo, loro sono un gruppo e hanno potuto dividersi compiti e fatica, ma anche un quinto del tempo che loro hanno speso a costruire la rete e un quinto delle presentazioni che hanno fatto loro, è comunque molto più di quanto facciano certi segaioli. Inoltre, formare un gruppo non è una scorciatoia, fa parte del lavoro, ma qui ci fermiamo altrimenti parte tutt’altra discussione.

[APPENDICE: *Questa* discussione non solo è priva della benché minima utilità, ma è anche dannosa perché alimenta disfattismo intorno alle potenzialità reali della rete. Non basta aprire un sito o un blog o spedire qualche mail informando che è uscito il proprio libro. Questo è un uso che non tiene in alcun conto la peculiarità della rete come "mezzo che si fa mondo" e crea comunità. Non ha senso lamentarsi che "la rete non smuove copie" se non si capisce che l’attenzione del lettore/visitatore va *meritata*. Mai nessuno che si interroghi sull’effettiva qualità della proposta web che fa. Può darsi che certi libri non vengano smossi dalla rete perché sono noiosi. Può darsi che certi utilizzi della rete non inneschino passaparola perché sono piatti. Può darsi che lo scrittore che dice tutti i santi giorni "Me tapino, non mi pubblicano!" scriva stronzate. E’ ora di finirla con la sindrome nazionale del dare sempre la colpa ad accadimenti esterni e a malvagi complotti ai danni della Cultura. Questo discorso neo-disfattista sulla rete agisce in modo perverso: ogni esempio di utilizzo fantasioso e positivo trova l’immancabile risposta: "Ma quello non fa testo! E’ atipico! etc.". In questo modo si impedisce all’esperienza di germogliare. Questa perversione del discorso si ammanta comunque di intenzioni positive: "Ma dai, cerchiamo di capire tutti insieme cosa va e cosa non va!" e in realtà si sta facendo l’esatto contrario, si sta pregiudicando la diffusione degli esempi contagiosi: De Michele non fa testo. Evangelisti non fa testo. I Quindici non fanno testo. Niente fa testo, la rete è una delusione, i libri vendono poco, c’è la Restaurazione, piove governo ladro, ah se al governo ci fossi io etc. etc. etc. Scusate, lo dico papale papale: mi sono rotto la minchia! Questi sono discorsi REAZIONARI e deresponsabilizzanti (altroché nickname!). E adesso l’ipotetico editore X che sta anche in rete: X non è uno che lavora poco. X è sempre in giro per rassegne, festival e presentazioni. X è in rete da dieci anni. X ha un’esperienza di blogger/editore che data ormai da un lustro. Allora perché le strategie di X – a suo stesso dire – non funzionano e i suoi libri non vendono? Questo dovrebbe essere il quesito su cui ragionare, non l’inutile quesito: "Perché nessuno imita i Wu Ming?", che è una non-questione perché "imitare i Wu Ming" non avrebbe alcun senso.

115 pensieri su “IL MODELLO WU MING: LA REPLICA (DI WU MING MEDESIMO)

  1. angela: no, la questione non era quella. la questione, in 3 thread, è stata di come sfruttare le risorse della rete (anche) per promuovere i libri validi.
    si può rileggere il thread “grandi domande”, per chiarire – almeno lì la discussione è rimasta corretta.

  2. @ferrazzi (scrivo sempre ferruzzi, prima)
    la questione della comunità virtuale è l’unica emersa, per quanto ho inteso. quindi sì, intendo quella. ed è utile anche descriverla, ma personalmente ho già una conoscenza diretta, e mi interesserebbe piuttosto capire se è una cosa ancora possibile; ovvero quanto pesa, oggi, aver superato il momento della curiosità (certo, ancora per un monte di gente sarebbe una novità, partecipare anche ad una semplice ml). e quali idee ci sono per proporre una cosa simile oggi – anche considerando l’affollamento del web (e fermo restando che chi avvia una cosa simile deve avere le qualità per farlo).
    anche Fabula (R.I.P!), per dire, è stata una ml piuttosto prolifica; e così altre. ma sono nate in un certo momento. oggi che succede? i 20enni di oggi che fanno?
    riguardo alla nota spese, era *dichiaratamente* una cosa provocatoria (in questo efficace, vaccad’uncane!), però lo spunto che ci vedo io è anche di pensare alle “aziende” culturali che ci sono oggi sul web. e soprattutto a quelle che potrebbero esserci.
    il modo in cui WM si è guadagnato il pane non è mica una cosa marginale, veh! è una cosa frequente in certe attività (e so per esperienza diretta di cosa parlo) di dover fare un mestiere per finanziare l’altra attività, quella che non è ancora un mestiere ma si spera lo diventi.
    Allora: è proprio necessario fare il manovale e l’imbianchino? Oddio, sicuramente se uno è molto giovane gli fa solo bene, però le attività economiche che usano la rete sono in sviluppo. Non siamo più, come diceva b.g., alla bolla della new economy. guardatevi un pochetto attorno, qui, sul web. L’interesse economico prenderà probabilmente sempre più spazio, sulla rete; ma la cosa interessante per un giovane scrittore esordiente (specie se si mette nell’ordine di idee di non essere uno scrittore nel senso tradizionale del termine) sono le possibilità eventuali (E-VEN-TU-A-LI) di coniugare la sua attività di scrittore con un’attività che gli procuri gli spaghetti.
    Questa è l’ipotesi che, volendo, può essere approfondita (e i conti servono). Almeno è quella che mi è venuta in mente pensando a quella nota-spese. Ma anche lasciando da parte questa cosa, ci sono altre possibilità che possono ANCHE servire a veicolare la diffusione di un testo. Fermarsi a santificare una singola esperienza, quello sì che è castrante!
    C’è il podcast, c’è l’uso dell’animazione unito al testo, c’è la possibilità di FARE INFORMAZIONE alternativa, e fare fiction unita all’informazione.
    eccetera, altre cose che non so o che non mi vengono in mente ora.
    la forma, lo strumento e il contenuto di una proposta che usi la rete mica adopererà sempre gli stessi canali (ML etc.).
    L’analisi dei canali e delle forme usate in passato (ergo WM, in questa discussione) serve per capire cosa fare ora.
    Altro che disfattismo e reazione!

  3. Scusate, ma perché non analizzare il fenomeno Melissa P., che ha faticato molto meno dei Wu Ming, ha guadagnato molto iù di loro (ad appena ventanni di età) e in Giappone è pure considerata un’autrice di culto?

  4. ” perché, se il modello Wu Ming funziona (di successo), ed è ampiamente dimostrato, nessuno fra i piccoli editori e la stessa comunità degli scrittori è stato in grado di replicarlo?”. il virgoletto è copiato dal post. la rete è venuta dopo. adesso, capisceo che ognuno può dire quello che gli pare! ma che fatica. allora è meglio fare una riunione!.

  5. angela, modello Wu Ming e uso della rete erano sinonimi in questa discussione. Pare proprio che ognuno dica quello che gli pare, è bellissimo!

  6. Angelini, Melissa rientra nei casi che, senza sfottere, consigliavo prima. Vale a qualcosa misurare la circonferenza del culo (proprio a altrui)? Ripaga? In certi casi, come si vede, sì.
    Ma anche quello non si può dire. Anche nella collana ‘Pizzonero’come si sa, ci sono fior di sòle e soprattutto – povero editore che si è fidato della signora, signorina, o signore signorino e dei loro ‘talenti’, chi gli restituirà il maltolto? – fior di rese.

  7. Sono tornata. Ha ragione Melloni: ma se ammetto pubblicamente di aver fatto, in buona fede, un errore, la chiudiamo qui?
    (comunque sì: ho commesso un errore. Pensavo che l’iniziativa di Trespolo, che onestamente mi suscitava qualche perplessità, potesse dar adito a chiarimenti sereni. Mi sono sbagliata. Chiedo venia all’uditorio e ai diretti interessati).

  8. @ angela
    Preciso, onde evitare che tu mi spedisca un tuo manoscritto :-), che sono diventato editore solo per pubblicare in proprio alcune mie cose, come dichiaro anche nel mio sito per raffrenare gli entusiasmi di qualche esordiente.
    Nessuno, mi pare, ha preso in considerazione la mia piccola esperienza, che proprio perché limitatissima nei titoli e circoscritta al massimo anche geograficamente, ha messo in risalto, meglio che sui grandi numeri, i punti deboli per chiunque voglia essere un piccolo editore e non abbia a disposizione discreti capitali.
    Proiettando in un ambito appena appena più vasto la mia esperienza (praticamente conclusa. Mi resta soltanto da gestire il mio magazzino costituito dalle storie lucchesi – “Lucca racconta” – uscite in questi due anni), credo che non si possa partire con una produzione che non sia di almeno 3 titoli all’anno, con una tiratura di minimo 5.000 copie per ogni titolo e con un capitale che si avvicini ai 400/500.000 euro. All’inizio – nei primi 2/3 anni – questo capitale si assottiglierà spaventosamente, tanto da far tremare i polsi. Poi si potrà recuperare se le scelte sono state indovinate, altrimenti è il dissesto.
    Bart

  9. Bart, stai trnquillo, ho un contratto di 5 anni già firmato. e sono appena cominciati. anche se volessi mandare in giro qualcosa, dovrei farlo di nascosto. e mi guardi bene dal volerti mettere nei guai. quindi, dormi pure, fra due guanciali. in quanto a ‘Roma racconta’ (invece che Lucca racconta) magari ti rubo l’idea, però anche lì, ahimè, temo che questa città racconti troppa roba e soprattutto a troppi. quindi anche lì. però ti prometto che se mi viene in mente qualcosa da chiederti, te la chiedo subito.

  10. Lipperini, non trovando link che rimandino a una tua casella di posta (sono una neofita della rete e non ho ancora l’occhio allenato), brevemente dico che mi spiace tu ti sia vista costretta a porgere delle scuse. Personalmente ho trovato interessante la provocazione nata dalla tua decisione di pubblicare il pezzo di Trespolo, ne è seguito un vivace e partecipato dibattito che tutt’ora continua in altre forme. Se poi alcuni toni si sono scaldati, mi sembra faccia parte del confronto, fraintendimenti inclusi (mi viene da pensare ad alcuni dopocena in fase etilica…) 🙂 un saluto daldivano.

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