INTERLUDIO: UN MOMENTO DI NONCURANZA IDENTICA AL PERICOLO

Nelle prime pagine de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, Difred sbircia nello specchio del corridoio, si vede riflessa:
“Se giro la testa, così che le bianche alette che m’incorniciano il volto dirigano il mio sguardo da quella parte, lo vedo mentre scendo le scale, tondo, convesso, uno specchio che è come l’occhio di un pesce, e con dentro me, un’ombra deformata, una parodia di qualcosa, una figura da fiaba in un mantello rosso, che si avvia verso un momento di noncuranza che è identica al pericolo. Una suora inzuppata nel sangue”.
Un momento di noncuranza identica al pericolo. E’ esattamente quello che stiamo attraversando, con la differenza che davanti allo specchio noi ci fermiamo, ne siamo anzi ipnotizzati, e a forza di concentrarci sulla nostra immagine non riusciamo a vedere altro.
Non avviene solo in questi giorni: avviene da anni, anni in cui sono primarie, e anzi uniche,  la nostra parola, le nostre opinioni, a cui abbiamo DIRITTO anche se non sono meditate, anche se si basano su false informazioni, alimentate da cronache giornalistiche scellerate, come quelle che insistono nel porre i migranti come IL problema, quello che ci succhia via tutto, lavoro, asili, casa. E, già, anche le donne. Mario De Santis, sempre attento, notava su Facebook che la notizia più letta sul Corriere Adriatico è quella dell’operaio che torna a casa e trova la moglie “a letto con due stranieri”, pensa un po’. E non è che una briciola, rispetto a quanto è stato fatto.
O non viene fatto, e detto.
Come molti di voi, trovo strabiliante che dopo i fatti di Macerata non ci sia stata una presa di posizione dura, durissima, e forte, sul fascismo leghista, ma tanti carezzevoli inviti a tenere i toni bassi che nascondono il terrore di perdere voti, perché si sa, si capisce, che gli italiani, una parte degli italiani, oh cielo, quasi la metà degli italiani non-ne-può-più.
Ma trovo strabiliante anche un altra cosa: chi legge qui sa perfettamente quanto sia stato difficile, negli anni, parlare di femminicidio. Sa che cinque anni fa, quando su questo blog ho scritto dei negazionisti del femminicidio, le reazioni sono state durissime (magari non sa che per mesi ho subito sbeffeggiamenti pubblici da quello che oggi è un giovane e promettente autore Adelphi, e che era uno dei negazionisti: pace, il piccolo mondo delle lettere va sempre un poco sopra le righe).
Ebbene, oggi una marea di persone abbracciano la causa, invocano i pareri delle stesse donne che schernivano: lo fanno in difesa di Pamela, che oltre a una morte ingiusta e atroce deve scontare anche il suo essere usata come simbolo dell’Italia che-non-ne-può-più.
Capisco che la memoria sia sempre più corta, e che già non ricordiamo più non dico il nome di Gianluca Casseri (oh, del resto son passati sette anni, quanta acqua scorre sotto i ponti, quanti Festival di Sanremo, quanti meme, quanti fotomontaggi su Laura Boldrini, quante foto di gatti e bambini), ma quelli delle donne ammazzate, o sopravvissute a stento.
La nomino con pudore, e con affetto, perché immagino, sento, so quanto possa soffrire in questi giorni, perché c’è una memoria ben corta per quello che riguarda le vittime. Le vittime di Macerata. Dodici anni fa lei, Francesca, riceve la visita del suo ex marito, Bruno Carletti,  direttore artistico dell’Arena Sferisterio e del teatro Lauro Rossi. E’ il 4 luglio 2006, e Bruno suona il campanello dell’ex moglie con un vassoio di paste in una mano e un bastone nell’altra. La picchia. Le stringe il collo con le mani. Le lega i polsi. Le avvolge la testa con un asciugamano. La chiude in una custodia per abiti. La carica in macchina, la getta sopra le valigie che aveva preparato per una vacanza, mette in moto e guida per tre chilometri, fino ad arrivare in campagna: inchioda davanti a un cassonetto nell’immondizia, ci scaraventa dentro Francesca e torna a casa per farsi la doccia. Ha, in effetti, una riunione. Francesca, salvata da un passante che ne ascolta i gemiti, viene ricoverata in fin di vita: passerà ventitre giorni in coma farmacologico con lesioni interne (cuore al 32% di attività per schiacciamento del miocardio, fegato e milza lesionati, edema polmonare), ipossia celebrale, danni al sistema neurologico e sospetta paralisi dei quattro arti. “Non volevo farle del male. Forse sono troppo stressato in questo periodo”, dirà Carletti, che viene arrestato e mandato in una comunità di recupero. Il cui responsabile, a proposito, padre Igino Ciabattoni, dirà al Resto del Carlino che Francesca “non troverà più un uomo che possa amarla così tanto”. Perché quell’assassinio fu “un atto d’amore, cieco come la morte”.
Abbiamo dimenticato, certo. Salvo poi ricordare che le nostre donne sono in pericolo, salvo poi ricordare di usarle, queste donne, per la più schifosa campagna elettorale che io ricordi.
E allora è tempo di essere vigili e di non fare sconti a chi non ricorda. Perché, come scrivono i Wu Ming,
“La destra si sposta a destra e tutti gli altri la inseguono. La storia recente d’Italia riassunta in una frase.
I neofascisti alzano la cresta perché sentono l’odore del sangue portato dal vento che soffia e scuote i peri, facendo cadere un sacco di anime belle e lisciando il pelo ai volpini.
Questa è la nostra darkest hour. Quella in cui alla tecnocrazia liberista europea e allo strapotere delle banche rispondono nazionalismo, xenofobia, fascismo. Due facce della stessa medaglia, anzi, della stessa merda. Tanto che le classi dirigenti di questo paese e di questo continente potrebbero decidere di cambiare cavallo qualora convenisse. Adeguarsi al vento per restare in sella. Come ottant’anni fa. È già successo in alcuni paesi europei. La storia potrebbe ripetersi in farsa. E non ci sarebbe proprio niente da ridere”.
No, non c’è niente da ridere, né da dimenticare.  Margaret Atwood lo sapeva:
“Dirò a voi, a voi, come una vecchia canzone, voi significa più d’uno. Voi può significare migliaia.
Non mi trovo in nessun pericolo immediato, dirò. Farò finta che voi mi possiate udire.
Ma non serve, perché so che non potete”.

3 pensieri su “INTERLUDIO: UN MOMENTO DI NONCURANZA IDENTICA AL PERICOLO

  1. Sono furibonda come te Loredana , furibonda e incapace di sopportare chiunque , uomo o donna che sia , che si permette di trovare una giustificazione all’azione di un violento fascista-leghista . Ci vuole tanto a capire che sono parte di uno stesso disegno politico ?
    Anche ospitare nei vari talk personaggi che alimentano questa violenza , perchè quella verbale non è meno colpevole di quella fisica , è una responsabilità che nessuno si assume .

  2. abbiamo letto tanto, ma non basta ad essere preparati alla violenza verbale e reale che subdola è cresciuta in questi anni.
    Sai mi sento quasi in colpa per la fortuna che ho di leggere ascoltare vivere con persone belle con cui si fanno bei percorsi, e di trovarmi ora così allarmata. Grazie sempre per le tue riflessioni.
    Un abbraccio

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