INTERVISTA A BAJANI: CONTENUTI EXTRA

Come spesso avviene durante la stesura di un articolo, ci si morde le mani perchè il materiale raccolto non può essere  utilizzato nella sua interezza. Per esempio, nel pezzo di cui al post precedente non ho potuto utilizzare se non parzialmente quanto detto da Andrea Bajani a proposito di “Cordiali saluti”. For blog only, l’intervista integrale.
(ps e update: su I Miserabili Giuseppe Genna interviene sulla posizione di Aldo Nove, raccontata nel medesimo articolo, e sulla sua recensione-negativa- a Piperno)

Il tema dei tagliatori di teste percorre tutto il romanzo. E’ un tema che già ricorreva nelle cronache e comincia a percorrere la letteratura. Inutile chiedere perché. Però: come è nata l’idea di affrontarlo poeticamente, con lo scrittore di lettere di licenziamento?
Lo scrittore di lettere di licenziamento è uno che forza il vocabolario per rendere più efficace la sua condanna. A lui viene richiesto a cottimo di esercitare sulla pagina “affezione, gratitudine, simpatia, dispiacere, imbarazzo e profonda solidarietà” nei confronti degli impiegati che sta mettendo alla porta. In sostanza gli viene richiesto di inventarsi una burocrazia sentimentale, che prenda il posto della freddezza asettica dei moduli prestampati da far firmare in calce ai futuri disoccupati. Il risultato è questa trasformazione del sentimento in procedura, e di conseguenza lo svuotamento di senso dell’emotività. Chino sulla pagina lui produce così lettere roboanti, pirotecniche che grondano di una retorica stucchevole e barocca che alla lettura produce un effetto contemporaneamente comico e amaro. Mette la sua pratica al servizio di una gestione delle risorse umane ostentatamente friendly, che fa della retorica motivazionale uno dei suoi cavalli di battaglia. Detto in altri termini: mette la sua vocazione “letteraria” al servizio di un modello che non può prescindere da una devitalizzazione del vocabolario. Per mestiere gli viene chiesto di fare del sentimento un meccanismo di incremento della produttività, e perché ciò avvenga deve usare le parole contemporaneamente come sicari e come vittime sacrificali. “La sua mano è il mio sicario preferito”, gli dice il direttore del personale. Il paesaggio in cui vive, d’altra parte, è quello di un’azienda che infarcisce i suoi dipendenti di retorica motivazionale, che usa la comunicazione per vendere loro un prodotto ben preciso: la loro adesione incondizionata. Il dipendente è per certi versi il primo dei clienti, il primo su cui esercitare persuasione. Il discrimine, in questo gioco alla devitalizzazione del vocabolario, sono proprio i due bambini che lo scrittore di lettere di licenziamento si trova un giorno sulla porta di casa. Con loro è obbligato a tenere da parte la “cordialità”. Deve ricominciare a far coincidere le parole con le cose, a usare le parole per dare vita e non per toglierla.
Penso alle tante figure di burocrati e impiegati rappresentati in decenni di letteratura e penso all’azienda “purificata” del tuo romanzo, con i dipendenti costretti a raccogliere le proprie cose in scatole sempre più piccole. Sembra quasi che tu riesca a provare almeno un filo di clemenza anche nei confronti del direttore del personale, però, e della sua follia.
L’azienda di “Cordiali saluti” mira alla purificazione nella misura in cui chiede ai suoi dipendenti di rinunciare alla loro vita in cambio di un surrogato precotto fornito dall’azienda stessa. Non c’è nulla della vita di fuori che non possa essere abbandonato perché non c’è nulla che, in nome della produttività, l’azienda non possa fornire al dipendente. Scampagnate aziendali, crociere motivazionali, tornei di tennis, residence aziendali. In cambio si richiede soltanto la rinuncia a tutto ciò che è legato alla vita extralavorativa, e quindi a mogli, mariti, figli e passioni. Quando ciò non avviene, quando ci si sottrae anche solo parzialmente alla dedizione totale, ecco che cadono i presupposti per la collaborazione. È il caso del personaggio di Ines Citterio, colpevole in nome della salvaguardia della propria vita coniugale di non rispondere più alle telefonate notturne del direttore del personale che vorrebbe parlarle di “ristrutturazioni aziendali”. E dunque, anche per lei, arriva implacabile il Cordiali saluti. L’azienda purificata è in sintesi quella in cui la vita stessa è diventata un benefit, esattamente come il cellulare o il computer portatile aziendale. Quando poi il rapporto finisce, i dipendenti restituiscono cellulari, portatili e quel che è rimasto della loro vita. L’azienda contemporanea propone un sistema sostitutivo (“Siete qui per abbandonare il vostro sistema di valori, un’inutile zavorra”), e un’adesione così incondizionata da eliminare il senso dell’autorità. Da qui l’impressione di clemenza per il direttore del personale che si può provare leggendo alcune pagine di “Cordiali saluti”. In queste aziende esiste il potere ma non l’autorità, e tutti sono in qualche modo sono equiparati. Come dice Richard Sennet “se tutti sono vittime […] nessuno può essere il responsabile di niente, e certamente non il dirigente che licenzia i dipendenti”.
Come è cambiato, secondo te, il linguaggio narrativo che si occupa del mondo del lavoro?
Penso che sempre di più il lavoro tornerà ad affacciarsi nella letteratura contemporanea semplicemente perché sta facendo saltare in aria la vita privata di una generazione. Questo è il grande cambiamento, rispetto al passato. C’è uno scarto fondamentale, e dunque una contraddizione drammatica, tra la scorpacciata euforica di comunicazione che sta saturando il nostro immaginario e invece la provvisorietà delle vite di ciascuno. È come se in qualche modo il mondo non si fosse messo d’accordo. Esiste un sistema che dice: “tutto è alla tua portata”, e contemporaneamente un altro sistema che dice “tu socialmente non conti nulla”. Il primo sistema è quello, appunto, che attraverso il marketing e la comunicazione, rende noto alle persone che grazie a piccole e comode rate le automobili costano € 99 e non € 18.000, che i computer costano € 25 e non € 1.500: tutto è talmente alla portata di tutti che non è più necessario nemmeno specificare i totali. L’altro sistema, viceversa, è quello del mercato del lavoro, ovvero, in sostanza, il mondo dei destinatari di quelle comunicazioni, dei beneficiari di quelle agevolazioni. Questi sistemi sono in completa contraddizione, perché il lavoratore precario all’atto pratico viene respinto al mittente e non può usufruire delle rateizzazione pubblicizzate perché non può fornire alcun tipo di garanzia. Gli si chiede la garanzia dei genitori! Ciò significa che gli si comunica che socialmente è un paria. Da questa schizofrenia diffusa non può che nascere un cortocircuito, che è un cortocircuito linguistico ed esistenziale, tra il linguaggio finalizzato e confortevole del marketing e quello della miseria quotidiana, tra la condizione di clienti totali e il sentimento di un’insicurezza generalizzata.
C’è un termine di paragone inevitabile, in ambito letterario, che è “Vogliamo tutto” di Nanni Balestrini. Ma quel che avviene oggi nel mondo del lavoro italiano permetterà un unico approccio? Come sarà possibile, cioè, dar voce alle tante diverse e drammatiche realtà di oggi?
La differenza principale, rispetto al romanzo di Balestrini, e al tempo in cui è stato scritto, è che lui poteva scrivere questa frase: “Il giorno dopo arrivo lì al lavoro e mi chiamano i guardioni e mi danno una lettera in mano. La apro e c’è scritto che sono licenziato. Per rissa in fabbrica per sabotaggio e non so che cazzo. Per cui non mi davano neanche gli otto giorni di preavviso e non so quali altri diritti”. C’è un’intera generazione (e soprattutto ce ne saranno di future), che non sa quali sono i propri diritti, perché fondamentalmente non ha diritto a nulla. Soprattutto, non sa più che cosa significhino le parole. Non sa che cosa sia il “diritto del lavoro”, e di termini come “ferie”, “mutua” non ha che idee confuse e generiche. Basta fare poche domande in giro, e ci si rende conto che la parola “ferie” significa soltanto “giorno non lavorativo”, o al limite “giorno concesso dall’azienda
”. In alcuni casi non significa proprio nulla, e questo è piuttosto desolante. Quando cominciano a scomparire la parole, il danno più grave è fatto, perché le parole si portano via le cose. In ogni caso questo mi sembra paradossalmente un buon punto di partenza, una buona direzione in cui procedere per non far scomparire le cose, per ricominciare a dare loro una corrispondenza. Mi sembra, quantomeno, un buon motivo per mettersi a scrivere.

74 pensieri su “INTERVISTA A BAJANI: CONTENUTI EXTRA

  1. Andrea, io non ti metto in caricatura: ti faccio rispettosamente notare che è molto difficile ottenere da te cose diverse dalle frecciate e delle asserzioni di verità assoluta.
    Pensa quel che vuoi dell’Almanacco, figurarsi: ti faccio notare, però, che quella a cui ti riferisci non è una recensione, ma una segnalazione. E che le due cose non si escludono: uno stesso libro può essere sia segnalato in due righe che recensito.
    Del resto, ti sei arrampicato sugli specchi anche quando Repubblica ha recensito Celati nello stesso giorno (o quasi) in cui lamentavi che nessuno lo recensiva.
    Finiamola qui, per cortesia. Anzi no: mi devi il nome della neo rivista di fumettisti 🙂

  2. Loredana, di Celati hanno parlato pochissimo, Piperno tra un po’ me lo trovo cartonato fuori dalle librerie, e non mi venire a dire che il libro di Celati non è mille volte meglio.
    E poi, anche se non lo ammetterai mai pubblicamente, le pillolette che ho copiato-incollato sopra sono orrende, lo sai benissimo. Ti metti in testa che i libri non vanno segnalati così.
    La rivista si chiama “Canicola”.

  3. peggio ci sono solo le recesioni in 25 parole di d’orrico….
    a proposito pallavicini sarà a bergamo alla fiera del libro venerdì 29 aprile ore 21. (perchè noi invitiamo SOLO bravi scrittori:-))

  4. Ma postiamo altre recensioni in pillole dall'”Almanacco dei libri di Repubblica”, chiedendoci se questo serve veramente a vendere libri.
    Questa rece è di Laura Lilli al libro “Ogni parola è un seme” di S. Tamaro (la copiatura è fedele, anche l’originale è sintatticamente incomprensibile):
    “La chiacchiera ha ucciso il silenzio. Dobbiamo resuscitarlo, e così le parole, che possono tornare a essere semi di luce.”
    Questa è una rece di Paolo Vagheggi ad una raccolta di scritti teorici di F. Léger:
    “Gli scritti teorici di Léger sulla forma, il colore, lo spazio, l’astrazione, il nuovo realismo, la figurazione. Strumento necessario”
    Sempre di Vagheggi, su Gombrich:
    “L’eredità che ci ha lasciato Sir Ernst H. Gombrich attraverso gli atti di un convegno romano. Per capire.”

  5. se la *stroncatura* di aldo nove al romanzo di piperno manca effettivamente di quel rispetto dovuto almeno nel giudicare le “intenzioni” dell’autore, la risposta di genna mi pare vada anche oltre. basti la chiosa per capirci, genna non faccia finta che non conosca la carica aggressiva e infamante dell’uso del “costui”.
    aldo nove si è fatto prendere la mano, e genna lo segue a ruota. ma questo è solo quello che penso io, poi, vogliamo scazzarci all’infinito? scazziamoci, ma io mi chiamo fuori. (quanti poi hanno letto relamente piperno? e che tutti gli alias del nostro anonimo, che magari non lo ha manco letto, contino per uno).
    molto più interessante, secondo me, la questione sollevata da bajani quando dice che se “cominciano a scomparire la parole, il danno più grave è fatto, perché le parole si portano via le cose”. anche perchè quello che mi interesserebbe capire è in che modo l’istanza di “riferire” di aldo nove sia simile all’idea di bajani che “per non far scomparire le cose, per ricominciare a dare loro una corrispondenza. Mi sembra, quantomeno, un buon motivo per mettersi a scrivere.”
    mi perdoni effe per la logorrea, ma non amo le antinomie, la logica disgiuntiva anche se illogica, nè tantomeno il gioco autoreferenziale linguistico (a)strutturalista. articola una volta tanto.

  6. Io, AndreaB, sarei meno massimalista. Non sono recensioni, è ovvio, così come le 25 parole di D’Orrico. Sono “una pulce nell’orecchio”. Poi tocca a noi lettori decidere il da farsi. Già sapere che c’è un libro di Lèger, per me, è un’ottima cosa.
    Ricordati quanto si pubblica ogni anno… non possiamo pretendere recensioni attente o niente. Perché chi ci perde sarebbero proprio i libri che verrebbero solo segnalati.

  7. Più che “pulci nell’orecchio”, che già è una cosa sgradevole, io le chiamerei addirittura “carote nel culo”.
    Gianni tu avendo pochissime battute a disposizione non riusciresti a scrivere cose più dignitose?
    Ma poi quale cazzo di consulente strapagato gli avrà detto che si fa così a vendere i libri, sicuramente uno che ne legge 0,2 all’anno.
    Guarda Gianni, io sto ancora aspettando che a qualcuno venga l’idea di sostituire le classifiche dei libri più venduti (che tra parentesi sono pilotate) con dei consigli settimanali di scrittori. Si venderebbero dei libri sempre diversi, si avrebbero delle minirecensioni (quelle sono recensioni in pillole, questo è il senso della segnalazione) dignitose e si scoverebbero autori validi che nessuno conosce. Loredana datti una mossa invece di impinguire sulla poltroncina girevole!

  8. Naturalmente i consigli dovrebbero stare IN LIBRERIA non in brochure pubblicitarie dispensatrici di “pulci nell’orecchio” e “carote in culo”. Gli scrittori devono parlare, e chi ama i libri, non dei piazzisti disamorati. Baricco tentò tanto tempo fa, solo che lui vendeva venti libri consigliati e basta. E basta anche la sua libreria, di conseguenza.
    Vado a comprare “Guero”. Saluti.

  9. Irresistibile Genna che fa il processo ai Cannibali! Forse dimentica che l’unico vero “scrittore cannibale”, Niccolò Ammaniti, è lo scrittore italiano più letto nel mondo, tradotto in più di quaranta lingue, acclamato da pubblico e critica di tutto il pianeta.

  10. Oddio, come faccio a convincere andreab che non possiedo nè poltrone nè poltroncine, tanto meno girevoli?
    ci rinuncio e torno nella corrotta genia dei recensori. 😉

  11. Mamma mia quanta acrimonia, sarà che la discussione è stata spostata sulla politica……se invece vogliamo parlare di letteratura, beh il fatto che Ammaniti sia acclamato nell’intero pianeta non vuol dire che sia un grande scrittore, se ha delle doti e se i suoi libri hanno valore (ho detto se) ci sono altri motivi. Come sappiamo a volte hanno successo libri che quel successo lo meritano davvero ma più spesso hanno successo i “libri mezza calza”, uno per tutti: va dove ti porta il cuore! Piperno in alcune parti è noioso -inizio e fine purtroppo- ma è un grande scrittore non c’è niente da fare e per chi ama la lettura ci sono pagine di grande godimento. Loredana come fai a gestire ogni giorno questa massa di esaltati?????

  12. Mamma mia quanta acrimonia, sarà che la discussione è stata spostata sulla politica……se invece vogliamo parlare di letteratura, beh il fatto che Ammaniti sia acclamato nell’intero pianeta non vuol dire che sia un grande scrittore, se ha delle doti e se i suoi libri hanno valore (ho detto se) ci sono altri motivi. Come sappiamo a volte hanno successo libri che quel successo lo meritano davvero ma più spesso hanno successo i “libri mezza calza”, uno per tutti: va dove ti porta il cuore! Piperno in alcune parti è noioso -inizio e fine purtroppo- ma è un grande scrittore non c’è niente da fare e per chi ama la lettura ci sono pagine di grande godimento. Loredana come fai a gestire ogni giorno questa massa di esaltati?????

  13. una curiosità:
    un certo antigenna ha detto “SPERO CHE GENNA SIA COSCIENTE DI AVERE DESCRITTO SE STESSO!
    ALTRIMENTI SIAMO DAVANTI UN CASO DI EVIDENTE SCHIZZOFRENIA.”
    preoccupato che il nostro potesse essere affetto da una grave malattia ho cercato su google per saperne di più.
    ecco cosa è venuto fuori:
    SCHIZZOFRENIA
    Genere: Hard Core XXX
    Durata: 100 min
    Descrizione :
    LA STORIA DI GIOVANI ARISTOCRATICHE AFFAMATE DI SUCCESSO E GROSSI CAZZI!
    interessante. non so se sia un caso evidente, ma beato lui.

  14. [Scrivo qui sul Genna pensiero. In breve: a lui piace Piperno, ad Aldo Nove no. Il libro ha avuto successo, e quindi non si tratta del caso di una critica capace di impedirne la diffusione. Concludo: le argomentazioni (deboli) del Genna mi sono parse noiosissime e tese essenzialmente a rassicurare la bontà della sua personale posizione critica. Noia, appunto, ed a prescindere dal merito. A questo punto, penso, deve esserlo anche quel libro, come lui in questo caso mi è apparso: noioso, mortalmente.]

  15. Io accetto mazzette, ma che siano grandi assai: e mi raccomando, allegate sempre una poltrona in pelle umana, altrimenti niente.
    Saludos
    Iannox

  16. Susy, tu hai ragione, ma forse questo dimostra che l’interesse dei più oggi era per la faccenda Nove-Piperno-Genna, e Loredana Lipperini forse non ha colto pienamente nel segno proponendo proprio oggi Bajani. Intendiamoci, è ovvio che Lor.Lipp. può proporre i temi che vuole, ma forse giornalisticamente potrebbe scegliere di “aizzarci” a discutere i temi caldi della giornata. Scelta totalmente e legittimamente sua, comunque, visto che è la padrona di casa, ça va sans dire.

  17. Off Topic una precisazione per Loredana.
    Su Nazione indiana, Elio (Paoloni) ha scritto “Devo dire infatti che a me la stessa “Nazione Indiana” (ed i suoi satelliti alleati: Lipperini, Mozzi, Genna ecc.ecc.) sono sembrati costituire una sorta di “cordata” […] impegnata più a pubblicizzarsi, imporsi all’attenzione, sgomitare ed allargare la propria briciola di “potere” che non a ricercare delle logiche di interazione autenticamente innovative e “liberatorie”.”
    Io ho risposto
    “”La novità della settimana è “la stroncatura di Nove [al romanzo di Piperno, citavo da un commento di lipperatura] è politica”
    A me non pare proprio, ma è quello che circola su Lipperatura e su I miserabili, con buona pace di Elio che vede un blocco unico di arrampicatori e portaborse.””
    Dalla mia risposta può sembrare che volessi dire che ci sono più arrampicatori e che ognuno si fa la sua scalata. Naturalmente non è cosi, avendo stima di tutte le persone citate da Elio. Volevo dire invece che tra loro c’è un vero dibattito.
    Il problema è che mi ero preso pure, nell’ambito della pseudocordata, del “ragazzo di bottega” e non avevo voglia di stare tanto a scrivere. Alla fine ho scritto una cosa confusa.
    Loredana, tutto ok?, pace?

  18. Caro Andrea C
    (diamine, spero di non sbagliare consonante, non me lo perdonerei),
    l’antinomia c’è, è giusto che ci sia, ed è sui massimi sistemi (in realtà non su Nove e Genna, che è polemica piccina).
    L’opposizione (opposizione, sì: perché aver paura delle parole?) è tra Reale (l’hic et nunc) e Vero (il prima e il dopo, lo sguardo laterale, l’atemporale).
    Si tratta di opposte collocazioni nel Tempo.
    Io credo (con facoltà di abiura) che la letteratura non debba soccombere all’eccesiva plausibilità del reale, per esserne testimone.
    Credo invece che debba infrangere, negare, superare, e poi ricostruire.
    Credo che la scrittura debba indagare il Vero e, del Vero, le infinite possibilità.
    Non concordo quindi – per quel poco che rileva – con l’operazione ipotizzata da Nove sul lavoro, che ha dignità, sì, ma di cronaca, e di conseguenza non ne condivido le argomentazioni utilizzate per la stroncatura di Piperno.
    Non concordo con la difesa di Piperno vs Nove fatta da Genna, che sembra parli di una cosa e invece parola d’altro.
    Non concordo con nessuno, il che mi pare indice di un atteggiamento irreprensibile.
    Non so, ho articolato, una volta tanto?
    F

  19. Scusate ho riferito il commento copiato da Nazione indiana a Elio Paoloni, invece non è così, si tratta di un altro Elio.

  20. Non conosco Nove, ne il “cannibalismo letterario”, conosco la sua stroncatura del libro di Piperno, ho letto “con le peggiori intenzioni”, credo che non conoscerò mai Nove. La letteratura non si situa tra il salame e la mortadella.

  21. Sintetizzo tre anni di lavoro in proprio:
    Mi chiedo, ma cosa vuol dire che molta gente a 40 anni vive con la pensione dei genitori? Perché non vanno in banca a farsi prestare dei soldi per mettere su un’attività in proprio? Io questo non lo capisco. Trovo difficile immaginare una situazione in cui qualcuno mi dà dei soldi solo perché sono al mondo e so scrivere delle belle pagine di prosa. Purtroppo oggi si richiede di più, e bisogna inventarsi qualcosa di più. Sporcarsi le mani con i mutui e con le fatture le partite iva e le ritenute d’acconto eccetera. Se no poi è logico che ci si trova male in questo mondo crudele con i più deboli e gli indifesi.

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