IL PAPA, ULTIMA GENERAZIONE, IL DISPREZZO DEGLI ADULTI

Oggi su La Stampa c’è un mio articolo su Papa Francesco, dove ricordo la sua esortazione apostolica. In particolare:

“In quello stesso 2023, il 4 ottobre, viene data alle stampe l’esortazione apostolica Laudate Deum, dedicata all’emergenza climatica di cui i grandi della terra, a vario titolo, dedicavano e dedicano ben poca della loro attenzione. In quel testo, Papa Francesco citò addirittura When species meet di Donna Haraway, la filosofa ecologista e femminista, e  sposò le sue tesi: “il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una zona di contatto”, scrisse.
In quello stesso scritto, inoltre, stigmatizzò la mancanza di autorevolezza dell’Onu, si spese  in favore di Ultima Generazione e dei “gruppi radicalizzati” (“essi occupano un vuoto della società”) e, infine, sferrò un duro colpo al capitalismo e al culto della Meritocrazia: “Si incrementano idee sbagliate sulla cosiddetta “meritocrazia”, che è diventata un “meritato” potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo. Un conto è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere”.

Non sono stati molti, coloro che si sono spesi a favore di Ultima Generazione. In proposito, ripubblico qui un altro articolo, che ho scritto proprio in quel 2023, a maggio. Per rinfrescarsi la memoria.

“E’ difficile comprendere il disprezzo adulto verso i ragazzi e le ragazze che si battono per il clima, ovvero per noi oltre che per loro. A meno di non spiegarlo con i romanzi di fantascienza.
Bene, in un numero incalcolabile di distopie Young Adult gli adulti spariscono a causa di morbi misteriosi che risparmiano solo i giovani fino ai diciotto anni. The Enemy di Charlie Higson narra di un’epidemia che uccide uomini e donne, e chi non muore viene ridotto a uno zombi. Solo i ragazzi al di sotto dei quattordici anni non ne sono colpiti, salvo doversi difendere da non morti affamati che fino a poco prima erano i loro padri e madri. Qualcosa di molto simile avviene in Anna di Niccolò Ammaniti e ancora prima in The young world di Chris Weitz, dove i giovani newyorkesi attendono la morte dopo la malattia (febbre, vomito, delirio) che uccide quando si raggiunge la maturità fisica. In Between, serie televisiva del 2015, si muore a ventidue.
La letteratura fantastica non è una fuga dal mondo reale: anzi, serve a capirlo. Il filone appena citato ci dice infatti due cose: primo, questa generazione di adulti non fa una gran figura ed è meglio sbarazzarsene il prima possibile. Secondo, gli adulti medesimi (che nella maggior parte dei casi sono quelli che scrivono i romanzi), non intendono essere soppiantati, dunque fanno morire giovanissimi i loro personaggi: anche e forse soprattutto perché sono i giovani ad aver capito che l’apocalisse sta arrivando, o è già arrivata.
D’accordo, storia vecchissima, materia prima del mito: c’è sempre una Statua del Commendatore che bussa alla porta di Don Giovanni per ricordargli che la morale va rispettata, e chi non lo fa finisce tra le fiamme (tranne nella regia di Robert Carsen alla Scala nel 2011: in quel caso, a finire all’inferno erano i moralizzatori).  Questa volta, però, l’accanimento è più insensato del solito.
Ricapitoliamo. Sono passati pochi giorni dalla tragedia dell’Emilia Romagna. Che è avvenuta esattamente per i motivi che i ragazzi e ragazze dei movimenti ambientalisti hanno denunciato in tutti i modi: il consumo di suolo, la cementificazione, l’indifferenza. Non è così difficile informarsi, anche per i ritardatari o i duri d’orecchio. Sull’account twitter di Extinction rebellion si legge: “a Faenza pende un progetto di urbanizzazione, l’orto della Ghilana, vicino al fiume, contro il quale ci eravamo mobilitati già nel 2021, si vuole costruire una nuova tangenziale, si ampliano gli impianti industriali”. Ultima generazione (sì, quelli della vernice lavabile, quelli che sono diventati il nemico pubblico numero uno, le nuove br e così via): “Quante altre case devono essere distrutte, quante altre vittime devono esserci prima che il nostro governo si decida a fare qualcosa?”. Fridays for Future Italia (già, coloro che vengono chiamati amabilmente gretini): “Passata l’emergenza verranno messe in atto le misure per rendere il territorio più resiliente o ce ne dimenticheremo fino alla prossima tragedia?”.
Su questi punti sono intervenuti i Wu Ming, con un lungo articolo sul blog Giap!, che riprende lo stesso tema: “Il motivo per cui la pioggia sta avendo conseguenze dannose e a volte letali è presto detto: cade su un suolo asfaltato, cementificato, impermeabilizzato, che non può assorbirne una sola goccia, dunque quest’acqua non solo non rigenera la vita, non solo non ricarica le falde, ma si accumula in superficie e corre via, a grande velocità, travolgendo quel che trova. Spesso esonda da corsi d’acqua i cui argini – e spesso anche i letti – sono stati cementificati, e le cui aste sono state «rettificate». Corsi d’acqua intorno ai quali, dissennatamente, si è costruito e ancora costruito”. Infatti, ricordano, “l’Emilia-Romagna è la terza regione più cementificata d’Italia, col suo 9% circa di suolo impermeabilizzato – contro il 7,1% nazionale, percentuale già altissima – ed è la terza per incremento del consumo di suolo nel 2021: oltre 658 ettari in più ricoperti, equivalenti al 10,4% del consumo di suolo nazionale di quell’anno”. E si è costruito, ricorda su Altraeconomia Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano,  “nelle aree protette (più 2,1 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità di frana (più 11,8 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record essendo la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: più 78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità che è poi più della metà del consumo di suolo nazionale con quel grado di pericolosità idraulica: pazzesco”.
Nodi che vengono al pettine, dicono i Wu Ming. Nodi che sono stati raccontati dai giovani ambientalisti fino allo sfinimento, nell’assoluta indifferenza. Anzi. Nello scherno. Nei primi giorni della catastrofe in Emilia Romagna, sia Ignazio La Russa che Enrico Mentana li hanno invitati ad andare a spalare come gli Angeli del fango. Così Mentana: Dai ragazzi che siete ancora in tempo, meno tangenziali occupate, meno comparsate tv e più sana, ma faticosa, militanza”.
Peccato che c’erano tutti, i ragazzi e le ragazze di quei movimenti, a spalare, a raccogliere beni di prima necessità, a contribuire con le loro mani (a differenza dei twittatori). Ci sono decine di fotografie, a testimonianza. E resta la pessima figura di chi vilipende (e da anni) chi ha ragione, anche quando la realtà stessa glielo sta dimostrando”.

Ecco.

 

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