Su Repubblica di oggi (e aggiungo solo che intervistare il Re è un sogno realizzato)
Stephen King torna al racconto lungo e cambia traduttore (da oggi, Wu Ming 1, che propone un King dal ritmo serrato e senza orpelli). Di più: dei quattro racconti di Notte buia, niente stelle (Sperling&Kupfer, pagg. 432, euro 20,90), tre riguardano le donne. Riguardano, per meglio dire, la violenza compiuta sulle donne: omicidio (in 1922, dove un agricoltore convince il figlio a uccidere la rispettiva moglie e madre, Arlette), stupro (Maxicamionista narra la tormentata vendetta della scrittrice Tess), menzogna (Darcy, la protagonista di Un bel matrimonio scopre che il marito è un serial killer). Un’attenzione non nuova, come racconta lo stesso King.
La questione femminile attraversa tutta la sua opera narrativa, e lei è uno dei pochissimi scrittori in grado di affrontare questo argomento con reale empatia. Questa volta, però, le donne sono le protagoniste quasi assolute e sono per lo più vittime del mondo maschile: significa che anche nel mondo reale le cose, da questo punto di vista, sono peggiorate?
Penso che nel mondo reale la condizione delle donne sia migliorata. Credo di avere una visione chiara – per quanto possa averla un uomo – dei problemi che alle donne tocca affrontare. Sono figlio di una ragazza madre che riceveva salari più bassi e veniva trattata con sufficienza perché senza marito. Non ho mai scordato quelle ingiustizie. La mia idea è che, nel complesso, le donne se la sappiano cavare in molte più situazioni e siano più abili degli uomini a risolvere problemi. Spero che nei miei libri questo si veda. Sto molto attento, cerco di evitare la pecca segnalata dal critico Leslie Fiedler: gli scrittori maschi americani hanno una visione semplicistica dei loro personaggi femminili, li rappresentano solo come «nullità» o come «esseri distruttivi». Io ho sempre cercato di fare meglio di così.
I personaggi femminili dei racconti sono vittime ma anche carnefici: la moglie assassinata di 1922 ha la volgarità avida di una grizzly mom. La stessa definizione (e la stessa prassi: difendere i propri cuccioli ad ogni costo) si potrebbe riferire alla terribile madre di Maxicamionista. E anche quando sono “soltanto” vittime, devono comunque uccidere per ristabilire un equilibrio. Sembra non esserci quella possibilità di redenzione intravista in The Dome: sembra, cioè, che la sua narrazione, in questi ultimi tempi, stia diventando più politica, e contemporaneamente , più pessimista. E’ così?
In realtà nessuna delle donne di Notte buia, niente stelle è una carnefice: non più di quanto lo fossero Carrie White o Dolores Claiborne. Tess e Darcy non innescano la violenza, ma reagiscono ad essa, facendo del loro meglio. Sono le sopravvissute. Quanto ad Arlette in 1922, è causa della propria sventura. Anche se questo non giustifica l’agire di suo marito.
Solo in uno dei quattro racconti, La giusta estensione, è presente l’elemento soprannaturale: e anche in questo caso è un soprannaturale sfumato e ambiguo, e il patto col diavolo del protagonista può essere interpretato come un’allucinazione. Si sta incamminando verso una narrazione più realistica?
Non mi sto intenzionalmente allontanando dal soprannaturale, come non mi ci sono intenzionalmente avvicinato. Come scrittore, lavoro sulle intuizioni. Quando mi viene l’idea per una storia, mi metto a scriverla. Prima di iniziare, però, mi faccio sempre una domanda: “Cosa rende questa storia tanto importante da essere scritta?”. Cerco di individuare il fulcro, quel che permetterà alla storia di funzionare a un livello tematico più profondo. In 1922 è il potere del senso di colpa. In Maxicamionista è l’alto prezzo della vendetta. In La giusta estensione è la gioia meschina che ci procura la rovina altrui. Quanto a Un bel matrimonio, il fulcro è una domanda: si può davvero conoscere un altro essere umano?
Nella postilla ai racconti lei annota: “si scrive male quando ci si rifiuta di raccontare storie su quel che la gente fa realmente”. Qui, come nelle sue opere precedenti, lei narra il punto di frattura delle vite ordinarie. Com’è diventato, quel punto, in tutti questi anni? Più forte o più fragile? Gli esseri umani si sono abituati all’orrore?
Sì, la gente è più abituata all’orrore. Come potrebbe essere altrimenti, dopo quel mattatoio che è stato il ventesimo secolo? E il secolo appena iniziato non si preannuncia meno turpe. Allo stesso tempo, siamo diventati più litigiosi, più disposti a ricorrere alla violenza per risolvere i nostri problemi. Horror e thriller sono due delle tante valvole di sfogo per questi sentimenti negativi.
Lei ha sempre posto una grandissima cura al linguaggio, allo stile, al suono delle parole: eppure la critica letteraria non glielo ha riconosciuto spesso. Continua ad esserci diffidenza, nell’ambiente accademico americano, nei confronti della narrativa ritenuta di genere?
La narrativa di genere ha un po’ più status letterario di un tempo, perché oggi molti bravi scrittori scrivono polizieschi, romanzi di spionaggio, thriller e horror. Mi viene in mente, per fare un esempio, The Passage di Justin Cronin. A rendere diffidenti i critici è stata la narrativa pulp che si scriveva nella prima metà del Novecento, e che io chiamo “lumpen-narrativa”. Da allora, la narrativa di genere ha conosciuto una lenta ma costante rivalutazione. Forse è vicino il giorno in cui i romanzi saranno giudicati per i loro meriti anziché per gli argomenti di cui trattano. Anche in futuro ci sarà più robaccia che buona letteratura, quindi il ruolo del critico letterario resta importante. Solo che io, per quanto riguarda i meriti, non faccio distinzioni tra quel che scrive una come Joyce Carol Oates e quel che scrive, poniamo, Laura Lippman. Una buona storia è una buona storia, a prescindere dal genere. E qual è una buona storia? Quella che dice la verità su di noi. Sulla condizione umana.
Aggiornamento: l’intervista a Wu Ming 1 andata in onda ieri a Fahrenheit.
Qui
A proposito di Kubrik e Shinning, guardando il video dei Making of su Youtube si puo’ vedere come Kubrik e Jack Nicholson trattassero la povera Shelley Duvall durante le riprese. Qui il link alla prima parte:
http://www.youtube.com/watch?v=182eGQPLrYc
Per quanto mi riguarda il fatto che King scriva sempre dalla sua Bangor o dalla/della provincia americana è proprio un sintomo di quello che vuole dire. Cerca di immettere le sue storie nel tessuto più “comune” possibile.
Come molti altri hanno poi notato ci sono libri e libri. Due dei miei preferiti sono Dolores Claiborne e Le notti di Salem per due motivi completamente diversi.
Dolores Claiborne ci porta nell’orrore domestico di una donna costretta non solo a subire le angherie del marito ma anche quelle della sua datrice di lavoro. Il terrore in Dolores Claiborne è la quotidianità dello stendere i panni, la paura della polvere, il mancato arrivo dei figli per le feste. Tutto questo è sublimato dall’evento contrario: l’eclisse; è come dire che c’è un paragone fra cielo e terra, che se qui esistono brutture e storture anche in cielo ogni tanto qualcosa non quadra.
Le notti di Salem lo apprezzo moltissimo per l’intrattenimento. E’ bellissimo farsi fare paura dai vampiri, immaginarli nelle loro case… E credo che la ragione del successo di questo libro non sia dovuta alla trama (ci sono i vampiri, bisogna sconfiggerli) ma alla dose di suspence che King riesce a inserire grazie a ritardi e anticipazioni all’interno della storia.
Per quanto riguarda le critiche di prolissità, che dire? Personalmente ricordo con orrore le prime cento pagine dei fratelli Karamazov eppure è un libro bellissimo. Infinite Jest è sicuramente un libro basato sulla digressione (come Tristram Shandy). Indubbiamente può piacere o non piacere.
Questo per quanto riguarda King. Per quanto riguarda cosa sia e cosa non sia letteratura, vi invito a leggere dei manuali di Teoria della Letteratura che forse potranno farvi comodo.
Secondo me il paragone musicale da proporre non è tanto Mozart vs Beatles, ma piuttosto Luciano Berio vs Beatles: è la scelta di per che pubblico produrre, avendo im entrambi i casi talento, capacità e non poco da proporre…
Finito or ora King … Che delusione! Mi aspettavo molto di più, visto il battage e i commenti positivi di tanti che stimo. Direi che si cava poco oltre la lettera. È solo un mio problema? Può darsi. Lo rileggerò, e vedremo … Certo, non è un brutto libro; tutt’altro. Solo che la mia prima impressione è che se mi mettessi a “filosofeggiare” su questo “Notte buia …” ne caverei ben poco. Potrei narrare la trama di ogni racconto, sottolineare alcune pregevoli invenzioni, e poco altro. Non vi nascondo che una sola pagina di “Anatomia di un istante” di Cercas (letto in contemporanea a King, e neanche terminato) raggiunge altre vette, diciamo pure sistematicità linguistiche ben più complesse e più capaci di mostrare – in profondità – la condizione umana: ne posso cavare molto di più, sia in termini di “godimento” che di “apprendimento”. Sì, in questo King non c’è niente oltre la vicenda, il plot, la narrazione di fatti … Niente per me, certo. O per lo meno niente che rientri nella “strategia ermeneutica” che prediligo. Qui mi inserisco sulle differenze di lettura fin qui emerse. Forse la differenza sta nel fatto che in un libro cerchiamo cose diverse. Mancando la consonanza iniziale, come potrebbe esserci unanimità di giudizio? Io ho ragione; ma avete ragione anche voi. Abbiamo solo due “modi” diversi di leggere. Ma: ogni albero cresce accanto ad altri alberi. Tagliare un albero toglie ossigeno. Per questo credo che non abbia senso convincere gli altri sulla bontà della propria idea di “letteratura”. Per me King è un buon raccontatore di storie; Cercas è un artista. Ma si può vivere ed essere intelligenti anche pensando il contrario.
Fabio A.
PS (OT): in realtà, molti musicisti consideravano i Beatles soppravalutati e ninet’affatto geniali … Tant’è che alcuni di essi ne fecero parodie dissacranti (Frank Zappa, The Residents …)
sono un “viaggiatore” e durante i viaggi leggo. King mi piace molto, mi tuffo e mi immedesimo nell’ambiente descritto come un invisibile spettatore. Attendevo con ansia il nuovo libro e mi aspettavo che uscisse il 9-10 Novembre in contemporanea con gli States. E invece no. L’ansia mi ha spinto a chiedere spiegazioni all’editore, ma ho trovato un muro di gomma. Che fossi abituato male!? A mia memoria usciva in contemporanea se non addirittura qualche giorno prima. Comunque l’ho finalmente acquistato ed ho iniziato la lettura con curiosità, visto il nuovo traduttore.
Io l’ho appena letto (in inglese) e devo dire che non sono d’accordo con alcuni commenti che ha fatto nelle Sue domande a King. Innanzitutto, non ho capito il rifirimento alle mamme orso per il personaggio del primo racconto: non c’e’ assolutamente NIENTE che possa far pensare a una mamma orso. Posso essere d’accordo con il racconto Maxicamionista (ottima traduzione di Big Driver, complimenti), ma in 1922 mi pare il commento sia fuori posto e solo volto a politicizzare la questione.
Poi: io non direi che il sovrannaturale ci sia solo su un racconto su quattro. Anche nel primo il sovrannaturale c’e’, ed e’ importantissimo. Come si fa a non essere d’accordo su questo? Non voglio spoilerare, ma…se non c’e’ sovrannaturale, che c’e’?
A parte questo, il libro mi ha un po’ lasciato l’amaro in bocca. Non e’ che mi sia piaciuto granche’ questo libro. Mi pare King sia andato a ripescare tematiche, ambientazioni ed espedienti gia’ usati in passato (tommyknockers, cose preziose…). Pero’ qui sono opinioni personali.
(Attenzione: forse spoiler)
Aggiungo qualcosa di più preciso, sempre in merito alla mia delusione (così, per non apparire troppo perentorio)… L’ultimo racconto, che WM 1 dichiara essere, in quarta di copertina, “vertiginosamente bello”, è in realtà spaventevolmente banale: ogni espediente narrativo non ti dà nessuna suspence, si capisce benissimo dove andrà a parare (dalla domanda retorica e inutile sul tornare in garage alla questione della “cronologia” del motore di ricerca …). La fine, poi, è quanto di più scontato potesse scrivere. A un certo punto, mi ero segnato a lato del testo, al momento dell’apparire del vecchio detective, le due possibili soluzioni: 1) uccide anche lui; 2) lui non svelerà la verità, “solidarizzando” con la donna. Me n’ero segnata anche una terza, quella che mi auguravo scegliesse King: il vecchio era in realtà Beadie … E invece tutto è accaduto nel modo più banale. Banalissima anche la questione del “doppio” della donna … Se poi penso a “The Dome”, che pure non mi convinse nel finale, ma che comunque trovai “grande”, la delusione aumenta a dismisura …
Fabio A.
@fabio
Le storie di King, per quanto riguarda quel che accade, spesso possono essere considerate banali (se con questo si intende che, a grandi linee si sa già dove andranno a parare, più o meno), è come le racconta, le parole le sequenze che usa che spessissimo le rendo grandi, coinvolgenti e vive.
QUest’antologia ha una serie di richiami, tra le varie storie, che rendono ogni passaggio o finale meno scontati di quel che sembrino (a me, per esempio, il modo in cui Ramsey buca le pagine ha entusiasmato). Tieni conto che venivamo da un racconto totalmente privo di epiazione (o happy end). Nel quarto racconto, il finale non è poi così scontato.
C’è una sorta di quadratura del cerchio che preserva chi è riamsto in vita, ma di Darcy non possiamo esserne cos sicuri. I suoi fantasmi se li porterà dietro, con meno dolore o senso di colpa, ma rimarranno.
Anche the dome, come storia, veniva già illustrata nel risvolto, eppure ci siamo trovati davanti a personaggi in grado di dare scossoni emotivi di rara intensità. In NBNS riesce a farlo usando molte meno parole.
Certo, quest’antologia è difficile da digerire. La postilla aiuta molto a comprendere maggiormente le storie e ciò che King voleva farci arrivare.
Poi, sui gusti non si discute. Per carità.
Tuscan Foodie. Per quanto riguarda le mamme grizzly, mi riferivo soprattutto alla madre di Maxicamionista, ma rivendico la definizione anche per la gretta, avida, volgare, egocentrica Arlette. Quanto alla politicizzazione, King non mi pare immune dalle medesima: anzi. Nella postilla cita espressamente proprio Sarah Palin. Soprannaturale: in 1922 è decisamente meno dichiarato. Alla Todorov. Perchè tutta la vicenda può essere vista come un delirio del protagonista. Non amo particolarmente Todorov e le interpretazioni psicoanalitiche del fantastico: ma in questo caso la presenza di un elemento non realistico mi sembra più sfumata rispetto ad altri racconti.
ATTENZIONE SPOILER! SPOILER!
Ho iniziato solo oggi a leggere il primo racconto, ma ho delle osservazioni: Lipperini, non si dimentichi che Arlette appare avida, gretta e volgare anche perchè è descritta attraverso il punto di vista del suo assassino.
Comunque non mi sembra una “grizzly mom” che difende il figlio ad ogni costo, ad un certo punto dice che per lei il figlio può “andare al diavolo” assieme a quel bifolco del padre. Sicuramente è una donna egoista ed egocentrica a cui importa più di se stessa che della sua famiglia, ma proprio perciò non è una “grizzly mom” a cui invece importa esclusivamente della propria famiglia e dei figli in particolare.
Ma perchè volgare? Il marito, campagnolo puritano (e pure razzista) le da’ della meretrice quando lei si tocca l’inguine per far capire che ha voglia di sesso, ma io non ci vedo nulla di volgare in questa sana manifestazione di desiderio sessuale, però il sesso piace pure a lui visto che continua a farlo (sia pure in maniera “animalesca”) con la moglie nonostante la odi.
Perchè, Sarah Palin difende davvero i propri figli? Peraltro, a definire Arlette in quel modo mi ha spinto la stessa definizione di Palin come volgare politico (o politico dalle volgari dichiarazioni) data da King nella postilla.
L’avidità di Arlette E’ volgare. Quanto alla “sana manifestazione di desiderio sessuale”, ognuno la esplicita a suo modo. Toccarsi la passera – pardon – non mi pare il massimo della finezza. Opinioni, eh!
Anche tracciarsi intorno all’inguine la “mappa” di dove il figlio quattordicenne può strofinare la verga e sborrare senza ritrovarsi in “galera” come suo padre e sua madre non è proprio il massimo della finezza né della sensibilità 🙂
SPOILER Ah sì è vero non ero ancora arrivato al punto della “mappa” (comunque per evitare la “galera” molto meglio usare il preservativo, il consiglio di Arlette mi pare inefficace)..sì quello è particolarmente volgare ma è anche dovuto al fatto che abilmente il marito le ha dato da bere ben sapendo che effetto avrebbe avuto sulla moglie e ben sapendo probabilmente come avrebbe scandalizzato il figlio, peraltro innamorato di una bella contadinella, che è più puritano del padre.
Se al posto di Henry ci fossi stato io, mi sarei fatto una bella risata.
Io credo che la Palin e tutte quelle come lei siano davvero convinte di difendere i propri figli, convinzione erronea ma il problema è che dei figli degli altri non gliene frega niente.
Comunque io in una che si tocca la passera per far capire al suo uomo che lo desidera non ci vedo niente di sconveniente (tanto più che stavano in casa loro e non in un luogo pubblico)
Anche le mie sono opinioni, eh!
Cioè mi sarei fatto una risata a patto che lo “spettacolo” fosse avvenuto tra di noi all’interno delle mura domestiche e non davanti ad estranei.
C’è un problema, Paolo, ed è che “se al posto di Henry ci fossi stato io” è una premessa fallace. Tu ragioni da ventiseienne urbano laico del XXI° secolo, Hank è un pio quattordicenne rurale di novant’anni fa. La volgarità va rapportata al contesto e all’interlocutore. In quel momento Arlette *vuole* essere volgare, vuole rivelarsi tale (in vino veritas) e vuole scandalizzare il figlio. E sono abbastanza evidenti i motivi per cui lui non ci trovi niente da ridere… anche visto il frangente e la piega che (Hank consapevole e partecipe) sta per prendere la serata.
Ma anche mutatis mutandis, davvero tu a quattordici anni ti saresti messo a ridere vedendo tua madre completamente sbronza toccarsi la passera e fare una disquisizione sul tuo “pistolino”? :-/
SPOILER Sì la mia affermazione è stata troppo sbrigativa, nel contesto socio-culturale del racconto (l’America puritana rurale degli anni ’20, simile a quella che oggi chiamano “Bible Belt”, se non sbaglio) lo scandalizzarsi di Henry ci sta tutto (tanto più che la madre si riferiva alla sua innamorata) come ci sta anche la sua paura di finire a Chicago a scuola con dei “negri”.
Mia madre (che è peraltro molto cattolica) simili spettacoli non li ha mai fatti, ma credo che se nella stanza non ci fosse stato nessun’altro oltre a me lei e papà avrei potuto sopportarlo. Sicuramente non mi avrebbe spinto a “mandarla in Paradiso”.
Comunque davvero abile Wilfred a sfruttare le debolezze del figlio per spingerlo ad aiutarlo nell’omicidio (e il caratterino non certo amabile di Arlette gli da’una bella mano), e come al solito King descrive questo complesso di sensazioni contraddittorie (il figlio che vuol bene alla mamma ma arriva a detestarla, il marito che già la dtesta, ma la desidera) con semplicità ed efficacia.
simile “mutatis mutandis” a quella che oggi è la Bible Belt, volevo dire.
Lipperini, e’ vero, King politicizza, ma lo fa nella postilla. Personalmente non ho interpretato quel rifermento a Sarah Palin come una chiave di lettura – o un accessorio – per capire o interpretare i racconti. Ma anche qui immagino che sia una questione di diverse sensibilita’ e interpretazioni. Per me nel primo racconto la mamma grizzly non c’e’.
Sul discorso del sovrannaturale capisco cosa vuole dire. Pero’ diffido: King e’ sempre stato contrario ai racconti e ai romanzi che lasciano libero il lettore di decidere se il sovrannaturale fosse o meno un sogno del protagonistra. E’ anche il motivo per cui a lui non piacque American Psycho mentre ebbe parole di lode per Lunar Park – perche’ li’ ellis non lasciava vie di fuga, il lettore non poteva pensare che il tutto fosse un sogno.
E’ proprio per questo che non credo che l’interpretazione del delirio sia concepibile. E’ vero che i dottori alla fine dicono che sembra si sia mangiato da solo, ma gli elementi a favore del sovrannaturale dei ratti mi paiono troppi…oh, poi anche qui ognuno ci vede quello che vuole, ci mancherebbe.
Su una cosa sono d’accordo con Wu Ming: che la raccolta – per quanto non mi abbia esaltato – va in crescendo, e i racconti vanno dal piu’ scarso al piu’ bello.
bravo SK, certo che l’orrore è il clima di tutti i giorni, le news enfatizzano i fatti cronaca quotidiana almeno qui da noi è così..assatanati!!!
Però il ritmo della prosa di SK stempera il noir, le sue descrizioni dettagliate delle situazioni alleggeriscono l’ansia del triller horror fine a se stesso.
E proprio su questo non sono d’accordo con la traduzione di Wu ming, “al ritmo serrato e senza orpelli”, ma questo è King, se non ti va cambia autore, non traduttore..Dobner forever!
Viaggiatore. Non sono disposta, in alcun modo, a reiterare qui la polemica sul cambio di traduttore, come avviene altrove. La scelta di cambiare traduttore è dell’editore, punto. Personalmente, trovo “serrata e senza orpelli” ANCHE la traduzione di Wu Ming 1. Punto.
(serve ripetere che nelle mie recensioni precedenti ho sempre reso onore a Dobner? Serve invadere la rete di un “partito di Dobner”? A mio parere, no).
signora laliperini, forse sì forse no. Condivido l’opinione di viaggiatore. Questa traduzione è troppo, oserei dire, cattedrattica, manca completamente di trasporto, cosa che non mi pare manchi all’originale, ma sì sa, la storia è storia.
buona lettura
Oh, l’invasione dei dobneriani! 🙂 Mettere in parallelo due modi di tradurre non è corretto e non fa bene a nessuno (vorrei dire: in primis a Dobner).
Ps. Cattedratica. Una T sola. Due p per Lipperini. Niente giochetti, grazie.
Che tristezza: in Italia ci si sa prendere a sputi anche per la scelta di un traduttore. E fortuna che Wu Ming non e’ berlusconiano, altrimenti si sarebbero fatte anche manifestazioni contro la “militarizzazione” di Einaudi.
Che palle. Si puo’ dire?
Attendo che qualcuno metta a confronto il testo originale e la mia traduzione e si dimostri in grado di fare una critica circostanziata. Finché ci saranno solo manifestazioni di “tifo”, tanto vaghe quanto infantili, e “cammellaggi” di thread per seminara zizzania, il primo a pagarne lo scotto sarà proprio il povero Dobner, che certo non merita d’esser tirato per la giacchetta da simili “ultrà”.
Ma infatti. Ma io non capisco una cosa: al di la’ dei mentecatti che hanno criticato la traduzione PRIMA che questa fosse disponibile (come su anobii), ma quelli che la criticano ora, hanno letto l’originale? Non voglio pensar male, ma ne dubito. Solo leggendo l’originale, si puo’ eventualmente, parlar male della traduzione. EVENTUALMENTE.
E in ogni caso, quandanche si dicesse – dati alla mano – che la traduzione wuminga e’ brutta, non si potrebbe comunque dire che Dobner l’avrebbe fatta meglio. Perche’ non si sa. Punto.
Sono anch’io un cammellato?
PS: wuming, leggendolo in inglese mi chiedevo come avresti tradotto big driver. Secondo me maxicamionista e’ un’ottima scelta. Immagino ci sia anche minicamionista?
SPOILER
SPOILER
SPOILER
@ Tuscan Foodie
perbacco se c’è! 🙂
wow..certo non intendevo suscitare tanto gasaghé, addirittura salta fuori il berlusca, ma per piacere siamo uomini o caporali!? il Dobner se la starà ridendo, e, solo per precisare, il traduttore l’ha scelto l’editore? ok, ciò che mi pare strano è che, a quanto è stato detto, il menager di SK in Italia è lo stesso di WM, che coincidenza!!..ho finito. Ancora una cosa, sto leggendo l’originale prima del testo in italiano.
“manager”, non “menager”.
Chissà cosa stai capendo, del testo inglese… :-/
Se il mio agente (si chiamano così) è lo stesso di King, vorrà anche dire che King – come minimo – non era contrario all’operazione, no? Attenti alla zappa, spostate il piede.
@viaggiatore: ammetti ora di stare leggendo il testo italiano e di NON aver ancora letto la traduzione wuminga, ma nel commento precedente commenti la traduzione.
Non fa una piega. Complimenti.
Io vorrei commentare anche sulla pasta fatta in casa dalla Lipperini (se la fa). Secondo me fa schifo. Non l’ho assaggiata, ma sono sicuro quella di nonna sia migliore. Suona stupido, vero? Be’, e’ il tuo stesso ragionamento. Renditi conto.
PS: w il mEnager. Magari e’ lo stesso di Napoletone.
ma perkè vi incazzate così tanto?..adesso scrivo + lentamente così nn faccio errori di ortografia..carneade, chi era costui!?
p.s. pesai di iniziare la lettura in italiano, poi cambiai idea, lo faccio spesso, alias banderuola..hehe..
Guarda che sono stato molto gentile: ho ipotizzato che la tua carenza riguardasse l’inglese.
Ad ogni modo, sappilo: non è mai troppo tardi.
Io personalmente m’incazzo perche’ trovo l’arroganza immotivata, senza basi, senza conoscenza alcuna, semplicemente da sberle. E criticare una traduzione, e poi ammettere di NON averla letta, be’, e’ roba davvero da mentecatti.
Banderuola o cammello? 🙂
Tuscanfoodie: come osi? La mia pasta è buonissima. 😀
Ps. Trofiealpesto, o comunque tu ti voglia chiamare: non ti permetterò di bloccare anche questa discussione. Ergo, resti in moderazione. 😀
preferisco slow food…
non ho mai detto di aver letto e non ho fatto commenti sulla traduzione italiana, ho detto che essendo abituato o viziato da un traduttore, mi chiedevo come mai del cambio, e che stavo iniziando il libro per capire meglio, vedi mio primo post del 28 Novembre, poi ho cambiato idea ed ho iniziato la lettura dell’originale, procedo lentamente perché per me è difficile. La traduzione “a ritmo serrato e senza orpelli” è nel cappello dell’intervista della Signora Lipperini a SK, non l’ho detto io, ho invero commentato che per me si tratta dello stile kinghiano l’aprire parentesi e dilungarsi nei dettagli, ciò che amo e che è puntualmente rispettato dal Sig. Dobner. Buonasera
Allora, visto che il commento è riferito ai miei aggettivi, mi prendo la responsabilità di confermare che in questo caso trovo che la traduzione abbia conferito nettezza alla voce di King.
Cosa, peraltro, che ho già ribadito. Saluti cari.
Ma viaggiatore caro benedetto, se – per tua ulteriore stessa ammissione – ti risulta “difficile” la lettura di king in inglese, come potrai essere in grado in futuro di esprimere un commento su una traduzione? Se la lettura in inglese ti e’ “difficile”, immagino che tu non possa apprezzare le sfumature di tutte quelle parole che, al momento di una traduzione, impongono scelte complicatissime.
Ma allora perche’ nel tuo commento precedenti ritieni di poter dire – SENZA averla letta – che il ritmo della traduzione sarebbe da addebitarsi a King e non al traduttore.
Lo capisci che non lo puoi dire? per due motivi: 1) perche’ non parli inglese abbastanza bene (per tua stessa ammissione) e 2) perche’ non hai letto (AAAARRRRGGGHHHH!!!) la traduzione!
PS: Lipperini, insisto: la pasta di mia nonna e’ migliore della sua. Non mi serve averla assaggiata. Anzi, per usare l’espressione usata dai tifosi, “pastadimianonna forever”.
scusate, qualcuno ha già postato un link a qualche brano del libro in originale? Per non ripercorrere tutti i 189 commenti…
Sì, Diana, l’abbiamo fatto noi su Giap il giorno stesso dell’uscita. Abbiamo linkato estratti dall’audiolibro in inglese per permettere ai lettori di seguire entrambi i testi contemporaneamente: la traduzione (con gli occhi) e l’originale (con le orecchie).
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1910
Che sia o no una trovata commerciale il cambio del traduttore, non starò certo ad aprire un dibattito su questo tema, trovo inqualificabile gettare fango su chi per oltre vent’anni ha dato con serietà e professionalità la voce a Stephen King, peraltro a mio parere, una gran bella voce. Minare il suo lavoro e la sua dedizione di anni è a dir poco un’operazione puerile. Sono più che sicuro che il signor Ming non ha bisogno di occultare o insinuare dubbi sui lavori di un collega, qualunque egli sia, per emergere e trovare il suo spazio. Io personalmente non ho nulla in contrario a leggere un nuovo traduttore e valuterò il suo lavoro e il suo operato dopo aver letto entrambe le opere. Quello che è assurdo è questo strano atteggiamento di picconare il lavoro di un altro serio professionista e di cercare a tutti i costi di voler dimostrare che il lavoro di Ming (che ribadisco non sto giudicando, quantomeno non ora, non avendone ancora gli strumenti) sia migliore di quello di Dobner. Non è così che si va avanti. Sarebbe triste scoprire di avere a che fare con degli animali che hanno bisogno di segnare il territorio. Io non voglio sentirne la puzza. Non mi interessa. Però, vediamo di non avere la memoria corta e rendere atto del lavoro (e qui mi posso permettere di giudicare visto che li ho letti entrambi) peraltro egregio di Dobner. Ringraziamolo per averci allietato in tutti questi anni e..
Detto questo auguro buona fortuna a Ming.
Allora, Nikki: chi sta picconando il lavoro di Dobner? Io trovo gravissimo quel che sta accadendo su aNobii: dove si sta tentando in ogni modo di far passare questo messaggio, condendolo con una violenza e una ferocia da capibastone che mai ho visto altrove. NESSUNO ha contestato il lavoro di Dobner. Se esprimere un apprezzamento per una traduzione altrui significa automaticamente contestare il lavoro del traduttore precedente, questo è un problema di un fandom dobneriano aizzato da quattro persone evidentemente non lucide, che usano la faccenda a pretesto per riaffermare il proprio status di star del gruppo. Semmai, la vicenda si presta a un’analisi interessante sui meccanismi che regolano i rapporti nei fandom. Ma certo non rientra in un discorso sul libro di King, né sulla traduzione di questo libro.
I toni usati da “nikki”, che da quel fandom evidentemente proviene, non sono accettabili perché non corrispondono a nulla di quanto qui affermato. Ripeto: è impossibile, pena lo sbeffeggiamento, la messa in ridicolo, l’aggressione, postare la propria opinione su aNobii. Qui, non accetto falsità. Non accetto bullismo d’accatto. Non accetto un comportamento che fa del male, in primis, alla professionalità di chi traduce: oggi come ieri.
è come quando cambiano doppiatore a un attore, è una cosa che disorienta gli appassionati (di quell’attore). Ho firmato l’appello per Chevalier, quando gli hanno tolto Tom Cruise. E’ una reazione fisiologica quando si ama un autore o un attore o altro. La traduzione di Wu Ming sarà valutata nel tempo, e se Wu Ming e il commentarium di questo blog non hanno picconato Dobner emergerà (come è già emerso) dai 193 e passa commenti in archivio. Non vedo gravissime minacce all’orizzonte contro cui ‘mobilitarsi’, quando i fatti parlano da soli.
@nikki – se leggi tutto il thread, ti accorgerai di avere postato all’indirizzo sbagliato, credo.
L’indirizzo è giusto e cercato e ovviamente Nikki non è Nikki. 🙂 Peccato che chi lavora con le parole sappia riconoscere gli stili di scrittura. Passare avanti, Diana, e stare al punto. Ogni reazione fisiologica ha i suoi limiti: di decenza, educazione, e razionalità.
Di commenti come questo, anche più calunniosi, tutti molto simili tra loro, ne vengono lasciati da qualche giorno anche su Giap, nei thread su NBNS. A volte ne vengono lasciati due o tre, con frasi diverse ma stesso contenuto, a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, con nick diversi ma stesso IP.
Siccome Giap ha tutti i primi commenti in moderazione, noi abbiamo deciso di non sbloccarli e gettarli direttamente nella rumenta, dove meritano di stare.
L’accusa è sempre quella di aver “gettato fango” sul lavoro di Dobner, che invece ho sempre omaggiato, in tutte le interviste e dichiarazioni, e anche nei post sotto cui vengono lasciati questi commenti. Ci trovo ben poco di “fisiologico”, in queste reazioni: è una piccola campagna isterica iniziata nella primavera scorsa, basata su preconcetti e falsificazioni. Noi lo sappiamo, la casa editrice lo sa, l’agente di King lo sa, tutti i soggetti coinvolti lo hanno messo in conto e consigliano di andare oltre.
Come volevasi dimostrare, nella nostra coda di moderazione ho trovato anche lo stesso commento lasciato qui sopra da “Nikki”. Lasciato due volte, una sotto questo thread:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1410
e una sotto quest’altro:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=1910
In entrambi i casi, straight to the trashcan e tanti saluti.
Insomma, qui mi pare che nessuno “sbagli” indirizzo, c’è l’intento di denigrare in maniera sistematica. Il tentativo è patetico e chi lo compie farebbe bene a mettersi l’anima in pace: ho già iniziato a lavorare al prossimo libro. Saluti e baci.
… dove “straight to the trashcan” sta per “direttamente nella rumenta”. Ricevuto.
Questo mese vorrei farvi conoscere eroi non celebrati il cui lavoro si ottengono raramente di apprezzare: traduttori. Fino ad oggi, ho avuto i libri, storie e interviste tradotte in olandese, italiano, francese, russo e turco. Tutti hanno una cosa in comune: non riesco a leggere il risultato finale. Sono in grado di cavarsela un saggio che è stato tradotto in francese Le Livre des Livres de Stephen King. Gli altri sono, beh, Greco a me.
Mio primo incontro con Tullio Dobner, nel 2003, quando traduceva Stephen King I lupi del Calla per Sperling & Kupfer. Lui aveva problemi con la canzone commala riso, che è scritto in volgare di una spirituale del sud. Mi chiese se poteva “tradurre” in inglese normale in modo da poter poi tradurre in italiano.
Ci siamo tenuti in contatto in questi anni. Quando ho saputo che sarebbe stato Tullio tradurre lo Stephen King Illustrated Companion in italiano per Sperling & Kupfer, ho offerto il mio aiuto. Era un periodo difficile decifrare la scritta a mano che Ledger è uno dei documenti inclusi, per cui ho registrato io stesso leggendo ad alta voce e lo mandò il file audio, che ha utilizzato come riferimento per la sua traduzione. Ha restituito il favore, trovando diversi errori nel mio testo che tutti avremmo dovuto perdere. Uno dei suoi dilemmi mi ha incuriosito. La traduzione è stata prevista nello stesso spazio che occupa il testo inglese. Tuttavia, l’italiano è di per sé un più lungo “linguaggio” da quella inglese, tanto che ha dovuto trovare il modo di esprimere in modo conciso le mie parole. Ho pensato che sarebbe interessante saperne di più sul suo lavoro.
pubblicata la prima traduzione di Tullio era Ring Around un Rogue da JM Flynn nel 1969. Ha tradotto circa 500 libri, molti dei quali romanzi di autori come JGBallard, Doris Lessing, Patricia Highsmith, Robert Ludlum, Sidney Sheldon, Elmore Leonard, Clive Barker, Jim Carroll, John Grisham, Jonathan Kellerman, Chuck Palahniuk, Robin Cook e Dean Koontz. In media, si traduce in circa quattrocento pagine al mese.
Quando gli ho chiesto di descrivere il suo lavoro, sembrava perso per le parole in un primo momento. “Mi è stato chiesto più volte e continuo a pensare che non ho mai messo il dito in modo corretto. Mi sembra sempre di avere un pollice irritato. In una parola, dico che è un paradosso, se non il più grande del mondo umano, certamente il più grande nella comunicazione umana. Il nostro compito è di fare qualcosa che semplicemente non si può fare.
“Umberto Eco ha scritto un libro fantastico sulla traduzione: Dire quasi la stessa cosa. In quel ‘quasi’, ha messo l’essenza del paradosso del nostro lavoro. Un traduttore è il frustrato lavoratore più al mondo, essendo quasi tutta la sua vita, e mai arrivarci.
“Una lingua rispecchia la cultura che essa esprime. Posso facilmente immaginare come un grande, pesante carro pieno di tutte le cose che la famiglia di un pioniere che attraversano terreni. Il lavoro di un traduttore è quello di trasferire tutte queste cose su un carro guidato da un diverso pioniere diverso. Così difficile come si tenta, tutte quelle cose che non diventerà mai il suo ricordi di famiglia.
“La lingua è un film, una sequenza di immagini. Quando mi è stato chiesto quale parola inglese ho considerato il più difficile da rendere in italiano, non ho potuto rispondere. Nulla può essere veramente tradotto. Se la mia frase era: ‘E’ uscita per comprare il pane, ‘che cosa fa il lettore a vedere? Che cosa è che il pane? Si tratta di una pagnotta di pane o un panino? Non so qual è il pane più comune, un americano che compra, ma so che quando scrivo ‘riquadro’ in italiano, che fragrante piccola parola avranno venti significati diversi per il lettore italiano, secondo la sua regione: da un panino, di pagnotte grandi, alcuni di loro non salato, da quelli integrali a quelli del latte, lunghi o corti, spessi e sottili quelle e così via. Nulla può essere tradotto. Quello che facciamo è imitare.
“Vedo una pagina scritta come un foglio di musica. So che non è possibile riprodurre l’oggetto in sé, ma posso cercare di riprodurre il tono, il ritmo, texture. Sono in grado di entrare in sintonia con il mio autore e cantare e suonare insieme a lui, che è la più che un traduttore possa aspirare. Mi immagino l’Autore come Chopin e il suo traduttore, come come i pianisti che suonano la sua musica, ognuno secondo il proprio sentimento verso il foglio di musica. Tradurre è infatti l’interpretazione, e c’è qualcosa di personale andando in ogni traduzione di un testo. Il traduttore deve ricreare una atmosfera, ed è s / he che si avventura in questo territorio, con il suo carro proprio e tutti i suoi bagagli personali.
“Un nuovo libro sulla mia scrivania è l’inizio di una nuova storia d’amore. La prima data richiede un sacco di emozioni, brivido, e un po ‘di paura, e sono felice di dire che il mio sentimento non è cambiato dopo 40 anni. Non ho mai letto un libro prima di tradurlo. Ho da scoprire lentamente. Lo affrontiamo con una certa diffidenza e un po ‘di trepidazione. Come ho detto, è come un primo appuntamento: ti siedi al tavolo d’angolo a lume di candela, sorseggiare qualcosa, dire qualcosa, si ascolta per lo più. È luogo esche ed esaminare le risposte, a valutare suggerimenti. Il mio sforzo è quello di ricreare l’umore dell’autore, all’inizio della sua storia. Io so di cosa si tratta, ma ho ancora ignorano come si svilupperà. In questo modo io viaggiare insieme con l’autore, vivendo la sua sorprese ‘live’. Se ho il diritto generale sapore, poi trovare la migliore traduzione per singoli termini e modi di dire della cultura pop diventa molto più facile.
“Sintassi non è un vero problema … di solito. Definisce lo stile, in un certo senso. Stephen King e Elmore Leonard giocare un tipo di musica, mentre John Grisham e Jonathan Kellerman giocare un altro. Faccio del mio meglio per giocare lungo un traduttore deve imparare a giocare a tutti i tipi:. Classica, pop, jazz, rock’n’roll, country, hard rock (che è Palahniuk).
“Quando ho tenuto un corso sulla traduzione thriller qualche anno fa, ho usato alcune pagine da Bandits di Elmore Leonard come un esercizio per i miei studenti (l’ho tradotto io stesso nel 1988). Hanno tutti fatto lo stesso errore su una singola espressione che potrebbe facilmente essere interpretata in due modi diversi. Così li ho avvertito di non cadere nella ‘piscina parola’, ma di usare la logica come il vetro per bere da essa. Poi ho letto ad alta voce la mia traduzione. Avevo fatto lo stesso errore 15 anni prima. Questa era una grande risata “.
Vedere la mia rubrica, “Notizie dalla zona morta”, nel numero 65 del Cimitero di danza per l’intervista completa. Tullio mi racconta la storia romantica di come ha imparato l’inglese e divenne un traduttore, e del suo lavoro sul romanzo di Stephen King’s nel corso degli anni.
Mi sembra un omaggio a Tullio Dobner. Non si tratta di fare muro contro muro. Inutile. Serenamente e con rispetto per Dobner preferisco WM1.
in che lingua è scritto? chi parla e a chi? mi sono persa qualcosa….