Leggo nell’inserto New York Times allegato a Repubblica
del lunedì un articolo sull’internet pensante e mi riviene in mente il mio
fenomenologo preferito. Anzi, già che ci sono vi riporto un brano
dell’intervista che gli ho fatto per Kos.
(ps. l’umore migliora, comunque)
L’enigma è “Il cervello è la mente e la mente è il
cervello?”. Perché affrontarlo in un noir?
Uno dei temi fondanti del romanzo noir
è che le cose non sono come sembrano. Le prime impressioni sono fuorvianti, e
solo nella parte finale del romanzo, con la soluzione dell’intrigo, il lettore
si trova di fronte alla verità della storia e può finalmente guardare al di là
delle apparenze. Si accorge, per esempio, che due diverse descrizioni sono
applicabili a un solo personaggio. Dove si credeva che ci fossero due persone,
il placido, dignitoso maggiordomo da una parte e il brutale e sconosciuto
assassino dall’altra, si scopre che il maggiordomo e l’assassino sono la stessa
persona. Cervello e mente sono così. A prima vista le differenze tra di loro
sono enormi e inconciliabili. Ma appena gli indizi vanno lentamente a
ricomporsi, scopriamo come il cervello possa identificarsi con la mente. Il
nostro punto di vista allora si sposta, proprio come avviene quando un mistero
viene risolto, e alla fine ci si trova di fronte a una unica e sola entità. Se
la si descrive in un modo, è la mente. Descritta in un altro modo, è il
cervello.
In breve, se la guardiamo dall’esterno del cervello, la coscienza assomiglia
alla materia grigia. Se il nostro punto di vista invece è dentro il cervello,
la coscienza assomiglia al mondo, con noi dentro di esso.
La filosofia si interroga da secoli su
questo argomento: quali contributi possono venire dalla tecnologia?
Per molta parte della sua storia, la
filosofia ha abbracciato il dualismo, la visione per cui mente e cervello sono
realmente e sostanzialmente differenti. Nell’ultimo mezzo secolo le cose sono
cambiate e i filosofi hanno dibattuto sul materialismo, la visione secondo la
quale la mente è di fatto manifestazione di un’entità fisica. La prima ondata del moderno
materialismo è stata ispirata dal computer. A questa è seguita una seconda
ondata, in realtà appena cominciata, ispirata dal cervello stesso. Ultimamente,
infatti, la metafora del computer è caduta in disgrazia. I computer, a dispetto
del loro potere di elaborazione, si sono rivelati modelli troppo fragili ed
esili per descrivere compiutamente la mente. Le neuroscienze stanno esplodendo
e i “neurofilosofi” stanno scoprendo molti aspetti affascinanti del cervello.
Termini come “connectionism”, “parallel distributed processing” e “neural
networks” vengono usati sia dai filosofi che dagli scienziati cognitivisti per
descrivere il materiale che è alla base della mente stessa. Questo significa
forse che l’enigma può essere risolto da una filosofia che accettasse l’aiuto
della scienza e della tecnologia? Bisogna procedere con cautela. Rispetto alla
questione mente e cervello, la filosofia infatti ci ricorda che la coscienza è
fantasticamente complessa: come un diamante con migliaia di sfaccettature. Ma è
la filosofia stessa a indicarci anche una strada da seguire. La tradizione
filosofica della fenomenologia (con Husserl, Heidegger, Sartre e altri ancora)
offre molti esempi eccellenti di analisi dell’esperienza cosciente. Oggi queste
stesse analisi possono essere rimaneggiate come ipotesi. Se la mente è il
cervello, allora le specifiche asserzioni di un fenomenologo come Edmund
Husserl devono riflettere aspetti specifici del processo neurale nel cervello.
Scienza e tecnologia, insomma, ci forniscono i metodi per confermare le ipotesi
ispirate dalla fenomenologia.
Nel romanzo si pone anche la questione
di Internet. Il web può suggerire una soluzione al mistero?
Questa è una domanda molto
interessante. Se esamino la mia casella e-mail noto che è costituita da una
lunga striscia di messaggi in ordine cronologico e ciascuno dei messaggi stessi
contiene il thread dei messaggi precedenti nello stesso topic. La
casella di posta è dunque qualcosa che esiste nel presente contenendo il suo
stesso passato. La coscienza è qualcosa di simile: una grande casella di posta
elettronica piena di legami percettivi.Nello stesso tempo, Internet sta
lentamente dissolvendo i confini dell’io. Con una web-cam posso avere una
conversazione faccia a faccia con un collega in Giappone. E se non riesco a
ricordare una citazione o un autore, posso cercarli su google (chiamo questo
“google mind”). Da questo punto di vista, Internet è una metafora di alcuni
aspetti della coscienza. Ma è anche un network fisico, qualcosa di simile ad un
cervello. E dal momento che la Rete si adatta ai suoi utenti, essa può
cominciare a rassomigliare alla struttura della coscienza. In altri termini,
così come gli attrezzi riflettono la struttura della mano, Internet riflette la
struttura della mente.
Naturalmente, è anche possibile
il contrario: siamo noi che adattiamo noi stessi ai nostri attrezzi, e la mente
può arrivare a somigliare a Internet. Dopo l’e-mail viene… il blog. Sebbene un
blog sia cronologico, i link che portano fuori da esso non lo sono
necessariamente. Inoltre, il blogging può essere assolutamente non lineare, e
il blog può diventare un blob… La nostra esperienza assomiglia a tutto questo?
Non credo. Non ancora, almeno. Un link fornisce senso perché conduce da un blog
all’altro: andare e venire da diverse pagine web comporta le esperienze
essenzialmente temporali del prima e del dopo. Non posso immaginare
un’esperienza senza questo ordine di base. Ma forse la mia coscienza è troppo
limitata.
>(ps. l’umore migliora, comunque)
Molto bene.
forse ho qualche problema io, ma il link a Repubblica mi pare sbagliato
http://www.repubblica.it/nyt/index.html magari non frega niente a nessuno ma da qui ci arrivate prima…