IL SILENZIO DEGLI ANTROPOLOGI

Ogni tanto mi chiedo: dove sono finiti gli antropologi? E
non lo faccio soltanto perché questo genere di interrogativi va per la maggiore
(dove sono finite le femministe? I critici letterari? Gli ombrellai?) né per
nostalgia dei miei studi universitari, ma perché avverto la mancanza di
qualcuno che osservi e racconti la cultura degli esseri umani nel suo insieme,
e non per frammenti, peraltro spesso contrastanti.

Per meglio dire: so benissimo che gli antropologi esistono
e scrivono (anche libri bellissimi, come il recente Don Giovanni o della
seduzione
di Marino Niola), ma mi piacerebbe ascoltare la loro voce
in questi giorni di follie mediatiche ad argomento giovanile.

Passo indietro: ieri pomeriggio la vostra eccetera
partecipa a Fahrenheit, tema del giorno il bullismo nelle scuole,
cointerlocutori due psicologi, Mauro Grimoldi e Anna Putton.
Sensazioni: non dissimili da quelle più volte espresse qui. Ovvero. Quando si
parla di “giovani” si ha il dubbio che ci si riferisca più all’entità creata
dai media che a persone reali. Quando si parla di giovani e rete si cerca di
far coincidere una percentuale minima con il tutto (i video di bulli su youtube
sono una minoranza; i videogiocatori che compiono azioni criminali sono un
nulla se paragonati al numero di chi gioca: Jenkins alla mano,
“young people in general are more likely to be gamers — 90 percent of boys and
40 percent of girls play. The
overwhelming majority of kids who play do NOT commit antisocial acts. According
to a 2001 U.S. Surgeon General’s report, the strongest risk factors for school
shootings centered on mental stability and the quality of home life, not media
exposure”). E quando si parla di malessere giovanile ci si avventura
in affermazioni spericolate, tipo “non sanno condividere le esperienze”, che ha
provocato l’irruzione nel mio studio, da dove ero in collegamento telefonico,
della mia infuriata quattordicenne.

Comunque: vorrei, se non un antropologo, almeno uno
storico. Uno come Giovanni Levi, che dodici anni fa curò per Laterza una
Storia dei giovani dove si imparava a riconnettere presente e passato. E
si scopriva, per dire, che ad essere impudicamente, superficialmente attratti
dall’ aspetto esteriore non sono solo i ragazzi del 2006: perché amava le
stesse cose un loro coetaneo che visse in un altro millennio (siamo, diciamo,
fra il 1170 e il 1180, gli anni di Chrétien de Troyes e del Conte du Graal): si
tratta nientemeno che del giovane Perceval, abbagliato nelle foreste materne
dallo splendore delle vesti e delle armi di un cavaliere di re Artù prima
ancora che dalla nobiltà del suo credo. O, ancora, si potrebbe confrontare il
nostro orrore nei confronti dei figli che uccidono i genitori, e per denaro,
con la paura suscitata nel XV secolo da una gioventù di "formidabile
appetito" davanti alla quale "tutta la società pare temere il
parricidio". Ancora due esempi fra i moltissimi suggeriti: oggi le bande
del muretto, ieri l’ altro i celeres, i "veloci" che accompagnano
Romolo nelle sue scorribande fra i boschi. Oggi le notti bianche dei fine
settimana, ieri le notti folli del carnevale e delle feste patronali, assegnate
ai giovani come unico spazio riconosciuto e consentito di trasgressione e
apparente libertà

Uno storico, o un antropologo, non fornisce ricette
antibullismo: ma serve a capire che fin dalle sue origini il mondo dei padri ha
esaltato e temuto i figli, affidando loro il duplice ruolo di portatori del
nuovo e di censori della società adulta, "incoraggiandoli come speranza del
futuro e reprimendoli come nemici". Magari torna utile, credo.

16 pensieri su “IL SILENZIO DEGLI ANTROPOLOGI

  1. >E si scopriva, per dire, >che ad essere >impudicamente, >superficialmente attratti >dall’ aspetto esteriore >non sono solo i ragazzi >del 2006
    Oppure si criticano i giovani che guardano i reality per scoprire, come dice Greenblatt nella sua monografia su Shakespeare, che i giovani elisabettiani vedevano spettacoli ben più osceni e truculenti: e ne sono sortiti tuttavia ingegni eccelsi.
    Quando si dice “i giovani d’oggi” o “i giovani ai miei tempi” si è definitivamente usciti di scena.

  2. “incoraggiandoli come speranza del futuro e reprimendoli come nemici”
    In modo da diventare adulti. Solo allora verranno accettati.
    Non si vuole che il giovane rimanga giovane per sempre, altrimenti l’adulto muore.
    Semmai si vuole che la spinta giovanile porti una leggera propulsione in avanti ma non la distruzione del mondo adulto.
    Sublime il tuo post di oggi

  3. Concordo su tutta la linea.
    Per il caso YouTube come nell’esempio di Rule of Rose, arrivano prima le opinioni dei fatti, e informazioni circostanziate solo quando non sono utili – anche questo vorrei che l’antropologo mi spiegasse.
    E aggiungo, d’accordo con lettore: tra gli spazi che i giovani si prendono e quelli che gli adulti lasciano, c’è il vuoto siderale di un sogno di società non più inseguito e ormai obliato.

  4. cara Loredana
    il discorso per cui “..fin dalle sue origini il mondo dei padri ha esaltato e temuto i figli(..)” può servire a spegnere l’incendio mediatico dell’ “emergenza” (di volta in volta: madri, figli, giovani ecc). Mi chiedo però se non rischia di diventare anche un appiglio per una visione tradizionale (dunque: tradizionalista) della vita. Cioè aiuta a leggere i fenomeni, non a capirne come risolverli (ovvero: la politica e l’etica dovrebbero cambiare, preferire le variazioni del presente, meno le costantio del passato).
    E’ la parola “sempre” che mi comincia ad apparire una prigione. Ad esempio con una visione antropologica si è detto, a proposito della professoressa coinvolta in vicende di sesso con alunni, che “da sempre” i ragazzi hanno avuto il sogno erotico della prof.
    Non dico di rivalutare teorie tipo l’abolizione della famiglia, ma quello che ci servirebbe oltre e più dell’antropologo è un po’ più di politica, di comportamento etico personale coerente alle nostre idee, megli ose condiviso da molti. Più che nelle analisi del “sempre” è nel gioco che si gioca nel presente, nel tipo di rapporto tra genitori e figli di oggi e del “futuro” che va trovato, “inventato” un altro codice di comportamento.un altro modello. la domanda sullo sfondo è sempre quella: un altro mondo è possibile?

  5. Caro Mario, d’accordissimo. Ma senza comprensione (e senza condivisione della medesima)non si procede di un passo. Se non si hanno chiari i fenomeni, come si può pensare di superarli, o persino di abbatterli?

  6. “Quando si parla di “giovani” si ha il dubbio che ci si riferisca più all’entità creata dai media che a persone reali.”
    Hai ragione Lippa, concordo con questa tua frase. Una persona che, a parer mio, ha tentato ( riuscendoci )di evitare tale errore è stata VALERIO MARCHI. Se hai tempo prova a leggere alcuni dei suoi libri. Meritano.
    Anna Luisa

  7. Psicologi, pedagoghi, psichiatri e compagnia varia, ne abbiamo sentiti di tutti i tipi in questi giorni. Ci mancano solo gli antropologi e il panorama è completo.
    Il guaio è che questi super-esperti il più delle volte si preoccupano solo di farsi vedere in tv e basta.
    Io non ho sentito quasi nessuno dire qualcosa di intelligente su questa storia. L’intervento di Loredana a fahreneit è stato una piacevole eccezzione.
    Le mie riflessioni, per chi vuole, sono qui:
    http://www.pleonastico.it/modules/news/article.php?storyid=84
    ilBuonPeppe

    http://www.pleonastico.it – Alla riscoperta del buon senso

  8. Infatti, Ferrigno: quando posso, sono felice di appagare questi desideri. Fammi un fischio quando sei in astinenza da qualunquismo e/o populismo, mi raccomando.

  9. “fin dalle sue origini il mondo dei padri ha esaltato e temuto i figli”
    “ci servirebbe un… comportamento etico personale”
    Il problema è antico e forse oggi risentiamo di visioni eccessivamente conservatrici e tradizionaliste che non hanno saputo dare di volta in volta fiducia alle nuove generazioni, imponendo modelli assoluti anche quando questi erano palesemente inadeguati rispetto ai tempi.
    A proposito il biblista Mauro Pesce, nel libro di Augias su Gesù, parla di “radicale contrapposizione fra il movimento di Gesù e le famiglie” e afferma che la possibile spiegazione del ruolo secondario di Giuseppe e di altri maschi adulti intorno alla cerchia dei discepoli potrebbe spiegarsi con un rivoluzionario modo di rifondare la società sorpassando il ruolo della famiglia tradizionale in cui probabilmente Gesù vedeva la coagulazione di valori superati e biasimevoli.
    Il suo insegnamento parte dunque dall’indicazione di mancanza di etica e la soluzione non violenta, di personale di avvicinamento alla spiritualità doveva condurre alla scoperta di valori morali che evidentemente la società non era più in grado di indicare.
    E forse l’interpretazione successiva di tale messaggio abbia intrapreso la strada indicata dal suo pensatore.

  10. riporto, mi riferivo a questo;): “Psicologi, pedagoghi, psichiatri e compagnia varia, ne abbiamo sentiti di tutti i tipi in questi giorni. Ci mancano solo gli antropologi e il panorama è completo.
    Il guaio è che questi super-esperti il più delle volte si preoccupano solo di farsi vedere in tv e basta.

  11. In assenza di antropologi io consiglierei uno specchio. Meglio se due o più. Un mondo migliore con riflessi e riflessioni infinite!!!!

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