Vergogna su di me, ci sono un mucchio di cose da fare e io mi trastullo.
Allora, per iniziare con la parte serie del post, comincio a segnalare che su Vibrisse Leonardo Colombati interviene sull’ annosa questione letteratura-realtà.
E, già che ci siamo, Davide Bregola offre in pdf Il Grande Romanzo italiano del XXI secolo.
Andando avanti. Oggi pomeriggio alle 18 la vostra eccetera chiacchiera con il Castelvecchi di editoria (ma anche di “narcisismo e seduzione”, così pare) al parco di via di Villa Massimo.
Proseguendo nel reiterato uso personale di blog pubblico: da lunedì prossimo va in replica il famoso programmino, quello che i norvegesi hanno mandato in finale al loro festival. Per farla corta, la prima serie di Hit Science è rivedibile dal lunedì al venerdì alle 14.50 su Raitre, dopo il telegiornale (quanto alla seconda, ci stiamo lavorando).
Infine. Perché mi sto trastullando? Perché stamattina ho ritrovato un vecchio articolo scritto per l’Espresso. Faceva parte di un’ampia inchiesta a più mani sulla morte: e fra le altre cose alla vostra eccetera toccò una dissertazione sulle “ultime parole dei grandi”. Beh, vere o meno, alcune erano decisamente divertenti.
Vi posto un pezzo del pezzo, e torno a fare la persona seria (forse).
…sulle ultime parole dei grandi uomini prospera una nutrita aneddotica, naturalmente in perenne aggiornamento. Gli stessi, del resto, non disdegnano di alimentarla, anche consapevolmente. Cartesio, per esempio, dovette pensare ai posteri, quando si congedò declamando: Anima mia, a lungo sei stata prigioniera. È giunta l’ora di lasciare la prigione, abbandonare l’impaccio di questo corpo. Vai dunque incontro alla separazione con gioia e coraggio…. Immanuel Kant si limitò a chiedere un po’ d’acqua e zucchero. Sfortunatamente per lui, dopo averla bevuta, commentò è abbastanza, e spirò. Ora, su quell’abbastanza si accapigliarono non poche scuole di pensiero, e Kant entrò di diritto nel gran numero dei travisati….Il cui primato spetta a Voltaire. In linea con l’ambiguità della sua ultima scelta (si era fatto fare a a Farney una tomba metà dentro e metà fuori di una chiesetta), rispose Lasciatemi morire in pace al parroco di San Sulpice che gli chiedeva di riconoscere la divinità di Gesù Cristo. Conversione in extremis o scatto d’insofferenza? I dubbi si chiarirebbero se avessimo la prova dell’altra frase che gli viene attribuita: Gesù Cristo? In nome di Dio, monsieur, non mi parlate di quell’uomo… Ironia cosciente e voluta, invece, quella di un congruo numero di morituri, capeggiati da un ancor strepitoso Oscar Wilde che, agonizzante in uno squallido albergo parigino, volse lo sguardo intorno e mormorò: O se ne va quella carta da parati o me ne vado io. Folgorante l’ultima frase del commediografo Eugène-Marin Labiche. Al figlio vedovo, che lo aveva pregato, in lacrime, di salutare per lui la sua defunta moglie, rispose: Perché non fai tu la commissione?…Ma ci sono alcuni che hanno effettivamente lasciato in eredità una frase memorabile. Spesso vera, talvolta abbellita, in qualche caso – si sospetta – inventata. André Gide avrà realmente detto: Come sempre è la lotta fra ciò che è ragionevole e ciò che non lo è? Teresa di Lisieux avrà davvero pronunciato la frase, agghiacciante per una mistica: Il cielo è vuoto? E Victor Hugo sarà stato abbagliato da una luce nera? E Dottore, questo si chiama morire, spiegò Pirandello al suo medico. Di Emily Dickinson si ricorda il lirismo: Devo andare, la nebbia sta salendo. Di Gertrude Stein l’altero scetticismo: Qual è la Risposta? E nel caso, qual è la Domanda?. Di Mahler la frustrazione. Pronunciò una sola parola: Mozart!. Chi si comportò malissimo (o benissimo), fu Francois Rabelais. Dopo aver pronunciato non una, ma due frasi storiche: Io vado a cercare un grande Forse e Tirate il sipario, la farsa è finita, si fece rivestire di un domino. Perché? Per adeguarsi alle parole delle sacre scritture, laddove recitano: Beati mortui qui in Domino moriuntur.
Probabilmente conoscerai già “Art de mourir”, di Paul Morand, un elenco di last famous words molto spiritose. La mia preferita è quella di Madame de Soubise, che esalò l’ultimo respiro sospirando:”Mi compiango”.
“Scusate le ceneri” (Doroty Parker)
Non credo minimamente alla storicità dele “ultime parole” pronunciate dai famosi un attimo prima della loro dipartita.
Copio da wikipedia un esempio lapalissiano:-)
Jacques II de Chabannes de La Palice (La Palice (oggi Lapalisse), Francia, 1470 – Pavia, 24 febbraio 1525) fu un nobiluomo signore di La Palice, Pacy, Chauverothe, Bort-le-Comte e Héron e Maresciallo di Francia sotto Francesco I.
Conquistò numerose medaglie combattendo per la corona nelle guerre d’Italia, per l’impresa di riportare in patria l’esercito dopo la sconfitta di Ravenna, nel 1511 si conquistò anche il titolo di Gran Maestro di Francia. Cadde infine da eroe nella battaglia di Pavia, ed era talmente amato dai suoi soldati che questi decisero di comporre per lui una canzone.
Fin qui nulla di decisivo per entrare in una enciclopedia, se non fosse per il fatto che la canzone in suo onore conteneva il famoso verso:
hélas, s’il n’était pas mort, il ferait encore envie
“Ah, se non fosse morto, farebbe ancora invidia”, che per successive storpiature divenne
hélas, s’il n’était pas mort, il serait encore en vie
“Ah, se non fosse morto, sarebbe ancora in vita”, che addirittura venne parafrasato in
Un quart d’heure avant sa mort, il était encore en vie
“Un quarto d’ora prima della sua morte, era ancora in vita”, esponendo il poveruomo al ridicolo senza più alcuna possibilità di difendersi…
La dose fu rincarata da Bernard de la Monnoye che parodiando l’ovvietà compose una canzoncina che portò a coniare il termine francese lapalissade, per indicare ciò che è cosí vergognosamente ovvio da essere lapalissiano (vedi truismo)
P.S. Ehi, Lippa, ma se tu venissi avvisata in tempo del momento della tua dipartita, che parole pronunceresti a mo’ di congedo?
“A volte ritornano”.
Delle altre non so. Quella attribuita a Emily Dickinson in realtà è in una sua lettera del 1884, due anni prima della sua morte. Visto che si tratta di un poeta le “ultime parole” potrebbero essere considerate le ultime che ha scritto (o almento le ultime di quelle che ci sono rimaste) in un biglietto per le cugine: “Called Back” (“Richiamata”).
è una finzione, certo, ma le ultime parole scritte su un foglietto dal prof. levy in “crimini e misfatti” prima di uccidersi sono per me fenomenali. dice: “esco dalla finestra”.
Henry James: “finalmente, l’illustre incognita…”
“tornerà, e saranno mille”.
non è una frase pronunciata prima di morire, Ma è bellissima. mi sembra appartenga a una parte del popolo argentino che la issò sui muri del Paese dopo la morte d’Evita Peron.
b!
Nunzio Festa
“di già?”
(è mia, la prenoto per allora)